martedì 23 novembre 2010

Massimo Primerano, "La Nazione" di Firenze, la "legalità" (terza parte).


L'Aquila, 20 novembre 2010.

Massimo Primerano, nel novembre 2010, è "dirigente scolastico" del fiorentino Liceo Carcere Michelangiolo.
Si è reso protagonista di alcuni exploit mediatici di cui abbiamo già riferito nel dettaglio in una prima ed in una seconda occasione.
E che sono risultati controproducenti da ogni punto di vista. Ecco qualche supposizione sul perché.
Per cominciare, la gazzetta che ha fornito il primo supporto per l'operazione.
La crisi dell'editoria sta falciando il gazzettame anche perché troppe testate per troppi anni hanno vissuto sul clima di odio e di allarme sociale da esse stesse alimentato intanto che trattavano ogni campo dello scibile con una profonda, quotidiana e documentata incompetenza. Rivolgersi ad uno dei principali protagonisti fiorentini dell'irrespirabile clima sociale creato per fini elettorali non rappresenta dunque una pensata delle migliori: a fronte dei poderosi demeriti accumulati, di cui ci siamo limitati a documentare un singolo caso, non c'è contenuto di quella gazzetta che possa aspirare ad un minimo di credibilità presso un lettore non "occidentalista".
Massimo Primerano ha avuto dunque l'idea di andare a pietire solidarietà presso un pubblico costituito essenzialmente da aficionados della canottiera che cianciano di pallone tutto il tempo che non passano a mangiare maccaruna c'a' pummarola e a consultare riviste pornografiche. Gente cui è stato insegnato impunemente per anni che gli zingari rubano i bambini.
La linea editoriale di quella gazzetta è nota: giridivite, insihurezzeddegràdo, tolleranzezzèro. Nulla di meglio che un "dirigente scolastico" che invoca la "legalità" per costruire approvazione sociale attorno al fòmite di repressione che costituisce l'unico risultato tangibile dell'operato governativo. La compagine governativa ha potuto raccogliere suffragi e rendere presentabile ciò che presentabile non è, demonizzando al tempo stesso il minimo gesto di dissenso da qualunque parte provenga, tramite un controllo dei mass media che non ha alcuna necessità di essere assoluto o censorio. E' sufficiente occupare quella parte del mainstream che basta perché tutti gli altri produttori mediatici modellino su di esso palinsesti ed agenda setting. Il mercato fa il resto, mettendo a disposizione della "libera informazione" riempitivi molto economici, costituiti invariabilmente da femmine con poca roba addosso.
I problemi cominciano quando i sudditi si accorgono che nello stato che occupa la penisola italiana chiunque, e non soltanto nogglòbal, terroristi, pacifinti, zingari ed islamonazianarcocomunisti rossoneroverdi può essere prima linciato a mezzo stampa e poi messo in condizioni di non nuocere con le buone o con le cattive. Quando questo succede, soltanto gli appartenenti ad un gruppo sempre più ristretto di categorie possono sperare di uscire grosso modo indenni dalla macchina repressiva. Nel contesto profondamente e radicalmente sovvertito che ad ogni costo si è voluto creare nella penisola italiana, quello di legalità è un concetto che ha reciso anche gli ultimi legami che lo ancoravano, almeno in ipotesi, al concetto di giustizia: significa soltanto ingiustizia distribuita e repressione lungo un climax che parte dalle multe, passa dai condoni su misura, dai lager travestiti da CIE e presentati come indispensabili conquiste della civiltà, fino ad arrivare alle esecuzioni nelle aree di servizio ed alle carceri infernali.
Che non sono certo un'esclusiva di Tehran, per quante cortine fumogene possano spargere i gazzettieri.
Il paese modello degli "occidentalisti", gli Stati Uniti d'AmeriKKKa, ha la più alta percentuale nota al mondo di detenuti rispetto alla popolazione.
In altri termini, la "legalità" di Massimo Primerano non rimanda certo ai valori costituzionali dello stato che occupa la penisola italiana, e meno che mai ai suoi miti fondanti. E' un qualcosa che viene percepito come cieco, insensato ed assurdamente minaccioso; qualcosa che è a sostanziale servizio della repressione e dell'ingiustizia sociale e che viene dunque tollerato a mala pena, irriso e disprezzato da chiunque non ne condivida i concretissimi interessi.
Nulla di strano che coloro che se ne fanno sostenitori siano a loro volta tollerati a mala pena, irrisi e disprezzati.

I riferimenti al 1968 operati da Massimo Primerano hanno completato un quadro già estremamente negativo per proprio conto, anche se non si può certo escludere che i gazzettisti vi abbiano messo del proprio contribuendo a distorcerne il senso.
Un'operazione mediatica nata male e gestita peggio, a servizio di un vocabolo preso dalla propaganda di un governo che possiamo ritenere perfettamente rappresentativo dei sudditi, ma che a Firenze -dove nonostante tutto persiste una consistente quota di non-sudditi che gli "occidentalisti" tentano di delegittimare con ogni sistema- è saldamente ancorato ad una sprezzante e realistica impopolarità.
Il 1968 non dette affatto inizio ad un'epoca di "rispetto per le istituzioni". Dette inizio ad un periodo lungo più di dieci anni, in cui lotte radicali misero in seria discussione ogni aspetto della società "occidentale". Un periodo che finì soltanto con la particolarizzazione dei percorsi di vita e con la rottura dei legami di classe, sfociati negli ultimi decenni nell'aperta condanna e nella conseguente criminalizzazione di qualunque comportamento diverso da quelli di consumo.
Nel corso di quei dieci anni, effettivamente, è capitato che non si imbrattassero pareti e non si "incendiassero gazebi".
Ma è capitato anche che si spaccassero le teste e si bruciassero vive le persone.
La prassi politica e la strategia mediatica "occidentalista" dànno anche in questo contesto prova della loro natura sovvertita ed infernale. L'imbrattatura di pareti e l'"incendio di gazebi" -peraltro mai verificatisi fino ad oggi a Firenze- vengono invariabilmente presentati come assai più gravi sotto ogni punto di vista rispetto alla spaccatura di crani od alla vivicombustione. Anzi, gli episodi di questo secondo tipo godono di scoperta e diffusa approvazione, purché messi a segno da gendarmi "occidentali" (i bassij guai se si azzardano) o nell'àmbito di qualche guerra di aggressione presentata come "esportazione di democrazia".
E' molto strano -e rivelatore- che un utente tanto assiduo della principale gazzetta "occidentalista" di Firenze che si picca anche delle proprie responsabilità di educatore non vi abbia fatto caso. Pur di insistere in questa miserabile operazione di propaganda, "La Nazione" sorvola sulle rivendicazioni di Massimo Primerano, che alle proteste del 1968 dice di aver partecipato. Chiunque altro le avesse espresse sarebbe stato considerato un anarcoislamonazicomunista per contaminazione, e qualche "occidentalista" in cravatta, di quelli grassi da fare schifo, ne avrebbe rumorosamente chiesto le dimissioni immediate.

Al momento in cui scriviamo quest'ottima testimonianza di dove può condurre un utilizzo peggio che maldestro dello strumento gazzettistico è sfociata in episodi degnissimi dei suoi protagonisti. "La Nazione" non si arrende mai, nemmeno di fronte all'evidenza, e presenta un'altra autolesionistica puntata della vicenda: la partnership tra "dirigente scolastico" e gazzetta pare abbia portato il Liceo Carcere Michelangiolo verso l'ulteriore peggioramento di un clima organizzativo già demenziale per proprio conto.
Forse era meglio continuare a divertirsi a giornate intere sul Libro dei Ceffi.

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