mercoledì 30 settembre 2009

L'Ayatollah Ali Khamenei sul nucleare iraniano e l'entità sionista


La Guida Suprema della Rivoluzione, l'Ayatollah Ali Khamenei, ha un sito web ricco di immagini e di comunicati stampa.
Si riporta qui la traduzione del resoconto di una riunione tenutasi per l'eid el fitr, la festa della rottura del digiuno, che ha segnato la fine di ramadan del 1430: incontrando un gruppo di personalità politiche, Khamenei ha toccato alcuni punti salienti della disputa geopolitica mediorientale in corso da anni ed anni. Si tratta di materiale sicuramente retorico, nondimeno può risultare interessante per chi fosse finalmente riuscito a trattare la "libera informazione occidentale" con tutto il disprezzo che merita.
La "libera informazione occidentale" che impronta monocordemente alla denigrazione ogni insignificante evento che riguardi la Repubblica Islamica è la stessa che ha stragiurato sull'esistenza dell'arsenale biochimico di Saddam Hussein, quello di cui gli eserciti aggressori non hanno trovato alcuna traccia per il semplice fatto che non esisteva.
In molti casi perfino gli scribacchini sono rimasti gli stessi.

Chi si trovasse in vena di conclusioni sbrigative potrebbe anche divertirsi a paragonare l'iconografia della Guida Suprema, fatta di bandiere rivoluzionarie ed abbigliamento estremamente dimesso, con quella di un ministro in carica nello stato che occupa la penisola italiana, da noi riportata poco tempo fa ed improntata a quei criteri di lascivia ed ebetudine che da quelle parti godono di ampia -ed empia- considerazione.

In occasione della festa per la fine del digiuno [il giorno in cui si celebra la fine del Ramadan, n.d.t.], l'Ayatollah Khamenei, Guida Suprema della Rivoluzione Islamica, si è incontrato con i funzionari del governo, gli ambasciatori di Paesi islamici e con un gruppo di persone di diversa estrazione sociale. Parlando nel corso della riunione, Sua Eminenza ha detto che i principi islamici non permettono la produzione di armi nucleari e che l'Iran sarà sempre rispettoso di questi principi.
L'Ayatollah Khamenei ha detto che le festività islamiche sono la migliore opportunità per valutare le capacità e le competenze che la comunità dei credenti possiede, e per identificare le sue lacune ed i suoi punti deboli.
Ha sottolineato che "Oggi l'esigenza più importante della comunità dei credenti e dei governi musulmani è quella di tornare sulla retta via indicata da Dio e di utilizzare i numerosi vantaggi politici e geografici di cui gode per resistere contro i nemici e raggiungere la gloria islamica, il potere ed il progresso, preservando al tempo stesso la propria unità e la solidarietà che la caratterizza".
Ayatollah Khamenei ha detto che la nazione iraniana è un esempio per le altre nazioni. Ha ricordato il sostegno che il regime dei Pahlavi espresse al regime sionista, nonché le condizioni della nazione iraniana prima e dopo la vittoria della rivoluzione islamica, ed inoltre ha aggiunto: "Grazie alla vittoria della Rivoluzione Islamica ed alla creazione di uno Stato islamico, la nazione iraniana è attualmente in primissima linea nell'opposizione al regime sionista. Oggi la nazione iraniana è orgogliosa della sua resistenza contro le prevaricazioni del potere più insolente ed arrogante del mondo. "
Sua Eminenza ha detto che i traguardi raggiunti dalla nazione iraniana nel progresso scientifico ed il raggiungimento da parte della Repubblica islamica di un alto prestigio politico sono il risultato di un governo a guida islamica. "La Repubblica islamica non ha la pretesa di osservare alla lettera gli insegnamenti islamici: anche una messa in pratica limitata degli insegnamenti islamici ha portato a risultati provvidenziali e a sbocchi positivi per la nazione iraniana. Questa esperienza è un modello pratico per tutta la comunità dei credenti".
Il Capo Supremo della rivoluzione islamica ha citato la mancanza di unità di intenti tra i governi islamici ed i loro popoli e ha affermato che i nemici stanno approfittando di situazioni di questo genere. Ha poi aggiunto: "Se la comunità dei credenti fosse davvero unita e usasse tutte le sue potenzialità politiche e geografiche, la popolazione di Gaza e la Palestina non sarebbe costretta a vivere nelle condizioni in cui vive oggi e le potenze arroganti non sarebbero in grado di imporre le loro condizioni a dei governi islamici, pretendendo da essi supina obbedienza."
L'Ayatollah Khamenei ha inoltre sottolineato: "In queste condizioni, se qualcuno fa una dichiarazione contro gli occupanti sionisti, i nemici possono inondare il mondo di recriminazioni, utilizzando i loro apparati di propaganda. Essi sostengono che c'è gente che sta cercando di annientare un governo che è un membro delle Nazioni Unite ".
Sua Eminenza ha aggiunto: "Il regime sionista è un falso governo che ha distrutto una nazione, e di coloro che affermano di parlare in nome della difesa dei diritti umani hanno chiuso entrambi gli occhi davanti a questa prova evidente di un comportamento oppressivo e criminale".
L'Ayatollah Khamenei ha commentato le false affermazioni riportate dai media stranieri, secondo le quali l'Iran starebbe mettendo a punto un piano per cancellare il regime sionista con azioni militari e ha dichiarato che la Repubblica islamica dell'Iran ha invece avanzato una proposta logica e umana per risolvere il problema della Palestina.
Il Capo Supremo della rivoluzione islamica ha affermato che promuovere la paura nei confronti dell'Islam e della Repubblica islamica sono la strategia usata dalle potenze arroganti, in particolare dagli USA, per evitare che il mondo islamico si unisca.
Ha detto: "La passata amministrazione USA ha portato avanti molte azioni aggressive contro il mondo musulmano e contro la Repubblica islamica. E l'attuale amministrazione statunitense continua anch'essa a rinfocolare i timori nei confronti dell'Islam e dell'Iran, nonostante i suoi segnali apparentemente amichevoli e le sue dichiarazioni".
L'Ayatollah Khamenei ha fatto riferimento a quanto sostenuto dagli Stati Uniti circa il pericolo rappresentato dai missili iraniani ed ha detto: "Queste affermazioni sono un'accusa formulata all'interno di un contesto politico incentrato sulla promozione del timore nei confronti dell'Iran. La Repubblica islamica non ha mai attaccato alcun paese nel corso degli ultimi trent'anni ". Ha sostenuto che l'Iran ha sempre adottato una politica amichevole verso i paesi vicini e verso i paesi islamici ed ha aggiunto che adotterà sempre un comportamento leale nei confronti dei paesi che non pongono alcuna minaccia per la Repubblica islamica. "Tuttavia, la Repubblica islamica non subirà in silenzio, se la nazione iraniana ed il governo venrranno attaccati", ha osservato.
L'Ayatollah Khamenei ha detto che le lamentele sui tentativi dell'Iran di produrre armi nucleari sono un'accusa falsa ed ingiusta mossa contro la Repubblica islamica ed ha aggiunto: "In base ai principi islamici, la Repubblica Islamica dell'Iran ritiene che la produzione di armi nucleari sia proibita e si terrà a questa considerazione".
Ha poi affermato: "I funzionari degli Stati Uniti sono consapevoli di questo fatto, ma avallano queste accuse al fine di promuovere la paura nei confronti dell'Iran".
Il Leader supremo della Repubblica islamica ha detto che il governo degli Stati Uniti dovrebbe modificare la propria politica in questo senso ed ha dichiarato: "La nazione iraniana sta vigilando con attenzione sul conto di queste politiche ostili, e resisterà contro di esse".
L'Ayatollah Khamenei ha detto che la Repubblica islamica dell'Iran non si tirerà indietro nel caso in cui i suoi diritti venissero violati.

Fonte: english.khamenei.ir.


lunedì 28 settembre 2009

Maurizio Laudi


E' morto a Torino un tale che si chiamava Maurizio Laudi e che di mestiere decideva chi deve stare in galera e chi no. Nel tempo libero decideva chi vince al pallonaio e chi no.
Un giorno decise che Maria "Sole" Soledad Rosas ed Edoardo "Baleno" Massari dovevano stare in galera. Sepolti sotto accuse da ergastolo.
Maria ed Edoardo si impiccarono. Coronarono col martirio una vita intera spesa a lottare contro una realtà che pareva loro sempre più allucinante e disumana.
Secondo il giornalame, Maurizio Laudi avrebbe a suo tempo commentato la cosa con questa frase: "Non mi sento per nulla responsabile della tragedia che ha colpito questi due giovani. Continuo a fare il mio lavoro al meglio...".
Sempre secondo le gazzette, al suo funerale avrebbero partecipato migliaia di persone.
Noi siamo moderatamente orgogliosi di alcune cose. La prima è di aver speso la giornata in tutt'altro modo. La seconda, di fare tutt'altro mestiere. La terza, di ricordare Sole e Baleno, martiri oscuri.

sabato 19 settembre 2009

Giovanni Galli e il PDL fiorentino alla fine del 2009




Fine estate 2009. E' bello percorrere le strade di Firenze. Si tratta di percorsi più istruttivi del solito, perché avventurandovisi si ha modo di apprezzare una volta di più la distanza incolmabile che ancora esiste in città tra la costruzione mediatica del consenso e la realtà delle cose.
Il sistema mediatico monocordemente intonato al servilismo permette a tutte le ore del giorno agli al'kafirun "occidentalisti" di statuir degradi, ribadire emergenze, imporre perentorie richieste di sicurezza, ordine, decoro, disciplina, acquiescenza, silenzio, secondo uno stile comunicativo che deve molto allo stile del venditore d'aspirapolvere yankee di metà secolo scorso. Nella penisola italiana esistono addirittura alcuni personaggi, tra cui uno celebre per quella repulsiva ed inutile grassezza che costituisce nel caso specifico un ottimo auspicio di vita breve, che hanno costruito autentiche fortune intonando a questo registro il proprio intero e discutibilissimo "lavoro".
Come i lettori di questi scritti ricorderanno, secondo la razzumaglia gazzettaia Giovanni Galli era il vincitore designato delle elezioni amministrative. il vincitore al primo turno. Uno che non derogava, uno che se ne fregava, uno che non faceva sconti, che spazzava via questo e quest'altro, eccetera eccetera eccetera.
Il palloniere Giovanni Galli, spedito in fretta e furia a Firenze dal padrone nel tentativo di rendere presentabili individui e formazioni politiche che presentabili non erano e non sono, siede da tre mesi in Consiglio comunale.
La sua presenza non ha portato al piddì con la elle un solo voto in più. Anzi.
La sua lista "civica" ha raccolto un terzo dei suffragi che alla precedente consultazione andarono al partitame confluito nel piddì con la elle, segno che esso piddì con la elle è riuscito a mettere insieme un ensemble talmente barzellettesco da schifare perfino un terzo dei propri elettori affezionati.
In altre parole, il ciarlare gazzettiero non ha affatto aiutato il palloniere nel perseguimento dei suoi scopi. Per fortuna, perché a tre mesi dal voto del palloniere restano labilissime tracce nei comunicati stampa del Comune ed una serqua di vecchi manifesti di propaganda intrisi di menzogne: quanto basta per trarre conclusioni estremamente sprezzanti sul conto di tutta l'operazione.
Ma non basta, per fortuna.
Uno dei partiti confluiti nel piddì con la elle aveva una sede in piazza Pier Vettori, vuota da un anno all'altro ed ornata da poster di propaganda vecchi di mesi, se non di anni. Vi si vedeva qualcuno solo in occasione delle scadenze elettorali, di solito per partorire qualche iniziativa perfettamente intonata ai tempi come l'invito alla delazione che avemmo modo di additare al pubblico disprezzo in questa stessa sede.
Chiusa, serrata, macinata, finita, tritata, smaltita, dismessa, abbandonata anche quella.
I motivi per sperare, nella oltremodo orribile realtà di questi anni, non sono molti. Ma la realtà fiorentina offre ancora qualche boccata d'ossigeno, e qualche piccola soddisfazione.

giovedì 17 settembre 2009

Afghanistan. Ignazio La Russa: "Infami aggressori non ci fermeranno"


Il 17 settembre 2009 un contingente militare mandato in Afghanistan dal governo dello stato che occupa -a che titolo lo faccia è sempre meno chiaro- la penisola italiana è stato colpito con una autobomba.
Nihil sub sole novum. La guerriglia, da anni, sta colpendo in questo modo i contingenti militari occupanti, sia in Afghanistan che nella Terra dei due Fiumi; quando l'evento riguarda soldati inglesi o yankee, da tempo i mass media di prima spettanza hanno derubricato il fatto ad ordinarissima amministrazione. L'effetto di questo tipo di imboscate è il più distruttivo che si possa immaginare perché incrementa nella popolazione civile la sensazione di poter rimanere vittima di attacchi repentini e, sostanzialmente, vanifica qualunque sforzo delle truppe occupanti di instaurare un simulacro di vita civile.

Sulla realtà afghana si sono raccontate per anni, e si continuano a raccontare, tonnellate di spudorate bugie. E' di questi giorni la diatriba sul voto per Karzai, da sempre soprannominato con realismo "il sindaco di Kabul", al quale avrebbe partecipato il quaranta per cento degli aventi diritto... che in circa il cinquanta per cento dei casi si sarebbe espresso per Karzai, un "presidente della Repubblica" incensatissimo dai mass media soprattutto per la sua eleganza nel vestire, e che conta sul suffragio effettivo del venti per cento degli aventi diritto al voto. Perfino Najibullah, che fu abbandonato a suo tempo al suo destino, godeva di maggiore considerazione e di maggiore appoggio. In quest'occasione alcuni osservatori avrebbero espresso dubbi, immediatamente passati sotto cenere, verso almeno un milione di suffragi; se la stessa cosa fosse successa nella Repubblica Islamica dell'Iran, la cosa avrebbe prodotto intromissorie dichiarazioni da parte di mezzo mondo.
Otto anni di occupazione "occidentale" in Afghanistan non hanno prodotto alcun miglioramento né dell'osannata "sicurezza" né nelle condizioni di vita degli abitanti in una regione che resisté ad Alessandro Magno e che cacciò gli inglesi. E che i sovietici non riuscirono a dominare nonostante i loro metodi ed il loro numero.
Anche stavolta, delirio retorico, irto di quelle punte di rara repellenza di cui sono capaci, da anni, i degnissimi rappresentanti di un corpo elettorale finalmente ridotto ad un aggregato ebete, cattivo, incompetente e cialtrone. L'autoreferenzialità di mass media e marmaglia con la cravatta ricorderà per una settimana buona ai sudditi la spaventosa ed inevitabile ovvietà del fatto che in guerra si muore.
Sveglia, Ignazio. Gli infami aggressori ti hanno già fermato. Da anni, non da oggi.

Nella foto, tratta da gossip.it, Ignazio La Russa in trincea nella provincia di Helmand, reduce da un turno di guardia di notte sotto il fuoco tambureggiante dell'artiglieria avversaria.
Il soggetto a sinistra nella foto è perfettamente rappresentativo degli unici campi di battaglia in cui l'"occidentalista" contemporaneo medio dimostra di saper agire con efficienza.

mercoledì 16 settembre 2009

Oriana Fallaci: nessuna strada, nessuna associazione


Solo una parte della stampa sedicente libera, in uno di quegli aneliti autoreferenziali che costituiscono ormai l'ossatura di una "informazione" il cui fine principale e forse unico è l'incensamento reciproco di gazzettieri e marmaglia politicante, si è ricordata che il quindici settembre 2006 Oriana Fallaci riceveva il congedo nell'indifferenza generale.
Riccardo Nencini si è specializzato da tempo in interventi sul personaggio. Il suo auspicio è che le istituzioni "mantengano gli impegni" e che dedichino presto "una via ed un'associazione" ad uno dei soggetti meno rimpianti della storia contemporanea.
A nostro avviso lavoro e denaro, specie se pubblici, possono trovare uno o due impieghi migliori di questo.
Uno o due miliardi di impieghi migliori di questo.

giovedì 10 settembre 2009

"La rabbia e l'orgoglio": disprezzare la "libera stampa" è un dovere civico.


Sono passati otto anni dalla radicale operazione urbanistica newyorkese che tutti conosciamo.
Ferruccio de Bortoli ne approfitta per ricicciare fuori "La rabbia e l'orgoglio", il primo della lunga serie di sprechi di cellulosa che ha scalzato dalle cantine e dai sottoscala la peggior marmaglia "occidentale" della penisola, conferendo a mestruazioni, ciarle, maldicenze, piccinerie, deliri ai limiti del clinico costantemente intonati all'incompetenza cattiva e bassa che costituisce un dato strutturale dell'"occidente" contemporaneo la dignità di savie considerazioni, di realizzabili propositi, di editti per il buon governo.
Per l'operazione commerciale di De Bortoli, che dette la volata a tutto il gazzettaio penisulare, non esiste ovviamente disprezzo che basti. In quest'occasione è giusto per una volta lasciare la parola a Miguel Guillermo Martinez Ball, che a tempo di record identificò buona parte dei punti deboli -e di quelli impresentabili- dell'operazioncina mediatica messa in piedi dalla Rizzoli.


La Rizzoli in questi giorni rilancia in una nuova edizione - niente banale ristampa - La rabbia e l'orgoglio di Oriana Fallaci. Con una prefazione diFerruccio De Bortoli, che spiega dettagliatamente come questo imprenditore milanese ha costruito il Prodotto Fallaci. Cose già note, ma su cui vale la pena ritornare.

Ricordiamo che la pubblicazione del testo di Oriana Fallaci fu un evento credo unico, o quasi: il principale quotidiano italiano - in eterna concorrenza con Repubblica - ha dedicato numerose pagine, compresa la prima, non a una notizia, ma al confuso sfogo di una persona dimenticata da quasi tutti ed evidentemente non più tanto sana di mente.

Sulla natura caotica dello scritto della Fallaci, che inizia parlando di "quarantamila, quarantacinquemila" morti nella strage dell'11 settembre, dicemmo più o meno quanto vi fosse da dire, alcuni giorni dopo la sua uscita.

Un prodotto mediatico offre infinite possibilità di giocare con gli specchi. Ferruccio De Bortoli lancia il prodotto, poi annuncia al mondo che il prodotto è una notizia. Il giorno dopo l'uscita dell'articolo di Oriana Fallaci, il Corriere della Sera titolava, infatti: «L’Italia si divide nel nome di Oriana».

In un certo senso era vero: il circo si scatenò, da una parte ("Brava Oriana, calci in culo a 'sti immigrati e bombe a volontà sugli arabi!") e dall'altra ("Alla Fallaci vogliamo tanto bene, ma forse stavolta esagera"). Entrambe le fazioni hanno trascurato un fatto fondamentale:gli scritti post-11 settembre di Fallaci sono inconsistenti su qualunque piano, storico, politico o letterario.

Per farvi capire che non lo diciamo per spirito di parte, proponiamo un piccolo esperimento: mettete a confronto gli sfoghi della Fallaci e il romanzo Il campo dei santi di Jean Raspail.

Jean Raspail sosteneva le stesse tesi e faceva gli stessi errori di fondo di Oriana Fallaci.

Ma Jean Raspail coinvolgeva nella lettura, presentava personaggi complessi, sapeva cos'è l'ironia, cercava di analizzare le cause delle cose, conosceva la storia, non sfuggiva ai dilemmi etici, non insultava... Con un autore così ti puoi arrabbiare tremendamente, ma lo prendi sul serio. Eppure la casalinga di Voghera sa chi è Oriana Fallaci e non ha la più pallida idea chi sia Jean Raspail.

Oriana Fallaci è (ri)diventata famosa quindi non per merito dei suoi contenuti, ma per motivi di mercato.

Il nome di Oriana Fallaci, infatti, è stato un timbro di rispettabilità messo sui rancori di massa di milioni di italiani. Grugniti, sbrodolamenti, eruzioni, dischi rotti che si ripetono, parolacce, spintoni, corna che spuntano dai finestrini delle auto, voglia di ficcare ombrelli negli occhi del prossimo.

ferruccio de bortoli e oriana fallaciTutte cose che giustamente non pretendono di avere alcun valore letterario o culturale. La rabbia e l'orgoglio rispecchia quindi perfettamente il cliente medio del libro, che non distingue più tra se stesso e l'autrice. Mentre il sofisticato testo di Jean Raspail, in apparenza tanto più gradevole da leggere, non rispecchia affatto gli sfoghi unidimensionali delle masse.

Il mercato quindi c'era, mancava il prodotto. E mancava soprattutto il produttore. Le società occidentali, infatti, tengono insieme le cattive intenzioni con il collante dei buoni sentimenti obbligatori. E quindi fino al 2000, nessun produttore serio poteva permettersi di entrare in quel mercato.[1]

Nel 2000, i neoconservatori hanno trionfato negli Stati Uniti. Con l'intenzione di lanciare lo "scontro di civiltà" in tutto il pianeta, mentre l'intifada si intensificava in Palestina.

Ecco che il prodotto è diventato lecito. E ha trovato subito un produttore, Ferruccio de Bortoli, allora direttore del Corriere della Sera - poi della RCS Libri, del Sole 24 Ore e di nuovo del Corriere della Sera.

Lo dice la prefazione alla nuova edizione della Rabbia e l'orgoglio. E' interessante notare come il Corriere della Sera regali un po' di pubblicità gratuita al Prodotto del proprio direttore, presentando gratuitamente ai propri lettori la prefazione.

Lasciamo perdere le frasi esaltate di de Bortoli ("Ecco, Oriana è stata la nostra Madre Coraggio") e andiamo al sodo.

De Bortoli dice che fu la Fallaci a chiamarlo al telefono, per dirgli qualcosa di sconnesso a proposito degli attentati. De Bortoli colse subito l'occasione per praticare la grande circonvenzione d'incapace:
"«Potremmo fare un’intervista, Oriana, che ne dici?». Si fece convincere. «Ma la devi fare tu, d’accordo?». «Va bene». «Prendi il primo aereo e vieni». Attesi la riapertura dei collegamenti fra l’Europa e gli Stati Uniti e salii sul primo aereo fra Milano e New York. Era il 15 settembre."
Cioè, nel momento più critico della storia recente, il direttore del principale quotidiano si assentò a tempo indeterminato per intervistare una pensionata che non aveva nulla di nuovo da dire.

Ferruccio de Bortoli arrivò, e trovò che Oriana Fallaci aveva già scritto da sola un lungo sfogo. Lui le chiese di poterlo pubblicare al posto dell'intervista, lei esitò. De Bortoli racconta come fatto normale che lui doveva bloccarla quando lei si alzava per urlare un po' di parolacce("epiteti") dalla finestra contro gli immigrati sotto casa.

De Bortoli le chiese almeno di scrivergli una lettera pubblica, e tornò all'assalto il giorno dopo, promettendole addirittura la prima pagina:
«Faremo un palchettone, a nove colonne (c’erano ancora), poi girerai all’interno in un inserto speciale. Sarà come un libro che si pubblica la prima volta su un quotidiano, va bene?»
Nel 2007, Repubblica avrebbe intervistato Roberto Sandalo, ex-killer di Prima Linea diventato militante antislamico:
E l´impegno anti-islamico com'è nato?

«Un anno fa abbiamo deciso di dar vita a "Sos Italia", un'associazione che raccogliesse il testimone delle battaglie iniziate da Oriana Fallaci - per me resta la "compagna Emilia", il suo nome di battaglia nella Resistenza - dopo l´11 settembre. Molta gente anche di sinistra è convinta, come me, che non sia accettabile che ogni quattro giorni si apra una moschea in Italia».
Poco dopo, ognuno sarebbe tornato al proprio posto. Roberto Sandalo in carcere per alcuni goffi attentati antislamici, Ferruccio De Bortoli alla direzione del Corriere della Sera.

Nota:

[1]In Italia, Il campo dei santi è stato pubblicato dalla minuscola casa editrice di estremissima destra, Edizioni di Ar, con un ritardo di ben 25 anni sulla sua uscita in Francia.

P.S. Ringrazio R. che ha segnalato l'uscita della nuova edizione dellaRabbia e l'orgoglio.


sabato 5 settembre 2009

Giornalismo e "libertà"

Settembre 2009. Nella penisola italiana un giornale filogovernativo massacra un microscopico avversario, reo di dirigere una testata colpevole di esprimere pesanti, e probabilmente fondate, critiche sul comportamento del primo ministro in carica. Nulla di strano; la fortuna politica del personaggio che nello stato che occupa la penisola italana ricopre attualmente il ruolo di primo ministro in carica si basa in modo pressoché sostanziale sull'uso e sull'abuso di operazioni del genere, condotte da una macchina propagandistica che utilizza senza alcun pudore lo stesso armamentario di quei "regimi totalitari" che il suo creatore dice di disprezzare tanto.
I larghi suffragi di cui gode devono comunque far concludere che ai sudditi vada benissimo così e che i "valori" di una classe politica composta da elementi del genere siano perfettamente rappresentativi del corpo elettorale. L'occasione può comunque servire per ripetere quanto riportammo tempo fa, circa i "giornalisti" ed il loro mestiere, visto che non una delle conclusioni cui siamo giunti in merito ha motivo di essere rivista.


Nel luglio 2008 "Repubblica" dà ogni giorno spazio ad oziosi "sondaggi" cui tale Ilvo Diamanti fornisce lungo e lacrimoso commento. Da questi "sondaggi" risulta un unico dato interessante: l'allarmismo e la malafede giornalaie sono finalmente riuscite, dopo un decennio di menzogne e di falsità ammannite quotidianamente ai sudditi in una misura mai vista nei trent'anni precedenti, a creare proprio quel clima di allarme sociale e di paura ubicua che permettono ai professionisti della ciancia e ai politicanti in cravatta di campare praticamente di rendita e di derubricare a crimine qualunque comportamento e qualunque fenomeno sociale non comporti il passaggio di denaro da chi lavora a chi vende fumo.

Il brano che segue è tratto da Incontri con uomini straordinari, scritto da George Ivanovic Gurdjieff ed uscito postumo nel 1960. Gudjieff lo attribuisce ad un "vecchio letterato persiano" che lo avrebbe pronunciato in Persia ai tempi della sua giovinezza. Il contesto cui si fa riferimento, quindi, è quello russo-persiano dell'inizio del XX secolo. Lasciamo al lettore il compito di trarre conclusioni, ferma restando l'ingenuità dell'autore originale, secondo il quale tra "giornalismo" e "detentori di potere" esisterebbe competizione.

 Le esigenze della civiltà contemporanea hanno generato un’altra forma molto specifica di letteratura, che viene chiamata giornalismo. Non posso passare sotto silenzio questa nuova forma letteraria, perché, a parte il fatto che non porta assolutamente nulla di buono per lo sviluppo dell’intelligenza, essa è diventata, a mio avviso, il male dei nostri tempi, nel senso che esercita un’influenza funesta sui rapporti umani. Questo genere di letteratura si è molto diffuso negli ultimi tempi perché — ne sono fermamente convinto — esso corrisponde meglio di ogni altro alle debolezze e alle esigenze determinate negli uomini dalla loro crescente mancanza di volontà. Finisce così per atrofizzare la loro ultima possibilità di acquisire i dati che permettevano loro, finora, di prendere più o meno cura della loro reale individualità - unico mezzo per raggiungere il ricordo di sé, fattore assolutamente indispensabile per il processo di perfezionamento di sé. Inoltre, questa letteratura quotidiana, priva di princìpi, isola completamente il pensiero degli uomini dalla loro individualità, di modo che la coscienza morale, che di tanto in tanto ancora appariva in loro, adesso ha cessato di partecipare al loro pensiero. E sono ormai privati dei dati che fino a quel momento avevano assicurato loro un’esistenza più o meno sopportabile, non fosse che nel campo dei rapporti personali. Per sfortuna di noi tutti questo genere di letteratura, che invade ogni anno di più la vita quotidiana degli uomini, fa subire alla loro intelligenza, già molto indebolita, un indebolimento ulteriore, consegnandola inerme a ogni genere di inganni e di errori; essa li mette fuori strada a ogni passo, li distoglie da qualsiasi modo di pensare più o meno fondato e, invece di un giudizio sano, stimola e fissa in loro alcune tendenze indegne, quali: incredulità, ribellione, paura, falso pudore, dissimulazione, orgoglio, e così via. Per dipingervi in modo sommario tutto il male fatto all’uomo da questa nuova forma di letteratura, vi racconterò alcuni avvenimenti provocati dalla lettura dei giornali: non ho motivo di dubitare della loro veridicità, poiché il caso ha voluto che vi partecipassi. A Teheran, un mio amico intimo, un armeno, morendo, mi aveva designato come suo esecutore testamentario. Egli aveva un figlio, già di una certa età, costretto dai suoi affari a vivere con una numerosa famiglia in una grande città europea. Ora, all’indomani di un pranzo fatale, li trovarono tutti morti, lui e tutti i membri della sua famiglia. Nella mia qualità di esecutore testamentario, dovetti subito recarmi sul luogo della terribile disgrazia. Venni a sapere che, i giorni precedenti, il padre di questa sfortunata famiglia aveva seguito, su uno dei quotidiani ai quali era abbonato, un lungo servizio su un salumificio modello, in cui venivano preparate, in condizioni igieniche eccellenti, delle salsicce fatte, così si diceva, con prodotti garantiti genuini. Inoltre, egli non poteva aprire né questo giornale né nessun altro, senza imbattersi in inserzioni che raccomandavano questo nuovo salumificio. In breve la tentazione divenne irresistibile e, benché le salsicce non piacessero molto — né a lui né d’altronde ad alcuno dei suoi familiari, perché essi erano cresciuti in Armenia, dove non si mangiano salumi —, non poté fare a meno di comprarne. La sera stessa le mangiarono per cena, e furono tutti avvelenati. Colpito da questo avvenimento straordinario, riuscii in seguito, con l’aiuto di un agente della polizia segreta, a scoprire quanto segue. Una ditta molto importante aveva comprato a basso prezzo un enorme quantitativo di salsicce destinate all’estero che però, in seguito a un ritardo nella spedizione, era stato respinto. Per sbarazzarsi al più presto dell’intera partita, la ditta in questione non aveva lesinato il denaro ai giornalisti ai quali aveva affidato questa malefica campagna pubblicitaria sui giornali. Altro esempio: durante uno dei miei soggiorni a Baku, lessi io stesso, per vari giorni di seguito, sui giornali locali che mio nipote riceveva, lunghi articoli le cui colonne occupavano più della metà del giornale, dove si facevano i più sperticati elogi a un’attrice e alle sue prodezze con dovizia di particolari. Si parlava di lei con tanta insistenza e in termini così esaltati che perfino io, uomo vecchio, mi infiammai, e una sera, lasciando da parte tutti i miei affari e rinunciando alle mie abitudini, andai a teatro per vedere la stella. E che cosa credete che abbia visto?... Qualcosa che corrispondesse almeno un po’ a ciò che si scriveva su di lei in quegli articoli che riempivano metà del giornale?... Nulla di simile. Nel corso della mia vita, avevo incontrato numerosi rappresentanti di quest’arte, alcuni buoni, altri pessimi, e posso dire senza esagerazione che già da molto tempo venivo considerato un conoscitore in materia. Ora, senza neppure tener conto delle mie concezioni personali sull’arte, ma considerando semplicemente la cosa da un punto di vista ordinario, devo riconoscere che non avevo mai visto nulla di paragonabile a questa celebrità... per la mancanza di talento e l’assenza delle nozioni più elementari circa l’arte di interpretare una parte. In ogni suo gesto sulla scena c’era una tale mancanza di presenza, come si suol dire, che io personalmente, neppure in uno slancio di altruismo, avrei affidato a questa stella la parte di sguattera in casa mia. Come venni a sapere in seguito, un certo industriale di Baku — il tipico raffinatore di petrolio, che aveva fatto fortuna — aveva anticipato una bella somma ad alcuni giornalisti, promettendo di raddoppiarla se fossero riusciti a rendere celebre la sua amante, fino a poco tempo prima cameriera presso un ingegnere russo, che egli aveva sedotta in occasione delle sue visite di affari. Ed ecco un altro esempio. Leggevo di tanto in tanto, su un giornale tedesco molto diffuso, lunghi panegirici di un certo pittore, e questi articoli mi portarono a pensare che questo artista fosse una specie di fenomeno dell’arte contemporanea. Siccome mio nipote si era fatto costruire una casa nella città di Baku e aveva deciso, in previsione del suo matrimonio, di farla arredare in modo sontuoso, gli consigliai di non lesinare sul denaro e di mandare a chiamare quell’artista famoso perché dirigesse i lavori di decorazione e dipingesse alcuni affreschi. (Sapevo che quell’anno egli aveva avuto la fortuna di trivellare alcuni pozzi di petrolio ad alta resa che lasciavano sperare in un rendimento ancora migliore). Così le enormi spese sarebbero per lo meno servite ai suoi discendenti, che avrebbero ricevuto in eredità gli affreschi e altre opere di questo maestro eccelso. Così fece mio nipote. Andò lui stesso a cercare l’illustre artista europeo. E presto giunse il grande pittore, trascinandosi appresso un’intera schiera di assistenti e operai e, così mi sembrò, perfino il proprio harem — nel significato europeo della parola, beninteso. Poi, senza fretta, si mise all’opera. Il risultato del lavoro di questa celebrità contemporanea fu, innanzitutto, che il matrimonio venne rimandato, e, in secondo luogo, che si dovette spendere parecchio denaro per risistemare tutto, facendo poi ridipingere e decorare le pareti in modo più conforme alla vera pittura da semplici artigiani, persiani questa volta. Nel caso presente, bisogna rendere giustizia ai giornalisti: fu quasi disinteressatamente che essi aiutarono quel pittore da strapazzo a far carriera, da modesti imbrattacarte quali erano. Come ultimo esempio, vi racconterò una fosca storia di cui fu responsabile uno dei pontefici di quella specie di letteratura contemporanea particolarmente perniciosa. Nel periodo in cui abitavo nella città di Khorasan, un giorno incontrai a casa di un comune amico due giovani sposi europei, e strinsi amicizia con loro. Essi si fermarono parecchie volte a Khorasan, ma ogni volta per pochissimo tempo. Mentre viaggiava in compagnia della giovane moglie, il mio nuovo amico raccoglieva osservazioni e faceva delle analisi per determinare gli effetti della nicotina di vari tipi di tabacco sull’organismo e lo psichismo degli esseri umani. Avendo raccolto in vari paesi dell’Asia tutte le informazioni di cui aveva bisogno, ripartì per l’Europa con sua moglie e si mise a scrivere un’opera importante in cui esponeva le conclusioni delle sue ricerche. Ora, per mancanza di esperienza, la giovane donna non aveva ancora imparato a prendere in considerazione l’eventualità che si presentassero ‘periodi neri’, e, durante quei viaggi, aveva dato fondo a tutte le loro risorse. Così, per permettere al marito di portare a termine il suo libro, si vide costretta a lavorare come dattilografa in una grande casa editrice. Questa casa editrice era frequentata da un certo critico letterario che la incontrava spesso. Innamoratosi di lei, come si suol dire, o semplicemente desideroso di soddisfare la sua concupiscenza, egli tentò di indurla ad avere un legame con lui. Ma lei, da donna onesta che conosceva il proprio dovere, non cedette alle sue proposte. Mentre in questa sposa fedele di un marito europeo trionfava la morale, quel tipico individuo contemporaneo, sudicio in ogni senso, nutriva, tanto più forte in quanto la sua concupiscenza non era stata soddisfatta, il desiderio di vendetta abituale in gente del suo stampo, cosicche egli riuscì, con i suoi intrighi, a farle perdere il posto senza il minimo motivo. Poi, quando suo marito ebbe terminato e pubblicato la sua opera, per rancore, quel critico si mise a scrivere sui quotidiani di cui era collaboratore e perfino su altri giornali e riviste tutta una serie di articoli in cui dava del libro un’interpretazione assolutamente falsa. In breve, egli lo screditò a tal punto che esso fu un fiasco completo; nessuno si interessò di quel libro né lo comprò. Gli intrighi di uno dei rappresentanti malefici di una letteratura priva di princìpi ebbero questa volta il risultato di spingere un onesto ricercatore a porre fine ai propri giorni. Quando questi ebbe esaurito tutte le sue risorse e non ebbe più neanche di che comprarsi il pane per sé e per la sua cara moglie... dopo essersi messi d’accordo, tutti e due si impiccarono. I critici letterari, a causa dell’influenza che la loro autorità di scrittori esercita sulla massa degli uomini ingenui e facili da suggestionare, a mio avviso sono mille volte più nocivi di tutti quei mocciosi di giornalisti. Per esempio, io conoscevo un critico musicale che per tutta la sua vita non aveva mai toccato uno strumento, e che dunque non aveva nessuna coinprensione pratica della musica: non sapeva neppure che cosa fosse un suono, né quale fosse la differenza esistente tra le note do e re. Ciò nonostante, le anomalie inerenti alla civiltà contemporanea gli avevano consentito di occupare un posto di responsabilità come critico musicale, e di diventare successivamente un’autorità per i lettori di un giornale in piena prosperità la cui diffusione era considerevole. I suoi giudizi del tutto incornpetenti avevano finito per inculcare nei lettori opinioni definitive, mentre la musica sarebbe potuta essere per loro ciò che essa è in realtà: una fonte di corretta comnprensione di uno degli aspetti della conoscenza. Il pubblico non sa mai chi è che scrive. Conosce soltanto il giornale, il quale appartiene a un gruppo di esperti commercianti. Che cosa sanno esattamente coloro che scrivono su quei giornali, e che cosa succede dietro le quinte della redazione? Il lettore lo ignora completamente. Perciò prende per oro colato tutto ciò che trova sui giornali. Su questo argomento, la mia convinzione si è andata rafforzando in questi ultimi tempi, ed è diventata salda come roccia e ogni uomo capace di pensare in modo più o meno imparziale può fare la stessa constatazione: coloro che cercano di svilupparsi con i mezzi loro offerti dalla civiltà contemporanea, al massimo riescono ad acquistare una facoltà di pensare degna della prima invenzione di Edison e, in fatto di sensibilità, sviluppano in sé soltanto ciò che Mullah Nassr Eddin avrebbe chiamato “la finezza di sentimenti di una vacca”. I rappresentanti della civiltà contemporanea, trovandosi a un grado di sviluppo morale e psichico molto inferiore, sono, come dei bambini che giocano col fuoco, incapaci di misurare la forza con la quale si esercita l’influenza della letteratura sulla massa. Se devo credere all’impressione che mi è rimasta dopo avere studiato la storia antica, le élites delle civiltà di un tempo non avrebbero mai permesso che una simile anomalia continuasse così a lungo. Ciò che dico d’altronde può venire confermato da informazioni che ci sono giunte circa l’interesse che provavano per la letteratura quotidiana i dirigenti del nostro paese, non tanto tempo fa, nell’epoca in cui eravamo fra le grandi potenze, nell’epoca cioè in cui Babilonia ci apparteneva ed era l’unico centro di cultura universalmente riconosciuto. Secondo queste informazioni, anche laggiù esisteva una stampa quotidiana, sotto forma di papiri stampati, in quantità limitata, naturalmente. Ma a questi organi letterari potevano collaborare soltanto uomini di una certa età, che fossero qualificati, conosciuti da tutti per i loro sicuri meriti e la loro vita onesta. Esisteva perfino una regola secondo la quale questi uomini venivano ammessi ad adempiere alla loro carica soltanto dopo avere prestato giuramento. Portavano allora il titolo di “collaboratori giurati”, come oggi esistono i membri di una giuria, gli esperti giurati, eccetera. Oggigiorno, invece, qualsiasi sbarbatello può diventare giornalista, purché sappia esprimersi in modo garbato e, come si dice, letterario. Ho imparato peraltro a conoscere molto bene lo psichismo di questi prodotti della civiltà contemporanea che sommergono con le loro elucubrazioni quei giornali e quelle riviste, e ho potuto valutare il loro essere perché, per tre o quattro mesi, ho avuto occasione di stare al loro fianco, ogni giorno, nella città di Baku, e di avere con loro frequenti conversazioni. Mi trovavo a Baku, dove ero andato a passare l’inverno da mio nipote. Un giorno, alcuni giovani vennero a chiedergli una delle grandi sale al pianterreno di casa sua — dove prima aveva avuto intenzione di aprire un ristorante — come sede per la loro Nuova Società degli Uomini di Lettere e Giornalisti. Mio nipote accolse subito tale richiesta e, a partire dall’indomani, quei giovani si riunirono ogni sera a casa sua per tenervi ciò che essi chiamavano le loro assemblee generali e i loro dibattiti scientifici. A queste riunioni venivano ammessi anche gli estranei, e siccome io non avevo nulla da fare la sera, e la mia camera si trovava accanto alla sala dove si incontravano, andavo spesso ad ascoltare i loro discorsi. Ben presto alcuni di loro mi rivolsero la parola e, a poco a poco, fra noi si stabilirono rapporti amichevoli. Per la maggior parte erano ancora giovanissimi. delicati ed effeminati. In alcuni, i lineamenti del viso rivelavano che i loro genitori probabilmente si erano dedicati all’alcol o ad altre passioni per mancanza di volontà, o che i proprietari di quei visi si abbandonavano di nascosto a cattive abitudini. Benché Baku sia una piccola città, se la si confronta con la maggior parte delle grandi città della civiltà contemporanea, e benché i campioni di umanità che si riunivano laggiù fossero tutt’al più “uccelli che volano bassi”, non mi faccio scrupolo alcuno a generalizzare mettendo tutti i loro colleghi nello stesso sacco. E sento di averne il diritto perché più tardi, durante i miei viaggi in Europa, ho spesso incontrato dei rappresentanti di questa letteratura contemporanea, che mi hanno fatto sempre la stessa impressione: quella di somigliarsi tutti come gocce d’acqua. Erano diversi soltanto per il loro grado di importanza, che dipendeva dall’organo letterario al quale essi collaboravano, cioè dalla fama e dalla diffusione del giornale o della rivista che pubblicava le loro elucubrazioni, o ancora dalla solidità della ditta commerciale alla quale apparteneva quest’organo, con tutti i suoi operai letterari. Molti fra loro si autodefinivano, non si sa perché, “poeti”. Oggigiorno, in Europa, chiunque scriva una breve assurdità di questo genere: Verde reseda rosso mimosa la divina posa di Lisa è molle acacia di pianto intrisa riceve dalla sua cerchia il titolo di poeta; alcuni fanno perfino stampare questo titolo sul loro biglietto da visita. Tra questi operai del giornalismo e della letteratura contemporanea lo spirito di corpo è molto sviluppato: essi si sostengono a vicenda e si lodano in ogni occasione in modo esagerato. Mi sembra anzi che questa caratteristica sia la causa principale della loro proliferazione, della loro falsa autorità sulla massa, e dell’adulazione incosciente e servile dimostrata dalla folla per quelli che si potrebbero definire, con la coscienza a posto, delle perfette nullità. In queste assemblee, uno di essi saliva sul palco per leggere, ad esempio, qualcosa del genere dei versi che ho appena citati, o per esaminare perché il ministro di questo o quel paese, durante un pranzo ufficiale, si fosse espresso su una certa questione nel tal modo e non nel tal altro. Poi, il più delle volte, l’oratore terminava il suo discorso con una dichiarazione di questo genere: “Cedo la parola a questo eccellentissimo luminare della scienza del nostro tempo, il signor Tal dei Tali, chiamato nella nostra città per un affare della massima importanza e che ha avuto l’estrema cortesia di voler assistere alla nostra assemblea. Avremo ora il grande piacere di ascoltare la sua incantevole voce”. E quando questa celebrità saliva a sua volta sul palco, prendeva la parola in questi termini: “Signore e Signori, il mio collega è stato così modesto da chiamarmi celebrità...”. (Va notato per inciso che egli non aveva potuto afferrare ciò che aveva detto il suo collega, poiché era venuto dalla sala accanto, la cui porta era chiusa). “A dire il vero, se mi si paragona a lui, non sono neppure degno di sedere in sua presenza. Non sono io il luminare, bensì lui: è conosciuto non solo in tutta la nostra grande Russia, ma nell’intero mondo civilizzato. Il suo nome verrà pronunciato con esaltazione dai nostri discendenti, e nessuno dimenticherà mai ciò che egli ha fatto per la scienza e per il bene dell’umanità. “Se questo fulcro di verità vive oggi in questa città insignificante, non è per caso, sembra, bensì per importanti motivi da lui solo conosciuti. Il suo vero posto non è fra noi, bensì accanto alle antiche divinità dell’Olimpo”. Ed era soltanto dopo questi preamboli che la nuova celebrità pronunciava alcune assurdità, su un tema di questo genere: Perché i Sirikitsi dichiararono guerra ai Parnakalpi. Dopo queste assemblee scientifiche, c’era sempre una cena annaffiata da un paio di bottiglie di vino scadente. Molti dei convitati si infilavano in tasca degli antipasti — chi una fetta di salame, chi un’aringa con un pezzo di pane — e se per caso uno di loro veniva colto sul fatto, diceva con aria noncurante: “E per il mio cane: quel briccone ha le sue abitudini, vuole sempre la sua parte quando rincaso tardi”. L’indomani, si poteva leggere su tutti i giornali locali il resoconto della serata e dei discorsi, scritto in uno stile incredibilmente ampolloso, naturalmente senza che si accennasse mai alla modestia della cena né ai furterelli di fette di salame... per il cane. E sono queste le persone che scrivono sui giornali a proposito di ogni genere di verità e di scoperte scientifiche. Il lettore ingenuo, che non vede gli scrittori e non conosce il loro modo di vivere, si fa un’opinione sugli avvenimenti e sulle idee secondo i vaneggiamenti di questi letterati da strapazzo che non sono né più né meno che uomini malati e privi di esperienza, che ignorano completamente il vero significato della vita. Tranne rarissime eccezioni, in tutte le città d’Europa, quelli che scrivono libri o articoli sui giornali appartengono proprio alla specie di questi giovani sventati, che sono diventati tali per motivi ereditari o per loro debolezza specifica. Per me, non v’è alcun dubbio: fra tutte le cause delle anomalie esistenti nella civiltà contemporanea, la più evidente, quella che occupa il posto predominante, è proprio questa letteratura giornalistica, per l’azione demoralizzante e perniciosa che esercita sullo psichismo degli uomini. Peraltro sono profondamente stupito che nessun ‘detentore di potere’ se ne sia mai accorto, e che ogni Stato consacri quasi più di metà del proprio bilancio al mantenimento della polizia, delle carceri, dei municipi, delle chiese, degli ospedali, ecc... e che paghi innumerevoli funzionari, preti, medici, agenti della polizia segreta, procuratori, agenti per la propaganda, ecc... tutto ciò con l’unico scopo di salvaguardare l’integrità fisica e morale dei suoi cittadini, senza spendere un solo centesimo né intraprendere una qualsiasi azione per distruggere fino alle radici questa causa evidente di ogni genere di crimini e di malintesi.

giovedì 3 settembre 2009

Fallimento SkyEurope, fallimento MyAir, sudditi peninsulari e cittadini marocchini


SkyEurope è, o forse dovremmo dire era, una di quelle compagnie aeree low cost che stanno chiudendo bottega una dopo l'altra, vittime di una costellazione di previsioni sbagliate, impicci di vario genere e crisi economica tutt'altro che finita a volte in combutta con l'operato di un management capacissimo di scelte per lo meno discutibili.
Fatto sta che a fine agosto 2009 è toccato a centotrenta sudditi peninsulari rimanere a Bratislava, a causa del grounding di SkyEurope dovuto al motivo -piuttosto valido- che non c'era più un centesimo per pagare il carburante degli aerei.
Secondo le gazzette i malcapitati sono andati a Vienna in pullman e sono da lì partiti per Roma Fiumicino.
L'occasione si presta bene per un paragone, doveroso ed ovviamente umiliante, tra la politica seguita dal Regno del Marocco e quella seguita dallo stato che occupa la penisola italiana.
Nel luglio dello stesso anno infatti è toccato a MyAir sospendere voli e servizi, divorata viva da un centinaio di milioni di ammanco. In quelle circostanze ai centocinquanta cittadini rimasti per molte ore in attesa in un aeroporto veneto, il Regno del Marocco provvide con un aereo della Royal Air Maroc, una compagnia non low cost specchio di tempi meno forsennati. Lo stato che occupa la penisola italiana in Slovacchia non ha inviato nemmeno sei bottiglie d'acqua minerale, preferendo dedicare risorse ad una opinabile dimostrazione aerea in quel di Tripoli.
Nulla di male, ognuno ha quello che si merita ed in tutta franchezza a chi si sentisse rappresentato da una classe politica come quella che ha dato vita all'esecutivo in carica non avrebbe fatto male far rientro a piedi.
Da Bratislava al confine del Brennero, in fondo, sono due passi.