giovedì 10 settembre 2009

"La rabbia e l'orgoglio": disprezzare la "libera stampa" è un dovere civico.


Sono passati otto anni dalla radicale operazione urbanistica newyorkese che tutti conosciamo.
Ferruccio de Bortoli ne approfitta per ricicciare fuori "La rabbia e l'orgoglio", il primo della lunga serie di sprechi di cellulosa che ha scalzato dalle cantine e dai sottoscala la peggior marmaglia "occidentale" della penisola, conferendo a mestruazioni, ciarle, maldicenze, piccinerie, deliri ai limiti del clinico costantemente intonati all'incompetenza cattiva e bassa che costituisce un dato strutturale dell'"occidente" contemporaneo la dignità di savie considerazioni, di realizzabili propositi, di editti per il buon governo.
Per l'operazione commerciale di De Bortoli, che dette la volata a tutto il gazzettaio penisulare, non esiste ovviamente disprezzo che basti. In quest'occasione è giusto per una volta lasciare la parola a Miguel Guillermo Martinez Ball, che a tempo di record identificò buona parte dei punti deboli -e di quelli impresentabili- dell'operazioncina mediatica messa in piedi dalla Rizzoli.


La Rizzoli in questi giorni rilancia in una nuova edizione - niente banale ristampa - La rabbia e l'orgoglio di Oriana Fallaci. Con una prefazione diFerruccio De Bortoli, che spiega dettagliatamente come questo imprenditore milanese ha costruito il Prodotto Fallaci. Cose già note, ma su cui vale la pena ritornare.

Ricordiamo che la pubblicazione del testo di Oriana Fallaci fu un evento credo unico, o quasi: il principale quotidiano italiano - in eterna concorrenza con Repubblica - ha dedicato numerose pagine, compresa la prima, non a una notizia, ma al confuso sfogo di una persona dimenticata da quasi tutti ed evidentemente non più tanto sana di mente.

Sulla natura caotica dello scritto della Fallaci, che inizia parlando di "quarantamila, quarantacinquemila" morti nella strage dell'11 settembre, dicemmo più o meno quanto vi fosse da dire, alcuni giorni dopo la sua uscita.

Un prodotto mediatico offre infinite possibilità di giocare con gli specchi. Ferruccio De Bortoli lancia il prodotto, poi annuncia al mondo che il prodotto è una notizia. Il giorno dopo l'uscita dell'articolo di Oriana Fallaci, il Corriere della Sera titolava, infatti: «L’Italia si divide nel nome di Oriana».

In un certo senso era vero: il circo si scatenò, da una parte ("Brava Oriana, calci in culo a 'sti immigrati e bombe a volontà sugli arabi!") e dall'altra ("Alla Fallaci vogliamo tanto bene, ma forse stavolta esagera"). Entrambe le fazioni hanno trascurato un fatto fondamentale:gli scritti post-11 settembre di Fallaci sono inconsistenti su qualunque piano, storico, politico o letterario.

Per farvi capire che non lo diciamo per spirito di parte, proponiamo un piccolo esperimento: mettete a confronto gli sfoghi della Fallaci e il romanzo Il campo dei santi di Jean Raspail.

Jean Raspail sosteneva le stesse tesi e faceva gli stessi errori di fondo di Oriana Fallaci.

Ma Jean Raspail coinvolgeva nella lettura, presentava personaggi complessi, sapeva cos'è l'ironia, cercava di analizzare le cause delle cose, conosceva la storia, non sfuggiva ai dilemmi etici, non insultava... Con un autore così ti puoi arrabbiare tremendamente, ma lo prendi sul serio. Eppure la casalinga di Voghera sa chi è Oriana Fallaci e non ha la più pallida idea chi sia Jean Raspail.

Oriana Fallaci è (ri)diventata famosa quindi non per merito dei suoi contenuti, ma per motivi di mercato.

Il nome di Oriana Fallaci, infatti, è stato un timbro di rispettabilità messo sui rancori di massa di milioni di italiani. Grugniti, sbrodolamenti, eruzioni, dischi rotti che si ripetono, parolacce, spintoni, corna che spuntano dai finestrini delle auto, voglia di ficcare ombrelli negli occhi del prossimo.

ferruccio de bortoli e oriana fallaciTutte cose che giustamente non pretendono di avere alcun valore letterario o culturale. La rabbia e l'orgoglio rispecchia quindi perfettamente il cliente medio del libro, che non distingue più tra se stesso e l'autrice. Mentre il sofisticato testo di Jean Raspail, in apparenza tanto più gradevole da leggere, non rispecchia affatto gli sfoghi unidimensionali delle masse.

Il mercato quindi c'era, mancava il prodotto. E mancava soprattutto il produttore. Le società occidentali, infatti, tengono insieme le cattive intenzioni con il collante dei buoni sentimenti obbligatori. E quindi fino al 2000, nessun produttore serio poteva permettersi di entrare in quel mercato.[1]

Nel 2000, i neoconservatori hanno trionfato negli Stati Uniti. Con l'intenzione di lanciare lo "scontro di civiltà" in tutto il pianeta, mentre l'intifada si intensificava in Palestina.

Ecco che il prodotto è diventato lecito. E ha trovato subito un produttore, Ferruccio de Bortoli, allora direttore del Corriere della Sera - poi della RCS Libri, del Sole 24 Ore e di nuovo del Corriere della Sera.

Lo dice la prefazione alla nuova edizione della Rabbia e l'orgoglio. E' interessante notare come il Corriere della Sera regali un po' di pubblicità gratuita al Prodotto del proprio direttore, presentando gratuitamente ai propri lettori la prefazione.

Lasciamo perdere le frasi esaltate di de Bortoli ("Ecco, Oriana è stata la nostra Madre Coraggio") e andiamo al sodo.

De Bortoli dice che fu la Fallaci a chiamarlo al telefono, per dirgli qualcosa di sconnesso a proposito degli attentati. De Bortoli colse subito l'occasione per praticare la grande circonvenzione d'incapace:
"«Potremmo fare un’intervista, Oriana, che ne dici?». Si fece convincere. «Ma la devi fare tu, d’accordo?». «Va bene». «Prendi il primo aereo e vieni». Attesi la riapertura dei collegamenti fra l’Europa e gli Stati Uniti e salii sul primo aereo fra Milano e New York. Era il 15 settembre."
Cioè, nel momento più critico della storia recente, il direttore del principale quotidiano si assentò a tempo indeterminato per intervistare una pensionata che non aveva nulla di nuovo da dire.

Ferruccio de Bortoli arrivò, e trovò che Oriana Fallaci aveva già scritto da sola un lungo sfogo. Lui le chiese di poterlo pubblicare al posto dell'intervista, lei esitò. De Bortoli racconta come fatto normale che lui doveva bloccarla quando lei si alzava per urlare un po' di parolacce("epiteti") dalla finestra contro gli immigrati sotto casa.

De Bortoli le chiese almeno di scrivergli una lettera pubblica, e tornò all'assalto il giorno dopo, promettendole addirittura la prima pagina:
«Faremo un palchettone, a nove colonne (c’erano ancora), poi girerai all’interno in un inserto speciale. Sarà come un libro che si pubblica la prima volta su un quotidiano, va bene?»
Nel 2007, Repubblica avrebbe intervistato Roberto Sandalo, ex-killer di Prima Linea diventato militante antislamico:
E l´impegno anti-islamico com'è nato?

«Un anno fa abbiamo deciso di dar vita a "Sos Italia", un'associazione che raccogliesse il testimone delle battaglie iniziate da Oriana Fallaci - per me resta la "compagna Emilia", il suo nome di battaglia nella Resistenza - dopo l´11 settembre. Molta gente anche di sinistra è convinta, come me, che non sia accettabile che ogni quattro giorni si apra una moschea in Italia».
Poco dopo, ognuno sarebbe tornato al proprio posto. Roberto Sandalo in carcere per alcuni goffi attentati antislamici, Ferruccio De Bortoli alla direzione del Corriere della Sera.

Nota:

[1]In Italia, Il campo dei santi è stato pubblicato dalla minuscola casa editrice di estremissima destra, Edizioni di Ar, con un ritardo di ben 25 anni sulla sua uscita in Francia.

P.S. Ringrazio R. che ha segnalato l'uscita della nuova edizione dellaRabbia e l'orgoglio.


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