Traduzione da Strategic Culture, 15 gennaio 2024.
La Cina e la Russia hanno conservato una notevole calma mentre osservavano con attenzione lo spostamento delle placche tettoniche globali in risposta alle "due guerre", quella in Ucraina e quella su più fronti dello stato sionista. In realtà non c'è da sorprendersi: entrambi i paesi possono starsene a guardare Biden e i suoi che continuano a fare errori strategici, in Ucraina e nelle guerre dello stato sionista.
L'intreccio delle due guerre, ovviamente, darà forma alla nuova era. Esistono dei rischi concreti, ma per il momento Russia e Cina possono osservare da lontano questo svilupparsi di una congiuntura climatica nella politica mondiale, e possono aumentare gradualmente l'intensità del logoramento fino a rendere incandescente la situazione.
Il punto è che Biden, che è al centro della tempesta, non è un Sun-Tzu dalla mente distaccata. La sua politica è personalista e altamente viscerale: come ha scritto Noah Lanard nella sua analisi forense su Come Joe Biden è diventato il falco più falco d'AmeriKKKa, la sua stessa squadra lo dice chiaramente: La politica di Biden viene dalle sue kishkes, le sue viscere [in yiddish, n.d.t.].
Lo si può vedere nei tratti sdegnosi e scenografici con cui Biden sbeffeggia il Presidente Putin definendolo un "autocrate", e nel come parla delle vittime dell'attacco di Hamas, che sono state massacrate, violentate e prese in ostaggio, mentre "le sofferenze dei palestinesi sono lasciate nel vago - sempre che vengano menzionate". "Credo che i palestinesi non li consideri neppure", afferma Rashid Khalidi, professore di studi arabi moderni alla Columbia University.
Esiste una lunga e attendibile storia sui leader che traggono sul momento la decisione giusta dal loro inconscio, senza ponderati calcoli razionali. Nel mondo antico questa era una qualità molto apprezzata. Odisseo la possedeva; era chiamata la μῆτις. Ma questa capacità dipendeva da un temperamento spassionato e dalla capacità di vedere le cose in tutti i loro aspetti, di cogliere le due facce di una medaglia, diremmo oggi.
Ma cosa succede se, come suggerisce il professor Khalidi, le kishkes sono piene di rabbia, di livore e di istintivo parteggiare per lo stato sionista, alimentati da una visione obsoleta del clima interno dello stesso stato? "Sembra che non ammetta l'umanità degli [altri]", come ha detto un ex membro dell'esecutivo di Biden a Lanard.
Ebbene, gli errori - errori strategici - diventano inevitabili. E questi errori stanno impelagando sempre di più gli Stati Uniti, proprio come previsto dalla Resistenza. Michael Knights, studioso del think tank neo-con Washington Institute, ha osservato che
Gli Houthi sono forti dei loro successi e non saranno facili da scoraggiare. Si stanno proprio godendo il loro momento, a tenenere testa a una superpotenza che probabilmente non è in grado di dissuaderli.
Tutto ciò avviene mentre la guerra in Ucraina si sta dirigendo verso la propria scontata conclusione, sempre che non ci sia già arrivata.
Sia negli Stati Uniti che tra i loro alleati in Europa si riconosce che la Russia ha prevalso in modo schiacciante, e in tutti i campi del conflitto. Non c'è quasi nessuna possibilità di mettere rimedio a questa situazione, a prescindere dal denaro o dal rinnovato "sostegno" occidentale.
Ai militari ucraini toccano tutti i giorni gli amari frutti di questo dato di fatto. Sono arrivati a capirlo anche molti membri della classe dirigente di Kiev, ma hanno paura di parlare. Il gruppo di integralisti dietro Zelensky, tuttavia, insiste a voler portare avanti le proprie illusioni sull'organizzazione di una nuova offensiva.
Se l'Occidente si fermasse, compirebbe un atto caritatevole nei confronti dei morituri di un'altra vacua mobilitazione. L'esito, ineludibile, è quello di un accordo per porre fine al conflitto. Alle condizioni della Russia. Ma non dimentichiamo le kishkes di Biden: un simile risultato significherebbe che Putin ha vinto, e che gli allori cui Biden aspirava sono finiti in cenere. La guerra deve continuare anche se il suo unico esito fosse quello di lanciare missili a lungo raggio direttamente sulle città russe, cioè un crimine di guerra.
È ovvio dove si andrà a parare. Biden si trova in una buca che non può che diventare più profonda ancora. Non può smettere di scavare?
Alcuni negli Stati Uniti potrebbero desiderare che lo faccia, dato che le prospettive elettorali dei Democratici stanno peggiorando. Ma sembra probabile che non possa farlo, perché in quel caso a vincere sarebbe quel Putin che rappresenta la sua nemesi.
E quella nemesi ha già vinto, ovviamente.
A proposito dello stato sionista, Lanard prosegue:
... Biden ha spesso fatto risalire il suo inflessibile sostegno allo stato sionista... a "una lunga, lunga discussione" con Henry "Scoop" Jackson - un senatore notoriamente falco (una volta descritto come "più sionista dei sionisti").Dopo essere diventato vicepresidente, Biden è rimasto fedele alla sua convinzione che fosse necessario avere "piena luce": "la pace verrà solo se ci sarà piena luce tra stato sionista e Stati Uniti". In un libro di memorie pubblicato l'anno scorso, Netanyahu ha scritto che Biden ha chiarito fin da subito la sua disponibilità a essergli di aiuto: "Non hai molti amici qui, carissimo", avrebbe detto Biden. "Io sono l'unico amico che hai. Quindi rivolgiti a me in caso di bisogno".
Nel 2010, quando Netanyahu fece infuriare Obama intraprendendo una corposa espansione degli insediamenti proprio mentre Biden era nello stato sionista, Peter Beinart riferì che mentre Biden e i suoi volevano gestire la controversia in privato, Obama e il suo entourage presero una strada completamente diversa: Il Segretario Clinton diede a Netanyahu 24 ore per rispondere, avvertendolo che "Se non vi adeguerete, la questione potrebbe avere conseguenze senza precedenti sulle relazioni bilaterali; qualcosa di mai visto prima".
"Biden si mise subito in contatto con l'esterrefatto Netanayhu... Biden sconfessò del tutto il Segretario di Stato [Clinton] e diede a [Netanyahu] un segnale forte sul fatto che qualsiasi cosa si stesse progettando a Washington si trattava di un gesto avventato e [che] avrebbe potuto renderlo inoffensivo al suo ritorno".
Quando la Clinton vide la trascrizione, "capì di essere stata gettata sotto l'autobus" da Biden, disse un funzionario. Beinart ha concluso che
durante un periodo critico all'inizio dell'amministrazione Obama, quando la Casa Bianca pensava di esercitare concrete pressioni su Netanyahu per mantenere in vita la prospettiva di uno Stato palestinese, Biden ha fatto più di ogni altro funzionario di gabinetto per proteggere Netanyahu.
È chiaro che tali resoconti permettono di collocare Biden visceralmente al fianco di alcuni membri del gabinetto di guerra di Netanyahu: "Non faremo un bel niente se non proteggere lo stato sionista", ha detto Biden a dicembre durante una raccolta fondi; "niente di niente".
Un sostegno tanto inscalfibile rappresenta un sicuro contesto per i prossimi errori strategici degli Stati Uniti, come Mosca, Teheran e Pechino avranno capito.
L'ex diplomatico dello stato sionista e attuale insider di Washington Alon Pinkas ritiene che, nonostante una guerra tra stato sionista e Hezbollah sarebbe devastante per entrambe le parti, "essa sembra tuttavia inevitabile. Come mai?".
"Mentre Washington non crede possibile un simile sviluppo... lo stato sionista sembra rassegnato all'idea. Tanto che un articolo dello Washington Post cita funzionari statunitensi che "si dicono allarmati", convinti che [Netanyahu] incoraggi l'escalation come chiave per la propria sopravvivenza politica".
Ma cosa dicono a Biden le sue kishkes? Se Pinkas ritiene inevitabile un'operazione militare da parte dello stato sionista per "spostare" Hezbollah a nord del Litani, e se lo stato sionista è "rassegnato a intraprenderla", non sarebbe anche probabile -dato l'incrollabile sostegno di Biden allo staot sionista- che anche Biden sia in qualche modo rassegnato a una guerra?
Che dire della notizia riportata domenica 7 gennaio dallo Washington Post, secondo cui Biden avrebbe incaricato il suo staff di impedire una guerra totale tra stato sionista e Hezbollah?
Quel resoconto -chiaramente fatto trapelare di proposito- era probabilmente inteso a chiamare in correità gli Stati Uniti, nel caso in cui fosse scoppiata una guerra nel nord del paese.
Il senatore Lindsay Graham ha recapitato un messaggio ben diverso a Netanyahu durante il loro incontro di giovedì scorso, e poi anche a Mohamed Bin Salman ncontrato più tardi nella sua tenda nel deserto; proprio come nel 2010, Biden ha detto a mezza voce a Netanyahu di ignorare il messaggio di Obama sulla ineludibile necessità di uno Stato palestinese? Gli alti esponenti statunitensi non sono soliti incontrare sia il premier sionista che, successivamente, il principe ereditario, senza aver contattato il comando della Casa Bianca.
La chiave per comprendere i complessi problemi che un'azione militare in Libano comporta risiede nella necessità di vederla da una prospettiva più ampia: dal punto di vista dei neoconservatori, il confronto con Hezbollah richiama i pro e i contro di una più ampia "guerra" degli Stati Uniti contro l'Iran. Tale conflitto comporterebbe aspetti geopolitici e strategici diversi e più esplosivi, dal momento che sia la Cina che la Russia hanno stretto con l'Iran una partnership strategica.
L'inviato statunitense Hochstein si trova a Beirut questa settimana e, secondo quanto riferito, è stato incaricato di richiamare la parte libanese e quella sionista al rispetto di quanto disposto dalla risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 2006, che non è mai stata attuata.
Il governo libanese ha proposto alle Nazioni Unite una road map per l'attuazione della risoluzione 1701. Il percorso prevede di chiudere un accordo su tutti i tredici punti di confine contestati, e propone di delimitare di conseguenza i confini tra Libano e stato sionista. Solo che, come sottolinea Pinkas, un tale modo di presentare la questione è del tutto fuorviante, perché la Risoluzione 1701 non riguarda una mera disputa territoriale irrisolta con il Libano. L'obiettivo principale della Risoluzione 1701 era ed è il disarmo e la smobilitazione di Hezbollah, ma nel piano del governo libanese Hezbollah non viene nemmeno menzionato. Il che pone chiari interrogativi sul suo realismo e sulle sue intenzioni.
Perché Hezbollah dovrebbe convincersi a disarmare quando Netanyahu, insieme al Ministro della Difesa Gallant, ha annunciato in una dichiarazione congiunta nel fine settimana del 7 gennaio che "la guerra non è vicina alla fine, né a Gaza né ai confini settentrionali" con il Libano?
Gallant nelle stesse circostanze ha detto a chiare lettere che lo stato sionista non tollererà che ai circa centomila suoi cittadini sfollati dalle loro case nel nord sia impossibile rientrare a causa delle minacce di Hezbollah. Se non dovesse affermarsi la soluzione diplomatica di Hochstein, che prevede che Hezbollah disarmi e si allontani dal sud del Libano, secondo quanto promesso da Gallant lo stato sionista interverrà militarmente. "La clessidra si capovolgerà presto", ha avvertito.
Forse l'aspetto più scoraggiante e minaccioso di un confronto militare tra stato sionista e Hezbollah sta nel fatto che a quanto pare è una cosa inevitabile, conclude Pinkas:
La sensazione è che si tratti di una conclusione scontata. In assenza di un accordo politico reciprocamente concordato e duraturo, e data la ragion d'essere di Hezbollah e le ambizioni regionali dell'Iran, lo scoppio di una guerra del genere potrebbe essere solo una questione di tempo.
Così non c'è da sorprendersi se al suo arrivo nello stato sionista Blinken si è imbattuto in un profondo scetticismo sulla possibilità di raggiungere un accordo con il Libano per il ritiro di Hezbollah al di là del fiume Litani, come riferisce il commentatore dello stato sionista Ben Caspit. Certo, di sollevare l'argomento con Hezbollah non se ne è parlato neppure...!
Se lo stato sionista dovesse invadere il Libano per tentare di allontanare Hezbollah dal confine, ovviamente invaderebbe uno stato sovrano membro delle Nazioni Unite. A prescindere dalle circostanze, questo gesto verrebbe immediatamente denunciato a livello internazionale come aggressione illegale.
Lo scopo di questi negoziati è allora quello di cercare di far accettare allo stato libanese un accordo svuotato, che ignori la situazione delle fattorie di Sheba pur accettando la risoluzione 1701 in linea di principio, in modo che lo stato sionista non possa essere accusato di aver invaso uno stato sovrano?
Anche in questo caso non potrebbe trattarsi di una tattica, adottata col benestare di Hezbollah, per evitare di incolpare i circoli libanesi di aver scatenato una guerra che danneggerebbe lo stato, addossando allo stato sionista la responsabilità di aver lanciato un attacco al Libano? L'iniziativa sulla risoluzione 1701 non potrebbe essere altro che una farsa, con lo sguardo rivolto alle possibili conseguenze legali? Se così fosse, in che modo potrebbe influire il messaggio che Biden potrebbe inviare per vie traverse allo stato sionista? Sappiamo che uno dei messaggi inviati dagli Stati Uniti all'Iran dice che gli Stati Uniti non vogliono una guerra con l'Iran. Tutto questo sta preparando la scena affinché Biden affermi di nuovo che il suo incrollabile sostegno per lo stato sionista è ancora intatto? Quasi certamente.
La Russia, l'Iran, la Cina e gran parte del mondo stanno osservando come gli Stati Uniti si stiano lasciando trascinare in una serie di errori strategici che si susseguono uno via l'altro, e che senza dubbio rimodelleranno l'ordine globale a loro vantaggio.
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