venerdì 13 agosto 2021

Gino Strada e l'Afghanistan del 2021


Questa foto risale alla fine di aprile 1975, gli ultimi giorni della presenza statunitense in Vietnam.
Ritrae quello che sembra proprio uno statunitense.
Che sta persuadendo con successo qualcuno a non salire su quello che potrebbe essere l'ultimo elicottero verso le navi che attendono gli evacuati nel Mar Cinese Meridionale.
Tra non molto -la stima di tre mesi pare ottimistica- lo stesso potrebbe succedere a Kabul.
Il perché, è stato argomento dell'ultimo articolo[*] di Gino Strada (21 aprile 1948 - 13 agosto 2021), pubblicato poche ore prima della sua morte.
Da decenni oggetto di "critiche" ben oltre l'isterico da parte dei ben vestiti della politica e delle gazzette "occidentaliste", Strada non ha mai utilizzato le oggettive ricostruzioni degli eventi che anche qui riassume senza spirito di rivalsa, nonostante avessero trovato conferma puntuale.
Dal 2001 in poi chiunque osasse eccepire sulle iniziative statunitensi -lasciamo perdere schernirle come meritavano, come meritano e come meriteranno- è stato abitualmente proclamato terrorista per contaminazione.
E nella penisola italiana, è bene ricordarlo ancora una volta, gli ambienti del democratismo rappresentativo e della "libera informazione" definiscono terrorista qualsiasi cosa non procuri loro un reddito.

Il 7 novembre 2001, il 92 per cento circa dei parlamentari italiani approvò una risoluzione a favore della guerra. Chi allora si opponeva alla partecipazione dell’Italia alla missione militare, contraria alla Costituzione oltre che a qualunque logica, veniva accusato pubblicamente di essere un traditore dell’Occidente, un amico dei terroristi, un’anima bella nel migliore dei casi. Invito qualche volonteroso a fare questa ricerca sui giornali di allora perché sarebbe educativo per tutti. 
[...] Ho vissuto in Afghanistan complessivamente 7 anni: ho visto aumentare il numero dei feriti e la violenza, mentre il Paese veniva progressivamente divorato dall’insicurezza e dalla corruzione. Dicevamo 20 anni fa che questa guerra sarebbe stata un disastro per tutti. Oggi l’esito di quell’aggressione è sotto i nostri occhi: un fallimento da ogni punto di vista. Oltre alle 241 mila vittime e ai 5 milioni di sfollati, tra interni e richiedenti asilo, l’Afghanistan oggi è un Paese che sta per precipitare di nuovo in una guerra civile, i talebani sono più forti di prima, le truppe internazionali sono state sconfitte e la loro presenza e autorevolezza nell’area è ancora più debole che nel 2001. E soprattutto è un Paese distrutto, da cui chi può cerca di scappare anche se sa che dovrà patire l’inferno per arrivare in Europa. E proprio in questi giorni alcuni Paesi europei contestano la decisione della Commissione europea di mettere uno stop ai rimpatri dei profughi afgani in un Paese in fiamme.
Per finanziare tutto questo, gli Stati Uniti hanno speso complessivamente oltre 2 mila miliardi di dollari, l’Italia 8,5 miliardi di Euro. Le grandi industrie di armi ringraziano: alla fine sono solo loro a trarre un bilancio positivo da questa guerra. Se quel fiume di denaro fosse andato all’Afghanistan, adesso il Paese sarebbe una grande Svizzera. E peraltro, alla fine, forse gli occidentali sarebbero riusciti ad averne così un qualche controllo, mentre ora sono costretti a fuggire con la coda fra le gambe.


[*] Nel testo originale ricorre il nome dello stato che occupa la penisola italiana. Ce ne scusiamo come d'uso con i nostri lettori, specie con quanti avessero appena finito di pranzare.


 

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