sabato 19 novembre 2016

Referendum del 4 dicembre 2016. Matteo Renzi invia una lettera ai residenti all'estero



Nel novembre 2016 molti sudditi dello stato che occupa la penisola italiana dimoranti all'estero avrebbero ricevuto una lettera "personale" da parte del Primo Ministro in carica.
Il 4 dicembre si tiene infatti una consultazione referendaria in cui si chiede all'elettorato di approvare modifiche costituzionali di una certa portata.
Come operazione di propaganda appare meno che mediocre, sia nel merito che nei toni, come andremo a vedere confutando riga per riga le asserzioni del Primo Ministro. Nel testo ricorre per forza di cose più volte il nome dello stato che occupa la penisola italiana; ce ne scusiamo come d'uso con i nostri lettori, specie con quanti avessero appena finito di pranzare.


Cara italiana, caro italiano.
Incipit promettente: unisce la correttezza politica ad un appellativo che è uno stigma.
nessuno meglio di voi, che vivete all’estero, sa quanto sia importante che il nostro Paese sia rispettato fuori dai confini nazionali. Nessuno meglio di voi sa quanto sia importante che si parli di noi per la nostra capacità di lavorare, per la nostra creatività, per la nostra intelligenza.
Chi vive fuori dai confini "nazionali" ha ovviamente tutt'altre preoccupazioni, se è dovuto emigrare. E spesso non ha nessuna voglia di curarsi delle sorti di una realtà cui ha voltato le spalle. Temi come quelli qui accennati possono toccare solo i sedicenti expat, un aggregato di fanciulle in fiore e giovinastri dalle tasche piene andati a far danni lontano dall'ambiente di ogni giorno. Dove spesso non trovavano collocazione esclusivamente per proprio demerito.
Ma nello stesso tempo, nessuno meglio di voi ha provato sulla propria pelle il fastidio, o addirittura la mortificazione di sentire, sull’Italia, risolini di scherno, accompagnati dai soliti, umilianti luoghi comuni.
Tra tutti, uno, durissimo a morire. Quello per cui siamo un Paese dalla politica debole, che si perde in un mare di polemiche. Un Paese instabile, che cambia il presidente del Consiglio più spesso di un allenatore della Nazionale. E tra noi, ahimè, possiamo dircelo: questo luogo comune non è così distante dalla realtà.
Lo stato che occupa la penisola italiana ed i suoi sudditi rappresentano l'unico caso unico al mondo in cui i luoghi comuni corrispondono perfettamente alla realtà; quando si è i primissimi responsabili della propria sorte c'è poco da sentirsi infastiditi, mortificati o umiliati. A dimostrare la pefetta correlazione tra luogo comune e realtà è lo stesso Primo Ministro, che smentisce immediatamente se stesso ricorrendo a metafore pallonare, pallonesche e palloneggianti. Che i sudditi del "paese" dove mangiano spaghetti riducano al pallone ogni aspetto del vivere è cosa troppo nota perché ci sia bisogno di insistere. Logico, quasi genetico, che anche il Primo Ministro non riesca a spingersi oltre.
In questi due anni e mezzo di Governo ho visitato moltissimi stati e ho provato ogni volta, con tutte le mie forze, a dare dell’Italia un’immagine diversa.
A raccontare dei successi degli italiani del mondo, a promuovere le nostre bellezze, a sponsorizzare la capacità di innovazione dei nostri giovani.
Del pallone si è già detto. Ora tocca all'immagine. Tra una pallonata e l'altra, si gira per il mondo puntellando un'immagine che si vorrebbe, e soprattutto che si vorrebbe presentare, come identica alla realtà. I sedicenti avversari del boiscàut di Rignano si sarebbero espressi in modo identico.
La capacità di innovazione dei giovani? La propaganda mediatica e le gazzettine governative non mostrano altro che startup, cioè gente alla disperata ricerca di quattrini, e mangioteche di ogni genere.
E si tratta appunto di propaganda mediatica e di gazzettine governative, il che rende la cosa ancora più grave.
Ma soprattutto, in ogni viaggio all’estero, ogni volta che ho sentito risuonare l'inno di Mameli con voi, ogni volta che ho incrociato i vostri sguardi orgogliosi, ogni volta che sono riuscito a stringervi le mani, ho sentito fortissimi l’onore e l’emozione di rappresentare il Paese che noi tutti amiamo.
Qualcosa non torna: il Primo Ministro fa finta di non sapere che quella marcetta dal testo incomprensibile è sempre stata parte dei problemi, e fa anche finta di non sapere che le persone serie sono di solito allergiche a mani sul cuore e drappi sventolanti, buoni al massimo per qualche filmetto statunitense.
Dalla prima volta, a Tunisi, nel marzo di due anni fa, fino all’ultima, alla Casa Bianca, dove il Presidente Obama scegliendo di dedicare all’Italia la sua ultima cena di stato, ha compiuto un gesto di straordinaria attenzione. E lo ha rivolto non al nostro governo, ma al nostro Paese.
L’Italia, dicevamo, ha un enorme bisogno di essere rispettata all’estero. E in questi anni qualcosa è finalmente cambiato. Ne sono fiero e felice.
A tenere insieme tutta questa lettera di propaganda è proprio il ripercorrere quei luoghi comuni che il Primo Ministro dice di voler combattere. Difficile soprattutto pensare che Matteo Renzi abbia attraversato in maniera morigerata tutti questi impegni istituzionali. Un'occhiata alla sua stazza è conferma più che sufficiente.
Tra i predecessori di costui si conta uno straricco che ha fondato un partito politico per non essere scaraventato in galera come un biscazziere qualsiasi, la cui vicinanza era considerata imbarazzante persino dai suoi commensali "occidentali". Logico che per ottenere un miglioramento percettibile bastasse toglierlo di mezzo in qualsiasi modo... salvo adottare una linea politica sostanzialmente identica.
Ma non sono soddisfatto. Dobbiamo fare di più, tutti insieme.
Un professore delle medie che rampogna uno di quegli allievi "che ha i mezzi ma non fa quanto potrebbe" non userebbe vocaboli diversi, ad eccezione del plurale nel secondo periodo.
Cosa dovrebbero fare, tutti insieme? Forse andare a cena al ristorante, una delle poche iniziative che le gazzette governative non considerino ancora in odor di sovversione?
È vero, l’Italia non è più considerata il problema dell’Europa e il prossimo appuntamento del G7 nella magnifica Taormina, ci darà un’occasione per condividere i nostri valori umani, civili e solidali. 
Per non parlare del catering.
Ma dobbiamo continuare a migliorarci, come le vostre storie ci insegnano.
Il Primo Ministro conosce uno per uno tutti i sudditi che vivono al di là dei confini. Tutte storie encomiabili, prive di qualunque macchia ed all'insegna di una capacità di iniziativa e di un coraggio a tutta prova.
Non uno che se ne sia tornato a casa alla svelta, e con le pive nel sacco.
E allora la riforma costituzionale su cui siete chiamati a votare, è un altro tassello per rendere più forte l'Italia.
Certamente: le migliaia di sudditi che mettono insieme il pranzo con la cena addannandosi chissà come e chissà dove ne saranno senza dubbio toccati in prima persona.
Qualcuno dice che si tratta di tecnicismi, che non incidono realmente sulla vita del Paese. Tutt'altro. Con questa riforma, superiamo finalmente il bicameralismo paritario, un sistema legislativo che esiste solo in Italia, e costringe ogni legge ad un estenuante ping-pong tra Camera e Senato. Anni per approvare una legge, quando il mondo, fuori, corre veloce. Con questa riforma superiamo il doppio voto di fiducia al governo, da parte di Camera e Senato, che ha dato al nostro Paese il record mondiale di instabilità (63 governi in 70 anni).
Non si tratta affatto di tecnicismi, ma di una riforma che incide realmente sulla vita del "paese" riducendo sostanzialmente una rappresentatività politica già di molto ridotta a furia di sorridenti "asticelle" e "sistemi maggioritari". Il sistema politico dello stato che occupa la penisola italiana è nato da una guerra di liberazione, ad opera di individui adusi a ristrettezze, studi assidui, morigeratezza e senso di responsabilità che la politica di rappresentanza "occidentale" non conosce più nemmeno per sentito dire. Il mondo fuori corre veloce? Lo si lasci correre: la fretta è sempre una pessima consigliera. Ping pong, record mondiale... Stiamo parlando di riforme costituzionali o di roba vista alla televisione in un sabato pomeriggio qualsiasi?
Questa riforma, definendo le competenze tra Stato e Regioni, mette fine all’assurda guerra tra enti pubblici che ogni anno si consuma in centinaia di ricorsi alla Corte Costituzionale.
La Corte Costituzionale è lì apposta. Se le tocca lavorare, pazienza; i sudditi se ne faranno una ragione.
Questa riforma riduce finalmente poltrone e costi della politica (315 stipendi in meno in Parlamento, stipendi abbassati ai consiglieri regionali, abolizione dei rimborsi pubblid per i gruppi regionali), elimina enti inutili come il CNEL (1 miliardo di spesa per zero leggi approvate), aumenta la maggioranza necessaria per eleggere il Presidente della Repubblica, garantisce più poteri alle opposizioni. E tutto questo senza toccare i poteri del Presidente del Consiglio, né alcuno dei «pesi e contrappesi» che garantiscono l’equilibrio tra i poteri dello Stato.
Matteo Renzi scrive nero su bianco che la "riforma" riduce persino il residuale democratismo ad un simulacro di quello che è, e promette nomi ulteriormente grigi e ancor più insignificanti per la carica di Capo dello Stato. Tutto per inseguire il mondo che va veloce, si presume.
Deve fare molto affidamento sulla cortina fumogena dello stile retorico dello scritto, mutuato senza alcun cambio di registro dagli avversari del giorno prima. Quelli dell'Inglese, Internet e Impresa, tanto per dirne una.
Per decenni tutti hanno promesso questa riforma, ne hanno discusso in tv e sui banchi del Parlamento, hanno riempito i giornali e più recentemente i social network. Ma si sono dimenticati di realizzarla. Adesso la riforma c’è, ha superato sei letture parlamentari e ora dipende dal voto dei cittadini. Sì, anche dal vostro.
Sarete voi a decidere se questa Italia deve continuare ad andare avanti oppure deve tornare indietro. Sarete voi a decidere se dire sì al futuro oppure se rifugiarsi nell’attuale sistema, talmente burocratico da non avere nessun paragone in Europa.
Matteo Renzi omette di ricordare il fatto che nel 2006, l'ultima volta che i sudditi sono stati graziosamente chiamati ad esprimersi su questioni del genere, si sono espressi negativamente e senza mezzi termini. Senza che questo influisse sulle successive sorti delle formazioni politiche "occidentaliste" che avevano avuto l'idea di modificare l'assetto costituzionale del "paese" e cui i sudditi riconoscevano la legittimità necessaria per accanirsi contro i bersagli via via designati dalla propaganda (proprio come oggi) ma non quella di prendersi certe libertà.
Non ci fu alcuna dimenticanza, detto in poche parole. I tentativi di "riforma" seguirono l'iter che dovevano seguire, e vennero stroncati dall'elettorato.
Il tutto, con buona pace delle "letture parlamentari".
Tra dominatori e dominati esisteva, ed esiste a tutt'oggi, un abisso.
Persino i sudditi dell'epoca, che avevano assegnato agli "occidentalisti" maggioranze rilevanti, percepirono l'importanza di mettere dei limiti perentori a manovratori che si presentano come parte delle soluzioni quando sono, nel migliore dei casi, parte dei problemi.
In queste circostanze anche il burocratismo che li intralcia acquista aspetti virtuosi. La partecipazione alla vita politica rappresentativa non può in efffetti che consistere nel consentire a sedicenti statisti ed altrettanto sedicenti "sostenitori del cambiamento" di fare meno danni possibile.
Oggi possiamo dimostrare all’Italia e al mondo che noi ci crediamo davvero. Che la storia dell’Italia è meravigliosa e noi possiamo rendere migliore anche il suo futuro.
Oggi siamo a un bivio. Possiamo tornare ad essere quelli di cui all’estero si sghignazza, quelli che non cambiano mai, quelli famosi per l’attaccamento alle poltrone e le azzuffate in Parlamento. Oppure possiamo dimostrare con i fatti chefinalmentc qualcosa cambia, e che stiamo diventando un Paese credibile e prestigioso.
Ci date una mano? Basta un sì.
Pare di capire che dopo aver fatto appello alle migliori energie disponibili con appelli ai ggggiovani e quant'altro, in fin dei conti Matteo Renzi si accontenterebbe, come si sono accontentati tutti quanti, di una crocetta su una scheda elettorale. Una crocetta che taumaturgicamente dovrebbe sancire la meraviglia della storia "nazionale" e portare ad un ancor più meraviglioso futuro.
Chissà cosa ne penserebbero coloro che di queste meraviglie hanno fatto le spese, a cominciare da chi ha sperimentato le gioie delle prime coscrizioni obbligatorie per finire alle vittime delle maramaldesche "esportazioni di democrazia" cui i politici del "paese" dove mangiano maccheroni si sono uniti con tanto entusiasmo.
Non siamo affatto ad un bivio: nelle realtà normali si continuerà a sghignazzare, nella penisola italiana si continuerà a non cambiare -specie in nome di cambiamenti in peggio- e lorsignori continueranno a rimanere attaccati alle poltrone e ad azzuffarsi in parlamento, perché riforme nonostante esso è rimasto un'ottima e fedele rappresentanza dei sudditi e dei loro "valori", dal momento che chiunque abbia un minimo di rispetto per se stesso evita ormai da decenni di avere a che fare con la politica rappresentativa.
Incredibile che con simile materiale umano e con una simile storia alle spalle, che imporrebbero un contegno sobrio e defilato in ogni "contesto internazionale" a cominciare dalla bocciofila di San Marino, qualcuno venga ancora a raccontare cose che tirano in mezzo credibilità e prestigio.
No.

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