giovedì 22 settembre 2016

Alastair Crooke - Il G20 di Xi. Il mondo sull'orlo di un mutamento radicale.


Traduzione da Conflicts Forum.

Il G20 è stato diverso, questa volta. C'era l'intenzione che lo fosse. I cinesi lo avevano preparato e pianificato perchè così fosse. Come sempre dagli incontri del G20 è venuto fuori poco di concreto da riferire; niente soluzioni di ampia portata, niente progressi "ai margini dei colloqui" per Siria, Ucraina, Yemen o per un ipotizzato piano per controllare il mercato del petrolio. Solo il solito comunicato preconfezionato e tiepido nei toni sul bisogno di crescita economica. I partecipanti hanno per lo più ribadito le posizioni che tutti conosciamo; nel caso delle discussioni sulla Siria e sull'Ucraina la Merkel e Hollande hanno patito di un caso classico di ripensamento all'ultimo secondo ed hanno evitato di parlarne a Putin senza che Poroshenko fosse presente, contrariamente a quanto deciso prima del vertice. In che senso questo G20 è stato diverso, allora? Per avvertire le prime avvisaglie di mutamento occorre ascoltare con attenzione; esiste un nuovo ordine che si sta preparando ad apparire sulla scena quando sarà il momento. Ai preparativi è stata volutamente messa la sordina perché la nuova leadership globale possa palesarsi pacificamente. La parola d'ordine nel nostro caso è "cambiare senza stravolgere".
Di diverso c'era il fatto che questo era senza dubbio il G20 cinese. La Cina non si è limitata ad ospitare il G20 perché l'AmeriKKKa vi piombasse, attestasse la propria "guida", desse l'imprimatur a tutto quanto e poi togliesse veloce il disturbo. Nel corso di questo G20 i cinesi hanno messo in chiaro che la guida spettava a loro, e per mettere le cose ancora più in chiaro si sono assicurati che il mondo vedesse che l'ospite d'onore era il Presidente russo e non quello ameriKKKano, cui è toccato fare esperienza anche di alcune deplorevoli difficoltà tecniche che hanno rovinato il cerimoniale del suo arrivo. In questo, c'era una motivazione più profonda: sottolineare il coordinamento strategico con la Russia, in un contesto in cui si metteva in bella vista la leadership cinese.
Tante volte questa curata coreografia fosse passata inosservata in Occidente, il Presidente Xi si era premurato di riassumere lo spirito del suo G20 nel discorso diretto un mese prima al Partito Comunista Cinese in occasione dell'anniversario della fondazione. In quella ricorrenza il Presidente Xi ha detto al partito che "il mondo è sull'orlo di un mutamento radicale. Stiamo assistendo alla crisi graduale dell'Unione Europea e al collasso dell'economia statunitense: tutto questo finirà per dar vita ad un nuovo ordine mondiale". Al G20 ha ripetuto gli stessi concetti quando, rivolgendosi agli altri capi di stato, ha affermato che il mondo si trova "in una congiuntura critica" a causa della domanda stagnante, della volatilità dei mercati finanziari e della debolezza nei settori del commercio e degli investimenti. Xi ha messo in guardia contro l'attuale tendenza al protezionismo, e ha detto che la minaccia che proviene da mercati molto gonfiati è seria. Poi ha fatto altre due cose. Ha suggerito di pensare la globalizzazione in termini più fisici anziché in termini occidentali e finanziari, e che la regolamentazione del commercio non sia affare soltanto statunitense ma siano frutto dell'accordo tra i rispettivi ministri del G20, che già hanno iniziato a dedicarvisi cercando un accordo su nove principi fondamentali. Xi ha fatto pressione, e con successo, perché il G20 arrivasse a risolversi che è necessaria una riforma delle istituzioni finanziarie internazionali; in concreto Xi si è adoperato affinché in esse si arrivi ad una più equa ripartizione dei poteri e degli status.
In breve, mentre le misure monetarie di tipo convenzionale come il quantitative easing ed anche quelle che convenzionali non sono come l'acquisto di titoli di stato da parte delle banche centrali si sono rivelate così inutili per stimolare la crescita (cosa esplicitamente ricordata dal Viceministro delle Finanze cinese) e dal momento che anche i fattori trainanti della crescita che avevano funzionato in occasione delle precedenti tornate di progresso tecnologico sono svaniti, l'idea dei cinesi per creare connettività fisica attraverso l'iniziativa chiamata OBOR (One Belt, One Road) sembrerebbe essere la maniera più promettente per far ripartire la crescita globale. Questo ha proposto Xi. Tutto questo, unito ad una nuova regolamentazione dei traffici commerciali e alla riforma del sistema finanziario che così com'è è prono agli interessi statunitensi ed europei potrebbe rendere possibile questo "cambiare senza stravolgere", ovvero rappresentare la migliore delle prospettive per un cambiamento che non sia seguito da un collasso finanziario e da uno shock economico. Russia e Cina lo sperano. Un sottaciuto corollario è rappresentato dal fatto che senza questo riallineamento nelle politiche entrambi i paesi prevedono come inevitabile un ulteriore shock simile a quello del 2008.
Deve essere chiaro il fatto che nonostante la morbidezza dei toni utilizzati Cina e Russia non sono affatto soddisfatte, al punto da ventilare senza mezzi termini l'incombere imminente di una crisi, della pessima conduzione del sistema finanziario da parte dell'Occidente e dal suo eccessivo affidarsi ad ulteriori reazioni finanziarizzate e basate sul debito. La cina è in cerca di investimenti concreti, di innovazione, di connettività (via mare, via ferro, oleodotti, connessioni) per diventare il futuro volano della crescita e non altre politiche basate sui tassi di interessi negativi, quantitative easing e acquisto di titoli di stato. L'Occidente può non essere del tutto in disaccordo con le infauste diagnosi di Xi, ma Xi si è raffigurato come intrappolato in un angolo dal quale non può ovviamente uscire senza il rischio di far deflagrare la crisi che l'Occidente sta cercando di rimandare volta dopo volta. Non ci sono alternative, insomma.
Altra cosa chiara, la Cina sta allineando il G20 contro la prerogativa, che gli ameriKKKani si arrogano, di stabilire con il TIPP e il TPP le regole del commercio mondiale e quelle del sistema finanziario. Sembra che il G20 abbia prestato orecchio ad entrambe le proposte cinesi e che in questo G20 la predominanza occidentale abba visto indebolire le prorpie basi. In ogni caso il Presidente Xi si è presentato come leader globale intenzionato ad avere un ruolo guida almeno in campo economico, e punt'affatto intenzionato a lasciare che "il paese indispensabile" rimanga il solo attore sulla scena.
Dimitry Kosyrev è un esperto di questioni politiche dell'Estremo Oriente dell'agenzia di stampa russa RIA Novosti; in u commento sul vertice di Hangzhou ha scritto: "Il fondamento di tutta questa pacifica ascesa della Cina sta nel fatto che questo suo affermarsi non è diretto contro nessun altro paese", ed il linguaggio è riflesso di questo: niente fuochi d'artificio, niente accuse aspre. Nonostante il ricorso ai toni morbidi, il G20 di Xi risulta comunque costituire un mutamento sensazionale nella politica cinese, anche se non c'è stato un botto vero e proprio. Esso rappresenta la fine del principio guida che Deng Xiaoping aveva adottato per la Cina, ovvero che essa non avrebbe mai dovuto assumere un ruolo guida, non avrebbe mai dovuto rivelare le sue vere potenzialità, e non avrebbe mai neppure dovuto fare mosse che andassero al di là di esse. Si potrebbe semplicemente sostenere che Xi ha appena passato il segno in tutti e tre i casi: la Cina sta assumendo un ruolo guida, sta rivelando le proprie potenzialità e con lo OBOR sta anche facendo mosse ambiziose.
Quali conclusioni si devono trarre? Innanzitutto, non è probabile che l'Occidente accolga di buon grado consigli economici di questo genere, ed in ogni caso è improbabile che possa uscire da solo dall'angolo rappresentato dalle proprie politiche monetarie, anche in caso volesse farlo. L'Occidente sta badando più che altro a preservare lo status quo, non certo a cambiare le cose. In secondo luogo anche la Cina deve affrontare i problemi che nascono da decenni di crescita  basata sul debito e su prestiti facili, più l'impellente necessità, difficile da soddisfare, di affrontare una transizione che la porti lontano dal suo vecchio manifatturiero di base. I punti deboli dell'economia interna cinese possono distogliere l'attenzione dalle prospettive di riforme sul piano macroeconomico care a Xi o, peggio, la Cina potrebbe anche trovarsi al centro della prossima crisi finanziaria. In terzo luogo lo OBOR deve affrontare qualche resistenza da parte di stati che temono di ricadere nell'ombra economica cinese. Questo può rallentare lo sviluppo del progetto. Infine, l'AmeriKKKa non cederà mai di propria volontà le redini del sistema finanziario, a costo di scivolare in una nuova crisi globale.
Tutto questo significa forse che il G20 di Xi non ha molte conseguenze per l'Occidente? Assolutamente no. E' verosimile che i funzionari cinesi capiscano molto bene quali sono i limiti contingenti ed è probabile che siano consapevoli del fatto che lo OBOR potrebbe essere un po' utopistico. In altre parole i commmenti che Xi ha fatto in materia di economia occidentale, e che detto per inciso sono condivisi anche dai piani alti a Mosca, fanno pensare che sia a Pechino che a Mosca si consideri inesorabile un ulteriore shock economico o creditizio. Il Presidente Xi, con molta cortesia e molta educazione, ha semplicemente specificato che l'Occidente è nudo e che i suoi strumenti monetari sono assolutamente inutili, e che conseguenza di questo sarà l'instaurarsi di un nuovo ordine. Questa è la bandiera levata alta a Hangzhou; sembra che la maggior parte del G20 vi si stia radunando attorno.
In termini più concreti, ma è presto per dirlo, può darsi che si affermi la seconda implicazione della visione globale del Presidente Xi. Nel discorso indirizzato al Partito Comunista Cinese, Xi ha detto che le relazioni tra Russia e Cina non dovrebbero restare confinate al mero àmbito economico e che i due paesi dovrebbero stringere un'alleanza militare alternativa. "Stiamo assistendo ad atti aggressivi da parte degli Stati Uniti contro la Russia e contro la Cina. Io credo che Russia e Cina possano costituire un'alleanza al cospetto della quale la NATO si ritroverà impotente."
Xi ha offerto alla Russia la collaborazione militare della Cina ed ha espresso la previsione che Russia e Cina insieme possono costituire la guida del nuovo ordine mondiale. Arginare le costrizioni che l'Occidente impone tramite gli strumenti multidimensionali della guerra ibrida di oggi, in altre parole, può essere conditio sine qua non per l'instaurazione del nuovo ordine mondiale; il senso del messaggio di Xi sembra essere questo.
Si deve comunque guardare alla Russia per trovare qualche prima traccia delle intenzioni per il mondo postfinanziarizzato. Il venticinque luglio il Presidente Putin, come ha messo in evidenza William Engdahl, "ha incaricato un gruppo di esperti di questioni economiche chiamato gruppo Stolypin di mettere a punto delle proposte per agevolare la ripresa della crescita; la presentazione al governo è fissata per gli ultimi mesi dell'anno. Putin in questo ha respinto le istanze di due influenti gruppi di interesse economico di orientamento liberista o neoliberista [facenti capo ad Alexei Kudrin, ex ministro delle finanze, e al responsabile delle politiche monetarie della Banca Centrale Russa Elvira Nabiullina] che avevano portato la Russia in una recessione pericolosa dal punto di vista politico ed economico". Il gruppo Stolypin è stato messo in piedi nel 2012 da alcuni economisti di nazionalità russa (ha preso nome da Piotr Arkadevic Stolypin, il Primo Ministro riformista dello Zar Nicola II) per mettere a punto le grandi linee di strategie alternative ed onnicomprensive in grado di diminuire la dipendenza della Russia dal mondo del dollaro e di imprimere un'accelerata alla crescita dell'economia reale.
Engdahl scrive:
"Per molti versi il gruppo Stolypin guarda al genio che operò per il miracolo economico tedesco negli anni successivi al 1871... Friedrich List, lo sviluppatore del primo modello di sviluppo economico nazionale... L'approccio su base storica di List all'economia nazionale si contrapponeva direttamente, all'epoca, alla predominante corrente di pensiero liberoscambista dell'inglese Adam Smith.
Le concezioni di List furono integrate in misura sempre maggiore nella strategia economica del Reich tedesco, a cominciare dalla Zollverein, l'unione doganale tedesca del 1834 che unificò il mercato domestico interno alla Germania. La Zollverein pose le basi perché negli anni Settanta del XIX secolo la Germania si affermasse come colossale ed assoluto rivale economico della Gran Bretagna, superata in ogni campo nel 1914."
Questo modo di intendere le cose indica a livello di massima di concentrare gli sforzi sui punti storicamente forti dell'economia russa, anche se questo implica il ricorso ad un certo contingente di protezioni daziarie e a crediti a basso tasso di interessi erogati sotto controllo governativo. Il piano per il 2015 tracciato da Sergej Glazyev (un importante membro del gruppo Stolypin) e presentato al Consiglio di Sicurezza russo proponeva l'utilizzo delle risorse della Banca Centrale per costituire prestiti mirati ad attività ed industrie, che avrebbero ricevuto denaro dietro corresponsione di tassi di interessi bassi e sovvenzionati calcolabili dall'uno al quattro per cento. Il programma suggeriva anche che fosse lo stato a sostenere le attività private tramite la creazione di "obbligazioni reciproche" per l'acquisto di prodotti e servizi a prezzi concordati. In breve, esso poneva l'acceto su una più ampia autonomia economica, il cui obiettivo deve essere quello di far diminuire la vulnerabilità della Russia a fronte di uno shock economico esterno o a fronte di una guerra geofinanziaria. In breve si tratta di "portare in casa" industrie e creazione di ricchezza.
Si tratta anche di guardare ad una politica monetaria sovrana. Come ha scritto Engdahl, Glazyev ha proposto che il rublo si rafforzi come alternativa al sistema del dollaro, acquistando oro per sostenersi. Ha proposto che la Banca Centrale sia obbligata ad acquistare tutta la produzione aurea delle miniere russe ad un dato prezzo, per far crescere la garanzia aurea del rublo. La Russia è oggi il secondo produttore di oro del mondo.
A maggio il Presidente Putin aveva detto n un discorso al presidium del Consiglio Economico: "Le dinamiche in atto indicano che le riserve e le risorse che sono state le forze trainanti della nostra economia dal 2000 in poi non possono più produrre l'effetto che un tempo erano solite produrre. Ho già detto in passato, e voglio oggi tornare sull'argomento, che ancora una volta la crescita economica non va avanti da sola. Se non troviamo nuove fonti di crescita vedremo la crescita del PIL arrivare pressoché a zero, e a quel punto le nostre disponibilità per il settore sociale, per la difesa nazionale per la sicurezza e per molti altri settori saranno considerevolmente ridotte rispetto a quanto ci serve per un autentico sviluppo del paese e per il suo progresso".
Non è difficile capire che esiste una profonda affinità tra il discorso di Putin al Consiglio Economico ed il messaggio di Xi al G20. La cosa particolarmente interessante è che Putin sembra stia guardando ad un modello economico nazionale, nonostante il comprensibile rifuggire dei russi da qualsiasi cosa paventi il ritorno alla pianificazione centrale sovietica. La frase fondamentale è sicuramente "Ho già detto in passato, e voglio oggi tornare sull'argomento, che ancora una volta la crescita economica non va avanti da sola". Xi sta dicendo le stesse cose. Il vento sta soffiando in questa direzione, verso una diversa concezione dell'economia, con la definanziarizzazione globale e con una interconnettività dei traffici commerciali a servizio dell'economia reale.

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