A tutt'oggi ci sono elementi sostanziali che appartengono agli eventi in corso ma che continuano a sfuggire. L'abbattimento dell aereo russo sul Sinai, i ripetuti attacchi suicidi dell'inizio di novembre a Beirut e gli attacchi di Parigi sono stati concepiti dai vertici dello Stato Islamico e messi a segno secondo i desideri e le direttive dei massimi livelli dello Stato Islamico di Raqqa o di Mossul?
Il Presidente francese François Hollande ha parlato di Raqqa ma non ha prodotto nessuna prova.
Se questi sono i fatti, e ammettiamo che lo siano, essi indicano un macroscopico mutamento nella strategia dello Stato Islamico. Tra le sue implicazioni, il fatto che l'Occidente potrebbe non essere più in grado di evitare il confronto per il fatto puro e semplice che sia lo Stato Islamico che Al Qaeda sono movimenti di origine wahabita, né potrebbe più permettersi di ignorare i lro intimi legami con l'Arabia Saudita che li ha messi in piedi, anche se oggi come oggi la Casa dei Saud teme che la propria mostruosa progenie abbia iniziato a ripulire l'Arabia dagli stessi Saud e a reinsediarvi lo wahabismo primigenio su cui il paese era stato fondato, l'"unico, vero Islam" sottolineato dallo Stato Islamico.
Dopo gli attacchi dell'undici settembre 2001 il fatto che quindici attaccanti su diciannove fossero cittadini sauditi è stato cancellato dal quadro, e sostituito con le asserzioni che indicavano in Saddam Hussein il detentore di un arsenale di distruzione di massa, cosa cui Washington voleva che il mondo prestasse maggiore attenzione. La portata storica di tutto questo, adesso, non sarà facile da ignorare.
Sarebbe bene che l'AmeriKKKa tirasse un respiro profondo e riconsiderasse radicalmente l'essenza delle proprie alleanze con paesi come Turchia e Arabia Saudita, due stati che hanno dichiarato apertamente la propria intenzione di continuare ad aiutare oggi in Siria tutto il complesso di forze favorevoli al califfato: Stato Islamico, al Qaeda e Ahrar al Sham. E' il caso di ricordare che i cittadini comuni, in Siria, una situazione come quella degli attentati a Parigi la vivono ogni giorno da ormai cinque anni. Difficile capire come l'Occidente possa andare avanti coi suoi ambigui flirt con certa gente dopo quello che è successo nel Sinai, a Beirut e a Parigi.
Cosa può essere stato a indurre lo Stato Islamico ad un così macroscopico mutamento strategico? Su un punto importante Al Qaeda e Stato Islamico non sono mai stati d'accordo: i vertici di Al Qaeda hanno chiaramente affermato che lo Stato Islamico abbia sbagliato a proclamare il califfato, uno stato islamico: a loro detta si è trattato di un'iniziativa prematura, presa in condizioni non favorevoli.
Le operazioni militari di Al Qaeda hanno l'obiettivo di "vessare ed esaurire" l'AmeriKKKa e i suoi alleati occidentali perché questo dovrebbe alla fine portare ad un'eccessiva esposizione della potenza occidentale sul piano morale, militare, politico ed economico. Un riflesso di questo diverso approccio al concetto di stato islamico è il fatto che Al Qaeda ha sempre operato e collaborato con altri gruppi di insorti siriani, laddove lo Stato Islamico rifiuta di collaborare e pretende invece sottomissione ed obbedienza assolute.
Lo Stato Islamico ha scelto l'assoluto, un anelito che esclude tutto il resto per stabilire il "primato di Dio", il califfato, qui e subito, su un territorio fisico che ha delle frontiere, un apparato amministrativo, basato sulla legge sacra e dotato di un sistema giudiziario. La differenza più grossa tra i due movimenti, in effetti, è rappresentata dalla territorialità. Al Qaeda agosce a livello mondiale, su base effimera e virtuale; lo Stato Islamico è territoriale.
Cosa succede se lo Stato Islamico teme di perdere la propria base territoriale? In Siria stanno succedendo strane cose: villaggi controllati per due anni dallo Stato Islamico vengono conquistati dalle forze governative in poche ore. L'Esercito Arabo Siriano o i suoi alleati compiono ovunque piccoli progressi territoriali nelle aree contestate: è presto per dire che lo Stato Islamico sta collassando, ma questo ptrebbe essere vero per una parte di esso.
Se lo Stato Islamico inizia a perdere la caratteristica che lo contraddistingue, ovvero l'essere una potenza territoriale tra Siria ed Iraq, i suoi vertici potrebbero arrivare a concludere che Ayman al Zawahiri aveva ragione, che Al Qaeda aveva ragione, e che lo Stato Islamico, a fronte della perdita della propria territorialità, deve adottare la strategia di al Qaeda. Al Qaeda da parte sua ha già invocato la costituzione di un fronte unico con lo Stato Islamico contro l'intervento russo ed iraniano in Siria.
E se invece che essere frutto di una decisione strategica dei vertici dello Stato Islamico la bomba sull'aereo russo e gli attacchi suicidi di Beirut e di Parigi fossero attacchi spontanei messi a segno da qualche formazione locale che si comporta allo stesso modo, invece che risultato degli ordini e dell'attività operativa di Raqqa o di Mossul? Il problema per l'Europa sarebbe in questo caso diverso, ma non per questo meno serio.
In un certo senso, le prove pubblicamente disponibili non fanno pensare ad iniziative condotte da Raqqa, e fanno propendere per la seconda ipotesi. Per quanto è dato sapere a tutt'oggi tutti gli individui coinvolti negli attacchi di Parigi sono cittadini europei. Sono stati atti di guerra che europei hanno commesso contro europei. Non è chiaro neppure se qualcuno dei partecipanti fosse reduce dalla guerra in Siria, perché l'autenticità di un passaporto siriano trovato sul luogo degli attacchi è stata messa in discussione.
Dunque, se l'ordine non è arrivato direttamente dallo Stato Islamico, per la prima volta in Europa sta prendendo forma una struttura clandestina come Al Qaeda: gli attacchi di Parigi sono stati ben progettati, ben preparati, ben eseguiti. Non è possibile considerare definitive le rivendicazioni perché ci sono stati casi in cui i vertici di questa o quella organizzazione islamica si sono assunti la responsabilità e hanno rivendicato un azione che non avevano ordinato, e nel rivendicarla avevano seriamente danneggiato il proprio movimento.
Robert Fisk ha scritto:
Omar Ismail Mostafai, uno degli attentatori suicidi di Parigi, era di origine algerina: lo stesso può essere per altri sospetti di cui sono stati fatti i nomi. Said e Cherif Kouachi, i fratelli che hanno massacrato i giornalisti di Charlie Hebdo, erano anch'essi di origine algerina. Venivano dalla comunità algerina in Francia, che conta oltre cinque milioni di persone per molte delle quali la guerra in Algeria non è mai finita e che oggi vivono nei ghetti di Saint Denis e nelle altre banlieue algerine di Parigi.
Se le cose stanno in questo modo, non solo la Francia, ma anche altri paesi europei dovranno fermarsi un momento e chiedersi in che modo la loro linea politica sia cambiata, passando da un ostentato multiculturalismo ad una sorta di "apartheid morbido", nel quale i cittadini musulmani d'Europa provano le discriminazioni e il disprezzo di molti dei loro concittadini. I politici europei non possono limitarsi a far finta di nulla sul contesto storico in cui i musulmani d'Algeria -a torto o a ragione- sentono che il loro mondo, il mondo sunnita, è entrato in crisi: i sunniti continuano ad essere marginalizzati, per giunta con la sensazione che il potere sunnita stia venendo usurpato. E neppure possono ignorare il fatto che un algerino può affermare "Je suis aujorurd'hui syrien" nello stesso senso in cui un britannico o un altro europeo qualsiasi può asserire "Je suis Paris". Bombardare Raqqa non servirà a nulla, ammesso e non concesso che dietro gli attacchi di Parigi ci sia Raqqa.
Affermare tutto questo non significa giustificare quanto è successo. Significa deplorare fino a che punto siamo diventati acquiescenti a fronte di comportamenti tanto miopi. Il puritanesimo wahabita è nato ai tempi di una crisi del mondo islamico ed è nato per purificare l'Islam con il fuoco e con la spada da tutti gli orpelli decadenti e dall'idolatria che lo avevano impastoiato. Oggi, con l'Islam sunnita in piena crisi in Europa, è lo stesso grido puritano che si leva dalle moschee di Parigi e di Londra, e anche da molte emittenti televisive dedicate.
Tutte finanziate dai sauditi e dai loro "alleati" del Golfo.
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