sabato 17 gennaio 2015

L'imam di Firenze dà prova di generosità ed altruismo a Jacopo Cellai e Tommaso Villa.


Moschea di Nasir al Molq, Shiraz, Repubblica Islamica dell'Iran.

Il sette gennaio 2015 un centro mediatico situato in una metropoli è stato colpito e pressoché cancellato tramite attacco con armi leggere. L'operazione è stata portata a compimento da un nucleo ristretto che ha operato in modo da ridurre assolutamente al minimo il numero delle vittime collaterali. L'attacco è stato accompagnato da alcune operazioni di contorno molto meno coordinate, e totalmente fallimentare è stata la fase di disimpegno.
Il tutto si è svolto nella Repubblica Francese e non c'è niente, più che una descrizione così asettica, che possa levare le ire di ben nutriti e ben vestiti di varia obbedienza. Gli elementi dissonanti sono l'ambientazione ed i protagonisti: se invece di provenire dal milieu qui ben descritto gli attaccanti avessero fatto capo allo stato sionista o ad un corpo speciale "occidentale" e gli eventi si fossero svolti a Tehran, nessuno avrebbe trovato alcunché da ridire e le listature a lutto sulle gazzette non avrebbero certo riguardato le vittime.
Ben nutriti e ben vestiti hanno approfittato della cosa per togliere dal ripostiglio toni ed argomenti caratteristici dell'islamofobia da pescivendole che ha occupato per lustri e lustri le gazzette e l'agenda politica.
Stante la totale assenza di minacce concrete, nel "paese" dove mangiano spaghetti l'operato gazzettiero e politico degli "occidentalisti" si è ad oggi tradotto in monumentali sperperi di denaro pubblico. La sua funzione autentica e sostanziale è stata quella di influire sui meccanismi del democratismo rappresentativo in modo da portare ai vertici della macchina amministrativa e statale una torma di corrotti, di mangiaspaghetti, di falliti, di disturbati, di scarti di lavorazione, di perdenti, di frequentatori di prostitute, di mandolinisti, di furfantelli, di bulli di quartiere e di vere e proprie nullità, che hanno ed hanno avuto l'unico pregio di essere fedelmente rappresentativi dei "valori" e delle competenze del proprio elettorato.
L'esame, la confutazione e lo scherno della pratica politica "occidentalista" e della propaganda con particolare riferimento alla città di Firenze sono obiettivo degli scritti raccolti in questa sede, ed alle ripercussioni fiorentine degli eventi francesi si è già fatto cenno. Dopo aver ricordato che gli elementi portanti dell'"occidentalismo" sono l'incompetenza e la malafede, passiamo ad esaminare un caso concreto di comunicazione propagandistica.
Il 16 gennaio 2015 due ben nutriti di cui abbiamo già avuto occasione di occuparci e che si chiamano Jacopo Cellai e Tommaso Villa mandano a prendere polvere nell'ufficio stampa del Comune di Firenze un comunicato in cui lamentano l'intolleranza altrui.
Izzedin Elzir, che li deve sopportare da anni e la cui pazienza dev'esser stata più volte messa alla prova, li avrebbe definiti "due poveracci che vogliono strumentalizzare anche dodici morti", in questo mostrandosi assennato e conciliante ai limiti dell'autolesionistico, come avremo modo di vedere.
Non ci offendiamo certo per l’espressione poveracci. Siamo abituati a coloro che salutano cordialmente e fanno finta di portare rispetto finché in qualche modo non si intralciano i loro piani e le loro ambizioni.
Un'ottima descrizione degli ambienti "occidentali" e dei comportamenti che vi costituiscono la norma.
Ci viene da sorridere semmai, dato che noi abbiamo sempre riconosciuto la preparazione di Izzedin.
L'imam fiorentino è da molti anni al centro di una campagna mediatica che ha perso visbilità perché ha dovuto fare a meno di molti amplificatori, per lo più a causa di reati comuni e non certo perché bombardati dallo Stato Islamico. Va notato che dai curricula di Villa e Cellai non risulta alcuna competenza in orientalistica e che nel caso di Tommaso Villa non compare neppure alcun accenno ad attività lavorative.
Sulla base di quali elementi questi due signori abbiano riconosciuto la preparazione dell'imam, ed in quali campi, è di fatto un mistero.
Ancora una volta però proprio colui che dovrebbe rappresentare il volto di quell’Islam moderato cui guardare e col quale dialogare non riesce ad evitare, alla prova dei fatti, di esprimersi alla stregua di un intollerante. Perché solo un intollerante può qualificare con quell’aggettivo “poveracci” l’opinione di persone che rappresentano centinaia e migliaia di cittadini nelle Istituzioni sapendo perfettamente che la nostra posizione sul referendum non nasce, come dimostrano i fatti, da quanto accaduto in Francia.
 Jacopo Cellai rappresenta 554 (cinquecentocinquantaquattro) sudditi su 377021 (trecentosettantasettemilaventuno) ed ha dovuto farsi aiutare da un "consigliere regionale" per dare un minimo di concretezza alla propria azione. L'idea di un referendum sulla costruzione di una moschea a Firenze ha costituito per molti anni un'arma propagandistica "occidentalista" che sulla città non ha avuto alcuna presa. Il motivo è semplice: a Firenze, chi vuol fare politica "occidentalista" si iscrive al Partito Democratico.
Del resto Izzedin non è nuovo a trattare da “poveracci” coloro che si esprimono in termini che non gli sono avvezzi. Nel 2011 l’on. Souad Sbai intervenendo a Firenze ad un convegno sulla libertà di culto mise in evidenza una serie di questioni che riguardavano l’Ucoii, l’unità delle comunità islamiche di cui Izzedin è presidente, in relazione all’esclusione della stessa dalla consulta islamica e ai suoi rapporti con i Fratelli Musulmani e l’unica risposta di Izzedin fu la seguente : “Discorsi inutili. Non abbiamo certo bisogno del lasciapassare di persone che con Firenze non c’entrano nulla’.
Torna l'obiettiva constatazione del realismo e del senso di tranquilla responsabilità con cui l'imam di Firenze tratta le proprie controparti. Di solito, gli "occidentalisti" utilizzano per i loro detrattori epiteti ben più pesanti e nell'ambiente la delazione e la denuncia sostituiscono abitualmente l'assoluta mancanza di argomenti. Souad Sbai fu definita all'epoca da chi ne caldeggiava le cause un individuo di "alto spessore intellettuale". Qui presentiamo alcuni stralci che rendono chiaro di quali esperti di Islam -pardon, d'islàmme- si stia parlando. E rendono chiaro anche in che senso l'imam di Firenze sia stato estremamente generoso nei confronti di Cellai e Villa.
La netta sensazione è che a Izzedin vada bene dialogare con chi è d’accordo con la realizzazione della moschea. Gli altri, i poveracci come noi, sarebbero quelli che strumentalizzano le vicende tragiche di Parigi per far passare l’idea che tutti i musulmani siano terroristi.
Traduzione dall'"occidentalese": la netta sensazione è che non ci sia modo di far abboccare Izzedin all'amo della propaganda. Sono anni che usiamo gli stessi argomenti e non sappiamo letteralmente cosa inventare, anche perchè tra qualche mese la ruota gira di nuovo, i sondaggi sono roba da stare svegli la notte, e il rischio è quello di ritrovarsi all'ufficio circoscrizionale per l'impiego fianco a fianco con qualche Ahmed e qualche Ibrahim che potrebbero anche chiederci un supplemento di spiegazioni, magari usando sistemi meno educati di quelli usati dall'imam.
Siamo davvero noi quelli che strumentalizzano? Perché va bene un percorso partecipativo pagato dalla Regione, non sappiamo bene destinato a chi e a quanti, ma non può andare bene un referendum?
Senza propaganda "occidentalista" a cercare di capitalizzare sull'Islam non ci sarebbe stato alcun bisogno di percorsi partecipativi, peraltro apertissimi a tutti, e tanto meno di referendum.
La libertà di culto non è mai stata messa in discussione, non a caso in borgo Allegri i musulmani si ritrovano e pregano. E certo il sovraffollamento non può essere il motivo per fare una Moschea altrimenti basterebbe individuare uno spazio più grande.
L'"occidentalismo" mette in discussione l'esistenza stessa della società come tale, altro che libertà di culto. Ad infastidire gli "occidentalisti" è proprio la componente sociale dell'Islam, assieme alle sue inconcepibili pretese di giustizia e di equità. Al centro islamico di Borgo Allegri sono state mosse per anni critiche quotidiane, ovviamente cadute nella gelida indifferenza generale. Nel caso di Tommaso Villa si può parlare di sfrontatezza, ed anche di peggio.
Come scriveva Padre Lanzetta, il dialogo con l’Islam, auspicabile e nobile, non può però principiare dal permettere la costruzione di una moschea. Deve invece iniziare da valori condivisibili a livello naturale (che è ciò che veramente ci unisce, mentre le fedi ci separano), dai diritti naturali dell’uomo, dalla libertà religiosa, dalla pari dignità tra uomo e donna, dalla necessità di distinguere la sfera religiosa da quella politica, per non rischiare di scadere facilmente in un fondamentalismo politico ammantato di religiosità. Partire invece dalla moschea è come iniziare la costruzione di una casa dal tetto anziché dalle fondamenta”.
Serafino Lanzetta viene definito da Domenico del Nero come "giovane superiore della comunità fiorentina, docente di teologia, scrittore di profondità straordinaria e di dottrina vertiginosa... un sacerdote capace di illuminarti l’anima con un sorriso  che non era bolsa piacenteria, ma riflesso di autentica fede; e che con poche, dolci ma ferme parole poteva scuotere dal profondo una coscienza in confessionale o un gruppo di fedeli dal pulpito". Lanzetta, che avrebbe fatto le spese del recente cambio di pontificato e del radicalissimo riorientamento che ne è seguito, viene sporadicamente citato da un occidentalame che ha nel campo dell'esegesi e della dottrina cattolica le stesse competenze che ha nei rimanenti campi dello scibile, ed i cui rappresentanti più in vista non perdono occasione per mostrarsi attratti da tutt'altro.
Da parte nostra, non ci stancheremo di ripetere che la moschea si deve fare, si deve fare a spese pubbliche sottraendo esplicitamente risorse ai capitoli "sicurezza" e "gendarmeria" e si deve costruire con materiali di pregio, avendo in mente un edificio che deve essere degno della città di Firenze secondo le stesse linee di pensiero seguite a suo tempo per la sinagoga di via Farini. La miglior collocazione per l'edificio sarebbe a nostro avviso il lato orientale di piazza Ghiberti, una volta sgomberati e demoliti, possibilmente con gli stessi sistemi che gli "occidentalisti" vorrebbero usare contro i centri sociali e le case occupate, gli edifici che vi sorgono e che da troppo tempo ospitano attività e macchinazioni alla base di un degrado e di una insicurezza tanto autentici quanto invisibili ad occhi "occidentalisti".

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