lunedì 26 gennaio 2015

Intervista di Foreign Affairs (Stati Uniti d'AmeriKKKa) a Bashar al Assad, Presidente della Repubblica Araba di Siria



Traduzione da Foreign Affairs.

Tra poco saranno passati cinque anni dall'inizio della guerra civile in Siria, e ancora non se ne vede la fine. Il 20 gennaio il direttore di Foreign Affairs Jonathan Tepperman ha incontrato il Presidente della Repubblica Araba di Siria Bashar al Assad; a Damasco ha discusso con lui del conflitto in un'intervista che pubblichiamo in esclusiva.

Traduzione di S. Kahani, Palaestina Felix.

Foreign Affairs: Vorrei cominciare chiedendole della guerra. Adesso sono quasi quattro anni che va avanti e lei certamente conosce le statistiche: duecentomila persone uccise, un milione ferite e tre milioni di profughi, secondo l'ONU. Le sue forze hanno subito gravi perdite. La guerra certamente non può andare avanti per sempre. Vede una fine all'orizzonte?
Bashar al-Assad: Tutte le guerre, ovunque nel mondo, sono finite con una soluzione politica, perché la guerra in sé e per sé non é una soluzione; la guerra, clausewitzianamente, é uno degli strumenti dell'agire politico. Quindi anche in questo caso finirà con una soluzione politica, é così che la vediamo, quello é il nostro scopo.
FA: Non pensa che questa guerra avrà una soluzione militare?
BA: No, ogni guerra finisce con una soluzione politica.
FA: Il suo paese si sta dividendo in tre parti, si può dire che uno sia controllato dal Governo legittimo, uno dall'ISIS e da Al-Nusra e un'altro ancora dall'opposizione 'moderata' e dai Curdi. La Siria si ricomporrà mai?
BA: Questa visione é soltanto sua e non rispecchia la realtà sul campo, non si può parlare di "parti" come se fossero stati funzionanti, guardi solo la gente che abita in quelle 'parti'; il popolo siriano é unito con la Siria, con le sue istituzioni legittime, sostiene il Governo anche se si trova in zone controllate dai terroristi, lei parla di 'controllo' ma i terroristi si spostano continuamente, non hanno presa solida sulle zone che attraversano e spesso coesistono in certe zone e poi si separano. Ma il problema principale é la popolazione. La popolazione sostiene il Governo, e lo sostiene a livello più che politico, sostiene lo Stato come incarnazione dell'unità della nazione siriana, se la popolazione fosse veramente divisa in diversi gruppi nessuno potrebbe unificarla, ma non sarebbe riuscito a unificarla nemmeno prima, ecco come stanno le cose.
FA: Lei pensa che Sunniti e Curdi credano ancora in una Siria unita?
BA: Se lei ora esce e gira per Damasco se ne può rendere conto direttamente, vedere i diversi aspetti, i diversi colori della nostra società coesistere e prosperare; le divisioni in Siria non sono settarie o etniche, nemmeno nella 'parte curda' di cui parlava prima, vive molta più gente araba che curda, perciò il punto non é l'etnia, ma piuttosto il gruppo armato che esercita il controllo sulla zona.
FA: Un anno fa sia l'opposizione che molti Governi stranieri insistevano che lei si dimettesse prima di dare il via a un dialogo politico. Ora questa precondizione é sparita, abbandonata. I diplomatici cercano un accordo ad interim nel quale lei continuerà a giocare un ruolo. Proprio oggi (domenica 25 -NdT-) il New York Times ha pubblicato un articolo che evidenzia l'aumentato sostegno americano per l'iniziativa diplomatica russa e quella dell'ONU. L'articolo recita: "Il cauto, silenzioso abbandono da parte occidentale dalla pretesa di dimissioni immediate di Assad". Dato questo cambiamento nell'atteggiamento occidentale lei ora si sente più aperto a una soluzione negoziata che porti a una transizione politica?
BA: Fin dall'inizio siamo stati aperti a quest'opzione. Abbiamo iniziato dialoghi con ogni partito e fazione in Siria...e con partito non intendo strettamente 'partito politico', intendo anche fazioni, correnti, o rappresentanti singoli. Abbiamo cambiato la Costituzione e siamo aperti a ulteriori cambiamenti, ma quando si vuole fare qualcosa, non si parla solo della posizione o del Governo, si parla dei Siriani; a volte si può avere una maggioranza che non si sente rappresentata da nessuna parte politica. Perciò quando si vuole un 'cambiamento', fintanto che si parla di un problema di portata nazionale, ogni Siriano deve avere la capacità di esprimersi e dire la sua. Quando si ha un dialogo non si parla solo tra Governo e opposizione, ma tra differenti partiti ed entità che rappresentano la realtà siriana. Ecco come noi vediamo e intendiamo il dialogo. Detto questo, qualunque soluzione si intenda raggiungere alla fine bisogna proporla al popolo, con un referendum, perché si parla di cambiamenti costituzionali che influenzano il sistema politico, bisogna rivolgersi al popolo e chiedere la sua approvazione. Quindi dialogare é una cosa diversa dal prendere decisioni, che non può venire fatto solo dal Governo e dall'opposizione senza una sanzione e un'approvazione popolare.
FA: Quindi lei dice che non approverebbe alcun tipo di transizione politica a meno che non sia ratificata da un referndum?
BA: Esattamente, solo il popolo può avere l'ultima parola su questioni di questo tipo.
FA: Questo vuol dire che non c'é spazio per negoziati?
BA: No, vuol dire che andremo in Russia, che andremo a questi negoziati, ma c'é un'altra questione: con chi si dovrebbe negziare? Come Governo noi abbiamo istituzioni, forze armate, abbiamo influenza, che sia positiva o negativa, in diverse direzioni e in qualunque momento. Mentre la gente con cui dovremmo negoziare, esattamente, chi e cosa rappresenta? A questo bisogna trovare risposta. Quando lei genericamente parla di 'opposizione' questa parola deve avere un significato. Una 'opposizione' dovrebbe avere rappresentanti nelle amministrazioni locali, in un Parlamento, in qualche istituzione, perlomeno dovrebbe avere un sistema di collegamento con la sua 'base popolare', ammesso che ne abbia una, per cui dovrebbe parlare. Nella crisi attuale lei deve farsi delle domande a proposito dell'influenza dell'opposizione, se vuole dialogare e avere un dialogo fruttuoso, deve essere un processo condiviso tra Governo e questi 'oppositori' che io piuttosto chiamerei ribelli. Questo é un'altro punto; 'opposizione' fa pensare a qualcosa con un carattere nazionale, che lavori per gli interessi del popolo siriano, almeno di una sua parte. Non può chiamarsi 'opposizione' una serie di marionette manovrate dal Qatar, dall'Arabia Saudita, dalla Turchia o dalle nazioni occidentali, Stati Uniti compresi. Dovrebbe essere un'entità puramente siriana. Noi abbiamo un'opposizione nazionale, non lo escludo, e non pretendo nemmeno di dire che tutte le entità dell'oppoizione non siano legittime, ma bisogna fare dei distinguo...con le marionette, non ci può essere dialogo fecondo.
FA: Significa che non si incontrerebbe con gruppi di opposizione che hanno sostegni esteri?
BA: Noi possiamo incontrarci con chicchessia, non abbiamo precondizioni.
FA: Davvero?
BA: Assolutamente.
FA: Quindi incontrerete tutti?
BA: Gliel'ho detto, incontreremo tutti. Ma a tutti chiederemo: "Chi rappresentate?", questo é quello che voglio dire.
FA: Se non sbaglio il Vice di Staffan DeMistura ora si trova in Siria. Sta proponendo per conto dell'ONU una misura temporanea di cessate il fuoco ad Aleppo. Lei la approverebbe?
BA: Sì certo, abbiamo già concluso accordi simili prima che DeMistura ricevesse il suo incarico; ad esempio ad Homs, altra grande città, con moltissimi civili, in situazione simile a quella che avviene ora ad Aleppo, e abbiamo approvato misure simili anche su scala più piccola, in sobborghi, cittadine, villaggi e sempre con successo. L'idea é molto buona ma come al solito bisogna dirimere bene i dettagli. DeMistura é arrivato in Siria con delle proposte, noi abbiamo approvato alcune di quelle proposte, in linea generale. Ora stiamo aspettando che lui porti un piano dettagliato, minuziosamente preparato, che regoli tutti i casi particolari, dalla A alla Z. Diciamo che col suo Vice stiamo discutendo proprio di questo.
FA: Nel passato lei ha insistito come precondizione del cessate il fuoco che i ribelli deponessero prima le armi, il che evidentemente era difficile per loro da accettare. Porrebbe ancora simili precodnzioni.
BA: Lei sta parlando di scenari diversi. In alcune zone abbiamo permesso agli armati di lasciare le aree abitate per evitare perdite civili e hanno lasciato le aree con le loro armi. In altre abbiamo preteso l'abbandono delle armi e le hanno abbandonate. Ovviamente in diversi casi si creano diverse condizioni e possiamo chiedere più o meno in cambio delle nostre concessioni.
FA: Non capisco chiaramente la sua risposta: lei insisterebbe anche in questo caso che le armi vengano abbandonate?
BA: Le ho detto che in alcuni casi abbiamo permesso che avvenisse il contrario, dipende dalle circostanze.
FA: E' ottimista sui dialoghi di Mosca?
BA: Quel che sta andando avanti a Mosca non é la preparazione di una soluzione politica, é solo la preparazione di un incontro.
FA: Quindi si parlerà di un possibile dialogo?
BA: Esattamente, per ora si sta preparando un possibile dialogo. Poi, quando si parlerà dell'incontro vero e proprio bisognerà decidere su quali principii sarà basato. Mi lasci essere franco: alcuni dei gruppi in questione, come ho detto, non sono che marionette di altri paesi, di cui devono eseguire l'agenda e so che molte nazioni, per esempio la Francia, non hanno interesse che nulla venga fuori dall'iniziativa russa. E hanno già dato ordini alle loro marionette di sabotarla in ogni modo. Naturalmente ci sono altre personalità che rappresentano solo sé stesse e non hanno un vero seguito in Sira. Alcuni di loro, addirittura, non hanno mai vissuto in Siria e non conoscono nulla della sua realtà. Poi naturalmente ci sono personalità che lavorano per quello che percepiscono essere l'interesse nazionale, o almeno di una certa classe di persone. Perciò quando si parla dell' "Opposizione" come se fosse un blocco unico si commette in realtà una semplificazione pericolosa. Questo é il problema, e non é ancora chiarito. Perciò l'ottimismo sarebbe esagerato e ingiustificato. Non direi di essere pessimista ma direi che abbiamo speranza.
FA: Sembra che negli ultimi giorni gli Americani siano divenuti più interessati ai dialoghi di Mosca. Inizialmente non lo erano. Ieri il Segretario di Stato Kerry ha detto qualcosa che sembra suggerire che gli Usa sperino nel prosieguo di questi dialoghi e nel loro successso.
BA: Dicono sempre qualcosa, ma bisogna vedere cosa faranno a proposito. E lei sa bene quanta diffidenza ci sia tra Siriani e Americani. Quindi aspettiamo fino a quando si vedrà la realtà della conferenza.
FA: Quindi, quale maniera migliore lei pensa che possa essere quella per garantire un accordo tra tutte le parti coinvolte in Siria?
BA: Certamente quella di trattare direttamente sul campo coi ribelli, ma bisogna ricordare che ci sono tipi diversi di ribelli. La maggioranza sono estremisti, qaedisti, ISIS, Al-Nusra, e altre fazioni simili ad Al-Qaeda ma più piccole. E poi c'é la cosiddetta 'fantasia di Obama' detta 'opposizione moderata', ma é un'illusione, non sono moderati per nulla, sono più banditi che altro e non esitano a unirsi all'ISIS o ad Al-Qaeda se gli fa comodo, alcuni, per fortuna, hanno preferito arrendersi all'Esercito, giusto nell'ultima settimana abbiamo avuto un gran numero di costoro che hanno defezionato verso le nostre posizioni.
FA: Vuol dire che ci sono diserzioni verso l'Esercito Siriano?
BA: Gliel'ho appena detto, sì, militanti hanno disertato verso l'Esercito, erano stanchi, esauriti, non ne potevano più di combattere. Tornando al discorso: lei crede che sia possibile negoziare con Al-Qaeda? O le altre organizzazioni estremiste che ho nominato? Non ne hanno nemmeno intenzione, hanno i loro piani. Noi abbiamo il nostro: la riconciliazione nazionale coi Siriani che per qualunque motivo si siano trovati coinvolti nella guerra; l'abbiamo iniziata e abbiamo visto che risolve molti problemi reali, sul terreno, questo é il primo punto, poi ci sarebbe l'applicazione effettiva e integrale della Risoluzione del Consiglio di Sicurezza 2170, che é molto chiara e dice che ogni aiuto straniero a gruppi come ISIS e Nusra deve finire immediatamente, che sia militare, finanziario, logistico o di intelligence, ma ovviamente é rimasta lettera morta e Ankara, Doha e Riyadh continuano indisturbate a foraggiare in ogni modo questi gruppi. Se non si applica in tota la risoluzione non si arriverà mai a una vera soluzione politica. Poi, toccherà all'Occidente tagliare ogni sostegno alla sua ipotetica 'opposizione moderata' perché abbiamo avuto le prove che ogni aiuto di questo genere prima o poi va a beneficio dell'ISIS e di gruppi simili.
FA: Sarebbe pronto a prendere iniziative di buona volontà prima dell'inizio dei dialoghi: scambio di prigionieri, stop all'uso dei 'barili bomba' (locuzione della stampa imperialista che pretende che le forze Siriane buttino 'barili' di esplosivo a casaccio sulle zone occupate dai terroristi -NdT-), liberazione di prigionieri poitici, per aumentare la buona disposizione della controparte in merito alla possibilità di negoziare in buona fede?
BA: Quello che lei deve capire é che non stiamo parlando di un dialogo personale dove simili misure potrebbero anche essere costruttive, qua si parla di diplomazia e la diplomazia funziona per meccanismi. Bisogna parlare soltanto di meccenismi, non é possibile 'fidarsi', aspettandosi che la controparte assuma un atteggiamento comprensivo e positivo perché 'affascinata' da un gesto magnanimo, bisogna accordarsi su un meccanismo che porti a risultati positivi per le due parti. La questione é quindi, le misure che lei ha proposto a che meccanismo darebbero vita? Ma non si può rispondere a questo interrogativo se prima non si sa con chi si sta parlando e chi é rappresentato dall'interlocutore; avrebbe senso cercare di 'accattivarsi' la buona fede di un interlocutore che non rappresenta nessuno, o che rappresenta una potenza straniera?
FA: Quando due parti convengono per un dialogo é spesso utile che una parte mostri all'altra che é interessata a fare progressi, prendendo misure unilaterali che 'abbassino la temperatura', io intendevo misure del genere.
BA: Abbiamo già preso misure molto concrete in merito, con gli accordi di pacificazione. Dei militanti hanno abbandonato le armi, sono stati giudicati, amnistiati nel caso che non avessero commesso crimini capitali e introdotti su un percorso di ricostruzione delle loro vite. E' un esempio reale e attinente, e mostra la nostra buona fede e la nostra volontà costruttiva; d'altra parte lei prima ha parlato di prigionieri, ma esistono legami tra le organizzazioni armate e qusti prigionieri? Non mi pare, quindi questo argomento é fuori luogo.
FA: Quindi avete offerto aministie a militanti armati?
BA: Certo, e non solo una volta, ma molte volte.
FA: Può fornirci delle cifre?
BA: Non ho numeri precisi sottomano, ma migliaia, migliaia di militanti siriani hanno già beneficiato di simili misure.
FA: E lei sarebbe preparato a dire all'intera opposizione armata: 'Posate le armi e sarete al sicuro'?
BA: L'ho già fatto, l'ho detto pubblicamente in diversi discorsi.
FA: E come può lei garantire la loro sicurezza? Perchè credo che molti di loro abbiano un'innata diffidenza dele dichiarazioni governative.
BA: Non si possono fornire garanzie anticipate, ma se anche ogni volta che viene lanciato un simile appello, il cinquanta per cento dei militanti lo accoglie, e a volte abbiamo avuto ben più del 50 per cento di risposte positive, allora la misura é già stata una grande successo. Nulla é assoluto, ci saranno sempre dei rifiuti, ma non li abbiamo mai avuti in maniera o in quantità preoccupante.
FA: Mi lasci cambiare discorso. Hezbollah, la Niruye-Qods iraniana e le milizie sciite sostenute dall'Iran stanno svolgendo un importante ruolo in Siria, nella lotta contro i ribelli. Visto il loro coinvolgimento, lei é preoccupato del ruolo futuro dell'Iran nel suo paese? Del resto il Libano prima e anche l'Irak ora, mostrano che una volta che un potere militare straniero si solidifica in un paese, può essere molto difficile chiedergli di andarsene.
BA: L'Iran é un importantissimo paese della regione e aveva già una grande influenza prima di questa crisi. La sua influenza non é collegata con questa crisi, né é scaturita da essa, ma é collegata con la sua posizione nella politica regionale. Quando dei parla di 'influenza' dovrebbe tenere a mente quali fattori contribuiscono a crearla. Nel Medio Oriente ci sono molti fattori transnazionali, che siano sociali, religiosi, ideologici, che passano di paese in paese, quindi, chi influenza uno o più di questi fattori, si ritrova con un'influenza transnazionale. Quando non c'é la volontà di avere una nazione forte, unita, quest'influenza potrebbe anche avere il sopravvento. Ora per rispondere alla sua questione: l'Iran non ha ambizioni di sostituirsi allo Stato siriano o di ridurne l'autorevolezza e, come nazione la Siria non ha intenzione di abdicare a nessuna porzione della sua libertà e della sua autonomia. Non accetteremmo nulla di simile e gli Iraniani lo sanno e si guardano bene dal cercare di fare qualcosa di simile. Noi e gli Iraniani cooperiamo. Se lasciassimo che gli Iraniani esercitassero influenza in Siria al di fuori dal nostro controllo allora tanto varrebbe aprirci anche alle 'influenze' turche, saudite, francesi o americane, non farebbe differenza. E infatti questi paesi vorrebbero avere influenza, senza alcuna cooperazione, per questo ci opponiamo a loro, e per questo invece siamo amici e alleati degli Iraniani.
FA: Mi consenta di insistere. L'altra settimana un Generale dell'IRGC, del Comando Aerospaziale dell'IRGC, Haji Zadeh, ha detto che la Guida Suprema Khamenei ha ordinato la costruzione di officine di missili in Siria. Questo non vuol dire che l'Iran sta già influenzando la Siria in maniera autonoma?
BA: No, perché quell'indirizzo operativo é stato avviato tramite una cooperazione siro-iranian, che é altra cosa dall'esercitare un ruolo egemonico.
FA: Quindi ogni cosa che gli Iraniani fanno la fanno col vostro assenso e con il vostro aiuto?
BA: Certamente, pieno assenso e piena cooperazione, oggi, come ieri.
FA: Ora, l'Iran é un certo tipo di realtà perché é uno Stato. Però ci sono anche milizie, che sono attori non-statali, questo non complica la situazione? Un problema nel trattare con questi gruppi é che, al contrario di un Governo, possono non volere cooperare e a volte può persino non essere chiaro con chi si debba parlare. Lei é preoccupato della possibilità di controllare queste forze e di fermarle quando ce ne sarà bisogno? E inoltre, recentemente 'Israele' (il regime ebraico di occupazione della Palestina -NdT-) ha attaccato Hezbollah nel Golan e ha detto di averlo fatto perché Hezbollah preparava attacchi su Israele dal territorio siriano. Questo non sottolinea il pericolo di lasciare milizie con loro agende, che possono non coincidere con l'agenda siriana, libere di operare?
BA: Lei intende milizie siriane o straniere?
FA: Intendo specialmente Hezbollah e le milizie sciite straniere, ad esempio irakene.
BA: E' naturale dire che solo le istituzioni governative e statali siano garanzia di stabilità e ordine. Ogni altro fattore che giochi un ruolo parallelo a quello governativo può anche dimostrarsi positivo, utile in certe circostanze, ma avrà sempre degli effetti collaterali, negativi. Questa é una cosa naturale e avere milizie che sostengono il Governo é un effetto collaterale di questa guerra. Esistono, ma dobbiamo anche cercare di controllarle. E se lei fa la stessa domanda a un qualunque siriano quasi sicuramente avrà la stessa risposta. Nessuno si sente più protetto, più garantito, da una milizia piuttosto che dalle legittime forze dell'ordine e della difesa. Ma laddove queste non riescono a garantire protezione e sicurezza allora, come tampone, le milizie svolgono un ruolo utile. Per parlare di quel che é avvenuto a Quneitra bisogna entrare in un'altro discorso ancora. Nessun, ripeto, nessun genere di attacco contro 'Israele' é avvenuto da suolo siriano dal 1974 a oggi, sono più di 41 anni, non é mai successo, mai. Per cui, la pretesa israeliana che vi fosse in atto un piano per attaccarlo, mi consenta, é veramente ridicola, gli israeliani hanno colpito perché volevano assassinare gli uomini di Hezbollah.
FA: Ma gli israeliani sono stati molto attenti dall'inizio della guerra in Siria a non farsi coinvolgere (qui ho iniziato a pensare che il reporter di FA avesse bevuto pesantemente -NdT-), tranne quando si sono visti minacciati i loro interessi.
BA: Questa é una menzogna perché lei sa benissimo che ci hanno attaccato a più riprese per oltre due anni, senza alcun motivo o ragione.
FA: Ma in ogni caso, dicono che é stato perché Hezbollah riceveva armi dall'Iran attraverso la Siria.
BA: Senta, hanno attaccato posizioni dell'Esercito Siriano, lo sa o no?
FA: Sono stati casi in cui posizioni dell'Esercito sono state colpite per sbaglio...
BA: Questa é una spudorata menzogna.
FA: Quindo quale pensa che sia l'agenda israeliana?
BA: Ovvio, stanno sostenendo i terroristi in Siria. E' molto chiaro ed evidente. Perché ogni volta che otteniamo grandi vittorie in qualche posto, cercano coi loro attacchi di indebolire e distrarre l'Esercito Siriano. Sa cosa si dice in Siria? "Perché Al-Qaeda non ha una sua aviazione? Perché hanno gli israeliani che fanno quel lavoro per loro".
FA: Tornando alla domanda sulle milizie, lei si sente sicuro che riuscirà a controllarle una volta che la guerra finirà, perché dopotutto ogni Governo per dirsi sovrano deve avere il 'monopolio della forza' e questo é difficile da fare se ci sono gruppi armati indipendenti che girano per il paese.
BA: Questo é autoevidente, uno Stato non può funzionare se deve subappaltare queste cose ad altri gruppi.
FA: Ma vede in Irak come é difficile, per il Governo, controllare tutte le milizie sciite che si sono rafforzate negli ultimi anni.
BA: Ma in Irak tutto deriva dal fatto che Paul Bremer ha accuratamente evitato di creare una Costituzione statale; gli Americani in Irak hanno creato una Costituzione che funziona per fazioni, etniche e religiose, perché volevano che l'Irak rimanesse fazionalizzato, diviso e debole. In Siria invece lo Stato, i suoi apparati, il suo Esercito hanno retto a quattro anni di guerra, di embargo, di terrore, di attacchi da parte di dozzine di paesi prossimi e remoti, perché la Siria ha una vera costituzione, solida, secolare e radicata nei cuori e nelle menti dei Siriani. In Irak questo non c'é.
FA: Quindi cosa farà con queste milizie, dopo la guerra?
BA: Le cose torneranno alla normalità, come prima che scoppiasse.
FA: Lei crede?
BA: Sì, perché non ci sono veramente altre opzioni, questo é quello che un Governo deve fare ed é quello che il Governo siriano farà.
FA: Che impatto crede che avranno i prezzi del petrolio molto bassi sulla guerra in Siria? I suoi più fidati alleati, Iran e Russia, sono forti esportatori di greggio e dipendono dai guadagni petroliferi, le loro economie sono state duramente colpite ultimamente (veramente no, ma la vulgata imperialista pretende che lo siano state -NdT-). Ha paura che il loro sostegno si indebolisca?
BA: No, perché non chiediamo carità, tutto quello che riceviamo da Mosca e Teheran lo paghiamo; anche se riceviamo denaro, lo riceviamo come prestito, su cui ovviamente paghiamo un interesse.
FA: Ma il loro sostegno militare ha un costo e se loro hanno meno denaro, questo non vi metterebbe in difficoltà?
BA: No, perché come le ho detto noi paghiamo tutto quel che riceviamo, anzi, il nostro denaro in tal caso farebbe ancora più comodo ai nostri alleati.
FA: Quindi lei dice che ogni cosa che ricevete dai Russi e dagli Iraniani...?
BA: Lo dico e, aggiungo, finora non ci sono state diminuzioni di alcun genere nel sostegno che riceviamo da loro.
FA: In passate interviste ha detto che lei e il suo Governo nel corso della guerra avete fatto degli errori? Ci può dire quali? E c'é qualcosa che rimpiange in particolare?
BA: Ogni Governo, ogni persona, fa degli errori, lo si sa, lo si accetta. Ma se vogliamo parlare di errori politici o strategici deve prima chiedersi: quali sono state le principali decisioni che abbiamo preso dall'inizio di questa crisi? Sono state in pratica tre: di essere sempre aperti al dialogo, di cambiare la Costituzione e l'assetto politico del paese in accordo con suggerimenti delle opposizioni istituzionali e, secondo alcuni, questo avrebbe causato la crisi; terzo, abbiamo deciso di difendere con le armi il paese e noi stessi, di combattere i terroristi ovunque si nascondessero. Non credo che in nessuna di queste decisioni maggiori possano ravvisarsi degli errori. Se poi si parla di decisioni operative, pratiche, errori sono sempre possibili e sono avvenuti, ma no, nelle decisioni politiche e strategiche penso che non ci siano stati errori.
FA: Ci può descrivere alcuni errori operativi, pratici?
BA: Preferirei mantenermi sul livello politico e strategico, per parlare di quello operativo ci sono altre persone, ufficiali che hanno il polso della situazione pratica.
FA: Si sente responsabile di qualche errore politico? Strategico?
BA: Le ho detto quali sono state le decisioni a quel livello.
FA: Ma ha detto che non sono stati errori.
BA: Come avrebbero potuto esserlo? Difendere il paese? Un errore? In quel caso, la cosa 'giusta' sarebbe stata arrendersi al terrorismo?
FA: Mi domandavo solamente se ci fosse qualcosa che lei ha fatto che, in retrospettiva, preferirebbe aver fatto diversamente.
BA: Sul piano politico e strategico, di quelle tre decisioni principali, sono certo di aver agito bene.
FA: Sul piano degli errori pratici, operativi, le persone incaricate di quelle scelte sono responsabili, per esempio, di abusi ai Diritti Umani, di eccessivo uso della forza, o della morte di civili?
BA: Abbiamo avuto casi in cui ufficiali governativi o militari sono stati trovati colpevoli di fatti simili.
FA: Nel senso del trattamento di civili o oppositori?
BA: Nella fase iniziale della crisi, sì.
FA: Da quando gli Usa hanno iniziato la loro campagna aerea contro l'ISIS, si può dire che Siria e Usa, obtorto collo, siano diventati 'partner' e cooperino su questo piano, lei crede che ci possa essere spazio per un'incremento di cooperazione in futuro?
BA: Potenzialmente può esserci qualunque cosa, perché non abbiamo mai smesso di chiedere cooperazione internazionale contro il terrorismo, da 30 anni a questa parte, ma ci vuole una volontà politica dall'altra parte per realizzare o per intensificare una cooperazione, il problema come sempre é "Quanta volontà hanno gli Stati Uniti di combattere il terrorismo? Ci sono stati degli attacchi aerei nel Nord della Siria, e poi? Cos'altro? Quel che abbiamo visto finora é stato molto un gioco di specchi, molta poca sostanza.
FA: Anche a Kobane? Lì sembra che i bombardamenti americani abbiano rallentato l'ISIS.
BA: Kobane é un centro piccolissimo, con meno di 50.000 abitanti, questi 'attacchi' americani vanno avanti da tre mesi e comunque la zona é ancora contestata. Aree simili l'Esercito Siriano le libera in tre settimane. Mi creda, non esiste niente di serio nella 'campagna aerea' americana.
FA: Quindi lei vorrebbe un più grande coinvolgimento militare americano?
BA: Ecco vede, il problema non é solamente militare, cercare di risolverlo solo con mezzi militari é sbagliato; é un problema politico, che riguarda i rapporti Usa-Turchia e quanto gli Usa vogliano fare pressione sulla Turchia, perché se i terroristi dell'ISIS non hanno subito conseguenze gravi dagli attacchi americani é precisamente perché i Turchi continuano a sostenerli più di quanto i bombardamenti Usa li danneggino. Gli Usa hanno mai minacciato la Turchia perché la smettesse di sostenere i terroristi? No, mai. Quindi lo sforzo militare non é una soluzione, secondariamente, solo con truppe sul terreno si possono veramente sradicare gruppi come l'ISIS, gli Americani stanno aiutando le truppe sul terreno?
FA: Quindi lei vorrebbe vedere truppe Usa sul terreno?
BA: Certo che no! Io sto parlando della situazione attuale, se lei vuole sconfiggere l'ISIS deve farlo sul terreno, quindi deve chiedere agli Americani: quali truppe pensate che possano raggiungere quest'obiettivo? La risposta esiste già: le truppe siriane, che sono già sul terreno, che combattono per difendere e liberare la propria terra e il proprio popolo. La responsabilità dev'essere solo siriana, non vogliamo e non chiederemo mai, truppe americane sul nostro suolo.
FA: Per cui cosa vorrebbe vedere dagli Usa? Ha detto che dovrebbero fare pressioni sui Turchi...
BA: Pressioni sui Turchi e sui Sauditi e sui Qatarioti e su chiunque sostenga e foraggi i terroristi; poi, iniziare una aperta, onesta cooperazione con la Siria, coordinare i loro attacchi, finora non l'hanno fatto, la loro intera operazione é illegale.
FA: Scusi, non mi é chiara una cosa...quindi lei vorrebbe 'legalizzare' l'operazione?
BA: Certamente, se si vuole fare un qualunque tipo di azione, specialmente militare, sul territorio di un'altro Stato, bisogna chiedere e prendere accordi.
FA: Capisco, quindi servirebbe un accordo formale Damasco-Washington per permettere legalmente questi attacchi?
BA: Sì, sul formato si può ragionare dopo, ma innanzi tutto chiedere il permesso. Sarà un accordo? Sarà un trattato? Quello si vedrà.
FA: E lei vorrebbe prendere impegni per cooperare più facilmente con Washington?
BA: Con ogni paese che serimanete si impegni a combattere il terrorismo, siamo pronti a collaborare con chiunque, purché su una base di serietà.
FA: Quali passi prenderebbe per mostrare a Washington la sua intenzione di cooperare?
BA: Ma é Washington che deve mostrarcela, noi stiamo già combattendo sul terreno, non dobbiamo dimostare niente.
FA: Gli Usa dicono di stare addestrando 5000 combattenti che dovrebbero entrare in Siria a maggio, il Generale John Allen é stato molto attento a dire che queste
forze non dovrebbero entrare in azione contro il Governo siriano, ma combattere solo l'ISIS. Cosa farete quando queste forze entreranno? Glielo permetterete? Le  Attaccherete?
BA: Qualunque forza armata che pretenda di entrare nel nostro territorio contro la nostra volontà sarà fermata e respinta con la forza, é molto chiaro
FA: Anche se questo vi metterà in collisione con gli Usa?
BA: Senza cooperazione col Governo e l'Esercito siriano un'operazione del genere é illegale, essi sarebbero burattini di una potenza estera e saranno fermati e combattuti come tutte le altre forze illegali presenti ora in Siria. Il che ci porta a un'altra questione, Obama ha detto che erano una 'fantasia'; come avrebbero fatto a diventare reali?
FA: Penso che sia stato avviato un programma di addestramento.
BA: Ma é impossibile addestrare degli 'estremisti moderati'
FA: Credo che esista ancora un'opposizione moderata, é molto debole e si indebolisce sempre di più, ma penso che il Governo Usa voglia esser sicuro di non stare addestrando degli estremisti.
BA: Ma la domanda é: perché l'opposizione 'moderata', che io chiamerei piuttosto banditi e ribelli sono sempre più deboli e si indeboliscono? Perché moltissimi di loro si sono uniti agli estremisti. Una volta entrati in Siria tremila, quattromila di quei cinquemila uomini si uniranno all'ISIS, a Nusra, ad Al-Qaeda, il che é esattamente quel che é successo in passato con altri 'moderati', quindi la stessa idea dell' "opposizione moderata" é fallace, sbagliata dal principio.
FA: Parte di quanto rende Washington riluttante a cooperare con voi sono le accuse di violazioni dei Diritti Umani, queste accuse non vengono solo dal Governo Usa ma dalla Commissione ONU sui Diritti Umani, dalla Commissione Investigativa Speciale; sono certo che lei ha familiarità con queste accuse. Includono negazione di accesso a gruppi di aiuto umanitario verso i campi profughi, bombardamenti indiscriminati di civili...prove fotografiche portate da un disertore chiamato 'Cesare' sono state presentate al Congresso e mostrano torture e abusi nelle prigioni siriane. Lei prenderebbe iniziative in merito per favorire la cooperazione con gli Usa?
BA: La cosa buffa di questa amministrazione americana é che anticipa decisioni e valutazioni sui social media...questo non é il modo di far politica; lei sa benissimo che nessuna di quelle accuse é sostenuta da uno straccio di prova, sono addebiti senza base, le foto? Cosa dimostrano le foto? Chi le ha prese? Dove? Cosa prova la loro autenticità? Chi le ha fatte? Non esiste una verifica indpenente di niente, quindi non vale nemmeno la pena di parlarne.
FA; Ma le foto sono state esaminate da investigatori europei...
BA: ...a libro-paga del Qatar! E poi dicono "fonti anonime", quindi, mi lasci dire, non c'é niente di provato. Chi é raffigurato nelle foto? Si vede una testa, tutto qui, si vedono delle ossa craniche; chi ha detto che é opra del Governo? E non magari dei terroristi? Chi ha detto che si tratta di una vittima siriana? E non, come é già stato dimostrato in altri casi, irakena, yemenita? E poi gli Usa in particolare e l'Occidente in generale che diritto hanno di ergersi a giudici dei Diritti Umani? Ricordiamo che parliamo di paesi che hanno invaso l'Irak a loro piacimento causando centinaia di migliaia di morti, e che hanno precipitato la Libia nel caos e nella guerra civile, che hanno sostenuto i Fratelli Musulmani in Egitto e il terrorismo in Tunisia. Tutti questi problemi sono riconducibili all'Occidente e agli Usa, che sono i primi spregiatori e violatori della Legge Internazionale e delle Risoluzioni ONU, quando comoda loro.
FA: Questo potrebbe anche essere vero ma si tratta di questioni separate, che non vi autorizzano a violare di Diritti Umani.
BA: No, scusi, gli Stati Uniti ci accusano, quindi noi rispondiamo sul punto, non sto dicendo che 'siamo autorizzati' a violare alcunché, il Governo non é responsabile di alcuna violazione. La seconda parte della sua domanda ruotava sulle accuse, che restano accuse vuote non sostenute da alcunché, se lei vuole che io risponda io devo rispondere su punti concreti, provati e verificati.
FA: Quindi Lei é pronto a negare categoricamente che ci sono stati abusi e torture di prigionieri in Siria?
BA: Di fronte a un sistema di giudizio equo e non prevenuto per verificare tutte quelle accuse, certamente e sarebbe pienamente nel nostro interesse.
FA: Che impatto avrebbe sulla Siria un accordo nucleare Usa-Iran?
BA: Nessuno, perché non ci siamo mai impegnati in quella questione, nè la nostra crisi presente é mai entrata in quel negoziato, per precisa volontà iraniana, una volontà che abbiamo condiviso perché si tratta di questioni del tutto separate.
FA: Ma molti pensano che con un accordo Usa-Iran sul nucleare Teheran verrà portata ad abbandonarvi, o almeno a ridurre il suo sostegno verso di voi.
BA: Non abbiamo nessun segno che quello che lei dice sia anche solo mai passato per la mente degli Iraniani. Non posso discutere qualcosa che non é nemmeno nel reame delle possibilità.
FA: Ci può descrivere come, secondo lei, sta andando la guerra, dal punto di vista del Governo? Analisti indipendenti dicono che ora voi controllate dal 45 al 50 per cento del territorio nazionale.
BA: Prima di tutto, se vuole descrivere la situazione militare, non ci troviamo di fronte a una guerra convenzionale tra eserciti regolari dove ci sono avanzate e ritirate e territori o province che cambiano mano. No, affatto, parliamo di banditi e terroristi locali che si infiltrano in certe aree, che poi chiamano terroristi stranieri in queste aree e compiono scorrerie o attentati. Siamo nel reame della guerra irregolare quindi contare i chilometri quadrati di territorio é futile e non dà la percezione della situazione. Inoltre, ogni volta che l'Esercito Siriano ha voluto entrare in una zona c'é entrato, ma ovviamente non può presidiare ogni zona costantemente, questo é impossibile, per questo sono state create milizie popolari che possono svolgere questo ruolo. Abbiamo fatto molti passi avanti negli ultimi due anni; lei vuole sapere: abbiamo vinto? La guerra sta andando 'bene'? Per me la guerra va sempre 'male' perché in ogni caso ci sono lutti, distruzioni, ma una cosa positiva sta nel fatto che il Popolo Siriano ha rifiutato il terrorismo, l'estremismo, ha rinnovato la sua fiducia nello Stato e nel Governo. Prima di parlare di guadagni territoriali parliamo di dove stanno le menti e i cuori dei Siriani, ecco, in quel caso la nostra non é una vittoria ma piuttosto un trionfo. Quel che resta é la logistica, la tattica, la 'tecnica' della guerra. In questo ci vuole ancora tempo, gli sviluppi tattici sono positivi, ma comunque ci sono perdite, perdite di vite, di ricchezza, di infrastrutture.
FA: Pensa che sconfiggerete militarmente i ribelli?
BA: Se non avessero supporto esterno li avremmo già sconfitti da tempo; anche oggi, ogni volta che li attacchiamo li sconfiggiamo; il problema é che continuano ad avere rinforzi, rifornimenti, specie dalla Turchia.
FA: Quindi é la Turchia il vicino che la preoccupa di più?
BA: Esattamente, logisticamente nulla avverrebbe senza il concorso turco, anche i soldi e le armi saudite e qatariote arrivano sempre tramite la Turchia.
FA: Quindi lei incolpa Erdogan? Fino a pochi anni fa aveva buoni rapporti con lui.
BA: Ma li ha rovinati, per colpa della sua ideologia dell'Ikhwan; la Fratellanza Musulmana é stato il primo alfiere dell'Islam Politico con mezzi violenti, a partire dal '900, Erdogan ha preferito seguire la sua ideologia piuttosto che gli interessi pacifici del suo paese, é un fanatico e per questo si é gettato a capofitto in questa crisi, é personalmente responsabile di quel che é accaduto.
FA: Vede potenziali alleati nella regione, oltre quelli che già la sostengono? Ad esempio il Generale Al-Sisi?
BA: Non lo giudico su un piano personale, ma, fino a quando il Governo e l'Esercito egiziano devono trovarsi a combattere contro lo stesso tipo di terroristi estremisti che noi e gli irakeni stiamo combattendo, allora penso che possano esserci dei margini, degli spazi di collaborazione e cooperazione.
FA: Due domande finali, se posso. Può immaginare uno scenario in cui la Siria torni allo status quo ante, come si trovava prima dell'inizio dei combattimenti nel 2011?
BA: In che senso?
FA: Nel senso di una Siria unita, in controllo dei suoi confini, con un processo di ricostruzione, con istituzioni secolari e una società pacificata.
BA: Se lei guarda a una mappa militare adesso vedrà che questa Siria esiste già ora: in diverse regioni del paese e se non credessimo che la Siria possa tornare in pace allora sarebbe inutile continuare a inviare il nostro Esercito a combattere, se non credessimo alla convivenza pacifica di etnie e religioni vedrebbe i Siriani rinchiudersi in ghetti etnici o religiosi e questo lei non lo vede, perché non é la realtà: il nostro Esercito é fatto di ogni genere di comunità religiosa ed etnica della Nazione, del suo tessuto. Questo significa che tutti crediamo che la Siria tornerà allo stato da lei descritto. Non abbiamo altre opzioni perché altrimenti smetterà di esistere come Stato e come paese e questo scatenerà caos in tutta la regione. Quello che chi ha finanziato i terroristi contro di noi non ha capito é che se mai i loro piani avessero avuto successo i primi a pagarne le conseguenze sarebbero stati loro stessi.
FA: Se potesse fare arrivare un messaggio al Presidente Obama, quale sarebbe?
BA: Io penso che la cosa normale che si possa chiedere a ogni rappresentante eletto nel mondo sia quella di lavorare nell'interesse del suo popolo. E la questione che porrei a ogni Americano é: Che cosa ci guadagnate a sostenere il terrorismo nel nostro paese? E nella nostra regione? Quali vantaggi vi ha fruttato sostenere la Fratellanza Musulmana in Egitto e in altri paesi? Che vantaggi vi arrivano dal dare via libera a un individuo come Erdogan? Un rappresentante del vostro paese sette anni fa, qui in Siria alla fine di un incontro mi chiese: Come pensa che potremmo risolvere i nostri problemi in Afghanistan? Io gli dissi: dovete riuscire a favorire l'ascesa di politici che non siano fantocci, che sappiano anche dirvi 'no'.
Fino a quando gli Usa penseranno di poter risolvere problemi installando fantocci e riducendo paesi liberi a servi e clienti non riusciranno mai a ottenere niente. Se gli Stati Uniti vogliono essere la maggiore potenza del mondo dovrebbero farlo disseminando nel mondo: conoscenza, innovazione, anche tramite l'informatica con le sue positive ripercussioni...come é possibile che gli Usa siano così evoluti in questi campi avanzati e invece siano così arretrati nel campo politico e diplomatico, agendo come una vecchia potenza coloniale? Questa é una dolorosa contraddizione e io penso che il popolo americano dovrebbe analizzare questo punto e farsi delle domande. Come é possibile che tutte le loro ultime guerre si siano risolte in smacchi nonostante l'enorme sproprzione di forze sul campo? Gli Usa possono far scoppiare guerre, creare instabilità, caos, ma con questi mezzi non risolveranno mai nessun problema. Dopo vent'anni di trattative il 'processo di pace' tra Palestinesi e 'israeliani' non é arrivato a nulla, come mai?
FA: Ma nel contesto siriano, quale sarebbe una politica più produttiva?
BA: Una che miri a preservare la stabilità, non solamente in Siria ma in tutto il Medio Oriente, penso che sia ovvio. Il Medio Oriente, se é instabile, fa diventare instabile tutto il mondo. Nel 1991, con l'inizio di quello che poteva essere un 'processo di pace', tutti avevamo molte speranze. Ora, dopo quasi un quarto di secolo, non siamo nemmeno al punto di partenza, anzi, siamo andati indietro rispetto al punto di partenza. La politica dovrebbe aiutare la pace nella regione, combattere l'estremismo, promuovere il secolarismo e la tolleranza, aiutare la crescita economica e lo sviluppo sociale. Questa dovrebbe essere la missione storica degli Usa, non lo scatenare guerre.

   

Nessun commento:

Posta un commento