giovedì 16 dicembre 2010

Lettera ai ragazzi del movimento? Stroncatura di Roberto Saviano


Nello stato che occupa la penisola italiana "La Repubblica" è una gazzetta che godrebbe di una certa autorevolezza.
Quanto meritata non sapremmo dire, specie dopo alzate d'ingegno come quella che ci apprestiamo a confutare riga per riga.
Si tratta di un editoriale di un certo Roberto Saviano, intitolato Lettera ai ragazzi del movimento.
Non siamo ancora alla letterina cara ai gazzettieri "occidentalisti", ma la strada è da tempo tracciata.
Lo scritto è stato prodotto (in gran fretta) per Indymedia Toscana. Lo si propone qui con alcune correzioni.


"Chi ha lanciato un sasso alla manifestazione di Roma lo ha lanciato contro i movimenti di donne e uomini che erano in piazza, chi ha assaltato un bancomat lo ha fatto contro coloro che stavano manifestando per dimostrare che vogliono un nuovo paese, una nuova classe politica, nuove idee".

Pare di capire che donne e uomini -l'insopportabile political correctness che rende illeggibili i testi, ma guai farne a meno, si finisce diritti nel ghetto degli impubblicabili- siano scesi in piazza in favore dell'integrità dei bancomat e della legge di gravità che impone ai sassi di rimanersene grosso modo fermi al suolo. Sono questi i primi obiettivi del "nuovo paese" e delle "nuove idee"?

"Ogni gesto violento è stato un voto di fiducia in più dato al governo Berlusconi. I caschi, le mazze, i veicoli bruciati, le sciarpe a coprire i visi: tutto questo non appartiene a chi sta cercando in ogni modo di mostrare un'altra Italia [Il vocabolo è presente nell'originale; ce ne scusiamo con i lettori. N.d.A.]."

E' stato fatto l'impossibile per non lasciare altri strumenti che questi a chi non si riconosce nello stato di cose presenti.
Non si tratta soltanto del risultato finale del lavorìo di tre generazioni almeno di capetti bolscevizzanti la cui massima aspirazione nella vita era capeggiare una scissione; è anche e soprattutto il risultato di dieci e più anni di sistematica demonizzazione del dissenso politico e sociale, derubricato in blocco a terrorismo da un macchinario mediatico che questo Saviano dovrebbe conoscere bene, visto che lo frequenta tanto assiduamente.
In questo stato di fatto è inevitabile che qualcuno non interpreti questa perenne campagna denigratoria avallata da tutti i mangiatori di maccheroni della penisola come un invito a fare per lo meno un po' più sul serio.

"I passamontagna, i sampietrini, le vetrine che vanno in frantumi, sono le solite, vecchie reazioni insopportabili che nulla hanno a che fare con la molteplicità dei movimenti che sfilavano a Roma e in tutta Italia [il vocabolo è nell'originale; ce ne scusiamo con i lettori, N.d.A.] martedì".

Molteplicità è anche questo, piaccia o non piaccia.
I passamontagna, i sampietrini, le vetrine che vanno in frantumi sono stati per trent'anni il leitmotiv del pallonaio domenicale senza che nessuno vi trovasse alcunché di strano. Perché gazzettieri e politichetti non si mettano ad abbaiare è sufficiente non colorire politicamente episodi di questo genere.

"Poliziotti che si accaniscono in manipolo, sfogando su chi è inciampato rabbia, frustrazione e paura: è una scena che non deve più accadere. Poliziotti isolati sbattuti a terra e pestati da manipoli di violenti: è una scena che non deve più accadere. Se tutto si riduce alla solita guerra in strada, questo governo ha vinto ancora una volta".

Si tratta di scene di ordinarissima amministrazione in tre quarti almeno del pianeta, secondo un calcolo ottimistico. Meno di due anni fa perfino i cittadini della Repubblica d'Islanda, miti e scarsi di numero, assaltarono il parlamento esasperati dalla demenziale condotta economica del loro governo. La gendarmeria islandese aveva ricevuto da poco materiale antisommossa di fabbricazione sionista di cui dovette letteralmente leggere di gran carriera le istruzioni. Quella che dovrebbe stupire, data la situazione venutasi a creare nel "paese" dove si mangiano spaghetti, è se mai la ridotta portata degli scontri.

"Ridurre tutto a scontro vuol dire permettere che la complessità di quelle manifestazioni e così le idee, le scelte, i progetti che ci sono dietro vengano raccontate ancora una volta con manganelli, fiamme, pietre e lacrimogeni. Bisognerà organizzarsi, e non permettere mai più che poche centinaia di idioti egemonizzino un corteo di migliaia e migliaia di persone. Pregiudicandolo, rovinandolo."

Benissimo: Roberto Saviano esca dalle comodità mediatiche e guidi una manifestazione. Trovi fuori dalla gendarmeria il personale per i cordoni, trovi fuori dalla politica istituzionale qualcuno che sia disposto a dargli ulteriore credito, e provi pure ad organizzarne una. Vediamo chi se la cava peggio.

"Scrivo questa lettera ai ragazzi, molti sono miei coetanei, che stanno occupando le università, che stanno manifestando nelle strade d'Italia [il vocabolo è nell'originale; ce ne scusiamo con i lettori, N.d.A.]. Alle persone che hanno in questi giorni fatto cortei pieni di vita, pacifici, democratici, pieni di vita. Mi si dirà: e la rabbia dove la metti? La rabbia di tutti i giorni dei precari, la rabbia di chi non arriva a fine mese e aspetta da vent'anni che qualcosa nella propria vita cambi, la rabbia di chi non vede un futuro. Beh quella rabbia, quella vera, è una caldaia piena che ti fa andare avanti, che ti tiene desto, che non ti fa fare stupidaggini ma ti spinge a fare cose serie, scelte importanti. Quei cinquanta o cento imbecilli che si sono tirati indietro altrettanti ingenui sfogando su un camioncino o con una sassaiola la loro rabbia, disperdono questa carica. La riducono a un calcio, al gioco per alcuni divertente di poter distruggere la città coperti da una sciarpa che li rende irriconoscibili e piagnucolando quando vengono fermati, implorando di chiamare a casa la madre e chiedendo subito scusa."

Il paragrafo qui sopra evidenzia in quale gran conto Roberto Saviano tenga i manifestanti e gli attivisti politici, molti dei quali con dieci o venti anni di militanza responsabile e costruttiva alle spalle. O si producono in manifestazioni mediaticamente rivendibili -l'ideale sono quelle ragazze ucraine che trovano il modo di andare in giro svestite anche in pieno febbraio, pare di capire- o c'è pronto il ridicolo della macchietta piagnucolosa, presentata da questa o quella voce gazzettiera per coprire tutti di ridicolo davanti a seicentomila o settecentomila lettori.
In "occidente" la metafora delle caldaie piene è ben nota: le loro valvole di sfogo si chiamano pornografia, consumi demenziali, comportamenti idioti, assunzioni di stupefacenti in ambienti più o meno controllati. I limiti precisi allo sfogo sono dati dalla sfruttabilità commerciale dello stesso, al di fuori della quale nulla è lecito e porta al linciaggio mediatico prima e ancora che in tribunale.

"Così inizia la nuova strategia della tensione, che è sempre la stessa: com'è possibile non riconoscerla? Com'è possibile non riconoscerne le premesse, sempre uguali? Quegli incappucciati sono i primi nemici da isolare. Il "blocco nero" o come diavolo vengono chiamati questi ultrà del caos è il pompiere del movimento. Calzano il passamontagna, si sentono tanto il Subcomandante Marcos, terrorizzano gli altri studenti, che in piazza Venezia urlavano di smetterla, di fermarsi, e trasformano in uno scontro tra manganelli quello che invece è uno scontro tra idee, forze sociali, progetti le cui scintille non devono incendiare macchine ma coscienze, molto più pericolose di una torre di fumo che un estintore spegne in qualche secondo."

Negli ultimi mesi Roberto Saviano è stato accusato di aver fatto sfoggio di quel sionismo d'accatto la cui professione pubblica è indispensabile per chiunque voglia, nella penisola italiana, ambìre all'elettorato passivo.
Non sappiamo quanto ci sia di vero.
Sappiamo però che in questo caso Saviano fa propria l'asserzione "occidentalista" secondo la quale che qualcuno metta in atto comportamenti distruttivi senza secondi fini più remunerati che recònditi è semplicemente inconcepibile. Quello che sta accadendo è che la totale delegittimazione del dissenso, cui è di fatto chiuso ogni canale istituzionale e mediatico grazie al continuo operato di scarti con la cravatta inchiavardati alle poltrone delle redazioni e dei consessi istituzionali, si sta prevedibilmente traducendo in quegli atti di violenza cieca tipici della banlieue.
O questa marmaglia ben vestita la smette di legittimare solo ciò che può produrre utili per qualcuno -e Saviano di portare acqua al suo mulino- o la cosa si ripeterà, prevedibilmente moltiplicata per cento.

"Questo governo in difficoltà cercherà con ogni mezzo di delegittimare chi scende in strada, cercherà di terrorizzare gli adolescenti e le loro famiglie col messaggio chiaro: mandateli in piazza e vi torneranno pesti di sangue e violenti. Ma agli imbecilli col casco e le mazze tutto questo non importa. Finito il videogame a casa, continuano a giocarci per strada. Ma non è affatto difficile bruciare una camionetta che poliziotti, carabinieri e finanzieri lasciano come esca su cui far sfogare chi si mostra duro e violento in strada, e delatore debole in caserma dove dopo dieci minuti svela i nomi di tutti i suoi compari. Gli infiltrati ci sono sempre, da quando il primo operaio ha deciso di sfilare. E da sempre possono avere gioco solo se hanno seguito. E' su questo che vorrei dare l'allarme. Non deve mai più accadere."

Roberto Saviano mostra una strana -ed eloquente- propensione alla previsione facile, che ci guardiamo bene dal condividere e dall'approvare.

"Adesso parte la caccia alle streghe; ci sarà la volontà di mostrare che chi sfila è violento. Ci sarà la precisa strategia di evitare che ci si possa riunire ed esprimere liberamente delle opinioni. E tutto sarà peggiore per un po', per poi tornare a com'era, a come è sempre stato."

C'è da chiedersi dove abbia vissuto Roberto Saviano nel corso degli ultimi dieci anni, in cui questo clima è stato più che abituale e pane quotidiano per centinaia di attivisti politici per i quali la militanza si traduce nei fatti in un doppio lavoro non retribuito.
Chi scrive conosce, peraltro a livelli davvero minimi, soltanto la realtà fiorentina, e riporterà solo un paio di casi che costituiscono un campione minimo delle strategie di coping e di denigrazione messe in atto da rappresentanze istituzionali e da gazzettieri di ogni livello.
Gli unici limiti all'incessante denigrazione del dissenso sono stati rappresentati, almeno dal 2001 in poi, dalla fantasia dei denigratori.
Un mangiaspaghetti pratese, competente e meritocratico al punto da non essere stato capace di laurearsi neppure in quindici anni, ha potuto sostenere impunemente in una pubblica assemblea che a Firenze c'era gente intenta a brigare per avvelenare l'acquedotto.
Una microgazzettiera fiorentina trovò modo, altrettanto impunemente, di indicare nelle stesse persone degli incendiari di automobili.
Dieci anni almeno, di una pioggia incessante di odio.
Dov'era Roberto Saviano, a vedere una partita di pallone?
A mangiarsi un casatiello?
A una recita di Pulcinella?
Sulla luna?

"L'idea di un'Italia [il vocabolo è nell'originale; ce ne scusiamo nuovamente con i lettori, N.d.A.] diversa, invece, ci appartiene e ci unisce. C'era allegria nei ragazzi che avevano avuto l'idea dei Book Block, i libri come difesa, che vogliono dire crescita, presa di coscienza. Vogliono dire che le parole sono lì a difenderci, che tutto parte dai libri, dalla scuola, dall'istruzione. I ragazzi delle università, le nuove generazioni di precari, nulla hanno a che vedere con i codardi incappucciati che credono che sfasciare un bancomat sia affrontare il capitalismo."

Torna il refrain della "contestazione come moda", unito all'intoccabilità dei servizi bancari. Se Saviano riuscisse a conferir loro una sorta di alone sacrale non ci sarebbe da stupirsi.
La moda del momento sarebbero questi Book Block di cui nessuno ha mai sentito parlare.
Non è certo da oggi che tutto parte dai libri.
Sono esistiti, e vivono tutt'ora nel ricordo dei loro seguaci e celebrati dalla loro rivoluzione trionfante, individui che alla causa dello studio, del proprio miglioramento e della rivoluzione hanno dedicato per intero la loro vita, e che sapevano benissimo che crescita e presa di coscienza e parole di difesa potevano essere tratte proprio da un Libro.
Il Libro il cui archetipo risiederebbe immutabile nei cieli.
Figuriamoci se è un elzevirista da gazzetta a poter dare lezioni in questo campo.

"Anche dalle istituzioni di polizia in piazza bisogna pretendere che non accadano mai più tragedie come a Genova. Ogni spezzone di corteo caricato senza motivazione genera simpatia verso chi con casco e mazze è lì per sfondare vetrine. Bisogna fare in modo che in piazza ci siamo uomini fidati che abbiano autorità sui gruppetti di poliziotti, che spesso in queste situazioni fanno le loro battaglie personali, sfogano frustrazioni e rabbia repressa. Cercare in tutti i modi di non innescare il gioco terribile e per troppi divertente della guerriglia urbana, delle due fazioni contrapposte, del ne resterà in piedi uno solo."

Su quale dei due resterà in piedi non ci sono troppe illusioni da farsi, in considerazione che una delle due parti ha in dotazione armi, equipaggiamenti, preparazione fisica, reti di collegamento ed avallo istituzionale e l'altra no.
Se sono vere certe testimonianze, c'è se mai da considerare che il numero di esecuzioni extragiudiziali compiute nella penisola italiana resta sicuramente entro i limiti dell'accettabile.
Questo tipo di discorsi conduce verso l'"occidentalismo" che meglio rispecchia la weltanschauung degli indossatori di canottiere che bivaccano nella penisola italiana, secondo i quali una vetrina infranta vale molto di più di un cranio fracassato. Bravo Saviano, avanti tutta così.
Possiamo approfittare delle asserzioni qui sopra per aggiungere un'ulteriore e perfida considerazione. Nello stato che occupa la penisola italiana esistono quattro o cinque corpi armati con funzione di ordine pubblico. E l'ordine pubblico viene tutelato mandando in piazza individui dotati di armi da fuoco, con tutto quello che ne consegue.
Reza Pahlavi non si poneva il problema. Le manifestazioni, che nel 1978 avevano assunto una frequenza quotidiana, le fece reprimere da militari armatissimi ma privi di equipaggiamenti e di esperienza nel campo dell'ordine pubblico, e facendo sparare con le mitragliatrici anticarro dagli elicotteri che passavano d'infilata per le vie di Tehran.
Uno spettacolo sicuramente galvanizzante, per i buoni a nulla capaci soltanto di ingrassare davanti alla televisione e di consultare riviste pornografiche. Una categoria maggioritaria che è l'unica rappresentata dai mangiamaccheroni in cravatta delle istituzioni statali.
Come vederli, mentre fanno il tifo davanti al ventiquattro pollici cianciante, come se fossero al pallonaio; d'altronde chi vegeta nel "paese" dove si mangiano fettuccine, più in là non ci va.
La Repubblica Islamica dell'Iran, nata dalla violentissima repressione di quegli anni, l'ordine pubblico lo fa tutelare ogni volta che è possibile da personale privo di armi da fuoco, potendo anche in questo impartire lezioni agli "esportatori di democrazia".

"Noi, e mi ci metto anche io fosse solo per età e per - Dio solo sa la voglia di poter tornare a manifestare un giorno contro tutto quello che sta accadendo - abbiamo i nostri corpi, le nostre parole, i colori, le bandiere. Nuove: non i vecchi slogan, non i soliti camion con i vecchi militanti che urlano vecchi slogan, vecchie canzoni, vecchie direttive che ancora chiamano "parole d'ordine".

Miguel Guillermo Martinez Ball spiega con buoni argomenti come i sudditi che vanno al pallonaio abbiano "il compito di urlare in coro cose caste e politicamente corrette, di non rompere niente, di fare da sfondo colorato in televisione" e come "per fare questo noioso lavoro da comparse" debbano anche pagare.
Arrivati a questo punto dello scritto c'è da pensare che Roberto Saviano intenda ridurre anche i residui aspetti non ritualizzati delle manifestazioni di piazza a qualche cosa di simile, possibilmente altrettanto remunerativo.
Se esistono, per fortuna, "vecchi slogan, vecchie canzoni, vecchie direttive", probabilmente ci sono dei motivi.
Uno di questi motivi, a nostro avviso, è la loro perdurante attualità; è una fortuna che il concetto continui a sfuggire ai saviano: con "alleati" del genere l'attivismo politico potrebbe fare a meno dei nemici.

"Questa era la storia sconfitta degli autonomi, una storia passata per fortuna. Non bisogna più cadere in trappola. Bisognerà organizzarsi, allontanare i violenti. Bisognerebbe smettere di indossare caschi. La testa serve per pensare, non per fare l'ariete. I book block mi sembrano una risposta meravigliosa a chi in tuta nera si dice anarchico senza sapere cos'è l'anarchismo neanche lontanamente. Non copritevi, lasciatelo fare agli altri: sfilate con la luce in faccia e la schiena dritta. Si nasconde chi ha vergogna di quello che sta facendo, chi non è in grado di vedere il proprio futuro e non difende il proprio diritto allo studio, alla ricerca, al lavoro. Ma chi manifesta non si vergogna e non si nasconde, anzi fa l'esatto contrario."

La semplificazione gazzettiera e mandolinesca che Roberto Saviano fa della storia recente è al di là del qualificabile. Viene anche da chiedersi dove prenda certe asserzioni sull'ambiente anarchico, nel quale si annidano i più accaniti lettori di cui abbiamo mai avuto contezza.
Che una sciarpa sia sufficiente a celare la propria identità, nell'epoca delle telecamere digitali e delle fibre ottiche, è cosa che possono bersi soltanto gli sprovveduti o i lettori di "Repubblica". Sarebbe anche interessante sapere in che modo studio, cultura e scontri di piazza dovrebbero essere considerati antitetici. Al di là degli scontri di piazza, la storia recente presenta esempi misconosciuti e coerenti di eruditi poliglotti che si sono assunti la responsabilità di centinaia di uomini in prima linea e che non hanno mai trovato la propria erudizione incompatibile col lavoro di vanghetta per allargare una trincea.

"E se le camionette bloccano la strada prima del Parlamento? Ci si ferma lì, perché le parole stanno arrivando in tutto il mondo, perché si manifesta per mostrare al Paese, a chi magari è a casa, ai balconi, dietro le persiane che ci sono diritti da difendere, che c'è chi li difende anche per loro, che c'è chi garantisce che tutto si svolgerà in maniera civile, pacifica e democratica perché è questa l'Italia [rinnoviamo le nostre scuse, e confidiamo nella tolleranza di chi legge, N.d.A.] che si vuole costruire, perché è per questo che si sta manifestando. Non certo lanciare un uovo sulla porta del Parlamento muta le cose.
Tutto questo è molto più che bruciare una camionetta. Accende luci, luci su tutte le ombre di questo paese. Questa è l'unica battaglia che non possiamo perdere."


Un ultimo misunderstanding. Questo Saviano vorrebbe dare ad intendere che il "Parlamento", qualunque cosa sia, sarebbe "rappresentativo della volontà popolare".
Sul fatto che il "Parlamento", nello stato che occupa la penisola italiana, abbia un qualche residuo di una simile funzione abbiamo pesantissime riserve e non abbiamo alcun motivo per scioglierle.
In altre parole, gli individui di nostra conoscenza che siano orgogliosi di riconoscersi in simili rappresentanti appartengono ad una cerchia isolata, ad un ghetto privo di rapporti interpersonali autentici cui si rivolgono saluto e parola per mera ed elementare educazione, cui è stato insegnato che malafede, incompetenza e cialtroneria sono motivo di giustificazione quando non di vanto.
Chiunque abbia un minimo di rispetto per se stesso ed abbia fatte proprie le istanze presentate come positive da Roberto Saviano -ovviamente senza aver avuto bisogno che arrivasse lui col suo avallo- nel migliore dei casi, trova intollerabile perfino l'idea di essere rappresentato da qualcuno che sieda accanto a quei mangiatori di salumi e a quei bevitori di alcolici. L'"occidentalismo" ha prodotto una radicata disistima verso le istituzioni, riempiendole al contempo dei migliori campioni che un "Occidente" in piena ed irreversibile decadenza riuscisse a produrre, dagli scarti di anticamera alle femmine da trivio.
Roberto Saviano avrebbe potuto utilizzare il fin troppo spazio che "Repubblica" gli ha concesso per spiegare come e qualmente sia possibile, nel contesto di uno scontro di piazza, trasformare in un boomerang propagandistico la pura e semplice presenza dei gendarmi: i casi in cui questo si è verificato fanno parte dell'esperienza recente.
Perfino questo, è riuscito a non dire.

3 commenti:

  1. Io non provo né simpatia né antipatia verso quella percentuale, fisiologica, che alle manifestazioni tira sassi o cose simili.

    Più che altro, mi sembra normale, come sono normali tante altre cose che avvengono.

    Ciò che trovo insopportabile e ricattatorio è il discorso del "ma se non date un'Immagine Buona, farete il Gioco del Nemico".

    Che trascura un particolare - che il nemico gioca sempre, e quindi anche se si fa una passeggiata in cui invece di rompere i bancomat, li si lucida ad uno ad uno:

    a) non lo diranno

    b) parleranno di quello che è successo a quell'altra manifestazione dieci anni prima, in cui un bancomat fu sfasciato.

    Non bisogna mai sottostare al ricatto del, "se no, cosa diranno gli altri".

    Miguel Martinez

    RispondiElimina
  2. Comunque quello di saviano è un bel tema di maturità
    Chissà quanto ha preso a matematica

    RispondiElimina
  3. Più che di tema di maturità sa di editoriale commissionato.
    Nello stato che occupa la penisola italiana il significato di "legalità" è solo quello di "repressione -possibilmente armata- del dissenso politico".
    Sarebbe interessante sapere da Roberto Saviano in persona come si sente a stare dalla stessa parte di quegli indossatori di canottiera devoti a Padre Pio che, stravaccati sul divano di casa con la ciotola di plastica dei maccheroni poggiata sull'inguine, ridono a tutta bocca davanti al ventidue pollici comprato a rate che mostra un Perugini qualsiasi prendere a calci un quindicenne con gli altri gendarmi a fare il tifo.

    RispondiElimina