Una ricerca su Google per l'espressione "in regola con il permesso di soggiorno" riporta circa 764000 (settecentosessantaquattromila) risultati. Un'espressione simile, "in regola col permesso di soggiorno", ne riporta circa 85000 (ottantacinquemila). I risultati comprendono anche quei casi in cui l'espressione è preceduta dal "non".
In concreto, il "permesso di soggiorno" è una tesserina di plastica che, grazie al lavoro indefesso dei gazzettieri più ed ancora dei loro padroni politici, costituisce nei fatti una patente di appartenenza alla razza umana, peraltro revocabile per mille motivi ivi compresi gli interessi elettorali.
Discrimine tra buoni e cattivi, non c'è fatto di cronaca in cui i protagonisti -colpevoli o vittime che siano, ricordiamoci che il giudizio delle iene dei giornali ha un grado soltanto ed è inappellabile- non siano caratterizzati dalla precisazione "in regola / non in regola con il permesso di soggiorno". E' diventata una specie di indicazione-corollario, un po' come "terrorista" ha indicato per anni qualunque oppositore al democracy export o "era uscito grazie all'indulto" ha connotato ogni fatto di cronaca in cui fosse coinvolto un ex detenuto.
La sensazione è che la tesserina di plastica faccia la differenza tra chi merita di lavorare come un pazzo da un anno all'altro nell'indifferenza di chi gli sta intorno, e chi, subumano in attesa di redenzione, è passibile e/o colpevole di qualsiasi bassezza.
Il 4 aprile 2010 a Firenze qualcosa è andato storto nella protezione apotropaica che il giornalame attribuisce al pezzetto di plastica. Kamal Misantha Narasooriia e Sudath Rohana Jayalath Mudiyanselage sono morti per la strada, uccisi a coltellate.
E allora perché mai specificare che entrambi possedevano "regolare permesso di soggiorno". C'è da pensare che nelle gazzette, anche in quelle che tengono molto a presentarsi come poco sensibili alle istanze "occidentaliste", vi sia molta gente propensa ad asserire che se non lo avessero avuto avrebbero meritato di fare la fine che hanno fatto.
In concreto, il "permesso di soggiorno" è una tesserina di plastica che, grazie al lavoro indefesso dei gazzettieri più ed ancora dei loro padroni politici, costituisce nei fatti una patente di appartenenza alla razza umana, peraltro revocabile per mille motivi ivi compresi gli interessi elettorali.
Discrimine tra buoni e cattivi, non c'è fatto di cronaca in cui i protagonisti -colpevoli o vittime che siano, ricordiamoci che il giudizio delle iene dei giornali ha un grado soltanto ed è inappellabile- non siano caratterizzati dalla precisazione "in regola / non in regola con il permesso di soggiorno". E' diventata una specie di indicazione-corollario, un po' come "terrorista" ha indicato per anni qualunque oppositore al democracy export o "era uscito grazie all'indulto" ha connotato ogni fatto di cronaca in cui fosse coinvolto un ex detenuto.
La sensazione è che la tesserina di plastica faccia la differenza tra chi merita di lavorare come un pazzo da un anno all'altro nell'indifferenza di chi gli sta intorno, e chi, subumano in attesa di redenzione, è passibile e/o colpevole di qualsiasi bassezza.
Il 4 aprile 2010 a Firenze qualcosa è andato storto nella protezione apotropaica che il giornalame attribuisce al pezzetto di plastica. Kamal Misantha Narasooriia e Sudath Rohana Jayalath Mudiyanselage sono morti per la strada, uccisi a coltellate.
E allora perché mai specificare che entrambi possedevano "regolare permesso di soggiorno". C'è da pensare che nelle gazzette, anche in quelle che tengono molto a presentarsi come poco sensibili alle istanze "occidentaliste", vi sia molta gente propensa ad asserire che se non lo avessero avuto avrebbero meritato di fare la fine che hanno fatto.
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