Trent'anni di ricette amministrative e governative all'insegna della cosiddetta "economia di mercato" hanno distrutto il tessuto sociale della penisola italiana in misura tanto maggiore quanto più ligia è stata la loro applicazione, accompagnata come un corollario dalla demonizzazione di ogni forma di dissenso, politico o meno.
I più evidenti frutti del securitarismo elettorale con cui la marmaglia politicante ha ammantato istanze destinate al proprio esclusivo interesse sono ogni giorno sotto gli occhi di tutti: è sufficiente dissentire a voce alta su qualche questione palloniera o adottare comportamenti che non siano improntati ad un consumismo forsennato e sommamente imbecille per doversela vedere con la squadra politica della gendarmeria. Gli autentici vermi del creato che sgazzettano per conto della classe dominante non chiedono di meglio: un nemico nuovo ogni giorno contro cui aizzare i sudditi, ebefrenicamente disposti a scatenarsi contro chiunque dia l'impressione di esser messo appena un po' peggio di loro e di poter essere impunemente destinato allo scempio, come si usa tra quelle galline o tra quelle iene ingiustamente considerate in modo negativo, visto il molto che avrebbero da insegnare in tema di vita sociale ai sudditi che bivaccano nella penisola italiana.
Scaraventata alle ortiche in tempi di presunte vacche grasse qualunque forma di solidarismo sociale e statuiti i consumi come unico metro per la dignità umana, i contesti sociali più "occidentalizzati" della penisola stanno producendo disperazione a tonnellate, isolamento sociale a caterve e disperati a battaglioni. Il destino ordinario non soltanto delle nuove generazioni, ma anche di una parte crescente delle vecchie è dato dalla pura e semplice sopravvivenza consentita da qualche "lavoro" mai troppo precario, mai troppo poco retribuito.
Nel corso degli ultimi dieci anni gli attacchi mediatici contro il dissenso non hanno mai conosciuto soste ed hanno avuto portata ed intensità industriali. Tra le ultimissime vittime la Chiesa cattolica, un'istituzione già malmessa per proprio conto e non certo esente da colpe anche gravi, presentata nel migliore dei casi come una congrega di pervertiti: gli ostacoli che la Chiesa pone all'"economia di mercato" ostentando soprattutto a basso livello gerarchico quella sua assurda voglia di giustizia sociale sono evidentemente intollerabili agli occhi di "occidentalisti" che ad essa si rivolgono con intenti esclusivamente manipolatori. I mezzi per scavarle la terra sotto i piedi non devono dunque essere lesinati.
Tra i risultati più curiosi e inaspettati della situazione, quello di vedere anarchici e boy scout mescolati nei cortei e nelle manifestazioni.
Gli "occidentalisti" distruggono da anni in piena consapevolezza qualunque cosa si opponga alla loro morale da campo di sterminio. Mangia il tuo pane e, se puoi, anche quello del tuo vicino.
In questa situazione, i tentativi di preservare un minimo di coesione e di giustizia sociale appaiono per quello che sono: conati ridicoli e privi di qualsiasi efficacia, che originano dalla stessa forma mentis e dallo stesso modus operandi che hanno prodotto la situazione in cui coloro che non si rassegnano a bivaccare vivono nella costante accettazione del male minore.
E' il caso di una serie di campagne propagandistiche intraprese da alcune amministrazioni comunali di una zona nel nord della penisola italiana, chiamata Lombardia.
In Lombardia le istanze "occidentaliste" imperversano scatenate da decenni più che altrove, e più che altrove ogni agenzia socializzatrice che cialtroni in cravatta e scarti della politica di quartiere percepiscano come minimamente d'intralcio deve fare i conti con i cani da linciaggio della "libera stampa".
L'"occidentalismo" elevato a sistema di governo ha prodotto -ed era risultato notissimo e messo abbondantemente in conto- una generazione di sradicati, in cui non esiste alcunché che possa canalizzare costruttivamente un dissenso ed un disagio destinati a sfogarsi a volte in esplosioni di vandalismo, e più spesso in una sorda violenza quotidiana interpersonale, intrisa di quel consumismo da disperati fatto di stracci ed apparati d'alta tecnologia che i possessori il più delle volte non sanno neppure utilizzare. In un contesto globalizzato infatti dal punto di vista dell'abbigliamento e degli obiettivi di consumo non esiste più alcuna differenza tra un pastore tagiko, un fellah siriano ed un frontebassa di periferia cui qualcuno ha fatto credere di essere superiore a chissà chi.
Le amministrazioni locali sono, ovviamente, preoccupate della prima parte della questione, quella che ha a che fare con i vandalismi. L'altra parte, quella di un contesto sociale che è specchio dell'inferno ma che continua a produrre clienti pressappoco solvibili a loro non interessa, anzi, finché si mordono tra loro....
Il gazzettaio dell'aprile 2010 presenta appunto con un certo rilievo una campagna propagandistica che vorrebbe "sensibilizzare" contro i vandalismi degli arredi urbani. Esiste anche una galleria fotografica da cui abbiamo ripreso l'immagine che riportiamo e su cui torneremo più avanti.
Nelle intenzioni, l'idea sarebbe quella di contrastare i vandalismi indicando concretamente quanto costano gli arredi urbani etichettati. L'iniziativa viene presentata sui siti del comune di Bollate e di Sesto San Giovanni. Notiamo che a Bollate l'iniziativa costituisce un "intervento educativo".
Ora, il fatto che tutto abbia un prezzo è una delle cose che i giovani sudditi imparano per prime nella vita, ed è proprio uno degli assunti alla base di quel contesto di consumismo dittatoriale di cui il vandalismo è l'unica, in una devastante costellazione di conseguenze, da cui l'"occidentalismo" sihurezzeddegràdo sia infastidito. A nostro avviso gli ideatori della campagna stanno confondendo le cause con gli effetti al punto che non ci sorprenderemmo se venissimo a sapere che hanno reclutato una muta di volpi per affidare ad essa la custodia di svariati pollai.
A Sesto San Giovanni spiegano anche che la campagna è stata ideata da una società di grafica e comunicazione che ne ha fatto dono all'amministrazione. Nulla da eccepire: se c'è qualcuno che ha interiorizzato a proprio profitto quanto sia vero che tutto ha un prezzo, sono proprio gli operatori della comunicazione.
I più evidenti frutti del securitarismo elettorale con cui la marmaglia politicante ha ammantato istanze destinate al proprio esclusivo interesse sono ogni giorno sotto gli occhi di tutti: è sufficiente dissentire a voce alta su qualche questione palloniera o adottare comportamenti che non siano improntati ad un consumismo forsennato e sommamente imbecille per doversela vedere con la squadra politica della gendarmeria. Gli autentici vermi del creato che sgazzettano per conto della classe dominante non chiedono di meglio: un nemico nuovo ogni giorno contro cui aizzare i sudditi, ebefrenicamente disposti a scatenarsi contro chiunque dia l'impressione di esser messo appena un po' peggio di loro e di poter essere impunemente destinato allo scempio, come si usa tra quelle galline o tra quelle iene ingiustamente considerate in modo negativo, visto il molto che avrebbero da insegnare in tema di vita sociale ai sudditi che bivaccano nella penisola italiana.
Scaraventata alle ortiche in tempi di presunte vacche grasse qualunque forma di solidarismo sociale e statuiti i consumi come unico metro per la dignità umana, i contesti sociali più "occidentalizzati" della penisola stanno producendo disperazione a tonnellate, isolamento sociale a caterve e disperati a battaglioni. Il destino ordinario non soltanto delle nuove generazioni, ma anche di una parte crescente delle vecchie è dato dalla pura e semplice sopravvivenza consentita da qualche "lavoro" mai troppo precario, mai troppo poco retribuito.
Nel corso degli ultimi dieci anni gli attacchi mediatici contro il dissenso non hanno mai conosciuto soste ed hanno avuto portata ed intensità industriali. Tra le ultimissime vittime la Chiesa cattolica, un'istituzione già malmessa per proprio conto e non certo esente da colpe anche gravi, presentata nel migliore dei casi come una congrega di pervertiti: gli ostacoli che la Chiesa pone all'"economia di mercato" ostentando soprattutto a basso livello gerarchico quella sua assurda voglia di giustizia sociale sono evidentemente intollerabili agli occhi di "occidentalisti" che ad essa si rivolgono con intenti esclusivamente manipolatori. I mezzi per scavarle la terra sotto i piedi non devono dunque essere lesinati.
Tra i risultati più curiosi e inaspettati della situazione, quello di vedere anarchici e boy scout mescolati nei cortei e nelle manifestazioni.
Gli "occidentalisti" distruggono da anni in piena consapevolezza qualunque cosa si opponga alla loro morale da campo di sterminio. Mangia il tuo pane e, se puoi, anche quello del tuo vicino.
In questa situazione, i tentativi di preservare un minimo di coesione e di giustizia sociale appaiono per quello che sono: conati ridicoli e privi di qualsiasi efficacia, che originano dalla stessa forma mentis e dallo stesso modus operandi che hanno prodotto la situazione in cui coloro che non si rassegnano a bivaccare vivono nella costante accettazione del male minore.
E' il caso di una serie di campagne propagandistiche intraprese da alcune amministrazioni comunali di una zona nel nord della penisola italiana, chiamata Lombardia.
In Lombardia le istanze "occidentaliste" imperversano scatenate da decenni più che altrove, e più che altrove ogni agenzia socializzatrice che cialtroni in cravatta e scarti della politica di quartiere percepiscano come minimamente d'intralcio deve fare i conti con i cani da linciaggio della "libera stampa".
L'"occidentalismo" elevato a sistema di governo ha prodotto -ed era risultato notissimo e messo abbondantemente in conto- una generazione di sradicati, in cui non esiste alcunché che possa canalizzare costruttivamente un dissenso ed un disagio destinati a sfogarsi a volte in esplosioni di vandalismo, e più spesso in una sorda violenza quotidiana interpersonale, intrisa di quel consumismo da disperati fatto di stracci ed apparati d'alta tecnologia che i possessori il più delle volte non sanno neppure utilizzare. In un contesto globalizzato infatti dal punto di vista dell'abbigliamento e degli obiettivi di consumo non esiste più alcuna differenza tra un pastore tagiko, un fellah siriano ed un frontebassa di periferia cui qualcuno ha fatto credere di essere superiore a chissà chi.
Le amministrazioni locali sono, ovviamente, preoccupate della prima parte della questione, quella che ha a che fare con i vandalismi. L'altra parte, quella di un contesto sociale che è specchio dell'inferno ma che continua a produrre clienti pressappoco solvibili a loro non interessa, anzi, finché si mordono tra loro....
Il gazzettaio dell'aprile 2010 presenta appunto con un certo rilievo una campagna propagandistica che vorrebbe "sensibilizzare" contro i vandalismi degli arredi urbani. Esiste anche una galleria fotografica da cui abbiamo ripreso l'immagine che riportiamo e su cui torneremo più avanti.
Nelle intenzioni, l'idea sarebbe quella di contrastare i vandalismi indicando concretamente quanto costano gli arredi urbani etichettati. L'iniziativa viene presentata sui siti del comune di Bollate e di Sesto San Giovanni. Notiamo che a Bollate l'iniziativa costituisce un "intervento educativo".
Ora, il fatto che tutto abbia un prezzo è una delle cose che i giovani sudditi imparano per prime nella vita, ed è proprio uno degli assunti alla base di quel contesto di consumismo dittatoriale di cui il vandalismo è l'unica, in una devastante costellazione di conseguenze, da cui l'"occidentalismo" sihurezzeddegràdo sia infastidito. A nostro avviso gli ideatori della campagna stanno confondendo le cause con gli effetti al punto che non ci sorprenderemmo se venissimo a sapere che hanno reclutato una muta di volpi per affidare ad essa la custodia di svariati pollai.
A Sesto San Giovanni spiegano anche che la campagna è stata ideata da una società di grafica e comunicazione che ne ha fatto dono all'amministrazione. Nulla da eccepire: se c'è qualcuno che ha interiorizzato a proprio profitto quanto sia vero che tutto ha un prezzo, sono proprio gli operatori della comunicazione.
Una gazzetta riporta questa foto. Perfino la didascalia è interessante e rivelatrice. In prima linea, come se si trattasse di andare in guerra. L'entusiasmo redazionale è stato tale che non hanno neppure pixelato i volti dei minori, secondo l'ultima demenziale tendenza in materia di "protezione dei minori" e di sihurezzacontriddegràdo.
L'assunto che tutto abbia un prezzo, tuttavia, ci ha fatto venire in mente qualcosa d'altro. Ci ha fatto venire in mente un romanzetto amriki di qualche anno fa, in cui il protagonista Leland Gaunt, negoziante, espone ad un trasognato cliente in via di diventare aiuto-negozio la seguente visione del mondo.
"...Vedi, Asso, in affari io mi baso su un semplice principio. Vorresti sapere quale?"
"Sicuro."
E Asso era sincero.
"Tutto è in vendita. E' la mia filosofia. Tutto si può vendere."
"Tutto si può vendere," ripeté Asso con entusiasmo. "Cavoli! Grandioso! Giusto! Grandioso!"
Tutto è in vendita, quindi tutto ha il suo prezzo.
Leggendo il libro si scopre che Leland Gaunt è Satana, il Lapidato.
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