Il Comune di Firenze ha spedito la Commissione Cultura a New York in visita ufficiale, in occasione del Columbus Day.
Il Columbus Day ricorda l'arrivo di Cristoforo Colombo e l'inizio dell'epoca delle conquiste; è una festa che in AmeriKKKa è particolarmente sentita da svariati appartenenti alla comunità culturale che riconosce le proprie radici nella penisola italiana. La Repubblica Bolivariana del Venezuela la considera giorno festivo, ma l'ha realisticamente ribattezzata "Giorno della resistenza indigena".
Tra i commissari in gita Bianca Maria Giocoli, Enrico Bosi e Massimo Pieri hanno allungato il giro fino alla località di Manhattan denominata Ground Zero, teatro di uno dei più controversi e radicali interventi urbanistici degli ultimi anni. Un'operazione messa in pratica con un sistema che, se usato da statunitensi in località meno fornite di negozi di lusso, avrebbe preso il nome di obliterazione dell'obiettivo o addirittura di operazione chirurgica, ma che essendo stata portata a termine nel centro di una delle metropoli simbolo dell'"Occidente" ebbe a suo tempo l'altisonante e indignata definizione di attacco alla civiltà. Chiunque sia stato a mettere in piedi il tutto -un evento che come pochi altri ha visto nascere foreste intere di complottismi e di dietrologie- ha provocato 2750 morti di una morte orribile, correntemente indicati come vittime, laddove il corrispettivo afghano od iracheno, che abbiamo ad oggi motivo di presumere almeno cinquecento volte più alto ed in costante aumento dal 2001 in avanti, si è dovuto accontentare dell'asettica definizione di perdite collaterali. L'AmeriKKKa ha metabolizzato in modo molto rapido l'accaduto, che in capo a ventiquattr'ore era già divenuto casus belli contro l'Afghanistan e, in prospettiva, contro tutto il mondo. Il resto è storia nota, ed è una storia che parla di guerre demenziali, di distruzioni folli, di assoluta incompetenza, di miopia politica, arroganza, piccineria e propaganda mendace a vagonate intere. Fatto sta che dell'Undici Settembre, rapidamente trasformato in film celebrativi come quello di Oliver Stone, da anni in AmeriKKKa in generale e a New York in particolare nessuno vuol più sentir parlare. Così come, per quanto è dato di sapere, nessuno vuole più sentir parlare di George Bush. L'unico estimatore su cui "il peggior presidente della storia della federazione" possa a tutt'oggi contare si chiama Silvio Berlusconi, il soggetto cui Giocoli, Bosi & Pieri devono sostanzialmente la propria fortuna politica e che dunque non è possibile contraddire nemmeno quando sarebbe proprio il caso di farlo.
Accodatisi al medesimo americanismo di complemento, i consiglieri di Forza Italia hanno lanciato un proclama stringato ma pedestre:
«Siamo qui per celebrare il giorno di Colombo, figlio dell'Italia. Questo anniversario rappresenta la nascita dell'America, il paese della libertà! L'11 settembre non sarà mai dimenticato e noi siamo qui per testimoniarlo. La guerra al terrorismo non può cessare! Vita l'Italia, viva gli Usa»
Le occasioni in cui le trasferte della Commissione Cultura sono state passate a pettine fitto dai politicanti "occidentalisti" che siedono in Consiglio Comunale praticamente non si contano; potremmo far loro il verso e chiederci quanto sia costato inviare a New York i tre lanciaslogan in oggetto. Tuttavia, dal momento che non siamo come loro, ci accontenteremo di passare a pettine fitto il loro proclama. Tre righe criticabili in modo praticamente filologico: parola per parola!
Le origini di Cristobal Colòn sono piuttosto dubbie; a Genova ne contendono i natali città spagnole e di Corsica. Ad ogni modo, un genovese del XV secolo aveva ottimi motivi, sociali e geopolitici, per non sentirsi "figlio" del paese cui i tre consiglieri lo ascrivono d'ufficio. Anzi, asserire un qualsiasi coinvolgimento dello stato che occupa la penisola italiana nei "meriti" di Cristobal Colòn è una forzatura storica bella pesante; un po' come se si accampassero meriti per le operazioni dell'Apollo 11 dal momento che Michael Collins è nato a Roma.
Il 12 ottobre 1492 non nacque alcun astratto "paese della libertà". L'avvistamento dell'isoletta di Guanahani (oggi nelle Bahamas) da parte degli europei segnò al contrario l'inizio di secoli orribili per la popolazione nativa, schiavizzata e sterminata dalle malattie prima e ancora che dalla violenza dei nuovi e non richiesti ospiti, capeggiati solitamente dalla hidalguìa guerrafondaia formatasi sotto le ali della Reconquista.
L'11 settembre, praticamente, è già finito nel dimenticatoio. Perfino nel dimenticatoio della politicanza "occidentalista" che ha approfittato della vicenda per tentare di chiudere i conti con ogni sorta di dissenso. La traduzione mediatica e politicante dell'11 settembre nello stato che occupa la penisola italiana è in buona misura responsabile dell'attuale situazione sociale, che può vantare "conquiste di libertà" ributtanti, quali la pratica introduzione del reato d'opinione e lo sdoganamento del razzismo e delle idee genocide. Tutti "progressi" per i quali mass media e politicanti "occidentalisti" non hanno smesso di adoperarsi un momento. Di questo stato di cose Giocoli, Bosi e Pieri sono effettivamente, oltre che consapevoli comprimari, anche dei degni testimoni; almeno su questo punto si deve dar loro ragione.
"La guerra al terrorismo non può cessare"? Vadano a dirlo alle popolazioni mediorientali e centroasiatiche bombardate per anni in nome dei sondaggi elettorali. Una delle caratteristiche più repellenti della politicanza "occidentalista" è rappresentata proprio da questi proclami da stratega da caffè, che arrivano immancabilmente da gente sazia, viziata, benvestita e capace di incompetenze siderali. Tanto a farsi quindici giorni filati senza chiuder occhio, a scivolare sui ventri aperti, a lasciare gambe ed occhi in qualche pietraia ci va sempre e comunque qualcun altro. La "guerra al terrorismo" ha messo in luce non i pregi, ma i vergognosi limiti dell'"occidentalismo" yankee, per il quale non è immorale gettare centinaia di miliardi nel pozzo senza fondo dell'occupazione irachena, ma destinarne cinque o sei all'assistenza sanitaria pubblica. E' perfino finito il tempo in cui una guerra d'aggressione poteva tirare la volata all'economia.
"Vita l'Italia, viva gli Usa" [così nell'originale, n.d.a.] Sì, viva, viva. E domenica alla Roma gliele suoniamo cinque a zero.
Il numero di persone che dell'AmeriKKKa ha un concetto assai meno idilliaco è in crescita esponenziale. Pensando a loro, riportiamo qui un classico della musica klezmer nato proprio dalla terrificante esperienza di vita nella New York dell'emigrazione aschenazita.
Di grine Kuzine
(Leiserowitz / Schwartz)
tzu mir iz gekumen a kuzine,
shein vie gold iz sie geven di grine.
Beckelach vie roite pomerantzen,
fiselach vus beyten sich tzum tantzen.
Herelakh vizaidn-veb gelokte
tseindelakh vi perelakh getokte;
Eigelakh vi himl-bloi in friling
lipelakh vi karshelakh a tsviling.
Nisht gegangen iz zi nor geshprungen,
nisht geret hot zi nor gezungen.
Lebedik un freylekh yeder mine,
ot azoy geven iz mayn kuzine.
Un azoy ariber zaynen yorn,
fun mayn kuzine iz atel gevoren.
Peydis hot zi yorn lang geklibn,
biz fun ir iz gornisht nit geblibn.
Haynt az ikh bagegn mayn kuzine,
un ikh freg ir, «`s'makhstu epes grine?»
Zifst zi op un ikh leyn in der mine —
«brenen zol columbus's medine.»
La giovane cugina
Da me è venuta una cugina
giovane e bella come l'oro
guance come arance rosse
e piccoli piedi che ti invitano a danzare.
Piccole orecchie dalla pelle di seta
e denti come una collana di perle;
occhi blu come il cielo in primavera,
piccole labbra come ciliegine gemelle.
Quando camminava pareva danzare
e non parlava, cantava.
Allegra e felice in ogni momento
così era mia cugina.
Tempo dopo ho rivisto mia cugina
lavorava giorno e notte, sembrava finita,
i suoi debiti la facevano appena mangiare
una vita di lavoro l’aveva distrutta.
Oggi quando incontro mia cugina
e le domando: come stai, tu la sempre bella?
Lei sospira e io le leggo in faccia la risposta
"Possa bruciare la terra di Colombo!"
Bella la canzone!
RispondiEliminaMiguel Martinez
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