Traduzione da Strategic Culture, 8 dicembre 2025.
L'amico del presidente Trump Steve Witkoff, insieme al genero dello stesso Trump Jared Kushner, ha incontrato il 2 dicembre il Presidente Putin al Cremlino a Mosca.
Per la parte russa hanno partecipato all'incontro il consigliere presidenziale Yury Ushakov e Kirill Dmitriev. Si è trattato del sesto incontro di Witkoff con Putin nel 2025: per la prima volta invece Kushner è coinvolto di persona in questi colloqui.
Secondo quanto riferito, il principale argomento all'ordine del giorno era un "aggiornamento" dei punti di discussione proposti dagli Stati Uniti, aggiornamento che avrebbe contemplato ulteriori contributi (non specificati) da parte degli ucraini e degli europei.
Nonostante la riformulazione, i punti di discussione riflettono un'agenda statunitense che in sostanza è cambiata poco rispetto alla già nota lista di Witkoff. Ad esempio, al centro della questione ci sono ancora un cessate il fuoco -anziché su un accordo politico più ampio, come richiesto dalla Russia- e il riconoscimento de facto dei confini anziché il riconoscimento de jure dell'annessione dei quattro oblast, che la Russia considera propri per via costituzionale.
Sembra che siano state discusse anche alcune possibili concessioni ucraine nella regione del Donbass; si sarebbe parlato anche di garanzie di sicurezza per l'Ucraina, che sarebbero coordinate con gli alleati europei; infine, si è toccato l'argomento dei "limiti" alle capacità militari dell'Ucraina, per i quali gira un ridicolo tetto di ottocentomila uomini anziché la cifra approssimativamente stimata a Istanbul nel 2022 di cinquanta o sessantamila.
Secondo quanto riferito, Putin avrebbe concordato sul fatto che alcuni elementi della proposta potrebbero meritare un'ulteriore discussione, ma ha confermato i punti che la Russia considera non negoziabili.
In sintesi sembra che, come ha affermato Marco Rubio, "[gli Stati Uniti continuino] a verificare se i russi sono 'interessati alla pace'. Saranno le loro azioni –non le loro parole, le loro azioni – a determinare se sono seri o meno, e noi [l'entourage di Trump] intendiamo scoprirlo il prima possibile...".
In effetti, Witkoff è stato inviato a Mosca "per verificare ancora una volta" (dopo un altro episodio di escalation da parte statunitense, con quattro missili a lungo raggio ATACM lanciati "in profondità nel territorio russo" e l'imposizione di ulteriori sanzioni sul petrolio) se Putin fosse ora disposto a concludere un "accordo" che Trump potesse presentare come "risultato" statunitense.
Nel caso degli USA, la carota è rappresentata dall'offerta di un graduale allentamento delle sanzioni. A discrezione degli Stati Uniti. Il bastone, appunto, dai missili lanciati in profondità nel territorio russo e dalle ulteriori sanzioni imposte alle compagnie petrolifere russe. Queste sanzioni erano chiaramente intese come un "promemoria" di ciò che potrebbe seguire se Putin non accettasse un "accordo".
Si tratta dello stesso "accordo" offerto alla Russia in precedenza. Ed è qui che sta il problema: Putin non vuole "un accordo". Putin vuole un trattato giuridicamente vincolante, come ha ribadito più volte.
A sottolinere in modo significativo questa richiesta, il fatto che a incontrare Witkoff non ci fosse Lavrov. È stato un modo con cui la Russia ha indicato con chiarezza il fatto che le basi per dei negoziati effettivi non sono ancora state gettate. L'obiettivo di Putin era quello di illustrare, in modo cortese ma fermo, quali sono le posizioni non negoziabili della Russia riguardo alla risoluzione della guerra in Ucraina.
Rispetto a quanto affermato da Putin il 14 giugno 2024 nel suo discorso al personale del Ministero degli Esteri russo non è cambiato niente.
Putin, tuttavia, ha inviato un proprio messaggio alla Casa Bianca.
Parlando ai giornalisti a Bishkek in Kirghizistan il 4 dicembre, Putin ha spiegato come dovrebbero – e devono – essere gestiti i negoziati con gli Stati Uniti. Ha affermato che il ministro degli Esteri Lavrov è responsabile dei contatti e dei negoziati sui possibili termini per porre fine alla guerra in Ucraina, che i resoconti di Lavrov sui colloqui faranno fede e che non si intende portare specifiche proposte a livello di dibattito pubblico.
Ecco qua. Putin intuisce l'imminente cambiamento di posizione degli Stati Uniti e non intende sentire ragioni. I negoziati devono essere condotti solo attraverso canali professionali, in modo traducibile giuridicamente e tramite personale professionale che porti a un trattato, non ad un "accordo".
A questo "accordo" Putin è intenzionato a rinunciare esplicitamente. Witkoff e Kushner avevano idea di cercare di ottenere qualche concessione dalla Russia: volevano un cessate il fuoco temporaneo -piuttosto che un accordo vincolante- ed erano pronti a indorare la pillola con un graduale alleggerimento delle sanzioni; perdurare in un buon comportamento avrebbe fruttato alla Russia un incrementale venir meno delle sanzioni. Un po' come quando si addestrano i topi di laboratorio a premere sul pulsante che rilascia un po' di cibo.
Perché gli Stati Uniti tengono così tanto a un cessate il fuoco, piuttosto che concordare un quadro di sicurezza complessivo che preveda una nuova architettura per la sicurezza in l'Europa orientale?
La risposta è che Trump pretende una "vittoria", un risultato che possa essere presentato al pubblico statunitense come un'altra guerra "fermata da Trump". A sentir lui sarebbe l'ottava. Al tempo stesso, la cosa potrebbe essere presentata ai poteri forti come una semplice pausa in un conflitto che riprenderà dopo una tregua, quando gli europei ("garanti della sicurezza") avranno rimesso in piedi l'esercito ucraino. Un esito del genere rappresenterebbe una "vittoria" per i falchi, perché vi si potrebbe imbastire un racconto per cui la ripresa del conflitto intaccherebbe l'economia russa e potrebbe persino portare alla destituzione di Putin.
Un pio desiderio, ovviamente. Ma molte narrazioni occidentali sono pii desideri, piuttosto che pensieri realistici.
Insomma, l'obiettivo generale dei punti di discussione cari agli USA, opachi e ambigui, è quello di mettere Putin alle strette e spingerlo ad abbandonare le posizioni non negoziabili a cominciare dal suo insistere per eliminare le cause profonde del conflitto e non solo i suoi sintomi. Non c'è alcun accenno in questa bozza o in quelle precedenti al riconoscimento di queste cause profonde -che sono l'espansionismo della NATO e il posizionamento di missili- al di là della vaga promessa di un "dialogo [che] sarà condotto tra la Russia e la NATO, con la mediazione degli Stati Uniti, per risolvere tutte le questioni di sicurezza e creare le condizioni per un allentamento della tensione, garantendo così la sicurezza globale e aumentando le opportunità di cooperazione e di sviluppo economico futuro".
La circostanza rivelatrice è rappresentata dalla eloquente assenza di Rubio, che è il Segretario di Stato ufficiale e quindi l'uomo che in circostanze normali negozierebbe un trattato legale e vincolante.
Al suo posto invece troviamo l'amico immobiliare newyorkese di Trump e il suo genero. Nessuno dei due è membro ufficiale dell'amministrazione statunitense; nessuno dei due è incaricato dagli organi ufficiali dello Stato di negoziare per conto degli Stati Uniti.
Quindi, se gli USA decidessero di riprendere le ostilità contro la Russia, sarebbe possibile dire la stessa cosa che fu detta per il "nemmeno un centimetro verso est" ai tempi della riunificazione tedesca: "Scusate, ma dove mai era scritta questa storia del 'nemmeno un centimetro più in là'"?
Witkoff e Kushner? "Ah, erano solo amici di Trump che facevano quattro chiacchiere durante una visita a Mosca"...


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