La dimensione e la portata della campagna occidentale che denunciava con insistenza un'imminente invasione russa dell'Ucraina ha quasi fatto scomparire, al confronto, le iniziative messe in piedi in Occidente ai tempi della seconda invasione dell'Iraq. L'ultima guerra dell'informazione tuttavia è stata qualitativamente diversa dal caso precedente per quanto riguarda il modo in cui le presunte informazioni arrivate dai servizi sono state sistematicamente passate alla stampa con il contagocce, per irrobustire la narrativa producendo la precisa sensazione che si fosse sull'orlo della guerra.
Lo scorso fine settimana il mainstream statunitense era davvero in preda a una frenesia da tempo di guerra, e sembrava che la narrazione stesse acquistando uno slancio e un'energia propria, andando oltre il controllo di Washington e raccogliendo sostegno da tutto l'arco bi-partisan degli Stati Uniti.
A questo ha contribuito la portavoce della Casa Bianca Jen Psaki, che ha definito "sacri" i confini dell'Ucraina evocando un linguaggio da sei di gennaio, con l'irruzione dei manifestanti entro il perimetro del Campidoglio intesa come un assalto a qualcosa di "sacro" per la democrazia.
All'inizio di questa settimana, tuttavia, le lacune della narrazione degli Stati Uniti erano evidenti: Biden, nel suo vertice virtuale del 7 dicembre con Putin, aveva minacciato un "Armageddon di sanzioni" nei confronti della Russia. Ma quelle sanzioni non erano tra quelle che Biden poteva brandire unilateralmente; in definitiva, avrebbero dovuto essere sanzioni europee. E il suo gruppo di lavoro non aveva approntato correttamente il necessario, prima che il Presidente ventilasse la minaccia di sanzioni catastroficamente dolorose.
Nel caso specifico è poi venuto fuori che le sanzioni minacciate sarebbero state tutt'altro che apocalittiche. L'Europa ha posto il veto a qualsiasi sanzione preventiva contro la Russia. E che i punti fondamentali -l'espulsione della Russia dal sistema di compensazione finanziaria SWIFT; l'esclusione delle banche russe dal cambio di rubli in euro e viceversa e le sanzioni su Nordstream 2- non erano accettabili per uno o più Stati europei.
Nel briefing di questo martedì alla Casa Bianca, l'alto funzionario statunitense citato stava ancora cercando di parare il colpo, suggerendo che vietare alla Russia di vendere debito sovrano sui mercati internazionali le provocherebbe gravi danni, ma la Russia vende il suo debito sul mercato interno, quasi per intero. Nel complesso, il funzionario non ha convinto.
Peggio ancora - dal punto di vista di Blinken - il Dipartimento di Stato e il Tesoro degli Stati Uniti avevano avvertito Blinken che le sanzioni avrebbero danneggiato gli alleati europei dell'AmeriKKKa più della Russia, e che alcune sanzioni ipotizzate (come quelle sulle forniture energetiche russe), rischiavano addirittura di innescare una crisi finanziaria globale. Insomma, la squadra di Biden stava esagerando con la tiritera dell'invasione, anche prima di essere sicura di avere dala propria parte la minaccia di sanzioni paralizzanti e dolorose da parte dell'Europa. L'intero episodio ricorda il 2014, quando Washington era così convinta che il suo pacchetto di sanzioni contro la Russia fosse micidiale che la cancelliera Merkel fu persuasa dai suoi servizi segreti che le sanzioni proposte erano tanto devastanti che Putin non avrebbe avuto altra scelta che capitolare sulla Crimea o essere spodestato da quegli oligarchi che l'Occidente crede -sbagliando- i detentori del potere politico in Russia. All'atto pratico nel 2014 il rublo è stato fatto fluttuare, e l'economia russa si dimostrò ampiamente in grado di resistere alle sanzioni. Oggi è ancor più resistente.
Venerdì scorso a Ginevra doveva essere il giorno in cui Blinken avrebbe affrontato il Ministro degli Esteri Lavrov da un fronte occidentale risoluto e unito, fianco a fianco con gli Stati Uniti, promettendo a Mosca danni e conseguenze indicibili se la Russia avesse invaso l'Ucraina.
In concreto l'incontro di Ginevra è stato un breve nulla di fatto perché Blinken ha rimandato, sperando che una riunione dei ministri degli esteri dell'UE a Bruxelles il lunedì successivo avrebbe finalmente dato a Washington la tanto desiderata dimostrazione di come l'Occidente fosse unito e determinato.
Durante il fine settimana sono emersi due ulteriori errori di calcolo da parte dell'asse anglosassone. In primo luogo, il Regno Unito ha strillonato uno "scoop" di mezzanotte in cui Putin stava progettando un colpo di stato a Kiev, solo per ritrovarsi con i presunti cospiratori ridicolizzati, in Ucraina più che altrove. I servizi russi hanno forse servito agli inglesi una polpetta avvelenata? Poi di concerto gli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno detto che stavano iniziando ad evacuare il personale dalle loro ambasciate a Kiev.
Quest'ultima dichiarazione sembra essere stata un passo troppo lungo. È riuscita anzi ad irritare le autorità di Kiev che hanno invitato gli ucraini a mantenere la calma e poi sono andate oltre, affermando chiaramente che non c'erano prove del fatto che i russi avessero in programma un'invasione e contraddicendo Biden e Blinken. Anche gli europei hanno gettato acqua fredda sull'allarmismo anglosassone dicendo che avevano preso visione degli stessi rapporti di intelligence di Londra e di Washington e che non percepivano alcuna minaccia immediata per l'Ucraina. Il personale d'ambasciata dei rispettivi paesi ha sottolineato che sarebbe rimasto al suo posto.
Intensificare la guerra a mezzo stampa in questo fine settimana non solo non è servito a conferire robustezza all'ostentazione di unità in Europa in occasione del vertice dei ministri degli esteri dell'UE di lunedì, a cui Blinken ha partecipato e che Biden ha coronato con una videochiamata ai leader europei in cui ha sottolineato il desiderio condiviso da tutti di arrivare a una soluzione diplomatica per l'Ucraina.
L'incontro di Bruxelles ha anzi messo in mostra le divergenze occidentali. Il Presidente Macron ha proposto un nuovo riavvicinamento dell'UE a Mosca; Olaf Stolz ha definito il quadro di un suo "nuovo inizio tedesco" con Putin, e Mario Draghi era in partenza per Mosca, dove avrebbe incontrato anche Putin.
Altro che unità. Tutti stavano cercando di rilanciare le relazioni europee con la Russia.
Alla fine Macron (come presidente dell'UE) ha cercato di imporre una propria soluzione alla crisi ucraina in una riunione stile Normandia, volta a fare progressi (con la sospensione di alcuni progetti di legge a Kiev) per arrivare a spingere Kiev ad accettare un'autonomia negoziata e concordata per il Donbass. Un'iniziativa senza dubbio concordata in anticipo con Putin. L'aspetto più rilevante dell'iniziativa di Macron, tuttavia, è che in questa Minsk gli ameriKKKani non sono invitati.
Se l'incontro di Bruxelles ha rivelato qualcosa di sostanziale, è stata piuttosto l'estrema debolezza finanziaria ucraina. Lo stato è sull'orlo del fallimento, la sua capacità di ottenere prestiti sui mercati finanziari senza accordare interessi astronomici pare sia inesistente. L'UE ha accettato di concedere all'Ucraina un prestito di emergenza di 1,2 miliardi di euro. Sembra inoltre che le riserve di gas ucraine siano scese a zero a novembre. Kiev non ha soldi per comprare altro gas, e l'UE ha aiutato Kiev a tenere le luci accese invertendo il flusso del gas dell'UE sul gasdotto Yamal verso l'Ucraina. Questa iniziativa dell'UE, naturalmente, attinge alle riserve strategiche di gas della stessa UE, che stanno calando.
Le questioni energetiche sono chiaramente in cima all'agenda dei leader dell'Unione Europea, in questo momento. I prezzi dell'energia sono già saliti alle stelle, e qualsiasi interruzione delle forniture di gas naturale russo all'Europa (che normalmente rappresentano il 40% delle importazioni totali) non farebbe che alimentare un'inflazione che in Europa sta già salendo. A Washington si parla di creare fonti di approvvigionamento alternative deviando gas naturale liquefatto dal Qatar o dai fornitori asiatici, se la crisi ucraina dovesse portare a un taglio delle forniture per l'Unione Europea. Gli esperti di energia sostengono che il dirottamento delle forniture asiatiche contribuirebbe probabilmente a una guerra di offerte sul gas che farebbe salire ulteriormente i costi dell'energia in Europa.
Dunque, siamo a questo punto: sette settimane dopo il "severo avvertimento a Putin" di Biden del 7 dicembre gli USA non hanno sottomano nessuna buona opzione. In compenso l'opinione pubblica statunitense si è accesa e ora invoca una risposta "dura" a piani di invasione che a quanto sembra sono una chimera. Non c'è stata alcuna invasione dell'Ucraina, e Mosca dimostra poco entusiasmo verso questa iniziativa. Sembra che l'intento di Mosca sia quello di lasciare che per ora l'Ucraina cuocia nel suo brodo. E lasciare che gli occidentali menino il can per l'aia con la loro guerra mediatica. Naturalmente, eventi imprevisti possono facilmente irritare temperamenti tanto sanguigni.
Abbiamo superato il massimo della frenesia? Molto probabile, ma la situazione sarà lenta a sbollire. Per altri momenti difficli essa rappresenta un diversivo troppo valido.
Nota a margine: Putin ha sostenuto che la NATO si sta allargando troppo. Un concetto che ha fatto in una certa misura presa tra i leader dell'Europa occidentale anche se non a Washington, che ha riferito di aver trasmesso una risposta scritta in cui rifiuta le richieste della Russia. Nello specifico, gli Stati Uniti hanno raggiunto il consenso nella NATO nel respingere le richieste chiave della Russia rispetto ai suoi interessi in materia di sicurezza. Questa risposta della NATO, tuttavia, non rappresenta affatto una soluzione sul piano delle relazioni della NATO con la Russia.
Per Biden, la vicenda sembra poter finire con un'altra débacle:
Oh, the grand old Duke of York
He had ten thousand men;
He marched them up to the top of the hill,
And he marched them down again.
And when they were up, they were up,
And when they were down, they were down.
And when they were only half-way up
They were neither up nor down.
[Oh, il gran vecchio duca di York. Aveva diecimila uomini; li ha fatti marciare fino alla cima della collina, e li ha fatti marciare di nuovo giù. Quando erano su, erano su, e quando erano giù, erano giù. E quando erano solo a metà, non erano né su né giù.]
L'accoppiata Biden-Blinken rischia di figurare debole.
Lo scorso fine settimana il mainstream statunitense era davvero in preda a una frenesia da tempo di guerra, e sembrava che la narrazione stesse acquistando uno slancio e un'energia propria, andando oltre il controllo di Washington e raccogliendo sostegno da tutto l'arco bi-partisan degli Stati Uniti.
A questo ha contribuito la portavoce della Casa Bianca Jen Psaki, che ha definito "sacri" i confini dell'Ucraina evocando un linguaggio da sei di gennaio, con l'irruzione dei manifestanti entro il perimetro del Campidoglio intesa come un assalto a qualcosa di "sacro" per la democrazia.
All'inizio di questa settimana, tuttavia, le lacune della narrazione degli Stati Uniti erano evidenti: Biden, nel suo vertice virtuale del 7 dicembre con Putin, aveva minacciato un "Armageddon di sanzioni" nei confronti della Russia. Ma quelle sanzioni non erano tra quelle che Biden poteva brandire unilateralmente; in definitiva, avrebbero dovuto essere sanzioni europee. E il suo gruppo di lavoro non aveva approntato correttamente il necessario, prima che il Presidente ventilasse la minaccia di sanzioni catastroficamente dolorose.
Nel caso specifico è poi venuto fuori che le sanzioni minacciate sarebbero state tutt'altro che apocalittiche. L'Europa ha posto il veto a qualsiasi sanzione preventiva contro la Russia. E che i punti fondamentali -l'espulsione della Russia dal sistema di compensazione finanziaria SWIFT; l'esclusione delle banche russe dal cambio di rubli in euro e viceversa e le sanzioni su Nordstream 2- non erano accettabili per uno o più Stati europei.
Nel briefing di questo martedì alla Casa Bianca, l'alto funzionario statunitense citato stava ancora cercando di parare il colpo, suggerendo che vietare alla Russia di vendere debito sovrano sui mercati internazionali le provocherebbe gravi danni, ma la Russia vende il suo debito sul mercato interno, quasi per intero. Nel complesso, il funzionario non ha convinto.
Peggio ancora - dal punto di vista di Blinken - il Dipartimento di Stato e il Tesoro degli Stati Uniti avevano avvertito Blinken che le sanzioni avrebbero danneggiato gli alleati europei dell'AmeriKKKa più della Russia, e che alcune sanzioni ipotizzate (come quelle sulle forniture energetiche russe), rischiavano addirittura di innescare una crisi finanziaria globale. Insomma, la squadra di Biden stava esagerando con la tiritera dell'invasione, anche prima di essere sicura di avere dala propria parte la minaccia di sanzioni paralizzanti e dolorose da parte dell'Europa. L'intero episodio ricorda il 2014, quando Washington era così convinta che il suo pacchetto di sanzioni contro la Russia fosse micidiale che la cancelliera Merkel fu persuasa dai suoi servizi segreti che le sanzioni proposte erano tanto devastanti che Putin non avrebbe avuto altra scelta che capitolare sulla Crimea o essere spodestato da quegli oligarchi che l'Occidente crede -sbagliando- i detentori del potere politico in Russia. All'atto pratico nel 2014 il rublo è stato fatto fluttuare, e l'economia russa si dimostrò ampiamente in grado di resistere alle sanzioni. Oggi è ancor più resistente.
Venerdì scorso a Ginevra doveva essere il giorno in cui Blinken avrebbe affrontato il Ministro degli Esteri Lavrov da un fronte occidentale risoluto e unito, fianco a fianco con gli Stati Uniti, promettendo a Mosca danni e conseguenze indicibili se la Russia avesse invaso l'Ucraina.
In concreto l'incontro di Ginevra è stato un breve nulla di fatto perché Blinken ha rimandato, sperando che una riunione dei ministri degli esteri dell'UE a Bruxelles il lunedì successivo avrebbe finalmente dato a Washington la tanto desiderata dimostrazione di come l'Occidente fosse unito e determinato.
Durante il fine settimana sono emersi due ulteriori errori di calcolo da parte dell'asse anglosassone. In primo luogo, il Regno Unito ha strillonato uno "scoop" di mezzanotte in cui Putin stava progettando un colpo di stato a Kiev, solo per ritrovarsi con i presunti cospiratori ridicolizzati, in Ucraina più che altrove. I servizi russi hanno forse servito agli inglesi una polpetta avvelenata? Poi di concerto gli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno detto che stavano iniziando ad evacuare il personale dalle loro ambasciate a Kiev.
Quest'ultima dichiarazione sembra essere stata un passo troppo lungo. È riuscita anzi ad irritare le autorità di Kiev che hanno invitato gli ucraini a mantenere la calma e poi sono andate oltre, affermando chiaramente che non c'erano prove del fatto che i russi avessero in programma un'invasione e contraddicendo Biden e Blinken. Anche gli europei hanno gettato acqua fredda sull'allarmismo anglosassone dicendo che avevano preso visione degli stessi rapporti di intelligence di Londra e di Washington e che non percepivano alcuna minaccia immediata per l'Ucraina. Il personale d'ambasciata dei rispettivi paesi ha sottolineato che sarebbe rimasto al suo posto.
Intensificare la guerra a mezzo stampa in questo fine settimana non solo non è servito a conferire robustezza all'ostentazione di unità in Europa in occasione del vertice dei ministri degli esteri dell'UE di lunedì, a cui Blinken ha partecipato e che Biden ha coronato con una videochiamata ai leader europei in cui ha sottolineato il desiderio condiviso da tutti di arrivare a una soluzione diplomatica per l'Ucraina.
L'incontro di Bruxelles ha anzi messo in mostra le divergenze occidentali. Il Presidente Macron ha proposto un nuovo riavvicinamento dell'UE a Mosca; Olaf Stolz ha definito il quadro di un suo "nuovo inizio tedesco" con Putin, e Mario Draghi era in partenza per Mosca, dove avrebbe incontrato anche Putin.
Altro che unità. Tutti stavano cercando di rilanciare le relazioni europee con la Russia.
Alla fine Macron (come presidente dell'UE) ha cercato di imporre una propria soluzione alla crisi ucraina in una riunione stile Normandia, volta a fare progressi (con la sospensione di alcuni progetti di legge a Kiev) per arrivare a spingere Kiev ad accettare un'autonomia negoziata e concordata per il Donbass. Un'iniziativa senza dubbio concordata in anticipo con Putin. L'aspetto più rilevante dell'iniziativa di Macron, tuttavia, è che in questa Minsk gli ameriKKKani non sono invitati.
Se l'incontro di Bruxelles ha rivelato qualcosa di sostanziale, è stata piuttosto l'estrema debolezza finanziaria ucraina. Lo stato è sull'orlo del fallimento, la sua capacità di ottenere prestiti sui mercati finanziari senza accordare interessi astronomici pare sia inesistente. L'UE ha accettato di concedere all'Ucraina un prestito di emergenza di 1,2 miliardi di euro. Sembra inoltre che le riserve di gas ucraine siano scese a zero a novembre. Kiev non ha soldi per comprare altro gas, e l'UE ha aiutato Kiev a tenere le luci accese invertendo il flusso del gas dell'UE sul gasdotto Yamal verso l'Ucraina. Questa iniziativa dell'UE, naturalmente, attinge alle riserve strategiche di gas della stessa UE, che stanno calando.
Le questioni energetiche sono chiaramente in cima all'agenda dei leader dell'Unione Europea, in questo momento. I prezzi dell'energia sono già saliti alle stelle, e qualsiasi interruzione delle forniture di gas naturale russo all'Europa (che normalmente rappresentano il 40% delle importazioni totali) non farebbe che alimentare un'inflazione che in Europa sta già salendo. A Washington si parla di creare fonti di approvvigionamento alternative deviando gas naturale liquefatto dal Qatar o dai fornitori asiatici, se la crisi ucraina dovesse portare a un taglio delle forniture per l'Unione Europea. Gli esperti di energia sostengono che il dirottamento delle forniture asiatiche contribuirebbe probabilmente a una guerra di offerte sul gas che farebbe salire ulteriormente i costi dell'energia in Europa.
Dunque, siamo a questo punto: sette settimane dopo il "severo avvertimento a Putin" di Biden del 7 dicembre gli USA non hanno sottomano nessuna buona opzione. In compenso l'opinione pubblica statunitense si è accesa e ora invoca una risposta "dura" a piani di invasione che a quanto sembra sono una chimera. Non c'è stata alcuna invasione dell'Ucraina, e Mosca dimostra poco entusiasmo verso questa iniziativa. Sembra che l'intento di Mosca sia quello di lasciare che per ora l'Ucraina cuocia nel suo brodo. E lasciare che gli occidentali menino il can per l'aia con la loro guerra mediatica. Naturalmente, eventi imprevisti possono facilmente irritare temperamenti tanto sanguigni.
Abbiamo superato il massimo della frenesia? Molto probabile, ma la situazione sarà lenta a sbollire. Per altri momenti difficli essa rappresenta un diversivo troppo valido.
Nota a margine: Putin ha sostenuto che la NATO si sta allargando troppo. Un concetto che ha fatto in una certa misura presa tra i leader dell'Europa occidentale anche se non a Washington, che ha riferito di aver trasmesso una risposta scritta in cui rifiuta le richieste della Russia. Nello specifico, gli Stati Uniti hanno raggiunto il consenso nella NATO nel respingere le richieste chiave della Russia rispetto ai suoi interessi in materia di sicurezza. Questa risposta della NATO, tuttavia, non rappresenta affatto una soluzione sul piano delle relazioni della NATO con la Russia.
Per Biden, la vicenda sembra poter finire con un'altra débacle:
Oh, the grand old Duke of York
He had ten thousand men;
He marched them up to the top of the hill,
And he marched them down again.
And when they were up, they were up,
And when they were down, they were down.
And when they were only half-way up
They were neither up nor down.
[Oh, il gran vecchio duca di York. Aveva diecimila uomini; li ha fatti marciare fino alla cima della collina, e li ha fatti marciare di nuovo giù. Quando erano su, erano su, e quando erano giù, erano giù. E quando erano solo a metà, non erano né su né giù.]
L'accoppiata Biden-Blinken rischia di figurare debole.
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