Traduzione da Strategic Culture, 1 settembre 2018.
La metamorfosi è ormai compiuta. Il Presidente Trump alla fine ha dissipato completamente il posticcio usato per la campagna del 2016 in cui immaginava vagamente un accordo generale in politica estera che potesse fare da fondamento a "LA PACE NEL MONDO, niente di meno," come scrisse su Twitter al momento del varo delle sanzioni contro l'Iran. Il 6 agosto scrivevamo, citando il professor Russell-Mead, che la "metamorfosi dell'otto maggio" di Trump, ovvero l'uscita degli USA dagli accordi sul nucleare iraniano, rappresentavano un deciso cambio di direzione. Un cambiamento che è il riflesso della "istintiva comprensione [da parte di Trump] del fatto che la maggior parte degli ameriKKKani sono tutt'altro che ansiosi di arrivare ad un mondo post ameriKKKano". I sostenitori del signor Trump non vogliono lunghe guerre, "ma non possono neppure essere persuasi ad accettare stoicamente il declino del paese".
Tutto è cominciato esattamente con la "metamorfosi dell'otto maggio" di Trump, ovvero con il momento in cui il Presidente degli Stati Uniti ha una volta per tutte fatta propria la linea politica dello stato sionista con l'uscita dagli accordi sul nucleare, il varo delle sanzioni e l'assedio dell'economia iraniana, oltre che appoggiare la vecchia e mai concretizzatasi idea di una "NATO araba" sunnita, guidata da Riyadh e destinata a confrontarsi con l'Iran sciita.
In pratica quell'arte dell'accordo cara alla geostrategia di Trump altro non è diventata che una ricerca di radicali metodi di pressione economica in cui il dollaro forte e i dazi sono usati come armi e che cerca sempre il modo di costringere la controparte alla resa. Tutto questo non si può certo chiamare negoziazione: sembra piuttosto una prassi ricavata da Il Padrino.
Quando Trump ha fatto propria senza riserve la linea politica dello stato sionista (o meglio, quella di Netanyahu) si è dovuto prendere tutto il pacco. Il documento preparato nel 1996 per Benjaminh Netanyahu da un gruppo di studi capeggiato da Richard Perle e intitolato Clean Break faceva un tutt'uno degli schieramenti neoconservatori statunitensi e sionisti. Schieramenti che sono a tutt'oggi ancora uniti a livello ombelicale. La "squadra di Trump" oggi come oggi è infarcita di neoconservatori che odiano l'Iran senza alcuna riserva. E Sheldon Adelson, un importante finanziatore politico di Trump, un sostenitore di Netanyahu e principale istigatore del trasferimento a Gerusalemme dell'ambasciata statunitense è dunque riuscito a collocare il proprio alleato John Bolton -un neoconservatore irriducibile- al posto di primo consigliere per la politica estera di Donald Trump.
Di fatto l'arte dell'accordo è stata trasformata dai neoconservatori in uno strumento per ampliare il potere ameriKKKano, e oggi come oggi non esiste alcun "vantaggio economico reciproco" che si possa vedere o di cui si possa fare menzione.
Nel corso dell'ultima settimana la metamorfosi si è compiuta. Dopo l'incontro fra Trump e il Presidente Putin tenutosi a Helsinki sembrava che si fosse aperto uno spiraglio perché i due paesi potessero collaborare al ripristino della stabilità in Siria. Molti speravano che partendo dal contesto pur ristretto dei tentativi di coordinazione in Siria l'allentamento della tensione fra USA e Russia avrebbe finito per trovare terreno fertile.
Trump ha portato qualche novità costruttiva: gli insorti sono stati poco per volta allontanati dai dintorni di Daraa, nel sud della Siria, e la zona è tornata sotto il controllo dell'esercito siriano. Lo stato sionista non ha sollevato obiezioni alla presenza di truppe siriane ai propri confini. A questo punto però, ed era piuttosto ovvio, la collaborazione si è impantanata. Il perché non è chiaro, ma forse si è trattato del primo segnale di rottura nel potere a Washington. La "comprensione" mostrata a Helsinki deve essere in qualche modo venuta meno anche se la coordinazione fra militari sul campo è andata avanti.
Il 23 agosto Putin ha mandato il capo del Consiglio di Sicurezza Russo a colloquio con Bolton a Ginevra, per verificare se c'era ancora qualche possibilità per iniziative congiunte, e se del caso se esistesse agibilità politica per operazioni del genere. Solo che prima che l'incontro a due con l'inviato russo potesse svolgersi Bolton ha parlato da Gerusalemme (dove era stato mandato per quello che era in agenda come un brainstorming con Netanyaìhu su cosa fare per arginare l'Iran) e ha detto che gli USA avrebbero risposto "con molta decisione" se le forze leali al Presidente siriano Bashar al Assad avessero usato armi chimiche nell'offensiva per la riconquista della provincia di Idlib prevista per l'inizio di settembre. I servizi statunitensi, a suo dire, sarebbero stati in grado di provare l'intenzione di ricorrere ad armamenti del genere.
Il portavoce del Ministero della Difesa russo ha comunque detto il 25 agosto che "Militanti di Hay'at Tahrir al-Sham [addestrati da una nota società britannica] stanno preparandosi a realizzare un attacco con armi chimiche nel nord della Siria per usarlo come pretesto per un nuovo attacco missilistico da parte degli USA, del Regno Unito e della Francia contro strutture del governo di Damasco." Il funzionario russo ha detto di disporre di ampie informazioni di intelligence sul conto di questa provocazione.
Quello che è chiaro è che fin dall'inizio di agosto gli USA hanno iniziato il trasferimento di una task force comprendente la USS The Sullivans e la USS Ross verso una posizione da cui sarebbe in grado di colpire la Siria e di inviare mezzi aerei nella base che gli USA hanno in Qatar. Il Presidente francese Emmanuel Macron ha detto che anche la Francia era pronta a lanciare nuovi attacchi contro la Siria nel caso ci fosse stato un attacco con armi chimiche.
Il quotidiano turco Hurriyet scrive che le forze statunitensi stanno preparandosi a chiudere lo spazio aereo sulla Siria settentrionale. I trasporti statunitensi avrebbero portato alcuni sistemi radar a Kobané, controllata dalle milizie curde, e nella base statunitense di al Shaddadah, nella zona a sud di al Hasakah. Lo Hurriyet afferma che gli USA hanno intenzione di usare queste strutture per realizzare una zona a divieto di sorvolo sul territorio compreso fra Manbij ad Aleppo e Deir ez Zor. Di tutto questo non esistono comunque conferme.
La Russia, secondo ogni evidenza, prende sul serio le minacce statunitensi e ha dislocato venti navi nel Mediterraneo orientale a largo delle coste siriane. Anche l'Iran le ha prese sul serio. Il Ministro della Difesa iraniano ha compiuto il 26 agosto una rapida visita a Damasco per concordare una risposta congiunta di Russia, Siria e Iran a qualsiasi attacco statunitense contro la Siria.
Poi, dopo le affermazioni di Bolton sulle armi chimiche e lo schieramento delle navi missilistiche statunitensi vicino alla Siria, Petrushev e Bolton si sono finalmente incontrati. L'incontro è stato un disastro. Bolton ha insistito perché Petrushev ammettesse le intromissioni dei russi nelle elezioni ameriKKKane. Petrushev si è rifiutato. Trump ha detto che disponiamo di prove "segrete", ha detto Bolton. Petrushev ha rilanciato dicendo che se le cose stavano in quel modo, perché mai chiedevano un'ammissione ai russi. Bolton ha detto testualmente "Tanto le sanzioni ve le mettiamo lo stesso".
Non c'è da stupirsi se i due non si sono accordati per il ritiro iraniano dalla Siria, argomento invocato da Petrushev. Bolton non solo ha recisamente detto no, ma successivamente ha divulgato l'idea avanzata dai russi di discutere su un possibile ritiro irianiano inficiando l'iniziativa e precludendo la possibilità di usarla come punto d'appoggio per ulteriori sviluppi diplomatici. I due non si sono accordati neppure sull'usuale, moderato e vago comunicato finale che si è soliti redarre in occasioni del genere.
Il messaggio sembra chiaro: qualunque sintonia ci sia stata a Helsinki sulla questione siriana non esiste più. E sembra che gli USA si stiano preparando a lanciare un attacco in Siria. Per quale motivo? Cosa sta succedendo?
Un elemento ovvio è che fino a oggi non si è vista in tutto questo la mano di Trump. Sembra proprio che al momento attuale a Washington esista una spaccatura nel potere sulla politica da attuare in Medio Oriente. I neoconservatori stanno avendo il sopravvento: una cosa molto significativa perché il più solido pilastro su cui poggiavano le relazioni di Trump con il Presidente Putin era porprio la prospettiva di una collaborazione fra USA e Russia sulla questione siriana. Un qualche cosa che attualmente pare proprio lettera morta.
Lawrence Wilkerson, oggi docente ma ex capo dello staff del Segretario di Stato Colin Powell durante la vergognosa faccenda delle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein, dice tranquillamente che
...col ritorno dei neoconservatori... doveva succedere quello che sta succedendo oggi; Trump è sempre più preoccupato per le considerevoli e sempre più impegnative sfide alla sua persona e alla sua presidenza, e quello che sta verificandosi è il riaffaccarsi al governo di critici del genere, gli stessi che hanno dato all'AmeriKKKa l'invasione dell'Iraq nel 2003. Anche i molti fra loro che avevano detto"mai con Trump" -per dirla con l'espressione dell'estremista neoconservatore Eliot Cohen- stanno sbavando davanti alla prospettiva di poter portare avanti i propri progetti in politica estera e nel campo della sicurezza intanto che Trump viene in sostanza lasciato cuocere nel suo brodo di corruttela.
Nel governo già è presente un'avanguardia che deve sostenere, aiutare e ricollocare altra gente dello stesso tipo. John Bolton come consigliere della presidenza per la sicurezza nazionale ha sulle spalle tutti costoro, pur non essendo un neoconservatore duro e puro in senso stretto...
Al momento, il loro bersaglio primario e più immediato è proprio il lavoro lasciato a mezzo -e che sono stati loro stessi a cominciare- con la Sira e con l'Iran, che sono le due minacce potenziali più serie per lo stato sionista. Se i neoconservatori dovessero farcela, e sono tanto astuti da potercela fare, questo significherebbe una ripresa delle ostilità in Siria e una nuova guerra con l'Iran, così come l'aumento del sostegno per l'Arabia Saudita, lo stato che è il maggior garante del terrorismo che esista al mondo.
Bolton, Pompeo e i neoconservatori hanno messo abbondantemente in chiaro che quantomeno non hanno abbandonato l'obiettivo di rovesciare il governo siriano e che restano concentrati sull'idea di assestare una batosta strategica all'Iran. Bolton ha detto che le sanzioni da sole, senza un intervento contro l'Iran a livello strategico, non sarebbero sufficienti a imporre a quel paese di cambiare il proprio "malevolo comportamento".
Se Mattis e Votel siano pienamente d'accordo con Bolton circa i provvedimenti "molto forti" da prendere contro la Siria in caso di un suo preteso utilizzo di armi chimiche non è chiaro. Mattis è riuscito a ridurre la portata dell'ultimo attacco missilistico sferrato contro la Siria da Trump, e ad accordarsi con Mosca perché alla raffica di Tomahawk lanciati da Trump non ci fosse nessuna risposta. Ma succederà ancora una volta lo stesso se gli USA affermeranno senza prove (e senza prove anche a posteriori) che il governo siriano ha utilizzato armamenti chimici?
E lo stato sionista si unirà a qualsivoglia aggressione, adducendo a pretesto il suo autodichiarato suo diritto di attaccare le forze iraniane ovunque si trovino in Siria? Data la novità strategica della visita del Ministro della Difesa iraniano a Damasco del 26 agosto diretta a definire una iniziativa comune per contrastare attacchi del genere in Siria, Netanyahu si fiderà a scommettere sulla condiscendenza dei russi nel caso l'aviazione sionista entrasse con propositi ostili nello spazio aereo siriano?
Chi si muoverà per primo? Sarà Netanyahu? O magari Trump si distrarrà dai problemi sul fronte interno quanto basta per accorgersi di quello che sta succedendo e per dire no?
Qualunque cosa succeda, Putin e Xi possono anche leggere tra le righe di tutta la faccenda che i più alti funzionari del Presidente Trump continuano a dedicarsi, apertamente o con l'aiuto di provocazioni, alla difesa dell'ordine mondiale ameriKKKano. Questi funzionari sono accomunati dal disprezzo per l'arroccamento e per la ritirata dell'amministrazione Obama. Essi vogliono fermare, e magari troncare l'ascesa degli avversari dell'AmeriKKKa e al tempo stesso ripristinare le sue condizioni di un tempo, quelle che erano i pilastri della potenza statunitense: le forze armate e il predominio finanziario, tecnologico ed energetico.
La Russia sta cercando di disinnescare una situazione critica condividendo con Washington i dati raccolti dai suoi servizi, secondo cui Tahrir al Sham, precedemente nota come an Nusra, stava organizzando un attacco chimico che sarebbe stato presentato a torto come l'ennesima "atrocità del regime siriano". Otto contenitori di cloro sono stati portati in un paesino vicino a Jisr al Shugur, e sul posto è arrivato anche un gruppo di militanti appositamente addestrato da una società britannica, pronto a inscenare un'operazione di soccorso in cui si salvano "vittime" civili. Secondo i funzionari russi, i militanti pensavano di usare ostaggi bambini nella messa in scena.
Ma a Washington staranno a sentire? Dal momento in cui il "regime" siriano e iraniano sono giudicati moralmente colpevoli a dispetto di ogni prova, dal momento che l'AmeriKKKa rivendica un Destino Manifesto che implica una superiorità morale, essi non sono più avversari temporanei e relativi, ma il nemico assoluto. Quando c'è chi si arroga il destino del genere umano e cerca "LA PACE NEL MONDO, niente di meno," non si può combattere una guerra altro che in nome del Bene assoluto. Quella in atto non è un attacco contro un avversario, ma la punizione e l'uccisione di un colpevole.
A fronte della radicale svalutazione morale dell'altro operata dai media occidentali e della loro virtuale attestazione della coscienza pulita dell'Occidente, la razionale presentazione dei fatti operata dai russi ha qualche speranza di contare qualche cosa? A pesare potrebbe essere solo la minaccia dei russi di far ricorso all'arsenale missilistico che stanno concentrando nel Mediterraneo orientale. Ma poi?
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