Allora: su internet c'è un coso che si fa chiamare Change.org e che dice di servire a provocare cambiamenti.
Change.org è la copia carbone di Avaaz, col quale ci siamo divertiti anni fa proponendo una petizione che chiedeva l'abolizione della luce rossa dei semafori... in modo da "favorire gli investimenti in campo stradale".
Ad un primo e rapido esame il funzionamento pare identico, e pare identica anche l'utenza. Stessi toni perentori, stessi numeri pazzeschi, stesse istanze tra il piccinesco e lo strampalato, stessa interattività con la sentina di mediocri chiamata Libro dei Ceffi. Rispetto a quelli di Avaaz gli ideatori di questo aggregatore di perditempo non si sono disturbati nemmeno ad assoldare qualche ragazza poco vestita o qualche pensionato mascherato da coniglio gigante che facciano da pendant non virtuale alla loro iniziativa.
Tutta fatica risparmiata.
Ad uno strumento tanto autorevole ed efficace è ricorso quel "Gruppo di Firenze" che abbiamo già deriso in un'altra occasione. Il Gruppo di Firenze aiuta i gazzettieri più annoiati fornendo loro materiali
utilizzabili per invocare quei giridivite tolleranzazzèro con cui il giornalame denuncia ai sudditi quel persistere di insihurezzeddegràdo
tanto utile a mantenere un clima sociale da cui la marmaglia
"occidentalista" possa trarre suffragi e soprattutto utili. Ovviamente non si presenta in modo tanto scoperto, e
preferisce asserire di adoperarsi "per una scuola del merito e della
responsabilità".
L'altra volta il Gruppo di Firenze statuiva che chi ha avuto esperienze da combattente irregolare non ha diritto di occuparsi di letteratura medievale. In questo caso, con inventio, dispositio ed elocutio praticamente identiche, decide che chi ha occupato una scuola quando aveva sedici anni non può rivestire cariche nello stato che occupa la penisola italiana.
Gli abbiamo fatto il verso. Vediamo quanto ci metteranno, stavolta, a comparire tra i firmatari autorevoli giurisperiti come Ruhullah Musavi Khomeini o educatori di chiaro prestigio come Johann Heinrich Pestalozzi.
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