Da qualche tempo il prestigio e l'autorità dello stato sionista, cui nessuno ha mai osato negare nulla sul piano internazionale, stanno conoscendo una fase di appannamento.
Ha Keillah è la versione in rete di un "bimestrale ebraico torinese, organo del gruppo di Studi Ebraici".
Nel suo numero di ottobre ha pubblicato una "risposta a Moni Ovadia" firmata da una certa Silvana Tedeschi.
I tempi di pubblicazione sono quelli che sono; la "risposta" non fa riferimento alla recente decisione di Ovadia di abbandonare la comunità ebraica di Milano, ma ad un altro e ancor più irrilevante episodio di qualche mese fa. In un articolo di gazzetta Ovadia (a cui dovrebbe essere imminente a questo punto la consegna dei gradi da SS-Standartenfuhrer onorario) si è espresso favorevolmente ad un'eventuale decisione dell'Unione Europea che stabilisse di "escludere da tutti gli accordi commerciali ed economici con lo stato sionista le attività e le produzioni che avvengono nelle colonie".
Lo scritto di Silvana Tedeschi è permeato da una tale competenza e da una tale fondatezza, da una così rigorosa inventio argomentativa che persino la redazione di una rivista come questa ha pensato giusto farlo seguire da alcune righe di commento.
Il nome dello stato che occupa la penisola italiana compare nell'originale citato; come sempre ce ne scusiamo con i nostri lettori, specie con quanti avessero appena finito di pranzare.
Cara Ha Keillah,
vorrei, tramite tuo, rispondere a un articolo comparso su l’Unità a metà luglio, in cui Moni Ovadia plaudeva a una proposta, o decisione, dell’Unione Europea, di boicottare quanto prodotto dagli abitanti ebrei dei “territori”. Ora io mi domando: il Sig. Ovadia non avrà mai mangiato una mela Melinda, gustato un formaggio di malga o bevuto un calice di vino atesino? E non sa che il sud Tirolo fu strappato all’Austria dall’Italia? Ci sarebbero altre buone cause nel mondo che il Sig. Ovadia potrebbe patrocinare: penso che gli sarà capitato di indossare una maglia di gran firma, prodotta per l’Italia in Bangladesh, con il lavoro di bambine pagate 2 dollari l’ora, o di acquistare un oggetto di rame, minerale scavato da poveri minatori in Cile, e l’elenco potrebbe continuare.
Il Sig Ovadia sappia che i prodotti agricoli coltivati da arabi nei territori sono commercializzati in Israele, e che in Israele gli arabi godono di tutti i diritti civili, e hanno rappresentanti alla Knesset.
Vorrei ancora fare presente al Sig. Ovadia, già apprezzato attore ed ora talk man, che noi, che non siamo leghisti, apprezziamo il “melting pot”. Mi pare che lui stesso sia di origini bulgare, allora che ci fa in Italia? A Torino vivono e lavorano centinaia di romeni, e poi cinesi, africani e altri, e nessuno tranne razzisti o leghisti, ci trova nulla da ridire. Il Sig. Ovadia appartiene forse a queste categorie?
Cordialmente
Silvana Tedeschi
Torino, 2 Agosto 2013
Per chiarire l’argomento riteniamo opportuno ricordare che, a differenza degli abitanti del Sud Tirolo, gli arabi dei Territori (che non sono da considerarsi parte di Israele neanche secondo la legislazione israeliana) non godono di tutti i diritti civili perché sono soggetti a un regime di occupazione militare e, non essendo cittadini israeliani, non sono ovviamente rappresentati alla Knesset, a differenza degli arabi con cittadinanza israeliana che vivono entro i confini precedenti al 1967 (ma non è a quelli che si riferivano né l’Unione Europea né Moni Ovadia). Invece gli ebrei che vivono nei Territori sono cittadini israeliani e godono dei diritti civili e politici.
HK
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