mercoledì 15 maggio 2019

Alastair Crooke - Iran: si prepara il campo alle operazioni militari



Traduzione da Strategic Culture, 13 maggio 2019.


Lo storico del Medio Oriente angloameriKKKano Bernard Lewis ha avuto un'enorme influenza in AmeriKKKa. All'ombra delle sue idee politiche si sono messi presidenti, responsabili della linea politica e think tank; un fenomeno che dura a tutt'oggi. Nonostante sia morto lo scorso anno, le sue minacciose concezioni ancora plasmano il pensiero ameriKKKano sull'Iran. Mike Pompeo ad esempio ha scritto: "L'ho incontrato solo una volta, ma ho letto molto di quello che ha scritto. Molto di quello che so sul Medio Oriente lo devo al suo lavoro... Era anche un uomo che credeva, come credo io, che gli ameriKKKani devono riporre più fiducia nella grandezza del nostro paese, non meno".
Quello che è diventato noto come "piano Bernard Lewis" contemplava il mandare in pezzi tutti gli stati della regione compresa fra il Medio Oriente e l'India secondo linee etniche, confessionali e linguistiche. Una balcanizzazione radicale dell'intera regione. Un ex ufficiale dell'esercito statunitense, Ralph Peters, si è spinto fino a realizzare una mappa di come sarebbe questo Medio Oriente balcanizzato. Anche Ben Gurion nutriva simili ambizioni strategiche nell'interesse dello stato sionista.
L'influenza di Lewis è arrivata ai vertici: il Presidente Bush è stato visto portare degli scritti di Lewis a una riunione nell'Ufficio Ovale poco dopo l'Undici Settembre, e appena otto giorni dopo l'attacco al World Trade Center e al Pentagono Lewis partecipava a una riunione del comitato per le politiche di difesa di Richard Perle, seduto accanto al suo amico Ahmed Chalabi, leader del Congresso Nazionale Iracheno. A quella riunione fondamentale di un organismo molto influente sul Segretario alla Difesa Donald Rumsfeld, i due invocarono l'invasione dell'Iraq.
Lewis seminò anche il concetto più ampio di un mondo musulmano retrogrado e intriso di odio contro un Occidente modernizzatore e virtuoso. Fu lui e non Samuel Huntington a coniare l'espressione "scontro di civiltà", che implica inoltre l'idea che l'Islam e l'Occidente siano impegnati in una battaglia all'ultimo sangue per la sopravvivenza.
L'ottica evangelica di coloro che dettano oggi la linea politica come Pompeo e Mike Pence ha trasformato questo pessimo presagio da "scontro" di civiltà a battaglia metafisica del Bene contro il Male, con l'Iran additato in modo particolare come la fonte del Male metafisico nel mondo di oggi.
Il punto essenziale è questo: Lewis ha sempre fantasticato di rovesciare il governo iraniano, che a suo dire rappresenta la minaccia primigenia. Henry Kissinger gli chiese una volta: "Dovremmo trattare con gli ayatollah iraniani?" "Ovviamente no," rispose immediatamente Lewis senza mezzi termini. L'atteggiamento complessivo che l'AmeriKKKa dovrebbe assumere in Medio Oriente fu presentato in nuce a Dick Cheney: "Io penso che una delle cose che dovete fare con gli arabi sia tirargli una bella bastonata in mezzo agli occhi. Loro il potere lo rispettano". Questo consiglio da orientalista ovviamente valeva ancora di più per quanto riguardava l'Iran e i suoi "Ayatollah", visto che Lewis si diceva convinto che "Dovremmo se mai chiederci: perché non ci temono né ci rispettano?"
Insomma adesso, ispirati dal loro eroe intellettuale che è Lewis, Pompeo e John Bolton -a suo tempo collega di Richard Perle al comitato per le politiche di difesa- paiono ansiosi di provare i sistemi di Lewis e di assestare agli iraniani una bella bastonata in mezzo agli occhi usando il randello delle sanzioni.
Cose già viste. Non è che negli USA, per dire, i libri di Lewis li abbiano solo sfogliati; sono serviti da guida per decenni. Già negli anni Sessanta del secolo scorso Lewis aveva pubblicato un libro in cui presentava le potenziali vulnerabilità, e dunque il potenziale utilizzo, delle diversità religiose, etniche e di classe come punti d'appoggio per distruggere gli stati del Medio Oriente.
Scrivendo nel 2008, Seymour Hersh riportava:
Alla fine dello scorso anno [2007] il Congresso ha approvato la richiesta del Presidente Bush di finanziare un rimarchevole aumento di intensità e portata delle operazioni sotto copertura dirette contro l'Iran, secondo fonti militari, dei servizi e del Congresso sia presenti che di allora. Queste operazioni, per le quali il Presidente chiedeva fino a quattrocento milioni di dollari, vennero descritte in una nota presidenziale firmata da Bush e devono servire a destabilizzare la leadership religiosa del paese. Le attività sotto copertura comprendono l'appoggio alle minoranze ahwazi, arabe e baluche e ad altri gruppi dissidenti...
Le operazioni clandestine contro l'Iran non sono una novità. Le forze speciali degli USA hanno portato a termine operazioni oltrefrontiera dall'Iraq meridionale... a partire dallo scorso anno. Ma la scala e la portata delle operazioni in Iran, che coinvolgono la CIA e il comando congiunto per le operazioni speciali (JSOC) si sono ora notevolmente estese, secondo funzionari in servizio e non. Molte di queste attività non sono descritte nel dettaglio in questa nuova nota, e alcuni capicorrente del Congresso hanno nutrito seri interrogativi circa la loro natura.
Operazioni del genere sono ulteriormente aumentate; l'attuale capo della CIA Gina Haspel ha confermato che sta riorientando le risorse dell'agenzia affinché si concentrino sulla Russia e sull'Iran. E gli USA hanno curato l'installazione di basi militari in punti che confinano con le zone abitate dalle minoranze etniche iraniane.
La posta in gioco quale potrebbe essere? Si tratta di campagna per le elezioni statunitensi, roba ad uso interno? È un'iniziativa per arginare e per indebolire l'Iran? Serve a costringere l'Iran a negoziare un miglior accordo sul nucleare? O è l'innesco di un'iniziativa per rovesciarne il governo?
Sembra che le cose stiano così: Pompeo si è rifiutato di rinnovare due fondamentali capitolati di esenzione, oltre ai vari capitolati che riguardano il petrolio. Due rifiuti che sembrano costituire la "pistola fumante" che denuncia le vere intenzioni di Pompeo e di Bolton. Uno riguarda l'esportazione di uranio a basso arricchimento da parte dell'Iran, l'altro l'esportazione di acqua pesante dal reattore di Arak.
Il fatto è che gli accordi sul nucleare non consentono all'Iran di accumulare questi due materiali oltre un massimo di trecento chili e di trecento litri rispettivamente; gli accordi obbligano l'Iran a esportare ogni potenziale eccesso che potrebbe superare questi limiti. L'uranio finisce in Russia in cambio di yellowkake grezzo, l'acqua pesante viene immagazzinata in Oman.
Che sia chiaro: l'Iran non trae alcun vantaggio in campo nucleare da queste esportazioni, che servono soltanto gli interessi dei firmatari degli accordi. Esistono disposizioni d'ordine, negli accordi, che sono utili solo per chi difende la non proliferazione dei materiali nucleari. L'esportazione è prevista dagli accordi ed è un'incombenza che spetta all'Iran.
Le esportazioni indicano esattamente che gli accordi sul nucleare stanno funzionando; perché allora Pompeo rifiuterebbe di rinnovare i capitolati di esenzione che riguardano un passaggio tanto essenziale per la non proliferazione? Di per sé non sono cosa significativa sul piano economico.
L'unica è che Pompeo e Bolton stiano cercando di inchiodare l'Iran a qualche infrazione degli accordi sul nucleare. Pompeo e Bolton stanno deliberatamente cercando di mettere l'Iran in condizione di non poter ottemperare ad essi, costringendolo di fatto a mettersi in condizioni di proliferazione nucleare. Se i materiali oggetto degli accordi non possono essere esportati, l'Iran sarà costretto ad accumularli in violazione degli accordi. A meno che la procedura di infrazione davanti al Consiglio di Sicurezza contemplata dagli accordi non stabilisca altrimenti.
Comunque, spingere l'Iran a una formale infrazione apre a Bolton molte possibilità per ulteriori provocazioni, forse fino a spingerlo a dare agli USA il casus belli per bombardare gli impianti di arricchimento. Chissà.
Cosa c'entrano con tutto questo le minoranze etniche in Iran? La maggioranza della popolazione in Iran è persiana, in percentuali stimate fra il 51 e il 65 per cento. I gruppi etnolinguistici più numerosi sono poi gli azeri (16-25%), i curdi (7-10%), i luri (7%), i mazandarani e i gilachi (7%) gli arabi (2-3%) i baluci (2%) e i turkmeni (2%). QUesti gruppi sono la materia grezza che gli USA sperano di trasformare in secessionisti armati e in insorti antiiraniani con i programmi di addestramento ed assistenza della CIA. Quando l'iniziativa entrò nel dibattito, nel 2007, fu accolta da ampio disaccordo anche in seno all'amministrazione (compresi il segretario Gates e il generale Fallon, che respinsero entrambi la validità di questo modo di pensare). Come notò Seymour Hersh,
Una strategia che punti a usare le minoranze etniche per indebolire l'Iran non può funzionare, afferma Vali Nasr, che insegna politica internazionale alla Tuft University ed è anche un componente esperto del Council on Foreign Relations. "Il fatto che il Libano, l'Iraq e il Pakistan abbiano problemi etnici non significa che l'Iran ne sia afflitto anch'esso," ha detto. "L'Iran è un paese antico, come la Francia e la Germania, e i suoi cittadini sono nazionalisti nella stessa misura.
"Gli USA stanno sopravvalutando le tensioni etniche in Iran." I gruppi di minoranza che gli USA stanno contattando sono ben integrati o sono realtà piccole e marginali, senza molta influenza sul governo o molta capacità di rappresentare un problema sul piano politico, ha detto Nasr.
"[Certo,] si può sempre trovare qualche gruppo di attivisti che va ad ammazzare un poliziotto, ma puntare sulle minoranze sarà un boomerang che alienerà la maggioranza della popolazione".
Come ha mostrato il professor Salehi-Isfahani della Brookings, gli elementi più deboli della società iraniana sono stati in qualche modo tutelati rispetto al duro impatto che le sanzioni hanno avuto sull'economia; sono stati tutelati meglio della classe media. Quindi se ne potrebbe concludere a ragione che l'Iran può affrontare l'assedio economico.
Sì, ma... cose già viste anche sotto un altro importante aspetto.
L'Iraq e "curveball" (nome in codice che indicava l'agente iracheno dei servizi tedeschi che fornì prove false sulle armi di distruzione di massa irachene); gli esiliati iracheni che giurarono agli ameriKKKani che a Baghdad sarebbero stati accolti come dei liberatori e che il loro cammino sarebbe stato tutto rose e fiori; e il "Team B" (l'unità di spionaggio alternativo messa in piedi dall'allora vicepresidente Cheney perché fornisse relazioni addomesticate secondo la sua visione del mondo, da contrapporre a quelle della CIA). Il risultato della nulla consapevolezza ameriKKKana della realtà irachena è stato, ovviamente, quello di un disastro.
Ed eccoci daccapo, con la storia che sembra ripetersi: l'ex "Team B" adesso non è più qualcosa di organico al Ministero della Difesa, ma è una specie di rete di ex funzionari dei servizi che agiscono insieme a qualche esiliato iraniano incarognito dragando i Mujaheddin E' Kalq e la invelenita comunità degli esiliati e passando direttamente quello che trovano a un think tank che si chiama Foundation for the Defense of Democracies e alla Casa Bianca. Insomma i soliti Chalabi e tutte le storie combinate per l'Iraq, ancora una volta.
Di nuovo la vecchia storia dei servizi: si comincia con radicati pregiudizi orientalisti e con opinioni preconfezionate circa la natura dell'Altro, ci si convince che nessun uomo o nessuna donna "moderni" sosterrebbe gli "ayatollah" e poi, ma guarda un po', si finisce con lo scoprire quello che si cercava: che l'Iran è sull'orlo di un "imminente crollo", che le minoranze sono pronte a insorgere contro la soverchiante élite persiana, e che l'intervento ameriKKKano per abbattere l'odiato regime sarebbe accolto a rose e fiori.
Una sciocchezza, ovvio. Ma la capacità di autoilludersi è di per sé sufficiente per cominciare una guerra.

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