A Firenze, Lorenzo Bargellini è uno di quei signori nessuno in feldgrau che difficilmente incrociano le vite e le strade di amministratori e governanti preoccupati innanzitutto della sorte di qualche mangioteca filogovernativa.
Lui e i suoi sono al limite gente da marginalizzare in silenzio a colpi di regolamenti e decreti, da rendergli la vita impossibile per ogni inezia, così imparano a mettersi di traverso lui e il suo Movimento di Lotta per la Casa alle magnifiche sorti e progressive della politica più o meno locale. Specialmente adesso che tutti i suoi esponenti l'hanno fatta finita una volta per tutte anche con il ricordo degli attacchinaggi nelle notti piovose, dei volantinaggi e delle scritte sui muri, e condividono fino all'ultimo iota i "valori" e gli obiettivi dei sedicenti avversari, primo tra tutti la distruzione consapevole e a fine di lucro di qualunque cosa ricordi anche da lontano il concetto stesso di vita associata.
Miguel Martinez di Kelebeklerblog riporta un episodio di tutti i giorni nel quartiere di San Frediano[1]. Un episodio in cui Lorenzo Bargellini incrocia le vite e le strade di inquilini e padroni di casa, gendarmi e televisori ad un'ora del mattino in cui la incentivata utenza gentry delle stesse vie sta cacciando di casa il drudo occasionale e decidendo da quale mescita cominciare il giro.
Babbo Natale a Firenze (23 gennaio 2016)
L’altro giorno, mi dicono che stanno per dare lo sfratto esecutivo a Renzino.
Così alle otto di mattina, con un freddo che pizzica le orecchie, ci troviamo in una decina davanti alla sua casa, nell’ultima stradina di tutte di San Frediano, dopo il tabernacolo del Maestro di Signa. Che si racconta che tanti anni fa, quando di qua passavano le greggi, le pecore sparivano misteriosamente dentro le strette casette buie, una pecora a destra e una a sinistra.
Sulla porta di casa, c’è il Renzino, baffetti bianchi, settantotto anni portati con dignità da vecchio artigiano, che ci saluta; e c’è pure Giulio, che avrà più o meno la stessa età e che lo sfratto ce l’ha tra tre mesi.
Renzino spiega
“Io ho una pensione di 600 euro al mese, l’affitto costa 750 euro, che devo fare? Al Comune mi hanno detto che potevano trovarmi posto all’Albergo Popolare…[2]”
"Dove la notte ti rubano tutto e dalle nove di mattina alle sette di sera ti buttano fuori per strada…”
“Sì, poi mi hanno parlato di una cosa della Chiesa, che forse hanno una branda, devo andarci a parlare”.
In quel momento, arrivano insieme il padrone di casa, il suo avvocato, un poliziotto in borghese e l’ufficiale giudiziario, che riconosco subito.
E’ una ragazza dall’aria simpatica, sempre un po’ imbarazzata e che immagino, se non avesse il mutuo da pagare, preferirebbe fare qualunque altro mestiere.
Il padrone di casa comincia a inveire.
“Ho settantott’anni anch’io, ho solo la pensione e questa casa, e questo qui non paga l’affitto da sei anni! Ho un bypass e tre operazioni! Qui dentro se non ci credete ho tutti i documenti medici, sono malato! E questo figlio di puttana se ne deve andare da casa mia! Ho i miei diritti!”
E si gira verso il poliziotto: “ci voleva una carica de’ harabinieri, e invece c’è solo lei! E’ uno schifo!”
Gli dico, “capisco, ma l’inquilino dove dovrebbe andare?”
“Che c… ne so, sono c… suoi! A lui gli fa comodo, che non paga! L’appartamento è mio!”
Provo a dire, che se i due settantottenni fossero andati insieme a chiedere una sistemazione in Comune, forse avrebbero ottenuto di più, e il proprietario certamente non avrebbe dovuto pagare un avvocato; e si sarebbe risparmiato il mezzo infarto che si sta costruendo tutto da solo.
Ma il tipo non ha una gran voglia di ascoltare. Riconosco subito il personaggio, i cui cloni occupano milioni di case buie di anziani arrabbiati in tutta Italia, dove l’unico lusso è il televisore sempre acceso. Anche quando si è ricchi.
“Pezzo di m…!” grida il settantottenne proprietario e comincia a prendere a pugni il settantottenne inquilino.
L’avvocato trascina via a forza il proprio cliente.
In quel momento, arriva Lorenzo Bargellini, che se siete di Firenze lo avrete sentito nominare nelle favole.
Lorenzo Bargellini per tanti è la prova che Babbo Natale esiste: avete presente, la famiglia sotto la neve, senza un tetto, la notte, la mamma che stringe al petto il bambino che tossisce, poi passa uno sconosciuto dall’aspetto improbabile (in questo caso con i capelli lunghi e senza barba) e le regala una casa senza chiedere assolutamente nulla in cambio?
Il mestiere (non retribuito) di Lorenzo Bargellini consiste nel far incontrare domande e offerta: le migliaia e migliaia di case che a Firenze marciscono senza inquilini, e le migliaia e migliaia di persone che nella Disneyland del Rinascimento non hanno un tetto.
Secondo i suoi ammiratori, questa sua attività gli avrebbe fruttato finora 400 denunce.
Siamo a Firenze, e quindi è giusto dire che Lorenzo è il nipote di Piero, famoso sindaco democristiano di Firenze ai tempi dell’alluvione, che raccoglieva storie nei vicoli di San Frediano e raddrizzava ingiustizie.
Il poliziotto, che evidentemente è una persona intelligente, lo chiama: “Lorenzo, vieni qui un momento!”
I due si allontanano insieme, parlottano, poi il poliziotto parla con l’avvocato, l’avvocato parla con l’ufficiale giudiziario, che con evidente sollievo comunica che lo sfratto è rimandato al 10 febbraio.
Anche se tutti sappiamo che entro il 10 febbraio, nessuno sarà in grado di risolvere i guai dei due settantottenni.
[1] Nel testo citato ricorre il nome dello stato che occupa la penisola italiana. Ce ne scusiamo come sempre con i nostri lettori, specie con quanti avessero appena finito di pranzare.
[2] “L’Albergo Popolare è quello che altrove si chiama “Ospizio de’ Poveri Vergognosi” o “de’ Poveri Vecchi” e fin dalla denominazione ricorda un contesto che sta fra Dickens e De Amicis.”
E’ un luogo dove ti fanno stare in brande in una stanzetta condivisa per due o tre settimane (non mi ricordo i tempi esatti) che possono o no venire rinnovati: ho un amico – un brillante artigiano napoletano caduto in disgrazia per una storia di debiti – che quando scadevano le tre settimane, andava poi a dormire sui treni in sosta alla stazione, sfuggendo sia ai poliziotti che ai balordi.
Alle nove di mattina, tutti fuori, che splenda il sole o ci sia il temporale, rientro alle sette di sera.
Ovviamente, l’Albergo Popolare ha tutta una propria fauna, che ci si è adeguata, grazie in genere ad abbondanti dosi di alcol, e la cui filosofia di vita si riassume nel discorso di uno degli “ospiti”, che diceva che preferiva stare in carcere, perché in carcere si possono vedere tutte le partite su Sky.
Nel frattempo, ogni sera qualcuno viene derubato, per cui a chi va a finire all’Albergo Popolare, regalo quando posso un marsupio, da tenere attaccato alla cintura e sotto il maglione quando dorme la notte.
Gli italiani accusano immediatamente i marocchini, motivo per cui all’Albergo Popolare, la simpatia per Salvini è alle stelle; e i marocchini s’incavolano, perché sanno benissimo chi è che ruba, e non sono loro.
Questo è il mondo che il Comune offre al nostro artigiano pensionato con i suoi 600 euro.
Alla carica, harabinieri! (Miguel Martinez, ibid.)
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