Repubblica Araba di Siria. Uno scorcio del mercato di Aleppo (gennaio 2007).
Traduzione da Asia Times.
La più grande tragedia geopolitica del 2012 rimarrà in cima alle classifiche anche nel 2013 ed è lo stupro della Siria.
Allo stesso modo in cui ogni tanto cito qualcuno dei passi di Hemingway che preferisco, negli ultimi tempi ho ritirato fuori alcuni dei filmati che feci anni fa nel mercato di Aleppo: il più straordinario dei mercati mediorientali. La sensazione è quella di tornare di colpo indietro nel passato: mi piacevano così tanto le architetture, la gente e i commercianti del mercato.
Alcune settimane fa la maggior parte di esso, il cuore pulsante di Aleppo da secoli a questa parte, è stata data alle fiamme e distrutta dai "ribelli" del cosiddetto Libero Esercito Siriano.
Non c'è nessuno Hemingway giovane ed eroico nella tragedia siriana, nessun Robert Jordan delle Brigate Internazionali che combattevano a fianco dei guerriglieri repubblicani contro i fascisti, ai tempi della guerra civile spagnola. Nella guerra civile siriana, le brigate internzionali sono fatte di mercenari, di jihadisti salafiti, gente che decapita e che mette le autobombe. E i (pochi) giovani americani che si trovano sul posto sono per lo più burattini tecnologici mossi dall'avido club NATOGCC (L'Organizzazione del Trattato Nord Atlantico e i suoi fantocci arabi del Consiglio per la Cooperazione del Golfo).
La tragedia continua. Lo stato siriano, il suo apparato di sicurezza politico e militare, continuerà a fare i suoi piccoli blitzkrieg senza curarsi più che tanto dei "danni collaterali". Dall'altra parte, i comandanti dei "ribelli" continueranno a contare su un Consiglio Supremo Militare che i sauditi ed il Qatar continueranno a sostenere.
I salafiti e gli jihadisti salafiti del Fronte di al Nusrah -fanatici rimasti al settimo secolo, entusiasti sostenitori delle decapitazioni e attivisti dell'autobomba che fanno il grosso dei combattimenti- non sono stati invitati: il Fronte di al Nusrah è stato bollato come "organizzazione terrorista" da Washington.
Come ha reagito il capoccia dei Fratelli Musulmani Mohammed Farouk Tayfour, sovrintendente generale nato a Hama, ha asserito che la decisione è stata "troppo precipitosa". Il nuovo capo dell'opposizione siriana, Ahmed Moaz al Khatib, nel corso di un incontro degli "Amici della Siria" in Marocco, ha detto che la decisione andrebbe "riconsiderata". Praticamente tutte le pubbliche dichiarazioni dei "ribelli" hanno attestato il loro imperituro amore per lo zoccolo duro di al Nusrah.
Intanto che i fanatici di al Nusrah nasconderanno con ogni probabilità le loro barbe islamicamente corrette sotto qualche prosaica felpa col cappuccio, c'è da aspettarsi qualche altra avanzata in grande stile dei "ribelli" su Damasco, nonostante le due grosse sconfitte (una a luglio e l'altra questo mese) subite per gentile concessione del governo siriano passato alla controffensiva. Dopo tutto, il generoso addestramento elargito dalle forze speciali statunitensi, britanniche e giordane ha portato a qualche risultato, per non parlare delle carrettate di armi ultraletali fornite da quei monumenti di democrazia che si trovano nel Golfo persico. A proposito, il Fronte al Nusrah controlla alcuni quartieri della Aleppo devastata.
L'odio settario al potere
Poi esiste un orwelliano Consiglio nazionale Siriano Rivoluzionario e delle Forze di Opposizione nuovo di zecca, una cooproduzione Washington-Doha. Ecco il nuovo capo, che è uguale al vecchio (e schifoso) Consiglio Nazionale Siriano. Sono solo parole: l'unica cosa che conta per la "Coalizione Nazionale" è ottenere ancora più armi letali. E a loro al Nusrah piace, anche se a Washington non sono della stessa opinione.
Il Qatar ha mollato tonnellate di armi "come se fossero caramelle" (definizione di un mercante di armi statunitense) nella Libia "liberata". Solo dopo l'attacco a Bengasi il Pentagono e il Dipartimento di Stato si sono dati una svegliata e hanno pensato che armare di tutto punto i ribelli siriani potrebbe essere, come dire, la maniera migliore per incorrere in altri episodi dello stesso genere. Detto in altri termini: il Qatar rovescerà in Siria mucchi di armamenti. Gli Stati Uniti continueranno a fare da guida da dietro le quinte.
C'è da attendersi altri orrendi massacri di tipo settario, come quello di Aqrab. Qui c'è la versione dei fatti maggiormente degna di fede di quello che può esservi accaduto. Ancora una volta, ci sono le prove che la guerra che i "ribelli" sostenuti dalla NATO e dal Consiglio per la Cooperazione nel Golfo stanno vincendo sul serio è la guerra su Youtube. Ci si possono aspettare massicce ed incessanti ondate di galvanizzazione e di propaganda, con il mainstream mediatico occidentale che fa un tifo tale per i "combattenti per la libertà" siriani da far apparire poca cosa la jihad degli anni Ottanta in Afghanistan.
Possiamo attenderci distorsioni del contesto più macroscopiche, come quando il viceministro degli esteri russo ha detto che "i combattimenti si intensificheranno ancora di più, e [la Siria] perderà decine di migliaia, forse centinaia di migliaia di civili... se un simile prezzo per far cadere il presidente vi sembra accettabile, noi che possiamo farci? Dal canto nostro, lo troviamo inaccettabile, assolutamente".
La Russia sta facendo di tutto per impedire che questo avvenga. E se i "ribelli" della NATO e del Consiglio di Cooperazione del Golfo metteranno in pratica le loro minacce di attaccare le ambasciate di Russia e di Ucraina a Damasco, faranno meglio a scorciarsi le barbe e a cercare rifugio dalla Spetznatz, le forse speciali russe che sanno quello che fanno.
C'è da attendersi che l'odio settario continui ad approfondirsi; lo sceicco sunnita -e star di Al Jazeera- Yusuf al Qadrawi ha per sapiente caso emesso una fatwa che legittima l'assassinio di milioni di siriani, non importa che siano militari o civili, perché sono alawiti o sciiti.
Sarà l'odio settario a governare, capeggiato dal Qatar e seguito dai sauditi, che hanno un'agenda molto fitta e un mucchio di islamisti duri a disposizione. Ecco la lista delle cose da fare: guerra contro gli sciiti, contro gli alawiti, contro i laici, e anche contro i moderati non soltanto in Siria, ma in tutto il Medio Oriente.
Missili Patriot contro missili Iskander
La nuova strategia dell'esercito siriano si basa su un massiccio ritiro dalle campagne e dalle basi isolate, e sul concentramento delle forze nelle città e nei centri urbani.
C'è da attendersi che la strategia complessiva del club della NATO e del Consiglio di Cooperazione resti più o meno la stessa; prendere il sopravvento sull'esercito regolare in ogni luogo sia possibile farlo, fiaccarne il morale, e continuare a tenere pronto il terreno per un possibile intervento della NATO (la minaccia delle armi chimiche e il continuo paventare una "catastrofe umanitaria" sono parte di un corposo pacchetto per la guerra psicologica).
L'esercito regolare può anche contare sulle armi pesanti, ma quando si tratta di affrontare un turbine di mercenari e di jihadisti salafiti ben addestrati ed armati dal club della NATO e del Consiglio di Cooperazione, la cosa può richiedere anni, in una guerra civile di tipo libanese. E questo ci porta alla successiva possibilità nell'ordine, che di fatto è una conseguenza di questo stato di cose: la morte dello stato siriano tramite la pena dei mille tagli. Diciamo mille, ma diciamo pure un milione.
Quello che è certo è che la "coalizione dei volenterosi" contro la Siria non avrà alcun problema a mostrare il suo vero volto una volta che il gioco sarà finito. Washington conta su un governo del dopo Assad controllato dai Fratelli Musulmani. Non c'è da meravigliarsi che Re Playstation di Giordania stia cominciando a dare di matto: sa che i Fratelli Musulmani prenderanno il potere anche nel suo paese e lo spediranno a fare shopping da Harrod's in via definitiva.
Questi monumenti di democrazia -le petromonarchie medievali del Golfo Persico- stanno anch'essi iniziando a dare di matto: hanno paura del fascino che i Fratelli Musulmani esercitano sulle masse come di una peste. Il Kurdistan siriano, ormai sulla strada della completa autonomia e in fin dei conti dell'indipendenza, sta già facendo preoccupare Ankara. Per non parlare della prospettiva futura di un turbine di jihadisti salafiti rimasti senza nulla da fare, che vanno qua e là sul confine turco - siriano pronti ad andare in bestia da un momento all'altro.
Ci sono anche i rapporti, complicati, tra Iran e Turchia. Tehran ha già avvertito Ankara, senza tanti giri di parole, su quello che pensa del sistema di difesa missilistico della NATO in corso di dislocamento.
E c'è quello che dovrebbe diventare il punto più importante dei gazzettini di fine 2012. Il portavoce del Pentagono George Little ha detto con adamantina chiarezza che "gli Stati uniti sostengono la Turchia nell'intento di difendersi... [contro la Siria]".
Di qui il dislocamento di quattrocento militari statunitensi in Turchia per far funzionare due batterie di missili Patriot, per "difendere" la Turchia da "potenziali minacce che provengano dalla Siria".
Traduzione: tutto questo non ha nulla a che vedere con la Turchia e tutto a che vedere con la presenza militare russa in Siria. Mosca ha fornito a Damasco non soltanto i missili terra-terra Iskander, molto efficaci e dalla velocità supersonica (sono praticamente immuni ai sistemi di difesa missilistica) ma anche i sistemi di difesa terra-aria a bersaglio multiplo Pechora 2M, che nel caso una no-fly zone venisse imposta sulla Siria diventerebbero la bestia nera del Pentagono.
Eccoci dunque al faccia a faccia tra Patriot ed Iskander. E diritto sulla linea di tiro c'è il Primo Ministro turko Recep Tayyip Erdogan, un ipertrofico dell'ego fuori misura affetto da un profondo complesso di inferiorità rispetto agli europei, che è rimasto senza posto al sole nel piano complessivo della NATO.
Il tallone d'Achille della Turchia, curdi a parte, è costituito dal ruolo cui si è autonominata, quello di fare da crocevia dell'energia tra est ed ovest. Il problema è che la Turchia dipende energeticamente dall'Iran e dalla Russia; si è messa con avventatezza in contrasto con entrambi nello stesso momento, con la politica confusa che ha condotto nei confronti della Siria.
Si vedono solo tenebre e rovina.
Come venire a capo di questa tragedia? Al vicepresidente siriano Farouk al Sharaa nessuno ha prestato attenzione. In questa intervista con il canale libanese al Akhbar, sottolinea "la minaccia della campagna attualmente in corso per distruggere la Siria, la sua storia, la sua civiltà e la sua gente... Ogni giorno che passa la soluzione si allontana, sia dal punto di vista militare che dal punto di vista politico. Dobbiamo trovarci nella posizione adatta a difendere l'esistenza stessa della Siria".
Al Sharaa non ha "una risposta chiara su quale possa essere la soluzione", ma suggerisce comunque un percorso da seguire.
Ogni piattaforma, sia che origini da colloqui o da accordi tra capitali arabe, regionali o straniere, non può esistere senza un concreto fondamento in Siria. La soluzione deve essere siriana e deve arrivare da una piattaforma storica, che deve comprendere i principali paesi della regione e gli appartenenti al Consiglio di Sicurezza dell'ONU. La piattaforma deve contemplare la fine di ogni forma di violenza e l'instaurazione di un governo di unità nazionale con ampi poteri. A questo si dovrebbe aggiungere anche la soluzione di questioni sensibili che hanno a che fare con la vita quotidiana della gente e con le sue legittime aspettative.Non è certo quello che vuole l'ammucchiata NATO e Consiglio, visto che gli Stati Uniti, il Regno unito, la Francia, la Turchia, il Qatar e l'Arabia Saudita sono tutti impegnati a perseguire interessi divergenti. Eppure il suo unico obiettivo, un obiettivo in verità molto simile a quello dell'Iraq del 2003, la guerra della NATO e del Consiglio lo ha già raggiunto: è riuscita a ridurre completamente in frantumi il fragile edificio sociale siriano.
Ecco il capitalismo da disastro in azione, nella sua prima fase: il terreno è già pronto per una profittevole "ricostruzione" della Siria, una volta che vi si sarà fatto insediare un governo condiscendente, e favorevole al turbocapitalismo occidentale.
Eppure, e parallelamente, si verificano contraccolpi che si manifestano in maniere misteriose; milioni di siriani che all'inizio hanno appoggiato l'idea di un movimento favorevole alla democrazia -dagli uomini d'affari di Damasco ai commercianti di Aleppo- adesso sono andati ad ingrossare la base che sostiene il governo per ritorsione contro l'orribile pulizia etnica e religiosa mandata avanti dai "ribelli" stile al Nusrah.
Con la NATO e il Consiglio di Cooperazione da una parte e Russia ed Iran dall'altra, i cittadini comuni rimasti in mezzo al fuoco incrociato non hanno nessun posto dove andare. La NATO ed il Consiglio non si fermeranno davanti a nulla intanto che scavano -nel sangue- una qualche indefinita entità statale che andrà dall'emirato filostatunitense alla "democrazia" filostatunitense guidata dai Fratelli Musulmani. Non è difficile capire per chi, in Siria, suoni la campana: non suona per te, come in John Donne, ma per le tenebre, la rovina, la morte e la distruzione.
Pepe Escobar è autore di Globalistan: How the Globalized World is Dissolving into Liquid War (Nimble Books, 2007) e Red Zone Blues: a snapshot of Baghdad during the surge. Il suo lavoro più recente è Obama does Globalistan (Nimble Books, 2009). La sua mail è pepeasia@yahoo.com
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