martedì 5 gennaio 2010

Giovanni Sartori, i "pensabenisti" e la cosiddetta "integrazione degli islamici"


E' noto che il Corrierone è stato costretto nel corso degli anni, per motivi di cassetta e di scuderia, ad insistere sull'operazioncina De Bortoli - Fallaci fino a superare i limiti del ridicolo. Più o meno lo stesso hanno dovuto fare parecchi dei suoi collaboratori. Anche Giovanni Sartori ha alternato dunque, nel corso della sua produzione, trafiletti "occidentalisti" ad altri di ben più ponderata serietà. Ci esprimemmo in merito a suo tempo.
Il 20 dicembre 2009 Giovanni Sartori occupa una dozzina di righe sul Corriere della Sera, nelle quali fa torto marcio alle proprie competenze -e a quelle dei suoi lettori che non abbiano delegato all'"occidentalismo" da parrucchiere il proprio senso critico- facendo un monco riassuntino degli ultimi millequattrocento anni di storia per trarne, quale succo essenziale, la conferma della "non integrabilità" degli "islamici", qualunque cosa siano gli "islamici".
Le linee guida identificabili nel brevissimo scritto sono quelle care all'"occidentalismo" da bar: la malvagità metafisica dell'Islam ed una concezione della storia improntata ad un'incompetenza disarmante prima ed ancora che a parzialità.
Qualcosa di sorprendente, dato il personaggio in questione.
Tutto lo scritto è stato prodotto per mettere in cattiva luce un certo progetto di legge sulla "cittadinanza a cinque anni" o roba simile, sottoscritto da Gianfranco Fini: un politico di lunghissimo corso colpevole di aver iniziato dalla sera alla mattina a dare ad intendere all'elettorato di essere "altra cosa" rispetto al padrone del suo partito. Un crimen laesae maiestatis inemendabile, nella politicanza "occidentalista" che non ammette né discussioni né dubbi, neppure quelli fatti per finta ad uso del gazzettaio e di una pluralità di opinioni che è una burla spregevole.

Dopo aver incassato una serie di confutazioni e di smentite intonate su tutto il registro che va dalla sufficienza sprezzante alla correzione documentata, Sartori ritorna sulla questione un paio di settimane dopo, con uno scritto in cui dimostra di non aver affatto colto alcuni aspetti fondamentali della questione, primo tra tutti il fatto che non si capisce chi e per quale motivo dovrebbe rilasciare il certificato di "islamico" a qualcun altro, cui è conseguente la banalissima constatazione, verificabile da tutti nella vita quotidiana, che i credenti sono, purtroppo, una risicata minoranza della mole di immigrati provenienti dall'Africa settentrionale e dal Medio Oriente.
Purtroppo, perché la consapevolezza di un'identità forte e difficilmente attaccabile da "valori" dell'"Occidente" sintetizzati a meraviglia da una produzione mediatica che considera biancheria osé e smalto sulle unghie -insomma, l'indotto dei consumi di lusso- come la massima espressione possibile della "libertà".
Abbiamo ragione di credere, in altre parole, che la vera colpa dei credenti sia quella di non farsi ridurre a consumatori standardizzabili, ostinati come sono nello hijab -meno lavoro per parrucchiere ed estetiste, per tacere dei sarti stilisti- e nel desiderare di non mangiare maiale e di non bere alcolici.
La realtà quotidiana di immigrati presentati come "islamici" tout court in processi mediatici senza appello e senza difesa, è fatta invece di disconferme continue, di prese in giro, di odio bello e buono, di colpevolizzazioni a priori, di giudizi sbrigativi, incompetenti e ridanciani. Quanto basta per gettare chiunque in una condizione di isolamento di fatto e di disperazione in cui tutto diventa possibile.
I casi in cui crimini efferati vengono presentati come diretta conseguenza dell'appartenenza all'Islam di almeno una delle parti in causa sono continui e assolutamente privi di fondatezza, dal momento che nessun monoteismo conosciuto prescrive ai suoi adepti comportamenti truffaldini od omicidi. Né, tanto meno di dare prova di avvenuta "integrazione" come la dette quell'Azouz Marzouk indicato come pluriomicida ed incendiario, la cui condotta di vita da tutto può esser stata determinata ed ispirata meno che dall'adesione all'Islam.
L'idea di un esercito di credenti in marcia per issare la mezzaluna sulla cupola di San Pietro -unito e coeso come una falange- allo scopo di vendicare Lepanto e Poitiers (e domenica alla Lazio gliele suoniamo cinque a zero) trova tante e tali disconferme nella vita quotidiana da poter essere tranquillamente derubricata ad ideazione a contenuto persecutorio, come abbiamo innumerevoli volte fatto in questa sede.
In quest'ottica il risibile vocabolo di "pensabenisti" con cui Sartori definisce quanti hanno mostrato scetticismo nei confronti delle argomentazioni da lui addotte non sancirà alcuna rivoluzione lessicale. Al massimo, contribuirà ad arricchire la fantozziana panoplia della ciancia "occidentalista" adatta alle casalingue ed agli strateghi da caffé, al pari del "pacifinti" lanciato qualche anno fa contro chi sosteneva, con ottime argomentazioni, che le avventure afghane ed irachene sarebbero state tutt'altro che le passeggiate militari messe in conto dall'ubriacone Bush e dalla sua congrega di manutengoli.

7 commenti:

  1. come scrive leonardo, non merita la licenza di terza media!

    http://leonardo.blogspot.com/2010/01/per-le-zanne-del-profeta.html

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  2. Ottimo articolo, anch'io ci ho scritto un articolo sulle fesserie di Sartori:

    http://saigon2k.altervista.org/?p=727

    ps. ho citato anche l'articolo di Lorenzo, complimenti anche a lui!

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  3. Signori, non conosco se non per grandissime linee quale sia la vostra formazione personale e a quali redditi abbiate accesso.

    Però posso ipotizzare che Sartori Giovanni, con la Rizzoli, non soltanto non collabori gratis ma sia anche in condizioni di poter doppiare più volte tutti e tre i nostri incomes -come dicono gl'inglesi- messi insieme. Questo, in una penisola dove esistono battaglioni di studenti di sociologia -o di storia, o di quello che vi pare- in grado di produrre, nelle stesse quindici righe, prove ben più convincenti a sostegno delle tesi contrarie.
    O anche delle stesse, se è per questo.

    Il gioco deve essere redditizio: il Nostro è tornato oggi alla carica con un altra vagonata di quelle barzellette da geopolitici da bar con cui il Corrierone sta scientemente imponendo un pensiero unico fatto di menzogne e di incompetenza. Spassosi anche molti dei commenti raccolti.

    http://www.corriere.it/editoriali/10_gennaio_07/sartori-pluralismo-no-multiculturalismo-ideologico_3fd04c02-fb57-11de-a955-00144f02aabe.shtml

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  4. Sono perfettamente d'accordo con le varie critiche ai primi due pezzi di sartori. secondo me però nel terzo articolo sartori si è rimangiato, pur senza dirlo, quasi tutto (http://ilpensieroselvaggio.blogspot.com/2010/01/sartori-e-il-multiculturalismo-3-la.html).

    usiamolo bene, per zittire tutti quelli che useranno i due pezzi precedenti come bibliografia per alimentare l'odio anti-islamico..
    andrea

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  5. Ma come sono presuntuosi questi (uomini?) che parlano o di cose che non conoscono la realtà, o in malafede la travisano. Per esempio questo è evidente nel passaggio:

    "la vera colpa dei credenti sia quella di non farsi ridurre a consumatori standardizzabili, ostinati come sono nello hijab -meno lavoro per parrucchiere ed estetiste, per tacere dei sarti stilisti"

    Se conoscesse anche solo un poco la realtà delle donne musulmane (o la volesse presentare realisticamente per quella che è) saprebbe che, lungi dal risparmiare su cosmetici, parrucchieri e generi di lusso, sono invece molto più interessate a questi consumi di quanto racconti il pezzo. Basta guardare il numero di negozi di questo tipo nei quartieri musulmani delle città in cui si sono insediati da tempo (io vivo a Bruxelles e qui è evidente). Solamente, riservano la fruizione del loro aspetto agli incontri tra sole donne o ai familiari nell'intimità della casa, come prescritto dal Corano. Posso assicurare che in tali occasioni esibiscono tutti gli ori e i vestiti ricercati che possono permettersi (e spesso anche di più).

    Basta poi andare nei paesi musulmani per vedere come la civetteria femminile alligni li come altrove, nonostante la repressione maschile e della gerarchia religiosa. Se in Giordania, dove sono stata tempo fa, le donne osservanti avevano tutte vestiti semplici e di taglio molto simile (ma non nei colori), lunghi fino ai piedi, bastava guardare i bottoni e le scarpe per vedere tale civetteria all'opera. E dopo qualche approccio in cui mi chiedevano se ero sposata, quanti figli avevo (meravigliandosi di quanto pochi fossero) mi hanno confessato che certe volte quei bottoni costavano quanto l'intero vestito.

    Le donne occidentali sono semplicemente più libere di fare le loro scelte (non voglio dire che non ce ne siano di sbagliate, visto che la nostra società non è sempre migliorata per questo), l'Islam tradizionale (e non solo quello estremista) ancora oggi tende a reprimere le donne, come ho potuto constatare in tutti i paesi islamici che ho visitato (e tra gli islamici immigrati che ho incontrato in diversi paesi occidentali). E' razzista dire questo, o è solo un'onesta rappresentazione della realtà?

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  6. Ma come sono presuntuosi questi (uomini?) che parlano o di cose che non conoscono la realtà, o in malafede la travisano. Per esempio questo è evidente nel passaggio:

    "la vera colpa dei credenti sia quella di non farsi ridurre a consumatori standardizzabili, ostinati come sono nello hijab -meno lavoro per parrucchiere ed estetiste, per tacere dei sarti stilisti"

    Se conoscesse anche solo un poco la realtà delle donne musulmane (o la volesse presentare realisticamente per quella che è) saprebbe che, lungi dal risparmiare su cosmetici, parrucchieri e generi di lusso, sono invece molto più interessate a questi consumi di quanto racconti il pezzo. Basta guardare il numero di negozi di questo tipo nei quartieri musulmani delle città in cui si sono insediati da tempo (io vivo a Bruxelles e qui è evidente). Solamente, riservano la fruizione del loro aspetto agli incontri tra sole donne o ai familiari nell'intimità della casa, come prescritto dal Corano. Posso assicurare che in tali occasioni esibiscono tutti gli ori e i vestiti ricercati che possono permettersi (e spesso anche di più).

    Basta poi andare nei paesi musulmani per vedere come la civetteria femminile alligni li come altrove, nonostante la repressione maschile e della gerarchia religiosa. Se in Giordania, dove sono stata tempo fa, le donne osservanti avevano tutte vestiti semplici e di taglio molto simile (ma non nei colori), lunghi fino ai piedi, bastava guardare i bottoni e le scarpe per vedere tale civetteria all'opera. E dopo qualche approccio in cui mi chiedevano se ero sposata, quanti figli avevo (meravigliandosi di quanto pochi fossero) mi hanno confessato che certe volte quei bottoni costavano quanto l'intero vestito.

    Le donne occidentali sono semplicemente più libere di fare le loro scelte (non voglio dire che non ce ne siano di sbagliate, visto che la nostra società non è sempre migliorata per questo), l'Islam tradizionale (e non solo quello estremista) ancora oggi tende a reprimere le donne, come ho potuto constatare in tutti i paesi islamici che ho visitato (e tra gli islamici immigrati che ho incontrato in diversi paesi occidentali). E' razzista dire questo, o è solo un'onesta rappresentazione della realtà?

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  7. Dietro Io Non Sto Con Oriana ci sono, nell'ordine, un profilo Google, un indirizzo di posta ed un'identità personale cui è facilissimo risalire e che viene tenuta celata esclusivamente per rendere la vita difficile il giusto a qualche mangiatore di maccaruna con l'insulto facile.
    Dietro subfly59 non c'è nessuna delle tre cose. E con questo potremmo anche chiudere la questione anche perché un'occhiatina ad http://www.iononstoconoriana.com/immagini oppure a http://www.iononstoconoriana.com/libri avrebbe permesso a subfly59 di evitare di dar prova di sì poca comprensione, reiterandone per giunta l'invio per due volte...

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