giovedì 16 luglio 2015

Alastair Crooke - "Questa non è la rivoluzione dello Stato Islamico. Questa è una rivoluzione sunnita".


Indonesia, 20 giugno 2014. Manifestazione in favore dello Stato Islamico in Iraq e nel Levante.

Traduzione da
Conflicts Forum.

Una versione rivista di questo scritto è stata pubblicata su Energy Intelligence nel giugno 2015.

"Questa non è la rivoluzione dello Stato Islamico. Questa è una rivoluzione sunnita"
Anonimo combattente sunnita iracheno

"28000 a favore dello Stato Islamico e 6000 contro. Ecco il risultato di una valutazione della versione in arabo di Al Jazeera su quanti dei suoi spettatori guardano con favore all'operato dello Stato Islamico in Siria ed in Iraq".
Edizione in arabo di Al Jazeera, maggio 2015

L'importante quotidiano saudita Al Hayat nel maggio 2014 ha svolto un sondaggio da cui risulta che il 92% degli interpellati ritiene che "lo Stato Islamico rispetti i valori dell'Islam e la legge sacra"
Al Hayat, luglio 2014

"QUalunque intervento militare a fianco del governo Maliki verrebbe considerato come un atto di guerra contro l'intera comunità degli arabi sunniti"
Sheikh Nasser bin Hamad al Khalifa, ex ambasciatore del Qatar negli Stati Uniti, mentre ammonisce gli USA nell'imminenza dell'inizio dei bombardamenti a guida statunitense contro lo Stato Islamico in Iraq, giugno 2014

"Lo Stato Islamico è una componente essenziale di quanto andiamo realizzando... Abbiamo messo insieme lo Stato Islamico per difendere la nostra religione, la nostra ricchezza, la nostra terra e la nostra gente"
Sheikh Ahmed al Dabash, veterano comandante dell'insurrezione sunnita in Iraq e fondatore dell'Esercito Islamico in Iraq in un'intervista al Telegraph, giugno 2014

"Voglio dire all'AmeriKKKa e al mondo che questa non è la rivoluzione dello Stato Islamico. Questa è una rivoluzione sunnita. Chiediamo all'Unione Europea e all'AmeriKKKa di sostenere la gente sunnita. Noi non siamo terroristi".
Anonimo combattente sunnita intervistato dalla BBC, giugno 2014

"Lo Stato Islamico in Iraq e nel Levante è quanto di meglio sia successo a molte tribù sunnite dal 2008 ad oggi"
NOW Lebanon, ottobre 2014

"Se il massacro di sunniti innocenti in Iraq e in Siria prosegue, verrà il giorno che tutti gli arabi sunniti dall'Atlantico al Golfo abbracceranno lo Stato Islamico"
Sheikh Nasser bin Hamad al Khalifeh, ex diplomatico qatariota, in un Twitter di giugno 2015

"Noi non vogliamo ammettere che dentro di noi c'è qualcosa di profondamente sbagliato... Non esiste alcuna cospirazione straniera: sono sessant'anni che facciamo errori... O forse sono cent'anni, gli errori dei cento anni passati da quando i colonizzatori hanno tracciato gli irrealistici confini del mondo arabo. Il fatto è che errori su errori si sono andati accumulando e che il crollo era inevitabile... Dobbiamo chiederci 'cos'è che è andato male?', è tempo che ci facciamo un esame di coscienza. Quelli che chiamano in causa una cospirazione straniera stanno chiudendo gli occhi davanti alla verità e non riescono a vedere gli errori che abbiamo commesso. Non è che la tirannia è qualcosa che si ammanta con l'ingannevole concetto di 'stabilità'?"
Da "Cos'è che è andato male? Nei nostri errori il perché dello Stato Islamico", dell'influente editorialista saudita Jamal Kashoggi, pubblicato su Al Arabiya nel luglio 2014

"Continuiamo a rifiutare la realtà, purtroppo... E' da un po' che abbiamo posto la questione del 'cos'è che è andato male' ed è tempo che cominciamo a cercare dentro noi stessi"
Lo stesso Kashoggi citato dal Financial Times, settembre 2014

"Come possono i nostri studiosi replicare allo Stato Islamico... e a tutti gli altri parassiti che sono cresciuti prosperi ai margini dell'Islam, quando i suoi germi si sono sviluppati in mezzo a noi, dentro le nostre case, quando siamo stati noi a nutrirne la retorica e il pensiero fino a quando non sono diventati grandi?"
Turki al Hamad, un liberale saudita molto popolare, citato dal Financial Times nel settembre 2014.

"Non possiamo intervenire efficacemente in una regione dove sono così in pochi a condividere i nostri obiettivi"
Tom Friedman, New York Times, maggio 2015

Le varie citazioni qui riportate fanno tutte riferimento ad una profonda crisi dell'Islam sunnita. Che cosa sta succedendo, dunque?
A nostro modo di vedere sono finalmente venute alla luce le fratture e le tensioni che da tempo esistevano nel mondo sunnita. Le vecchie certezze, i vecchi confini, le vecchie affiliazioni, modi di essere ormai consolidati da tempo stanno tutti mostrando segni di cedimento e lasciano persone deluse ed arrabbiate, pronte ad inveire contro un mondo che esse sentono non essere più come lo conoscevano e come volevano che fosse. Quello che era "il mondo intorno a loro" è diventato "la cosa che ci sta facendo questo", che sta distruggendo i punti fermi della vita su cui esse avevano basato le proprie sicurezze. Ogni cosa, ogni cosa di per sé è diventata nemica.
L'Islam nella sua interezza sta reinventandosi daccapo in modi nuovi, ma come la storia suggerisce a questo si arriva di solito rifacendosi alle narrative archetipiche dei popoli, ad una sorta di introspezione che porta al più profondo essere di un popolo che viene poi trasformato conferendogli un significato contemporaneo, in modo che riesca bene o male a conferire senso e comprensibilità in termini metastorici alle attuali e difficili condizioni di un determinato popolo, fornendo al tempo stesso una soluzione alla crisi in atto.
Tuttavia c'è da pensare che ancora non si sia arrivati a questo punto. Siamo ancora nella fase in cui la gente, apparentemente esasperata da pressioni psicologiche ben reali, cerca fisicamente di uccidere i demoni e i draghi che la affliggono, senza capire ovviamente che essi non possono essere uccisi nel vero senso del termine.
In situazioni tanto tese esistono due elementi primordiali. Oggi come oggi di metafisica non si parla molto, tuttavia certi assunti metafisici che tutti diamo per scontati, in maniera più o meno inconscia, sono i fondamenti di tutta la nostra ideazione, che da essi deriva. Molti musulmani, sia laici che praticanti, si sentono in trappola tra due metafisiche opposte, e si sentono letteralmente squarciare da questa schizofrenia culturale.
La metafisica islamica si basa sulla comprensione del paradosso della unicità all'interno della diversità. Nonostante l'apparente molteplicità della vita, tutti gli esseri condividono l'energia vitale, infusa in ogni cosa in un modo o nell'altro e che ci circonda tutti dandoci ogni giorno prova della sua facoltà creatrice. Siamo tutti parte di una matrice pulsante di vita, se vogliamo siamo pixel di consapevolezza, nel più ampio quadro della consapevolezza del cosmo. In questa prospettiva la vita nella sua interezza ha un fine ultimo ed è intrinsecamente dotata di scopi, se nulla interviene ad impedirle di svilupparsi nella direzione cui è destinata. In breve, la nostra appartenenza all'umanità è data tutto questo: il microcosmo acquista senso grazie al macrocosmo.
Fino al Rinascimento anche gli europei condividevano la stessa metafisica, spodestata però quasi del tutto dalla metafisica dei Lumi che statuisce il mondo attorno a noi come morto ed inerte, e il nostro cosmo privo di qualunque significato e di qualunque fine che non sia quello che gli umani gli conferiscono tramite l'attività della loro mente e che proiettano sugli oggetti che li circondano. Dunque, sono le nostre competenze cognitive che conferiscono significato al mondo e non tutto quello da cui siamo circondati: la nostra stessa esistenza nell'ordine cosmico altro non è che un curioso accidente della chimica, che non ha alcun significato di per sé.
Il passaggio da una metafisica all'altra in realtà è stato essenzialmente la conseguenza di una decisione deliberata favorevole agli assunti suscettibili di verifica empirica e scientifica, che non la conclusione su quale delle due fosse maggiormente vera. I primi fisici, i primi matematici dell'epoca dei Lumi come Isaac Newton utilizzavano una metodologia empirica, ma il contesto in cui collocavano la scienza era quello comune ai primi scienziati musulmani ed era caratterizzato da una cosmologia significante.
Oggi molti musulmani vivono presi tra due sistemi, due sistemi progressivamente polarizzatisi e ideologicizzatisi. Sono costretti a studiare le scienze pratiche basandosi sugli assunti della metafisica scientifica moderna e probabilmente passano anche la loro vita lavorativa adattandosi a questa ottica immanente. La loro vita familiare invece cercano di viverla secondo valori fondati sull'altra metafisica, quella che impone di armonizzarsi a quel mondo vivente e dotato di significato che è tutto attorno a loro e di cui essi non sono che un limitato e contingente elemento in un sistema di reti che continuamente mutano e interagiscono.
In Medio Oriente la crisi è iniziata negli ultimi secoli, con l'irrompere dell'ideologia laica che deriva dalla metafisica dei Lumi. Deve essere chiaro che la laicizzazione fu forzata, soprattutto in Turchia e in quello che all'epoca si chiamava Persia, e che vi si giunse in modo distruttivo. Le conseguenze oggi sono che alcuni musulmani sono del tutto laici, altri tengono un piede in ciascun campo, altri ancora insistono tenacemente a ravvivare la primitiva cosmologia islamica, sia come base per la scienza che come modo di essere. La cosa che difficilmente viene notata è che mentre settori dell'islam sunnita si sono accostati alla metafisica dell'Illuminismo europeo o l'hanno del tutto fatta propria come l'islam turco, altri settori come quello dei Fratelli Musulmani hanno consapevolmente intrapreso programmi sociali ed economici molto laici per incrementare l'attrattiva delle proprie piattaforme, mettendo la sordina alla dottrina islamica. L'Occidente prova naturalmente una certa attrazione per gli "islamici laici", ma farebbe bene a capire anche il motivo per cui altri musulmani considerano che questa tendenza metta in pericolo l'essenza stessa dell'Islam.
Quale importanza ha tutto questo? Intanto, l'ambivalenza a tutt'oggi presente in alcuni settori dell'Islam sunnita, per cui si trascorre parte della vita facendo riferimento ad una certa metafisica, e parte facendo riferimento ad un'altra, implica anche il fatto che la linea che separa le due visioni del mondo non è così difficile da attraversare. Non è difficile per esempio che ad un certo punto un musulmano laico ed europeo si riveli come barbuto takfiro; una crisi personale può bastare come fattore scatenante.
Gli occidentali si mostrano sempre sconcertati per come un musulmano cresciuto in una società laicizzata possa improvvisamente trasformarsi in un islamico radicale. A differenza dell'Occidente, dove i cosiddetti Lumi hanno del tutto spazzato via la precedente cosmologia rinascimentale -si è fatta piazza pulita anche dell'ambiguità dei Newton- nell'Islam non è successo nulla del genere. Negli anni Venti del passato secolo ci si è arrivati vicini, ma per molti musulmani permane a tutt'oggi una lotta metafisica individuale che coinvolge anche molti musulmani laici. Quando i "valori" laici sembrano voler avere la meglio a tutti i costi, come sta succedendo in questi anni, la situazione diventa ancora più difficile.
Il secondo importante punto debole nasce dal socialismo e dal laicismo, che in Turchia, in Egitto ed in Persia dagli anni Venti dello scorso secolo in poi diventarono una minaccia per l'esistenza stessa dell'Islam sunnita. Gli islamisti di oggi, spiazzati dall'assalto alla 'Umma, al califfato, all'Islam stesso intrapreso da Ataturk hanno consapevolmente adattato il loro Islam affinché agli occhi dei giovani potesse competere con le attrattive del laicismo. Dall'altra parte hanno invece iniziato ad elaborare una nuova identità islamica che si opponesse in maniera polarizzata al laicismo e di cui sono esempi l'adozione dello hijab o la pratica devozionale in pubblico. Il risultato più evidente di tutto questo è stato uno scivolare verso l'interpretazione letterale -la stessa interpretazione letterale cui si era fatto ricorso per distogliere i giovani dall'Islam- oltre ad un'aumentata enfasi sugli aspetti rituali, intesi come modo per distinguersi rispetto a chi impronta la propria esistenza al laicismo.
Nell'Islam sunnita l'interpretazione letterale è sempre stata presente, soprattutto nei momenti di crisi e mai come orientamento della maggioranza. Dopo il 1920 invece l'Islam sunnita è diventato sempre più letterale, e in materia di religione ha iniziato anche ad enfatizzare l'esteriorità: i Fratelli Musulmani vedono il concetto di attivismo politico e sociale come il percorso per eccellenza che conduce alla religiosità; l'attivismo sociale viene considerato un "rituale religioso". Passo dopo passo, l'Islam sunnita è diventato sempre di più una questione di adesione letterale. Adesso siamo giunti all'adesione estrema, rappresentata dallo Stato Islamico. Difficile trovare qualcosa di più aderente all'interpretazione letterale del neowahabismo dello Stato Islamico.
Questo è uno degli aspetti della crisi. Nell'areale sunnita esiste comunque quello che viene a volte chiamato "Islam laico", che è un orientamento dell'Islam consumista ed orientato al mercato. Ne sono esempi lo AKP in Turchia e la élite neoliberista che comanda negli Emirati Arabi Uniti. Ci si deve comunque chiedere se questa variante dell'Islam continuerà nel proprio percorso laico o se assisteremo al suo rientrare nell'alveo di uno dei percorsi storici dell'Islam, data la maggior enfasi che essa pone sull'interiorità. Il dilemma è questo: cos'altro può fare l'Islam sunnita se non secolarizzarsi? Nello Stato Islamico esso ha già raggiunto il limite dell'interpretazione letterale, ma il processo che può ricondurlo ad un percorso storico è reso difficile dal fatto che per molti sunniti esso rappresenta in qualche modo un avvicinarsi all'Islam sciita, inteso come quanto di più lontano esista dall'interpretazione letterale.
L'altra grande frattura presente nell'Islam sunnita ha a che fare con il concetto di stato. L'Impero Ottomano non ha mai fatto riferimento al concetto occidentale di stato nazionale, inteso come struttura che ad ogni livello prevede "una sola autorità, una sola legge, una sola forza armata" e che ha bisogno di molta omogeneità interna in materia di stirpe, confessione religiosa ed estensione territoriale per poter stipulare un contratto sociale credibile. Per gli ottomani non c'è mai stato niente di simile: il loro Medio Oriente era un mosaico di confessioni, popoli e lealtà differenti in disordinata contesa tra loro e spesso sovrapposte, che si estendevano senza troppo ordine ora al di qua, ora al di là dei confini. Gli ottomani erano venuti a capo della situazione permettendo che lo spazio della politica venisse occupato da diversi livelli confessionali, tribali ed etnici in cui l'autorità, la legge, l'ordine ed il potere religioso esistenti in un dato spazio geografico si sovrapponevano, e permettendo anche che queste autorità sovrapposte sconfinassero da una divisione amministrativa all'altra. Da un certo punto di vista la cosa funzionava abbastanza bene, ma il modello occidentale dello stato-nazione permetteva di esercitare il potere statale con un'efficienza molto maggiore e con conseguenze letali.
Dopo la prima guerra mondiale gli europei misero in piedi degli stati nazionali in Medio Oriente ignorando il miscuglio demografico e confessionale che essi racchiudevano. Anzi, in buona parte di quello che era stato l'Impero Ottomano essi inventarono stati il cui governo, pensavano, avrebbe avuto bisogno di un continuo aiuto occidentale. In genere le vecchie élite ottomane vennero promosse a "famiglie reali" e messe a capo di questa nuova sistemazione politica. Il problema è che la multiformità, le contraddizioni e i contrasti intrinseci alla nuova sistemazione fecero sì che si potesse venirne a capo soltanto con un utilizzo aggressivo di quel monopolio della violenza e di quel diritto esclusivo alle armi che sono strumenti dello stato nazione come viene inteso in Occidente. Quella che mancava era l'omogeneità nazionale, che sola avrebbe permesso la stipula di un "contratto sociale" tra governanti e governati. In assenza di questo, tutto il sistema dei paesi arabi è finito screditato agli occhi dei popoli.
Il sistema che sta crollando oggi è questo. In un certo senso stiamo assistendo agli ultimi spasimi del sistema ottomano, e questa è la parte politica della crisi mediorientale che si aggiunge alla crisi metafisica. La crisi politica tocca tasti molto profondi della psiche sunnita -che sono gli stessi tasti che va a toccare lo Stato Islamico e che sono sensibili nella mentalità di molti dei musulmani sunniti di oggi. I sunniti si considerano "la maggioranza" non soltanto in termini assoluti, in cui sono effettivamente maggioritari, ma anche e soprattutto perché erano "la maggioranza" all'epoca delle dispute che seguirono la morte di Muhammad, la maggioranza che scelse il primo califfo destinato a succedergli.
In questo senso i sunnti assumono il fatto che loro era il primo stato islamico, che fu da loro realizzato: in qualche misura, "lo stato"  è loro; è stato sunnita e deve essere sunnita. Il concetto ha valenza missionaria e legittimista: in questo contesto gli sciiti erano e sono a tutt'oggi considerati dei refrattari, dei nemici dello stato sunnita e dei perenni pericoli alla sua esistenza. In questo c'è del vero, ma si tratta di concetti molto più complessi di quelli cui rimanda l'affermazione pura e semplice. Il senso di missione e di legittimità a proposito dello stato, di conseguenza, è stato molto consolidato tramite le istituzioni dell'Impero Ottomano e con l'edificio post imperiale messo in piedi dalle potenze coloniali.
Adesso gli stati sunniti, le istituzioni e le forme di governo stanno perdendo pezzi ovunque: in Egitto, in Turchia, in Arabia Saudita, presso i Fratelli Musulmani... I sunniti ne sono consapevoli e si sentono usurpati: si sentono messi ai margini, loro che una volta erano un impero, e vivono questa situazione con risentimento. Più di ogni altra cosa gli pesano il crescente potere e l'ascesa dell'influenza sciita e della Repubblica Islamica dell'Iran in particolare. Il clima psicologico in cui politiche di portata mondiale si trasformano in conflitto tra tendenze islamiche e in attriti settari è questo. Questo è dal punto di vista psicologico il fattore essenziale capace di trasformare professionisti europei od occidentali tra i più laici, ad esempio un medico, in sostenitori dello Stato Islamico. E' una specie di impulso viscerale, la pretesa dei sunniti di riavere indietro quello che hanno sempre percepito come cosa loro.
Come per le epoche passate, questa crisi interna all'Islam ha bisogno di una spiegazione. La spiegazione che lo Stato Islamico offre è la stessa che offrirono a suo tempo figure sunnite come Ibn Tayymiyah all'epoca della conquista mongola: l'Islam ha abbandonato le proprie radici, ha perso la propria forma, e deve essere raddrizzato da tutte le storture.
Secondo questo modo di ragionare l'Islam è afflitto da demoni che ne minacciano l'esistenza: eresie, innovazioni inopportune, deviazioni, fino all'eccesso di etereogeneità. La sua anima è in pericolo. I demoni lo stanno corrodendo e stanno portando la loro influenza al di là di ogni limite per indebolire la missione dei sunniti e per indebolire l'Islam sunnita in sé. Per molte persone sul piano psicologico questi demoni hanno acquisito una definitiva concretezza.
Molti musulmani sunniti sono attratti da idee del genere, che ritraggono l'Islam minacciato da qualche quinta colonna. Diventano propensi a vedere dappertutto tracce dell'espansionismo sciita e dell'eresia che lo sottende. Di conseguenza si sentono attratti per il progetto che lo Stato Islamico indica come contromossa, il prospettato "stato sunnita" ed arrivano a considerare lo Stato Islamico come un elemento correttivo necessario per fermare il decadomento dell'ordine arabo.
Purtroppo non esiste nessuno Hermes in questo caso, che giunga ad avvertire Eracle che i demoni che sta cercando di uccidere nell'Oltretomba non sono reali ma solo il prodotto della sua immaginazione, che come tale non può essere propriamente ucciso.
Nulla è facile, in questa situazione. L'Iran è davvero sulla breccia, la sua influenza è davvero in espansione: su questo non ci sono dubbi. Quello che invece non è chiaro è se l'attuale crisi dell'Islam sunnita debba essere in primo luogo attribuita all'ascesa dell'Iran o se essa non rifletta piuttosto la colliquazione del vecchio ordine ottomano ed il dilemma metafisico esistenziale dell'Islam sunnita.
Nel XVI secolo la fissazione degli europei sul fatto che demoni e trame diaboliche stessero divorando il tessuto della società cattolica preannunciò il considerevole mutamento di civiltà che si avvicinava, rappresentato dall'Illuminismo. Chissà che la simile ossessione sunnita, particolarmente nei paesi del Golfo, non stia preannunciando anche per il Medio Oriente un mutamento altrettanto tumultuoso.

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