03 giugno 2025

Alastair Crooke - In una tranquilla mattinata pechinese, il dollaro perde la corona



Traduzione da Strategic Culture, 2 giugno 2025.

Credo che per comprendere la rivoluzione di Trump dobbiamo partire dall'idea che sono le sconfitte a portare alle rivoluzioni.
L'esperienza in corso negli Stati Uniti, anche se non sappiamo esattamente quali ne saranno gli esiti, è una rivoluzione. È una rivoluzione in senso stretto? È una controrivoluzione?
Così ha detto lo storico e filosofo francese Emmanuel Todd nel corso della conferenza tenuta ad aprile a Mosca e intitolata Dalla Russia con amore.
Questa [rivoluzione di Trump] è, a mio avviso, legata a una sconfitta. Diverse persone mi hanno riferito di conversazioni tra membri dell'amministrazione Trump, e quello che colpisce è il fatto che sono consapevoli della sconfitta. Persone come il vicepresidente J.D. Vance e molte altre hanno capito che gli USA hanno perso questa guerra.
Questa consapevolezza della sconfitta, tuttavia, contrasta nettamente con la sorprendente mancanza di consapevolezza degli europei. O meglio, con il loro rifiuto della sconfitta.
Per gli Stati Uniti si tratta fondamentalmente di una sconfitta economica. La politica delle sanzioni ha dimostrato che il potere finanziario dell'Occidente non è onnipotente. Agli statunitensi è stata ricordata la fragilità della loro industria militare. Al Pentagono sanno bene che uno dei limiti alla loro libertà di azione è rappresentato dalla capacità limitata del complesso militare-industriale degli USA". "Che l'AmeriKKKa sia nel mezzo di un serio rivolgimento rivoluzionario, paragonabile alla fine dell'URSS, è una cosa di cui sono in pochi ad avere consapevolezza; sono i nostri preconcetti politici e intellettuali, il più delle volte, a impedirci di vedere la realtà e di interiorizzarne l'importanza.
Todd, sia detto a suo merito, ammette senza indugi questa difficoltà:
Devo ammettere che quando il sistema sovietico è crollato davvero non ero in grado di prevedere la portata dello sconvolgimento e il livello delle sofferenze che questo avrebbe causato alla Russia. La mia esperienza mi ha insegnato una cosa importante: il crollo di un sistema è tanto mentale quanto economico... Non capivo che il comunismo non era solo un'organizzazione economica, ma anche un sistema di credenze, una quasi religione, che strutturava la vita sociale sovietica e russa. Lo sconvolgimento delle credenze avrebbe portato a un disordine psicologico la cui portata andava ben oltre il disordine economico. Oggi in Occidente stiamo arrivando a una situazione dello stesso genere.
Lo sconvolgimento psicologico causato dalla "sconfitta" può spiegare (ma non giustificare) la "strana" incapacità dell'Occidente di comprendere gli eventi mondiali, la dissociazione quasi patologica dal mondo reale che esso manifesta nelle sue parole e nelle sue iniziative, la sua cecità -ad esempio- nei confronti dell'esperienza storica russa e della lunga storia che sta dietro la ribellione sciita in Iran. Eppure, anche se la situazione politica si deteriora... non c'è alcun segno che l'Occidente stia diventando più realista ed è molto probabile che continuerà a vivere nella realtà alternativa che si è costruito fino a quando non ne sarà cacciato bruscamente.
Yanis Varoufakis ha sottolineato che la concreta prospettiva che gli USA subissero una sconfitta economica è stata chiaramente indicata da Paul Volcker, ex presidente della Federal Reserve, quando ha affermato che ciò che tiene insieme l'intero sistema globalizzato è stato il massiccio flusso di capitali dall'estero –pari a oltre due miliardi di dollari ogni giorno lavorativo– che ha sostenuto l'agiato stile di vita e la bassa inflazione degli USA.
Oggi, con gli Stati Uniti che si trovano in un'epoca di deficit strutturali insostenibili, Trump si è concentrato sul cuore finanziario del Paese: il mercato dei titoli del Tesoro che è la linfa vitale dell'AmeriKKKa, e il mercato azionario che è il suo portafoglio. Entrambi sono fragili. E qualsiasi pressione esterna potrebbe innescare una reazione a catena.
"In breve, gli USA non hanno più fiducia nel proprio baluardo finanziario. E la Cina non sta più giocando secondo le vecchie regole. Non si tratta solo di una guerra commerciale, ma di una guerra per il futuro della finanza globale", afferma Varoufakis. Ecco perché Trump minaccia di dichiarare guerra a chiunque cerchi di soppiantare o aggirare il monopolio del dollaro statunitense.
I "dazi reciproci" di Trump non hanno mai avuto lo scopo di equilibrare i traffici commerciali. Si tratta piuttosto di un tentativo di ristrutturare gli impegni verso i creditori. "È quello che si fa in caso di fallimento", osserva ironicamente un commentatore. La richiesta di maggiori contributi da parte degli Stati membri della NATO sono proprio un modo per esigere entrate dai creditori, come lo è stato il viaggio di Trump nel Golfo.
L'obiettivo della Nuova Guerra Fredda è innanzitutto quello di soffocare l'ascesa della Cina. Questo obiettivo rappresenta di fatto un terreno comune tra tutte le fazioni dell'establishment: proteggere il sistema del dollaro dal collasso.
L'idea che gli Stati Uniti possano tornare a rivestire l'antica posizione di centro manifatturiero di rilevanza mondiale è in gran parte una narrazione diversiva creata per scopi interni. Nel 1950, la forza lavoro statunitense impegnata nel settore rappresentava il 33,7% dell'economia nazionale, una cifra che oggi è scesa a meno dell'8,4%. Per tornare indietro ci vorrebbe almeno una generazione.
Quindi, consenso sulla Cina a parte, la classe dirigente è divisa: da un lato JD Vance e il team economico di Stephen Miran e Russel Vought, più preoccupati dal rischio che l'eccessiva espansione degli Stati Uniti possa minare la supremazia del dollaro; dall'altro i falchi che sostengono il rafforzamento dell'egemonia del dollaro per mezzo di esplicite dimostrazioni di forza militare.
La ristrutturazione degli impegni verso i creditori spiega anche la fretta di Trump di concludere un "accordo" con la Russia, che potrebbe portare rapide opportunità commerciali e flussi di capitale positivi (e garanzie collaterali) sul conto capitale degli Stati Uniti. Un accordo con l'Iran potrebbe persino portare all'apoteosi del dominio energetico degli Stati Uniti, con nuovi afflussi di entrate che rafforzerebbero la fiducia nel dollaro.
In breve, l'agenda di Trump non contempla una strategia di lungo termine. Essa contempla invece un convogliamento a breve termine della domanda aggregata di dollari come unica valuta richiesta, anche se chi si serve del dollaro non vuole acquistare nulla dal Paese che lo produce.
Il difetto fondamentale è che il rozzo do ut des di Trump sta distruggendo la sua credibilità come attore geopolitico serio e, di conseguenza, sta costringendo gli altri a proteggersi dal dollaro.
In breve, il crollo di credibilità causato dal disprezzo di Trump per la lettura e per i briefing dell'intelligence, nonché dalla sua dipendenza dall'ultima persona che gli ha sussurrato all'orecchio, porta a continui cambiamenti di rotta e a tutti quanti gli altri fa venire voglia di allontanarsi il più possibile dalla imprevedibile Trumplandia.
Emmanuel Todd avverte che la reazione più tipica al crollo del sistema di credenze e dell'atteggiamento che ha animato il paradigma economico "è l'ansia, piuttosto che uno stato di libertà e benessere. Le credenze che hanno accompagnato il trionfalismo occidentale stanno crollando. Ma come in ogni processo rivoluzionario, non sappiamo ancora quale nuova credenza sia la più importante, quale credenza uscirà vittoriosa da questo sfaldarsi".
Sebbene le rivoluzioni siano generalmente distruttive, il loro obiettivo è quello di sfruttare le energie sufficienti per sradicare le istituzioni troppo rigide per adeguarsi alla richiesta di cambiamento che è stata il primo motore della rivoluzione stessa.
In questo contesto, la ricerca di una nuova guerra fredda contro la Cina verte proprio sull'ansia degli Stati Uniti (come sostiene Todd), e in modo particolare sul timore che la costruzione da parte della Cina di una "super autostrada" digitale per il denaro si riveli molto più avanzata della sgangherata carrareccia che è la strada del dollaro statunitense.
Oggi quella super autostrada potrebbe non essere molto trafficata. Questo è vero adesso. Ma già sono iniziati i passaggi dalla vecchia strada alla super autostrada cinese, come Varoufakis fa notare ai cinesi.
Lo establishment statunitense considera la super autostrada cinese un pericolo "chiaro e concreto" alla propria egemonia. L'ansia non riguarda tanto la proprietà intellettuale cinese o il "furto di proprietà intellettuale". È il timore che gli Stati Uniti non riescano a stare al passo con i nuovi ecosistemi finanziari costruiti dalla Cina o con la sofisticatezza dello yuan digitale.
Questa ansia è aggravata, non da ultimo, dal fatto che i signori della Fintech della Silicon Valley sono ai ferri corti con le grandi banche di compensazione di Wall Street (che vogliono preservare i loro sistemi antiquati). La Cina ha un vantaggio in questo senso, poiché il suo settore finanziario e il suo settore tecnologico sono fusi in un unico insieme.
I motivi di tanto timore sono chiari: se la Cina dovesse avere successo, gli Stati Uniti perderebbero l'arma miracolosa del loro dominio monetario.
"Ed ecco la rivoluzione: niente fuochi d'artificio, niente titoli sui giornali occidentali. Solo, in una tranquilla mattinata pechinese il dollaro perde la corona. Le tubature finanziarie del mondo hanno appena subito un cambio di tracciato, e adesso percorrono la [super autostrada] cinese.
Per la prima volta in assoluto il CIPS (Cross-Border Interbank Payment System) cinese ha superato lo SWIFT in termini di volume di transazioni giornaliere. Un banner rosso è apparso sulla sede della Bank of China alle 1:30 del mattino del 16 aprile 2025.
Il CIPS [come riferisce Zerohedge] ha elaborato l'incredibile cifra di 12,8 trilioni di yuan in un solo giorno, pari a circa 1,76 trilioni di dollari USA. Se confermato, tale volume supera il sistema SWIFT, dominato dal dollaro, in termini di volume giornaliero di transazioni transfrontaliere.

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