Traduzione da Strategic Culture, 20 gennaio 2020.
Il 17 settembre 1656 il protestante puritano Oliver Cromwell, che aveva vinto una guerra civile e aveva fatto decapitare in pubblico il re inglese, si mise in marcia contro i nemici dell'Inghilterra. In Parlamento quel giorno disse che esisteva, fuori, nel mondo, un asse del male. Un asse capeggiato dalla Spagna cattolica che costituiva nell'essenza un problema perché un popolo intero si era messo al servizio del male. Questo male, e la schiavitù che esso comportava, era incarnato dalla religione cattolica: la religione cattolica non ammetteva l'anelito del popolo inglese verso libertà basilari: "...[un male] che impone agli uomini un giogo... sotto il quale non esiste lbertà... e sotto il quale non può esistere 'libertà alcuna per la coscienza individuale'".
Ecco come il capo dei protestanti inglesi considerava la Spagna cattolica nel 1656. Una concezione molto vicina a quella con cui gli USA di oggi considerano l'Iran dei nostri giorni: il male di una religione, l'Islam sciita, che a loro detta impone al popolo iraniano repressione e servitù. In Europa la guerra ideologica contro il male rappresentato da una comunanza religiosa imposta (all'epoca l'asse di Santa Romana Chiesa) portò il continente a un passo dalla fine: le regioni più colpite persero nel corso della guerra il sessanta per cento della popolazione.
Esiste negli USA una fazione che invoca il ripetersi delle stesse condizioni, stavolta in Medio Oriente, per distruggere come Cromwell la comunanza rappresentata dall'asse della Resistenza sciita -vista come un qualcosa che si estende in tutta la regione- per tutelare l'anelito del popolo ebraico verso libertà basilari?
Certo, oggi i capi di questa fazione ideologica non sono più i protestanti puritani, anche se i cristiani evangelici sono tutt'uno con lo spirito profetico e l'interpretazione letterale del Vecchio Testamento che caratterizzavano Cromwell. I suoi ideologi di punta sono invece i neoconservatori, che si sono ampiamentebasati su La società aperta e i suoi nemici di Karl Popper; uno scritto fondamentale, in larga misura responsabile del modo in cui molti ameriKKKani immaginano il loro mondo. Popper intendeva la storia come un susseguirsi di tentativi, da parte di forze della reazione, di conculcare una società aperta tramite le armi della religione e della cultura tradizionali.
Marx e la Russia diventano in Popper l'archetipica minaccia reazionaria che si erge contro le società aperte. Di questo concetto si impadronì Reagan, che lo mise in connessione alla tradizione apocalittica cristiana. Di qui l'allinearsi dei neoconservatori all'anelito di redenzione degli evangelici e all'interventismo liberale che ambisce invece ad un millenarismo laico. Tutti sono d'accordo sul fatto che l'Iran incarni la reazione e anche sull'assunto che esso rappresenti una grave minaccia alla autonominata "società aperta" dello stato sionista.
Il fatto è che non si va lontano, con elementi del genere, sostenendo che l'Iran non costituisce una minaccia per gli USA (il che è ovvio); il loro progetto è sempre e comunque ideologico. E va interpretato in un'ottica ideologica. Popper voleva affermare che solo una visione liberale a livello mondiale avrebbe portato ad un periodo di "crescita sostanziale della vita umana e illuminata" e ad una società libera e aperta.
Tutto questo non è che la matrioska più esterna: una retorica adatta al pubblico e un'immagine dipinta da usare per nascondere le più interne e segrete. Eli Lake, su Bloomberg, indica quella successiva:
"Dopo che il Presidente Donald Trump ha ordinato l'attacco coi droni che ha ucciso [Soleimani, atto giustificato con la deterrenza e col dire che avrebbe impedito un'offensiva]... un pugno di consiglieri di Trump ha comunque [intravisto un altro] vantaggio strategico dato dall'uccidere Soleimani: chiamiamolo pure rovesciamento del governo..."
"Una serie di note inviate a [John Bolton] nei mesi di maggio e di giugno del 2019 -e rese pubbliche- indica che si tratta di un'occasione per rovesciare il governo iraniano. A redigerle è stato David Wurmser, da molto tempo consigliere di Bolton e impegnato anche come consulente del Consiglio di Sicurezza Nazionale. Wurmser pensa che l'Iran si trovi in una crisi di legittimazione: i vertici politici del paese, a sentir lui, si dividono tra chi anela ad un ritorno apocalittico dell'Imam Nascosto, e chi è propenso al mantenimento della Repubblica Islamica. E in complesso molti iraniani sono preda di un crescente disgusto verso l'incompetenza e la corruttela delle istituzioni.
Il punto fondamentale nella visione di Wurmser [è che] se si prendessero contro l'Iran iniziative impreviste e fuori dall'ordinario, esse disorienterebbero il governo. Bisognerebbe compiere un attacco improvviso," scrive Lake. Un attacco del genere da parte degli USA "scuoterebbe il precario equilibrio di forze all'interno del paese, e il controllo su di esse da cui dipendono la stabilità e la sopravvivenza del governo." Quest'attimo di confusione, secondo Wurmser, si tradurrebbe in un momento di paralisi e provocherebbe nel pubblico iraniano l'impressione che i leader del paese sono deboli.
Le note di Wurmser indicano che l'amministrazione Trump ha pensato di colpire Soleimani fin dall'inizio della crisi in atto, qualcosa come sette mesi fa... [A giugno] l'Iran aveva abbattuto un drone statunitense, e Wurmser consigliò a Bolton di reagire con un'azione plateale, e congegnata in modo da far passare il messaggio che gli USA ritenevano responsabile il governo, e non il popolo iraniano. "La cosa potrebbe anche contemplare qualcosa come un attacco mirato contro qualcuno come Soleimani o i suoi massimi affiliati," scriveva Wumser in un appunto del 22 giugno.
In queste note Wurmser si dice contrario un'invasione dell'Iran. Afferma che la reazione degli USA "non ha bisogno di mettere piede sul terreno, cosa che in concreto non dovrebbe proprio succedere." Insiste invece sul fatto che la si sarebbe dovuta congegnare in modo da esacerbare per il governo iraniano la crisi di legittimità sul piano interno.
Insomma, David Wurmser è la matrioska interna: nessuna invasione militare, ma una strategia che spazzi via la Repubblica. Eli Lake rivela che Wurmser ha continuato tranquillamente a fare da consigliere per Bolton e per Trump per tutto questo tempo. Lo stesso neoconservatore che nel 1996 redasse Come trattare gli stati in via di frammentazione (che nasceva dal famigerato articolo sulla strategia politica del taglio netto scritto per Netanyahu, come guida per distruggere i nemici dello stato sionista). Entrambi gli scritti caldeggiavano il rovesciamento degli stati nazionali arabi di impianto laico, bollati come "cadenti relitti del male sovietico" (il linguaggio è quello di Popper, ovviamente) e come intrinsecamente ostili verso lo stato sionista (e questo era il messaggio vero).
Bene (ma che sorpresa); Wurmser ha scritto di come far implodere l'Iran e di come distruggerlo. La sua illuminazione? "Un attacco mirato contro qualcuno come Soleimani", dividere il vertice politico dell'Iran in fazioni ostili tra loro, aprire una piaga viva nella carne della legittimazione politica del governo iraniano, metterci un dito per allargarla e scatenare la rivolta contro di esso, dando a intendere che gli USA sono schierati col popolo iraniano.
Eli Lake, in questo articolo su Bloomberg, sembra convinto che la strategia di Wurmser abbia funzionato. Davvero? Il problema è che a Washington se la raccontano in una maniera che fino ad ora non ha avuto niente a che vedere con la realtà delle cose. Qualcosa di puramente avulso sotto ogni punto di vista. Al corteo funebre di Soleimani hanno partecipato milioni di persone. Il suo assassinio ha fornito nuovo slancio alla coesione dell'Iran. A protestare sono stati quattro gatti.
Adesso arriviamo alla matrioska successiva: Trump si è adeguato al copione di Wurmser, anche se poi ha ammesso di aver ordinato l'omicidio sotto le forti pressioni dei senatori repubblicani. Magari ha creduto alla narrativa, palesemente assurda, per cui gli iraniani avrebbero festeggiato per le strade l'uccisione di Soleimani. Trump non è comunque famoso per essere uno che ammette i propri errori. Anzi, quando qualche cosa viene fatto risalire ad un suo errore il Presidente indossa la montura del venditore: sta cercando di convincere la sua base che l'assassinio non è stato un errore, ma un grande successo strategico: "Gli piaciamo", ha detto Trump dei manifestanti in Iran.
Tom Luongo ha notato: "La prossima settimana inizia in senato la procedura di impeachment contro Trump. Per il Presidente non sarà una passeggiata, è chiaro. Chi non considera importante la cosa perché il senato è controllato dai repubblicani non capisce, tanto per cominciare, il perché esista questa messa in stato d'accusa. L'impeachment [è in atto perché costituisce] l'estrema forma di pressione su un Presidente il cui desiderio di porre fine alle guerre in Medio Oriente è un anatema per le correnti di potere trincerate nella palude di Washington." Ecco: qui arriviamo a un'altra matrioska, ancora più interna.
Luongo specifica che l'impeachment è stato lo strumento di pressione per dividere i neoconservatori repubblicani del senato da Trump. Adesso, le pressioni della Pelosi contro i senatori repubblicani stanno aumentando di portata. Il potere costituito ha gelato le affermazioni di Trump sull'attacco imminente come giustificativo per l'assassinio di Soleimani, e Trump ha risposto facendo il venditore a tutto campo, raffigurandosi come all'angolo per colpa dell'Iran.
Scendendo sul sentiero di guerra il Presidente ha detto e stradetto, definendo Soleimani "un figlio di..." che ha ucciso "migliaia di persone" e responsabile addirittura per ogni veterano statunitense rimasto mutilato in Iraq. Trump ordisce un'immagine di fantasia in cui i manifestanti si riversano per le strade di Tehran distruggendo le immagini di Soleimani e lanciando invettive contro la leadership iraniana.
Tutte cose senza alcun fondamento. Non c'è stata nessuna manifestazione di massa. Poche centinaia di studenti hanno protestato in una delle principali università di Tehran. Ma Trump ormai imperversa a tutto campo, e si è messo a minacciare i tre paesi europei che hanno firmato gli accordi sul nucleare iraniano che se non diranno in sede di arbitrio delle divergenze al Consiglio di Sicurezza dell'ONU che l'Iran è venuto meno ai patti gli imporrà un doloroso dazio del venticinque per cento sulle loro automobili.
Come farà Trump a evitare di trovarsi impelagato in un conflitto anche più grave se -e quando- in Iraq o in Siria degli ameriKKKani rimarranno vittima delle milizie e Pompeo o Lindsay Graham diranno -sbagliando- che "sono stati i fantocci dell'Iran"? Mandare fax conciliatori agli svizzeri perché li passino agli iraniani non funzionerà perché a Tehran non li leggeranno o comunque non crederanno a quello che c'è scritto, ammesso che l'abbiano mai fatto.
Tutto questo sa di messa in scena, di recita. Una messa in scena molto astuta, destinata a finire con gli USA che superano la linea rossa andando a bersagliare qualche cosa che si trova all'interno del territorio iraniano. Ed eccoci all'ultima matrioska.
A chi torna utile tutto questo? Ad alcuni senatori cui Trump non è mai piaciuto, e che preferirebbero Pence; ai democratici, che a novembre preferirebbero schierare il loro candidato contro Pence piuttosto che contro Trump. E poi, come ha osservato aspramente qualcuno che con Wurmser ha lavorato, quando si sente il nome Wurmser si pensa immediatamente al suo stretto sodale Netanyahu.
L'ultima matrioska?
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