martedì 11 aprile 2017

Alastair Crooke - Donald Trump e il suo tweet da cinquantanove missili


Quello degli "elmetti bianchi" in Siria è solo uno degli ormai innumerevoli casi di montatura propagandistica "occidentale" destinati ad auspicare e ad aizzare l'aggressività yankee.

Traduzione da Consortium News.

Prima della "ritorsione" del Presidente Trump contro la Siria di giovedi sei aprile, scrivevo: "In sostanza, la questione posta dal preteso attacco chimico in Siria della scorsa settimana è questa: i servizi occidentali sono ancora in qualche misura capaci di parlar chiaro con il potere, ammonendolo di non fidarsi della facile, immediata e condiscendente copertura fornita ventiquattro ore al giorno e sette giorni su sette dalle tiritere dei notiziari dei maggiori organi mediatici, e di consigliare ai rispettivi governi di attendere almeno una qualche indagine approfondita?
Oltre a questo, sono in grado di riflettere sulle implicazioni strategiche che qualunque conclusione tendenziosa ed affrettata ha, in un più ampio contesto?"
Adesso la risposta è arrivata: il sistema ha fallito un'altra volta.
Nonostante tutto, forse, ancora balugina fioca la fiammella di una candela da qualche parte in mezzo all'oscurità. Sembra che il Presidente avesse fretta di agire e che sia stato effettivamente oggetto di qualche avvertimento. Qualche personaggio più esperto ha fatto presente la cosa. E l'azione militare è stata ridimensionata rispetto alle iniziali pretese del Presidente. I missili Tomahawk sono comunque partiti, quindi il problema diventa se i servizi, dopo quanto successo, possano ancora vantare una qualche integrità. Perché dopo quello che è successo il genere di cose che quell'ambiente dovrebbe affermare è:
- I russi hanno comunicato agli USA l'obiettivo [delle forze aeree siriane] a Idlib. Esiste una linea telefonica dedicata, che viene utilizzata per coordinare ogni operazione stabilita in modo privo di contrasti (il che significa, impedendo che aerei statunitensi e aerei russi si sparino addosso a vicenda).
- Gli USA erano a completa conoscenza del fatto che a Idlib esisteva un obiettivo che secondo i russi era un deposito di armamenti ed esplosivi dei ribelli islamici.
- L'aviazione siriana ha colpito il deposito con armi convenzionali. Tutti i partecipanti all'iniziativa si aspettavano di assistere ad una grossa esplosione secondaria che invece non c'è stata. Al contrario dal sito ha cominciato ad uscire del fumo; fumo di agenti chimici. Il che significa che i ribelli jihadisti hanno usato quel sito per accumulare non sarin, ma sostanze chimiche letali. Queste sostanze chimiche comprendevano fosfati organici e cloro che hanno seguito i venti ed hanno ucciso dei civili.
- Il forte vento della giornata ha spinto la nube verso il vicino villaggio, dove ci sono state delle vittime.
- Sappiamo che non si trattava di sarin. Per quale motivo? Molto semplice. I cosiddetti "primi soccorritori" hanno toccato le vittime senza guanti. Se si fosse trattato di sarin sarebbero morti anch'essi: il sarin a contatto con la pelle uccide.

La DIA è quasi di sicuro a conoscenza di dettagli di questo genere. Le condizioni in cui versa il sistema dei servizi segreti occidentali possono essere valutate dall'emergere di dubbi e spiegazioni di questo tipo all'indomani di un attacco statunitense -che indicherebbero il ripristino di una certa integrità- oppure dal puro appiattirsi delle gerarchie formali su filastrocche del tipo "di sicuro l'ha ordinato Assad", in modo da salvare la faccia degli USA.
Paradossalmente la guerra di Trump contro le notizie false stavolta gli si può ritorcere contro: dai siti di informazione statunitensi ben informati già viene fuori qualche notiziola in proposito. Insomma, se viene fuori che si è trattato di un'altra false flag messa su da qualche notiziario come quelli su descritti senza alcuna base provata e senza alcun elemento concreto, che conseguenze politiche potranno nascerne?
Un'agenzia dei servizi dotata di una qualche integrità che cosa avrebe riferito in merito a questa situazione al potere costituito? Tanto per cominciare avrebbe messo in chiaro, sulla base di amare esperienze pregresse, che dal punto di vista dell'intelligence le prime impressioni sono spesso impressioni sbagliate. Concludere che "è stato Assad" perché si dà per assodato che "lo abbia già fatto" (nel 2013) non si basa su nessuna prova. Sarebbe una conclusione tanto facile quanto errata.
Magari i servizi ricorderebbero allora al potere costituito che l'AmeriKKKa fu trascinata nella Prima Guerra del Golfo sull'onda emotiva causata, in misura non inferiore, da un simile episodio toccante: la storia dei neonati kuwaitiani tirati fuori dalle incubatrici dai soldati iracheni e lasciati a morire sul pavimento dell'ospedale. Era una balla dalla prima all'ultima parola, ma ebbe un impatto pesante sulla decisione degli USA di entrare in guerra.
Fin da allora gli "attivisti" di tutto il Medio Oriente hanno capito che quello è il tallone d'Achille dell'Occidente: le immagini di bambini che muoiono oscurano e cancellano qualunque prova successiva di come siano andate realmente le cose. La carica emotiva passa avanti a qualsiasi considerazione a mente fredda.
Il punto è questo. Viviamo in un'epoca in cui i media amano toccare le corde dell'emotività senza molto curarsi della verità delle cose. I gruppi di pressione di tutto il mondo lo sanno molto bene, e si servono di questa tendenza per cercare di forzare a proprio vantaggio la mano dell'interventismo occidentale. Insomma, attenzione alla false flag dell'efferatezza umanitaria perché spesso è messa in piedi apposta per provocare una reazione smodata.

In questo ultimo esempio di preteso "impiego di armamenti chimici" c'erano tutti gli estremi perché i servizi statunitensi ed europei evitassero qualunque giudizio affrettato... sempre che fossero ancora capaci di farlo.
In primo luogo, gli avvenimenti sono dubbi; in secondo luogo, i russi -che invece hanno servizi di informazione che si comportano in modo professionale- hanno dato una diversa interpretazione degli eventi che bisognerebbe considerare con attenzione, dal momento che sono loro ad essere presenti sul posto oltre che ampiamente rappresentati all'interno delle varie branche del governo siriano.
In terzo luogo, la credibilità delle "testimonianze" degli White Helmet è opinabile. Quarto, dal momento che in termini di cui prodest non ha alcun senso attribuire il bombardamento chimico di donne e bambini ad una decisione deliberata del Presidente Assad, una simile affermazione dovrebbe essere sostenuta da prove rigorose.
Sarebbe assurdo prenderla per buona: perché mai sarebbe compatibile con l'interesse del Presidente Assad attaccare donne e bambini (o chiunque altro, se è per questo) con armi chimiche? Il Presidente Trump avrebbe dovuto chiedere ai suoi servizi di investigare con serietà sul cui prodest. Non si tratta di essere di parte: cose del genere rappresentano competenze indiscusse per chi si occupa di intelligence in modo professionale.
E le conseguenze? Si può anche arrivare a concludere che saranno pressoché nulle: i russi erano stati avvertiti del lancio dei missili, e a loro volta hanno avvertito i siriani, che avevano allontanato la maggior parte degli aerei dalla base prima dell'attacco.
L'attacco missilistico inoltre aveva come obiettivo un aeroporto secondario, dal quale era partito l'attacco aereo siriano. Insomma, quanto successo potrebbe essere considerato come null'altro che un "tweet" muscolare di Donald Trump, inviato via missile (cinquantanove milioni di dollari). Messaggio spedito, e fine.
Potrebbe essere, se si adotta questo punto di vista. Ma così non è. Dopo che Trump ha lanciato un tweet di cinquantanove Tomahawk (il 39% dei quali ha raggiunto l'obiettivo) non ci si trova in regime di ordinaria amministrazione ma non è neppure un fatto che fara precipitare gli avvenimenti verso la guerra aperta. Non ci sarà reazione militare apprezzabile, e qualcuno potrà anche compiacersi con se stesso perché l'AmeriKKKa si è finalmente levata a difesa dei propri valori.
Senza clamore però si stanno riformulando i calcoli sul piano geostrategico. Il mondo è cambiato. I Tweet a mezzo missile da crociera non incutono terrore nei governi "non condiscendenti" come avrebbero potuto fare un tempo. Il "non Occidente" ha appreso un intero repertorio di risposte a fronte del quale gli USA negli ultimi tempi si sono mossi con difficoltà.
Si pensi a cosa è successo: meno di una settimana prima Rex Tillerson andava dicendo ad Ankara che "lo status nel lungo termine del Presidente Assad sarà deciso dal popolo siriano." Cento ore dopo Assad era diventato "un criminale di guerra" e la Russia era complice nell'attacco chimico (a detta di Nicki Haley, ambasciatore statunitense all'ONU). Ancora ventiquattro ore, ed ecco che si alzano in volo i missili.
Il messaggio è assai chiaro: gli USA hanno cambiato completamente rotta e sono tornati al vecchio pensiero di gruppo neoconservatore. Russia, Cina, Iran e molti altri paesi devono tenerne conto: rimarranno tutti sorpresi della velocità con cui gli USA hanno cambiato dottrina in un batter di ciglia, senza fermarsi neppure un attimo a riflettere.
Russi, cinesi ed iraniani non suoneranno certo la carica, ma la Cina penserà a cosa significa questo per gli attriti che ha con l'amministrazione Trump sulla questione del Mar Cinese Meridionale; la Russia riformulerà la propria linea di comportamento in Siria, ora che "la possibilità di collaborare con gli USA in funzione antiterrorismo è stata indebolita" e l'Iran rafforzerà le proprie posizioni in Siria, in Iraq... e nello Yemen.
Più pericoloso è il fatto che la faglia che in Medio Oriente separa l'Iran ed i suoi alleati dall'Arabia Saudita e dai suoi si aggraverà e le ostilità si inaspriranno, ora che gli USA si sono esplicitamente collocati nel campo di cui fanno parte lo stato sionista ed i paesi del Golfo.
Il fatto è che questi cinquantanove Tomahawk hanno dimostrato che la politica estera statunitense non ha alcun ancoraggio strategico, e tornerà alla configurazione di default dei neoconservatori ogni  volta si troverà alle prese con un evento improvviso. In realtà, come notato da Robert Perry, Trump non ha pensato ad una politica estera in termini di assunti di base, ma si è sostanzialmente concentrato sui rapporti di scambio, "chiedendo che gli 'alleati', dal Giappone all'Arabia Saudita fino alle nazioni europee della NATO, pagassero di più per il costoso ombrello protettivo statunitense." Di per sé questo non costituisce una politica estera, la quale si ritrova dunque in larga parte priva di ancoraggi.
Come messaggio semplice, alla portata di ogni ameriKKKano, la cosa ha comunque funzionato. Questi paesi contraccambiano con due palanche, e gli USA non possono più permettersi di essere generosi in questo senso perché devono ricostruire il paese. La maggioranza degli ameriKKKani può mostgrarsi sensibile ad una dichiarazione tanto esplicita e dalla verità così scontata.

Parry ha scritto che si sono susseguiti inviti a "cambiare linea, abbandonando l'incostante e sanguinosa campagna intrapresa da Obama per rovesciare il governo in Siria, ad accettare una soluzione più realistica per il marasma politico in Libia, e a cercare di collaborare con la Russia per combattere il terrorismo dello Stato Islamico e di Al Qaeda e per ridurre le tensioni internazionali come la perdurante crisi in Ucraina," e questo è vero. Tuttavia il punto debole di questo approccio, come nota lo stesso Parry, è che l'amministrazione si è trovata "impastoiata dalla propria incapacità di liberarsi da molti dei pensieri di gruppo che hanno dominato negli ultimi venticinque anni la vita politica ufficiale di Washington, perché il mondo della politica estera è caduto nelle mani dei neoconservatori e dei loro sodali più giovani, gli interventisti liberali. Questo ne ha in sostanza bandito i realisti, un tempo influenti, e i pochi partigiani della pace."
Il risultato è che la squadra di Trump di quando in quando sbanda, cercando di ottemperare ora a questo, ora a quello fra i mantra dominanti, che sono "l'assecondare i sauditi ed i sionisti; il ripetersi il mantra neoconservatore sull'Iran come principale propugnatore del terrorismo (nonostante si tratti di un'evidente falsità, dal momento che Al Qaeda ed altri gruppi terroristici sunniti sono sostenuti da alleati degli USA come l'Arabia Saudita ed il Qatar) [oppure] il ricadere nel solco tracciato dal battage della NATO secondo cui la Russia è il nuovo nemico pubblico numero uno."
Robert Parry conclude però che "senza qualcuno che apporti un deciso pensiero strategico, che sia in grado di adottare una linea definita e di guidare in modo ponderato l'amministrazione" alla politica estera mancherà qualsiasi vera impostazione geostrategica.
Non è dunque chiaro se la squadra di governo nel suo insieme (pensiamo a suoi appartenenti come Nikki Haley) concordi sinceramente con la visione di base che Trump ha della politica estera e che considera che sia interesse per la sicurezza degli USA, come per quella dei paesi europei, arrivare alla distensione con la Russia. Questo assunto adesso è finito in ombra, probabilmente in modo irrimediabile.
Ci si può chiedere come mai tutto sia andato così storto. Ma pare che Trump sia stato indebolito dal susseguirsi di battute d'arresto sul piano legislativo e su quello operativo. Forse ha ceduto al desiderio di mostrarsi capace di azioni fulminee, decisive e macroscopiche e queta storia delle armi chimiche gli è sembrata essere una buona occasione. L'attuale amministrazione tuttavia è anche segnata dall'esistenza di correnti profondamente rivali, ciascuna delle quali cerca di tirare Trump dalla propria parte. In Politico si riassume la situazione scrivendo che "[all'interno della squadra di governo] esiste un'aspra contesa tra nazionalisti e 'democratici dell'ala occidentale'". Steve Bannon e i suoi sono i nazionalisti, mentre l'espressione 'democratici dell'ala occidentale' indica Jared Kushner -un tempo democratico newyorkese- ed i suoi. Bannon è appena stato rimosso dal Consiglio per la Sicurezza Nazionale, non si sa se per propria scelta o se per le mene di Kushner e del consigliere McMaster (le cose non sono molto chiare).
Tra i due consiglieri più influenti c'è un abisso che sicuramente aggiunge del proprio alla volatilità della linea politica perché Kushner sostiene un atteggiamento più liberale e popolare, lamentando il fatto che Bannon starebbe minando la popolarità del suocero; Bannon ivece rappresenta la linea più radicale e nazionalista.
Bombardare la siria, forse, in AmeriKKKa è stato visto come un gesto bipartisan e ampiamente popolare. Un affare facile, al costo di cinquantanove milioni di dollari.

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