domenica 20 gennaio 2013

Lavoro, Arbeit, אַרבעט


Il lavoro sta perdendo ogni diritto, colpito da un’azione disgregatrice messa in moto da un passaggio culturale preparato sin dal crollo del cosiddetto socialismo reale, il quale, con tutte le sue iniquità, le sue ingiustizie e le sue nefandezze, si ergeva a difesa delle conquiste dei lavoratori dell’Occidente.
Nello spazio di un mattino, i diritti del lavoro sono diventati un fattore negativo. Il lavoro fisso, un privilegio: il lavoro continuativo un lusso; il lavoro come fonte di crescita etica e culturale, un’insopportabile pretesa. E quelli che per trentacinque anni hanno passato fino a quarantotto ore la settimana in una fonderia, in condizioni ambientali di tossicità, mantenendo le famiglie e riuscendo a laureare i figli e conseguendo una sobria pensione, vengono bollati come egoisti che rubano il lavoro ai giovani.
Questa ripugnante menzogna che mira a coprire la cloaca dei veri privilegi, delle rendite finanziarie e parassitarie ottenute grazie a corruzione, evasione fiscale, sprechi ed economia criminale è diventata la giaculatoria dei Soloni di un sistema che, dopo essersi definito il migliore dei mondi possibili, ha precipitato le economie di buona parte del pianeta nel baratro di una crisi spaventosa, e intende far pagare al lavoro i costi delle trasformazioni epocali.
I cosiddetti mercati hanno istituzionalizzato la crisi come emergenza permanente, per tenere sotto ricatto l’intero mondo dell’economia reale. I diritti sociali hanno subito una progressiva erosione attraverso provvedimenti che li hanno svuotati fino a renderli sempre più formali. I meccanismi pervasivi dei potere economico-finanziario non solo dettano le regole alle società omologate per il tramite di un apparato politico esautorato ed asservito, ma, attraverso un capillare e poderoso sistema mediatico fabbricano il senso stesso dell’esistere, per conferire legittimità a quelle regole inique e chiudere il cerchio.

Moni Ovadia, Santità del lavoro. In Madre Dignità, 2012.

1 commento:

  1. Anche lui a venerare l'idolo del "lavoro" quando la vera rivoluzione sarebbe appaltare il lavoro alle macchine e vivere di rendita tutti, abolendo la logica del profitto per chi detiene i mezzi di produzione e tornando a un'economia di mera sodisfazione dei bisogni senza mercato e godimento dei servizi. Senza mercificazione.

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