giovedì 28 aprile 2022

Ritratto di Giovanni Maspero ristoratore in Como con Irina Katchanova. Differenze fra i Tigli in Theoria e i tigli in pratica.


Una felice immagine di Giovanni Maspero e Irina Katchanova, ritratti in un contesto raffinato e in un ambiente di sobria eleganza.
Il signor Maspero è un uomo intraprendente, dai variegati e multiformi interessi imprenditoriali.
Fra le altre cose ha allestito e diretto i Tigli in Theoria, un costosissimo ristorante in centro a Como. Un piatto vi costa intorno ai trentacinque euro, una cifra con cui una persona normale acquista derrate sufficienti a sostenersi per diversi giorni.
Il 27 aprile 2022 il signor Maspero è stato arrestato come un punkabbestia qualsiasi e non certo per aver cercato di fare la rivoluzione.
Oltre cento milioni di evasione fra tasse e contributi.
Una bella differenza, fra i Tigli in Theoria e i tigli in pratica.
Negli stessi giorni la "libera informazione" gronda piagnistei di padroni di mescite, osterie e locande concordemente intonati al miserere per un settore in cui è venuta a mancare la mano d'opera.
Da alcuni anni lo stato che occupa la penisola italiana ha introdotto una misura di sostegno chiamata "reddito di cittadinanza" che ha consentito a molti lavoratori palesemente sottopagati di sottrarsi alla disinvoltura di osti e locandieri.
Un provvedimento che i ben vestiti di cui sopra considerano una vera iattura.

Non occorre aggiungere molto altro.

L'immagine viene dall'autoschedatura di Maspero sul Libro dei Ceffi -precipitosamente chiusa dopo l'arresto- e viene qui riprodotta al preciso scopo di alimentare odio di classe.


domenica 24 aprile 2022

Alastair Crooke - Errori (anche) tattici e conseguenze strategiche



Traduzione da Strategic Culture, 18 aprile 2022.

I falchi della NATO negli USA e in Europa e gli interventisti liberali vogliono più di ogni altra cosa vedere Putin umiliato e reietto. Molti in Occidente vogliono la testa insanguinata di Putin su una picca alle porte della città, ben in vista per tutti, come esplicito monito a quanti sfidano l'ordine internazionale costituito. Il loro obiettivo non è solo il Pakistan o l'India, ma la Cina innanzitutto.
Eppure i falchi si rendono conto che non si azzardano -non possono- procedere a tutta manetta. Nonostante il loro atteggiamento bellicista vogliono che l'aspetto cinetico del conflitto resti limitato ai confini dell'Ucraina: Niente truppe statunitensi sul terreno (anche se quelle sulla cui esistenza si deve tacere sono già sul posto, e hanno "guidato i colpi").
Il Pentagono per esempio -almeno quello- non vuole rischiare una guerra con la Russia suscettibile di degenerare e di arrivare fino al ricorso alle armi nucleari. Questa posizione tuttavia viene adesso messa in discussione da protagonisti dello schieramento neoconservatore che sostengono che il timore che la Russia possa ricorrere al potenziale nucleare è frutto di esagerazioni e dovrebbe essere messo da parte.
Così, per realizzare questi grandiosi progetti l'Occidente si è limitato (dal 2015) ad addestrare e armare i quadri delle forze di élite (come il reggimento Azov) e ad assicurarsi che venissero inseriti a tutti i livelli -compresi i vertici- della leadership politica e militare ucraina.
L'obiettivo in questo caso è stato quello di reggere le operazioni belliche (dato che quella di una piena vittoria non è un'opzione). Più a lungo la guerra continua, recita la narrativa statunitense, più quelle cinquemila sanzioni varate contro la Russia ne danneggeranno l'economia e eroderanno il sostegno alla guerra da parte dell'opinione pubblica russa.
Le esperienze fatte in Siria permeano il teatro degli scontri. Per le forze russe è stata preziosa l'esperienza acquisita ripulendo Aleppo dagli estremisti jihadisti.Per il Comando per le Operazioni Speciali degli Stati Uniti, che addestra queste unità d'élite ucraine, le virtù rappresentate dall'esercizio della pura spietatezza e delle provocazioni (affinate a Idlib dai loro protetti di ieri) sembrano aver impressionato i loro ex istruttori occidentali a sufficienza da giustificarne il passaggio ad un presunto movimento insurrezionale guidato dal battaglione Azov, anche se in azione dal polo opposto dell'ideologia insurrezionalista.
Ci sono motivi per pensare che l'FSB (il servizio di sicurezza russo) possa aver sottovalutato come il ricorso a tattiche di gestione della popolazione come quelle usate a Idlib potrebbe lasciare persino una popolazione civile a maggioranza filorussa troppo imbelle per respingere efficacemente un dominio in stile Azov. Di conseguenza, le forze russe hanno dovuto impegnarsi più del previsto. Questo può essere stato un errore tattico, ma non un errore strategico.
Un grosso errore strategico invece è stato, per l'Occidente, decidere di combattere innanzitutto una guerra finanziaria contro la Russia, guerra che potrebbe rivelarsi la rovina per i piani occidentali. L'insurrezione ucraina, in pratica, è stata confinata in gran parte a operare in modo da fornire più tempo alle sanzioni e alle operazioni di guerra psicologica in grande stile, in modo che il fronte interno russo inizi a risentire di entrambe.
Bene, ecco il problema: a marzo il presidente Biden si è presentato al Congresso e ha dichiarato che il rublo russo era sceso del 30% e il mercato azionario russo del 40%. L'economia russa, diceva, era sulla via del collasso; la missione era quasi compiuta.
Eppure, contrariamente alle attese del G7 per cui le sanzioni occidentali avrebbero fatto crollare l'economia russa, il Financial Times ha dovuto ammettere che "Va detto sottovoce... Ma il sistema finanziario russo sembra [oggi] essersi ripreso dallo shock iniziale delle sanzioni"; il "settore finanziario russo si è rimesso in piedi dopo gli ostacoli costituiti dapprincipio dalle sanzioni". E le vendite di petrolio e gas dalla Russia -più di un miliardo di dollari al giorno, in marzo- significano che essa sta continuando ad accumulare grandi profitti dal commercio estero. La Russia si ritrova col più grande surplus dal 1994, dato che i prezzi dell'energia e delle materie prime si sono impennati. Ironicamente, oggi come oggi le prospettive economiche della Russia sembrano per molti aspetti migliori di quelle dell'Occidente. Come la Russia, l'Europa ha già -o avrà presto- un tasso di inflazione a due cifre. La grande differenza è che l'inflazione russa sta scendendo, mentre quella europea sta aumentando al punto (in particolare per i prezzi dei generi alimentari e dell'energia) che gli aumenti accenderanno probabilmente il malcontento popolare e le proteste.
Bene. Il G7 ha sbagliato; la crisi politica in effetti era stata messa in programma per la Russia, non per l'Europa. E gli stati dell'Unione Europea sembrano ora intenzionati a raddoppiare: se la Russia non è crollata come ci si aspettava, allora tocca all'Europa deve fare il servizio completo: via tutto, semplicemente. Nessuna nave russa che entra nei porti dell'Unione Europea, nessun camion che attraversa le frontiere dell'Unione Europea, niente carbone, niente gas e niente petrolio. "In Russia non deve arrivare un euro", è il grido di battaglia. Ambrose Evans-Pritchard scrive sul Telegraph: "Olaf Scholz deve scegliere tra un embargo energetico alla Russia o un embargo morale alla Germania":
"...il rifiuto dell'Europa occidentale di tagliare i finanziamenti alla macchina da guerra di Vladimir Putin è inammissibile. Il danno morale e politico per la stessa UE sta diventando proibitivo. Una linea politica che è già un disastro diplomatico per la Germania, che scopre attonita che il presidente Frank-Walter Steinmeier è un paria -il Kurt Waldheim della nostra epoca?- così stigmatizzato da due decenni nel ruolo di signore oscuro delle collusioni col Cremlino che l'Ucraina non lo farà entrare nel paese. Questo indugiare non rende giustizia al popolo tedesco, che sostiene in modo schiacciante una risposta che sia all'altezza della minaccia alla propria esistenza che l'ordine liberale europeo sta affrontando".
Ecco chiaramente la seconda revisione, il piano B per i grandiosi progetti: la Russia sta sopravvivendo alla guerra mossale dal Tesoro perché l'Unione Europea compra ancora gas ed energia. L'UE -e la Germania più in particolare- stanno finanziando la "grottesca e immotivata guerra" di Putin. Si continua con la tiritera: "Non un euro a Putin!".
Il secondo errore strategico è dato dall'incapacità di comprendere che la resilienza economica della Russia non deriva solo dal fatto che l'UE continua ad acquistarne il gas. Essa è piuttosto frutto del fatto che la Russia ha operato su entrambi i lati dell'equazione, collegando il rublo all'oro e poi collegando i pagamenti energetici al rublo; in questo modo il valore della sua valuta è salito.
La Banca di Russia sta così alterando dalle fondamenta tutti i presupposti del funzionamento del sistema commerciale globale, sostituendo come valuta commerciale il traballante dollaro con una solida valuta basata sulle materie prime. Allo stesso tempo sta innescando un mutamento del ruolo dell'oro, che torna ad essere un baluardo a sostegno del sistema monetario.
Paradossalmente, sono stati gli stessi Stati Uniti a preparare il terreno per questo passaggio al commercio in valuta locale, col sequestro senza precedenti delle riserve russe e con le loro minacce nei confronti dell'oro russo (se solo potessero metterci le mani sopra). Questo ha allarmato altri paesi che temevano che dopo sarebbe stato il loro turno, se solo avessero provocato il capriccioso "dispiacere" di Washington. Più che mai, il mondo non occidentale è oggi aperto al commercio in valuta locale.
Questa strategia fondata sul boicottaggio delle fonti energetiche russe ovviamente mette all'angolo l'Europa. L'Europa non può in alcun modo sostituire l'energia russa con altre fonti, almeno per i prossimi anni: né rivolgendosi all'AmeriKKKa, né al Qatar, né alla Norvegia. Ma la leadership europea, in preda a un'indignazione frenetica per la marea di immagini atroci che arriva dall'Ucraina e convinta che l'"ordine liberale" ad ogni costo deve prevenire una sconfitta nel conflitto ucraino, sembra pronta ad andare a diritto nonostante tutto.
Ambrose Evans-Pritchard continua:
"In Germania, gli sbarramenti della politica stanno cedendo. Die Welt fotografa l'esasperazione dei media definendo l'idillio fra la Germania e la Russia di Putin 'il più grande e pericoloso errore di calcolo nella storia della Repubblica federale'. I presidenti delle commissioni esteri, difesa e dei rapporti con l'Europa al Bundestag -che comprendono tutti e tre i partiti della coalizione - hanno tutti chiesto un embargo sul petrolio giovedì [14 aprile, n.d.t.]. "Dobbiamo finalmente dare all'Ucraina ciò di cui ha bisogno, armi pesanti comprese. Un embargo energetico completo è fattibile", ha detto Anton Hofreiter, dei Verdi, presidente della commissione per i rapporti con l'Europa".
L'aumento dei costi energetici implicito nel fare a meno delle fonti russe finirà semplicemente di stroncare ciò che rimane della competitività dell'UE, e porterà a un'inflazione altissima e a disordini politici. Tutto questo fa parte dell'agenda originale della NATO, che prevede di tenere l'AmeriKKKa in Europa, tenerne fuori la Russia e far volare bassa la Germania?
Ci sono serie linee di faglia che si irradiano da questo tentativo eurostatunitense di riaffermare il proprio "liberalismo", e che insiste nel non tollerare alcuna alterità. Su questioni come l'agenda di un'élite scientifico-tecnologica e sulla "vittoria" in Ucraina, non può esistere un'altra prospettiva. Siamo in guerra.
Cosa succederà, allora? Il risultato più probabile è che l'economia russa non crollerà, nemmeno se l'Unione Europea dovesse fare tabula rasa del commercio energetico e di tutto quanto il resto. La Cina appoggerà la Russia, e dire Cina significa dire l'economia globale. Non è che si può metterla sotto sanzioni fino a quando non capitola.
Scacco matto? Bene, quale potrebbe essere il piano C dell'Occidente? La frenesia bellicista, l'odio viscerale, un linguaggio che sembra fatto apposta per escludere qualsiasi venire a patti con Putin, oppure la leadership di Mosca è ancora al suo posto, e i neo-conservatori stanno sentendo nell'aria che è la loro occasione.
"L'intellettuale neoconservatore ed ex scrittore di discorsi per Reagan John Podhoretz ha recentemente scritto un tronfio editoriale intitolato La riscossa dei neoconservatori. In questo corsivo si legge che gli architetti della Guerra al Terrore come lui sono ora 'di nuovo sulla breccia', gli eventi mondiali hanno dimostrato che hanno ragione su tutto - dai poliziotti di quartiere alla guerra".
Non solo sono tornati sulla breccia, afferma Podhoretz, ma i neoconservatori hanno sconfitto i loro principali nemici intellettuali sul piano della cornice morale della deterrenza. Sul piano interno la questione Ucraina si traduce in questo modo e i neoconservatori pensano che l'Ucraina li abbia portati alla riscossa.
Naturalmente quando l'invasione dell'Iraq si è conclusa con una sconfitta monumentale, i neoconservatori sono stati scherniti da tutti e Podhoretz si era messo a balbettare scuse. Non sorprende che di conseguenza l'originario avallo all'intervento militare degli Stati Uniti sia rapidamente uscito di scena e che e la guerra a colpi di sanzioni intrapresa dal Tesoro ne abbia preso il posto: un interventismo di questo genere non richiede l'invio di truppe sul terreno.
Insomma, ecco perché i neoconservatori condividono l'idea -sbagliata- che la guerra intrapresa dal Tesoro unita a una guerra psicologica tirata fino all'estremo potrebbe far abbassare la cresta a Putin.
I neoconservatori sono entusiasti del fatto che la guerra finanziaria stia fallendo. Dal loro punto di vista, questo rimette sul tavolo l'opzione militare, con l'apertura di un nuovo 'fronte': un'azione aggressiva basata sulla fondamentale originaria premessa per cui uno scambio nucleare con la Russia deve essere evitato, e che l'elemento cinetico del conflitto deve restare accuratamente circoscritto per evitare questa possibilità.
"È vero che agire con fermezza nel 2008 o nel 2014 avrebbe significato rischiare uno scontro", ha scritto Robert Kagan nell'ultimo numero di Foreign Affairs deplorando il rifiuto degli Stati Uniti di affrontare militarmente la Russia.
 "Ma Washington lo scontro lo sta rischiando adesso; le ambizioni della Russia hanno creato una situazione intrinsecamente pericolosa. È meglio per gli Stati Uniti rischiare il confronto con qualche potenza belligerante quando essa è nelle prime fasi di un ambizioso programma di espansione, non dopo che essa ha già consolidato vantaggi sostanziali. La Russia può anche possedere un temibile arsenale nucleare, ma il rischio che Mosca vi ricorra non è più alto ora di quanto lo sarebbe stato nel 2008 o nel 2014 se l'Occidente fosse intervenuto allora. E poi il rischio è sempre stato straordinariamente piccolo: Putin non avrebbe mai ottenuto i suoi obiettivi distruggendo se stesso e il suo paese, insieme a gran parte del resto del mondo".
Insomma, non preoccupatevi di andare in guerra contro la Russia, Putin non userà la bomba.
Davvero? Perché si dovrebbe esserne così sicuri?

Questi neoconservatori sono riccamente sovvenzionati dall'industria bellica. Non vengono mai abbandonati dalle proprie reti. Vanno e vengono dentro e fuori dai posti di potere, sistemati in parcheggi come il Council on Foreign Relations o Brookings o l'AmeriKKKan Enterprise Institute, prima di essere richiamati al governo. Sono stati i benvenuti alla Casa Bianca di Obama o di Biden come alla Casa Bianca di Bush. La guerra fredda per loro non è mai finita e il loro mondo è rimasto binario: noi e loro, bene e male.
Solo che al Pentagono non ci cascano. Al Pentagono sanno cosa significa una guerra nucleare. Quindi la conclusione è che le sanzioni danneggeranno l'economia russa ma non la faranno crollare. La guerra vera, non quella della propaganda che racconta dell'incompetenza dei russi e dei loro fiaschi militari, sarà vinta dalla Russia. Tutte le forniture militari di apparati massicci provenienti da Europa e USA alla volta dell'Ucraina saranno vaporizzate appena attraversano il confine, e l'Occidente sperimenterà ciò che più teme: essere umiliato nel proprio tentativo di riaffermare l'ordine liberale.
L'Europa teme che senza una clamorosa riaffermazione vedrà comparire linee di faglia in tutto il mondo. Ma queste fratture sono già presenti: Trita Parsi scrive che "i paesi non occidentali tendono a vedere la guerra della Russia in modo molto, molto diverso":
"La richiesta occidentale di affrontare costosi sacrifici tagliando i legami economici con la Russia per difendere l'ordine costituito ha generato una reazione allergica. Quell'ordine non si è mai basato su delle regole; al contrario, ha permesso agli Stati Uniti di violare impunemente il diritto internazionale. I segnali dell'Occidente sulla situazione in Ucraina hanno portato la sua sordità selettiva a un livello completamente nuovo, ed è improbabile che esso si accattivi il sostegno di paesi che hanno spesso sperimentato gli aspetti peggiori dell'ordine internazionale".
Allo stesso modo, l'ex consigliere indiano per la sicurezza nazionale Shivshankar Menon ha scritto su Foreign Affairs che "lungi dal consolidare il 'mondo libero', la guerra ha messo ancor più in evidenza la sua incoerenza sostanziale. In ogni caso, il futuro dell'ordine globale sarà deciso non dalle guerre in Europa ma dalla sfida in Asia, su cui gli eventi in Ucraina hanno una rilevanza limitata".
La caratteristica più rilevante del primo turno delle elezioni presidenziali francesi della scorsa settimana è che anche se Macron dovesse vincere il 24 aprile (e l'establishment e i suoi media faranno di tutto per assicurare la sua vittoria), si tratterà di una vittoria di Pirro. La maggioranza degli elettori francesi il 13 aprile ha votato contro un sistema dominato dagli interessi incrociati tra lo Stato e la sfera delle grandi imprese.
Gli elettori francesi sentono di star andando diritti verso un'inflazione più alta, tenore di vita in declino, più regolamentazione sovranazionale, più NATO, più UE e più diktat ameriKKKani.
Ora, gli si viene a dire che l'aumento dei prezzi dei generi alimentari, del riscaldamento e dei carburanti è il prezzo da pagare per paralizzare la Russia e la Cina e per "salvaguardare il tessuto morale dell'ordine liberale".
Se si dovessero indicare le caratteristiche di questa tacita guerra, le si potrebbero trovare in un Macron che parla (a bassa voce) a La France, la Francia in senso astratto. La Le Pen, al contrario, ha parlato con il popolo francese, e ha parlato di una pratica politica con cui essi possono relazionarsi in modo personale. Dalla contesa elettorale le vecchie categorie e i "contenitori" tradizionali della politica francese -la Chiesa cattolica, il partito repubblicano e il partito socialista- sono usciti ridotti a qualcosa di insignificante. Il presidente Eisenhower, nel suo discorso d'addio del 1961, aveva chiaramente previsto lo scisma imminente:
 "Oggi, l'inventore solitario è stato surclassato da task force di scienziati nei laboratori e nei campi di collaudo. Allo stesso modo l'università, storicamente la fonte delle idee libere e della scoperta scientifica, ha sperimentato una rivoluzione nella conduzione della ricerca. In parte a causa degli enormi costi coinvolti, un contratto governativo diventa praticamente un sostituto della curiosità intellettuale. Per ogni vecchia lavagna ci sono ora centinaia di nuovi computer elettronici.
La prospettiva che gli studiosi di tutta la nazione finiscano sotto la supremazia dell'impiego federale, del finanziamento dei progetti e del potere del denaro è sempre presente - ed è qualcosa da considerare seriamente.
Tuttavia, nel considerare -come dovremmo- la ricerca e la scoperta scientifica con rispetto, dobbiamo anche essere attenti al pericolo uguale e contrario: che la politica pubblica possa finire essa stessa prigioniera di una élite scientifica e tecnologica".
La guerra è questa. 
 
 

martedì 5 aprile 2022

Alastair Crooke - Un'occasione così capita una volta ogni cento anni

 


Traduzione da Strategic Culture, 4 aprile 2022.

Accidenti: la sorte cambia davvero rapidamente. Sembra ieri che un ministro delle finanze francese parlava dell'imminente crollo dell'economia russa mentre il presidente Biden statuiva che del rublo restavano solo le macerie perché l'Occidente tutto insieme aveva sequestrato le riserve in valuta estera della Banca centrale di Russia, aveva minacciato di sequestrare tutto l'oro russo su cui poteva mettere le mani e si era messo a imporre sanzioni senza precedenti a individui, aziende e istituzioni russe. Una guerra finanziaria totale.
Beh, non è andata così. Queste iniziative hanno infuso nei responsabili delle banche centrali di tutto il mondo la terrificante prospettiva per cui anche le loro riserve potrebbero essere sequestrate se essi si azzardassero a non conformarsi. Tuttavia, l'arrogante decisione dell'esecutivo di Biden di provare ancora una volta a far crollare l'economia russa (il primo tentativo fu nel 2014) può ancora essere considerata dal punto di vista geopolitico come un importante punto di svolta.
La sua rilevanza da questo punto di vista potrebbe alla fin fine eguagliare quella dell'abbandono della convertibilità del dollaro statunitense in oro da parte di Nixon nel 1971 anche se stavolta gli eventi puntano in direzione esattamente opposta.
Le conseguenze dell'abbandono dell'oro da parte di Nixon hanno avuto la portata di una bomba atomica. Il sistema commerciale basato sul petrodollaro che ne derivò ha permesso all'AmeriKKKa di bombardare il mondo di sanzioni e di sanzioni accessorie, consentendo agli Stati Uniti una egemonia finanziaria unipolare dopo che il mero militarismo statunitense inteso come principale pilastro a sostegno dell'ordine globale aveva perso credibilità in seguito alle vicende della guerra del Golfo del 2003.
Adesso, ad appena un mese da tutto questo, vediamo articoli sulla stampa finanziaria secondo cui sono il sistema finanziario occidentale e la valuta di riserva mondiale ad essere in aperto declino, e non il sistema economico della Federazione Russa.
Allora, cosa sta succedendo?
Il sistema nato dopo il 1971 è cambiato rapidamente, passando dal basarsi su una merce -il greggio - al basarsi su una moneta legale, che altro non è che la "promessa" di onorare l'obbligazione che deriva da un debito. Una valuta dalle basi solide costituisce la garanzia che il rimborso avverrà. Al contrario, ogni singolo dollaro del capitale di riserva non è sostenuto da nulla di tangibile: solo dalla "piena fiducia" e dal "credito" di cui gode l'entità emittente.
Quello che è successo è che questo sistema basato sulla moneta legale ha iniziato la parabola discendente quando i falchi russofobi di Washington hanno stupidamente scelto di battagliare con l'unico paese -la Russia- che ha le materie prime necessarie per impartire una rotta al mondo, e per innescare il passaggio a un sistema monetario diverso; a un sistema che è ancorato a qualcosa di diverso dalla valuta legale.
Bene, il primo colpo al sistema -conseguenza della guerra finanziaria occidentale contro la Russia- altro non è stato che il caos nei mercati delle materie prime, con l'impennarsi astronomico dei prezzi. La Russia è un super fornitore di materie prime a livello mondiale, ed è stata subissata di sanzioni.
Poi all'inizio di marzo Zoltan Pozsar, che ha lavorato alla Fed di New York dopo essere stato consulente del Tesoro degli Stati Uniti e che attualmente è uno stratega del Credit Suisse, ha pubblicato un resoconto in cui sostiene che il mondo sta andando verso un sistema monetario in cui le valute sono sostenute da materie prime, invece di essere sostenute esclusivamente dalla "piena fiducia" e dal "credito" di cui gode un emittente sovrano.
Pozsar è una delle più reputate voci di Wall Street e ha sostenuto che il sistema monetario oggi in essere ha funzionato fino a quando i prezzi delle materie prime hanno oscillato in modo prevedibile all'interno di una banda ristretta; cioè non sotto pressioni estreme, proprio perché le materie prime sono garanzia per altri strumenti di debito. Tuttavia, quando l'intero comparto delle materie prime si trova sotto pressione -come in questo momento- i prezzi delle materie prime che si impennano portano impazziti tirando la volata a una più ampia sfiducia nei confronti del sistema. Proprio quello cui stiamo assistendo adesso.
In poche parole con la guerra finanziaria contro la Russia l'Occidente ha ricevuto da Mosca una lezione perentoria. Le valute più resistenti non sono il dollaro o l'euro ma il petrolio, il gas, il grano e oro. Esattamente: l'energia, il cibo e le risorse strategiche costituiscono valute.
Poi il sistema ha subito un altro colpo. Il 28 marzo la Russia ha annunciato che avrebbe imposto un valore minimo al prezzo dell'oro. La sua Banca Centrale avrebbe comprato oro a un prezzo fisso di 5000 rubli al grammo almeno fino al 30 giugno, ovvero fino allla fine del secondo trimestre.
Un cambio di cento rubli per dollaro implica che l'oro costi 1550 dollari per oncia e un cambio di col rublo di settantacinque a uno, ma oggi il cambio è di ottantaquattro a uno, ovvero per un dollaro ne servono più di settantacinque. Tom Luongo ha notato tuttavia che il fatto che la Banca Centrale compri oro a un tasso fisso è un incentivo per i russi -da parte di un organo che fa da arbitro- a tenere i risparmi in rubli, perché il rublo viene "fissato" ad un tasso sottovalutato rispetto ad un prezzo dell'oro sopravvalutato sul mercato libero (circa 1.936 dollari per oncia, al momento in cui scriviamo).
In breve, l'impegno della Banca centrale russa mette in moto una dinamica atta a riportare il rublo in equilibrio con l'attuale prezzo in dollari dell'oro sul mercato libero. E in men che non si dica, in barba allo sforzo europeo-statunitense per far crollare il valore di scambio del rublo e causarne la crisi, il rublo è già tornato al suo livello prebellico mentre è il dollaro a essere crollato rispetto ad esso.
Si noti questo: se il valore del rublo dovesse salire ulteriormente rispetto al dollaro -diciamo da cento a uno a novantasei a uno- come risultato della forza commerciale delle materie prime russe, il prezzo imputato dell'oro diventerebbe di 1610 dollari per oncia. In altre parole, il valore dell'oro aumenterebbe.
La situazione presenta anche un altro problema. Gli europei stanno protestando a gran voce perché Putin ha preteso che gli "stati ostili" dalla fine di marzo paghino in rubli il gas che importano anziché in dollari o in euro; tuttavia Putin ha aggiunto anche una clausola per cui gli europei potrebbero pagare in oro, e gli altri stati hanno come ulteriore opzione il pagare in Bitcoin.
Ed ecco il punto: se ci vorranno meno di settantacinque rubli per un dollaro, gli acquirenti che pagheranno in oro otterranno petrolio a prezzo scontato. Forse le grandi compagnie europee del settore energetico non saranno interessate, ma quelle asiatiche saranno molto intressate a questo arbitraggio e a trarre profitto dalle differenze di prezzo che esso implica. Di per sé, questo potrebbe spingere il mercato dell'oro vero e proprio in una situazione di carenza, che a sua volta farà ulteriormente salire il prezzo dell'oro.
Una componente meno evidente degli alti lai di dolore che si levano dall'Europa ("Non pagheremo in rubli!"), è che i responsabili delle banche centrali cercano di mantenere il commercio dell'oro in uno schema ristretto, tramite la manipolazione del mercato dell'oro cartaceo, per non scuotere le fondamenta del sistema finanziario globale. Ma ciò che la Banca Centrale russa ha appena fatto è proprio strappare all'Occidente il suo ruolo di 'price-maker' dell'oro, con annessa priorità nella manipolazione dei prezzi. Russia e Cina insieme possono quindi controllare efficacemente il prezzo dell'oro e del petrolio. Luongo conclude: "Stanno per cambiare il denominatore dei mercati valutari globali, passando dal dollaro statunitense all'oro/petrolio, ovvero alla valuta delle materie prime". "Putin ha deluso il mondo con questo annuncio. Avrebbe potuto tirare diritto e fissare ottomila rubli al grammo o 2575 dollari all'oncia, e che avrebbe avrebbe sconvolto i mercati venerdì, in vista del fine settimana, vendendo il suo petrolio e il suo gas con un forte sconto" - forzando così la crescita del prezzo dell'oro.
Bello, eh?
Va bene, va bene: largo, che arriva il solito coro del tipo "Oh no; non un'altra storia sull'abbandono del dollaro! Non ci sono alternative!" e "Non c'è alternativa al dollaro come valuta di riserva".
Bene. Sappiamo tutti che tutto l'oro alla valutazione attuale ha un valore totale troppo piccolo per sostenere una valuta di scambio a base esclusivamente aurea o il commercio globale. E, a proposito, non si tratta di porre fine al dollaro come valuta commerciale. No, si tratta di tracciare una nuova rotta.
L'argomento di Pozsar è più sottile: c'è una crisi in corso. Una crisi delle materie prime. Le materie prime sono una garanzia, e la garanzia è il denaro, e questa crisi riguarda il crescente fascino della "valuta legata alle materie prime" rispetto alla valuta legale. Nei periodi di crisi bancaria, le banche sono riluttanti a giocare sul piano interno perché non considerano la valuta legale un collaterale affidabile. Quindi si rifiutano di prestare denaro a banche loro pari. Ogni volta che questo accade, le banche centrali devono stampare più denaro per "lubrificare" il sistema abbastanza da farlo funzionare. Questo comportamento, a sua volta, svaluta ulteriormente la valuta legale su cui il sistema si basa. Solo che se la moneta emessa dai governi e stampata dalle banche centrali è sostenuta da beni materiali, questo problema non si presenta. In questo sistema, la controparte nelle transazioni commerciali o nei finanziamenti avrebbe la possibilità di richiedere il pagamento in beni reali di quelli che sostengono la valuta, molto probabilmente oro o magari un bene concordato in anticipo. Ricordiamo che la valuta legale non è altro che uno strumento di debito non garantito dell'entità emittente e come abbiamo visto può essere "cancellato" per capriccio dall'emittente, che è il Tesoro degli Stati Uniti.
Questo rende più comprensibile anche il discorso del "paga in rubli": Qualsiasi schema praticabile di "pagamento in rubli" vedrà acquirenti di gas andare nelle banche russe a vendere dollari o euro o sterline alla banca, per comprare rubli da passare a Gazprom. Questo avrà l'effetto sia di aumentare il valore del rublo come valuta commerciale sia di mitigare l'esposizione a ulteriori sanzioni finanziarie, rendendo le istituzioni russe la sede per le operazioni di pagamento.
E per quanto riguarda il dove stiamo andando? "Dopo l'ultima faccenda della confisca delle riserve di dollari", Sergei Glazyev -supervisore della Commissione Economica Eurasiatica per la pianificazione del futuro monetario- ha detto senza mezzi termini: "Non credo che qualche paese vorrà usare la valuta di un altro paese come valuta di riserva. Quindi, abbiamo bisogno di qualche nuovo strumento". "Noi (la CEE) stiamo attualmente lavorando alla sua messa a punto, che in prima istanza può assumere la forma di una media ponderata di queste valute nazionali", ha detto. "Bene, a questo dobbiamo aggiungere, dal mio punto di vista, le materie prime oggetto di scambio: non solo oro, ma anche petrolio, metalli, grano e acqua: Una sorta di paniere di materie prime, con un sistema di pagamento basato sulle moderne tecnologie digitali del tipo blockchain".
"In altre parole, l'era della globalizzazione liberale è finita. Davanti ai nostri occhi, si sta formando un nuovo ordine economico mondiale - un ordine integrato, in cui alcuni stati e alcune banche private perdono il monopolio privato di cui godevano sull'emissione del denaro".