martedì 21 maggio 2019

Mario Razzanelli candidato a Firenze: un giovane di belle speranze per Ubaldo Bocci



Come i lettori avranno notato da anni, in questa sede l'attualità politica dello stato che occupa la penisola italiana non è più oggetto di interesse perché l'argomento è diventato inaffrontabile da parte di chiunque abbia un minimo di rispetto per se stesso.
Che se ne occupi pure il cicaleccio delle "reti sociali", con tutte le conseguenze del caso; in un contesto in cui è normale rischiare di essere aggrediti fisicamente da parte di qualche laureato all'università della vita se si usa in maniera corretta il congiuntivo, l'attuale democratismo rappresentativo funziona in maniera pressoché perfetta ed è giustissimo che ognuno abbia quello che si merita.
Ci limiteremo dunque a evidenziare la mutazione antropologica dell'"occidentalismo", anni fa impersonato da liberisti in cravatta dediti al sorridente smantellamento dei diritti altrui in un tripudio di donne poco vestite e servi volenterosi, oggi trasformatisi in sovranisti con le pezze al culo dediti al dragaggio dei contesti sociali più abbrutiti, per ramazzare suffragi in quelle zone di marginalità che avevano personalmente contribuito a creare.
In occasione delle elezioni amministrative a Firenze gli "occidentalisti" si sono trovati davanti a un problema che è ormai una costante della loro pratica politica, vale a dire cercare qualcuno che si addossasse lo stigma della candidatura e che non suscitasse reazioni emetiche nelle persone serie. Sono andati a cercare un certo Ubaldo Bocci, chiamato come tutti i suoi predecessori a cercare di rendere presentabili individui e programmi che presentabili non sono. La funzione di questo indossatore di maglioncini è soltanto quella di conferire profumo di fragola a uno sformato di escrementi.

Dietro di lui c'è un sottobosco di morti in piedi (come il vivace signore qui sopra, che viene anche a parlare di normalità) che pare fatto apposta per soddisfare l'unico settore veramente degno di attenzione per la politica rappresentativa, che è fatto di ultraottantenni incarogniti, la televisione a riempirgli la testa e le giornate di oscenità e di propaganda, le doppiette nella vetrinetta del soggiorno e qualche repellente cagnaccio mordace a gironzolare nella resede del terratetto condonato e impestato di telecamere e di serrature.
Uno di questi questuanti è Mario Razzanelli.
Mario Razzanelli è un volto noto ai nostri lettori, uno che galleggia nella totale ininfluenza da una ventina d'anni. E che deve avere soldi da buttare se ha spedito centinaia di volantini e se ha acquistato diversi spazi sulle gazzette.
Il caposaldo della politica di questo signore è la contrarietà a un sistema di trasporto che è apprezzato da tutta Firenze tranne che da lui e dai preagonici che lo stimano. A differenza delle altre volte a questo giro ha persino rinunciato ai fotomontaggi. Forse perché erano, ovviamente, fatti da cani.
E i ggggiovani no tramvia chissà che fine hanno fatto.
L'esame del programmino elettoraluccio di Mario Razzanelli deve partire da una premessa. Razzanelli ha cambiato casacca almeno per la terza volta, passando al "partito" fondato e diretto da uno straricco polipregiudicato che ad oggi ha passato anche lui gli ottant'anni da un pezzo. L'esame del programmino elettoraluccio di Mario Razzanelli può compendiarsi di un sintetico nichts neues. Solita ripetizione ecoica di ciarle stupide e cattive che sono ormai talmente in tanti a ripetere che la "competizione elettorale" è ridotta da anni a una gara a chi ripete ecoicamente la ciarla più stupida e cattiva.
Se dovessero decidere di girare un film sui morti viventi ambientato a Firenze, la politica "occidentalista" potrebbe fornire comparse e protagonisti credibili ed entusiasti.


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