sabato 10 marzo 2018

Firenze: un piatto di minestra per Roberto Pirrone



Roberto Pirrone, signor nessuno di sessantacinque anni.
Casa popolare, vecchie automobili, cursus curarum di famiglia e debiti e litigi costruito senz'altro in piena consapevolezza e identico a quello di milioni e miloni di signori nessuno nelle stesse condizioni, autoschedatura sul Libro dei Ceffi sconclusionata e inutile, anche quella come milioni e milioni di signori nessuno nelle stesse condizioni.
Il 4 marzo 2018 nello stato che occupa la penisola italiana si è tenuta una consultazione elettorale; nei mesi precedenti la propaganda ha impazzato sui soliti registri, e per fortuna delle pessime parti in campo non sono mancati i casi di cronaca efferata cui la feccia "occidentalista" deve per intero la propria fortuna politica[*]. Chi non possiede apparecchi televisivi da anni ed è rimasto relativamente immune all'epidemia di putredine "occidentalista" da essi diffusa non ha potuto che constatare esterrefatto fino a che punto sia arrivata l'abiezione dei sudditi. Se ne è però avuto sentore in conversazioni quotidiane in cui si è lasciato sempre troppo dire, sempre troppo supporre, sempre troppo arguire per un mal inteso amor di pace che sarebbe il caso di mettere rudemente da parte prima che arrivi, anche alle persone più serie, una chiamata in correità per la definitiva putrefazione di ogni rimasuglio di tessuto sociale.
Scribacchiano le gazzette che Roberto Pirrone, da bravo suddito "occidentale", stava appunto affogando nei debiti e che la cosa gli era costata spesso lievi screzi con la moglie. Una disperesasperazione da brambilla rintuzzata dalla frequentazione del poligono di tiro e da pratiche all'apparenza innocue, come l'ostensione nella tromba delle scale di puntigliosi dazebao da autonominato amministratore condominiale.
Poi succede quello che doveva succedere e nell'avallo collettivo del clima imperante Roberto Pirrone trova modo di dare un senso alla propria vita.
Esce di casa e spara a una persona a caso, accampando giustificazioni che hanno lasciato allibita persino la gendarmeria.
Il fortunato prescelto si chiamava Idy Diene, cittadino della Repubblica del Senegal.
Presso i sudditi dello stato che occupa la penisola italiana la cosa è apparsa normale: le nulle intemperanze del corteo spontaneo formato immediatamente dopo da parte di persone sistematicamente trattate come bersagli facili hanno ovviamente destato maggiore indignazione.
Fin qui la cagnara delle gazzette.
Le gazzette postulano la perenne inefficienza del sistema repressivo.
Nella vita, Pirrone Roberto è finito istantaneamente nelle mani della gendarmeria e scaraventato in galera associato alla locale casa circondariale.
Le gazzette postulano la bella vita dei prigionieri, alloggiati e nutriti gratis, al punto che entrare nel bel numero pare allettante a chissà quanti pirrone: "finirò i miei giorni lì. mi daranno una miniestra".
Nella vita, le carceri dello stato che occupa la penisola italiana offrono una sbobba di casanza su cui gli interessati hanno persino smesso di inveire.
Spenti i fari del gazzettaio, il signor Pirrone avrà modo di apprezzare una quotidianità indescrivibile e tutt'altro che regalata.
Abbiamo scritto molte volte che lo stato che occupa la penisola italiana costituisce l'unica realtà al mondo in cui l'ignoranza costituisca motivo di vanto e di giustificazione. Nulla di strano che i sudditi ignorino anche i rudimenti di una legislazione che le gazzette mostrano loro come infinitamente permissiva.
Esistono ovviamente testi accessibili a tutti, e che i sudditi ignorano nonostante lo stato sperperi miliardi ogni anno per assicurare la loro alfabetizzazione. Basta un computer qualsiasi, distolto per pochi attimi dalla visione di video pornografici, per rendersi conto che l'ospitalità forzata nelle innumerevoli carceri della penisola è tutt'altro che gratuita: "Il condannato è obbligato a rimborsare all'erario dello Stato le spese per il suo mantenimento negli stabilimenti di pena, e risponde di tale obbligazione con tutti i suoi beni mobili e immobili, presenti e futuri, a norma delle leggi civili."
Bontà sua, il legislatore ha escluso da questa responsabilità gli eredi del condannato.
La traduzione operazionale di quanto sopra è affidata all'ordinamento penitenziario e a circolari ministeriali. Una di queste, la 3662/6112 del 2015, fissa che i pirroni debbano sborsare, ovvero pagare di tasca propria, i tre quinti dei costi di casanza. Poco meno di centonove euro al mese.
I pirroni finiscono solitamente per scoprire, con esterrefatta calma, che non è quella l'unica voce a pendere sul loro insulso capo.
Ogni sentenza penale addebita a un condannato le spese processuali, che vanno ad aggiungersi a quelle per la difesa.
Poi ci sono i risarcimenti in sede civile, che arrivano dopo qualche annetto di calma a finire di stroncare schiene e velleità.
Lo stato che occupa la penisola italiana perseguita legalissimamente per anni chi non paga una multa per divieto di sosta; figuriamoci in casi come questo.
Solo che sulle gazzette non c'è scritto.
Unicuique suum.
Un po' salata, come minestra.



[*] Nel 2008 un certo Gianni Alemanno finì ad amministrare Roma (con i costruttivi risultati a tutti noti). Il cicaleccio gazzettiero che gli tirò la volata rischiò di compromettere i rapporti tra il "paese" dove mangiano spaghetti e la Repubblica di Romania, i cui cittadini vennero per mesi criminalizzati in massa.

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