sabato 25 marzo 2017

Lawrence Davidson - Lo stato sionista pratica l'apartheid



Traduzione da Consortium News, 24 gennaio 2017.

Lo stato sionista pratica l'apartheid nei confronti della popolazione palestinese, cui vengono negati molti diritti; il marketing politico sionista è però tale che all'ONU e negli USA si deve negare l'evidenza.

Il 15 marzo la Commissione Economica e Sociale delle Nazioni Unite per l'Asia Occidentale (ESCWA) ha pubblicato una relazione sulla pratica politica dello stato sionista nei confronti dei palestinesi. Alla luce del diritto internazionale preso come criterio comparativo, la relazione conclude perentoriamente che lo stato sionista è "colpevole di pratiche di apartheid".
Nella relazione il vocabolo apartheid non viene usato in senso meramente spregiativo, ma per descrivere una situazione di fatto basata su dati concreti, e nel senso che il termine ha sul piano del diritto.
Dagli USA e dallo stato sionista è iniziata immediatamente una tale levata di scudi che il Segretario Generale dell'ONU Antonio Gutirres, in un momento di scoramento morale, ha ordinato il ritiro della relazione. Il capo della ESCWA, il diplomatico giordano Rima Khalaf, ha detto che in coscienza non poteva fare una cosa del genere ed ha rassegnato le dimissioni.
La prima copertura della vicenda da parte del New York Times non ha prestato molta attenzione all'accuratezza della relazione: seguire un simile approccio avrebbe almeno edotto i lettori del NYT sulle vere condizioni dei palestinesi sotto il dominio dello stato sionista. Il giornale, invece, ha messo in dubbio il contenuto della relazione e quanti avevano contribuito a redarla.
Ad esempio, il NYT ci dice che "la relazione ha suscitato reazioni indignate nello stato sionista e negli USA". L'ambasciatore statunitense all'ONU Nikki R. Haley avrebbe detto che "quando qualcuno stila una relazione falsa e diffamatoria in nome dell'ONU, sarebbe bene si dimettesse." In nessun punto dell'articolo del NYT si legge che la pretesa della signora Haley che la relazione affermasse cose non vere era essa stessa priva di fondamento. E quando il NYT è tornato sull'argomento, le cose sono migliorate solo di poco.
Al NYT non hanno notato che tra gli autori della relazione c'era anche l'ex ispettore per i diritti umani dell'ONU Richard Falk, che ha operato per sei anni come osservatore speciale dell'ONU per i Territori Occupati. Secondo il NYT la sua presenza "irrita[va] molti sostenitori dello stato sionista, che lo considerano un antisemita." Quando un giornale che dice di costituire un modello di giornalismo professionale si mette a pubblicare ciance di questo genere senza darsi la pena di soppesarle, c'è qualche cosa che non va.
Richard Falk è ebreo. Ed ha un curriculum impeccabile di successi accademici e di incarichi pubblici. La sua reputazione di onestà e di dedizione alla causa rappresenta un esempio del milgior modo di mettere in pratica i valori dell'ebraismo. Ha tutti i diritti per poter dire "mi hanno calunniato nel tentativo di privare di credibilità una relazione che cerca nel migliore dei modi di attenersi ai fatti, e che considera in modo professionale il diritto applicabile."

Se consideriamo in modo oggettivo il comportamento dello stato sionista, diventa difficile ignorare la brutale realtà della pratica politica su cui si sorvola nelle sedi ufficiali.
Il 17 marzo, nelle stesse ore in cui la relazione della ESCWA veniva fatta sparire, il Dipartimento di Stato statunitense ha diffuso una relazione sui "gravi abusi contro i bambini palestinesi che vivono sotto l'occupazione militare dello stato sionista." La relazione faceva parte del "resoconto annuale sulle condizioni dei diritti umani in ogni paese" curato dal Dipartimento di Stato. Fra i punti considerati c'erano la pratica della detenzione illegale, quella delle confessioni estorte e quella dell'eccessivo uso della forza, torture ed uccisioni comprese.
Questo genere di relazioni annuali di solito viene presentato al pubblico dal Segretario di Stato. Quest'anno Rex Tillerson, attuale Segretario in carica, non si è fatto vedere. E neppure il Presidente Trump ovviamente è riuscito a mettere qualcuno dei suoi messaggini su Twitter sul barbaro comportamento dello stato sionista.
L'8 febbraio si sentiva dire che "lo stato sionista impedisce di introdurre anestetici nella striscia di Gaza". Attualmente ci sono duecento pazienti in attesa di essere operati; alcuni di essi moriranno grazie al veto sionista.
Una settimana dopo si sentiva dire che i funzionari sionisti ricattavano i pazienti palestinesi che cercavano di procurarsi il permesso di entrare nello stato sionista per le necessarie cure mediche. Un ragazzo di Gaza di diciassette anni con una malformazione cardiaca congenita che aveva bisogno di un intervento di sostituzione per una valvola cardiaca "si è sentito dire esplicitamente che per [lasciare la striscia di Gaza e] farsi operare avrebbe dovuto collaborare con le forze di sicurezza e fare la spia per lo stato sionista." Non ha accettato ed è morto. E questo modo di fare, per lo stato sionista, non è cosa nuova né insolita.
Il cedimento morale all'ONU rappresentato dal ritiro della relazione della ESCWA è frutto della decisione del Segretario Generale Gutierres di acconsentire alla negazione della realtà. E la realtà è che lo stato sionista pratica l'apartheid.
D'altra parte questo atteggiamento deriva dal fatto che Gutierres ha preso atto delle pressioni finanziarie statunitensi, e della minaccia di mandare in bancarotta l'ONU. Una forma di ricatto anche questa. Significativo è il fatto che le minacce finanziarie statunitensi verso l'ONU vadano nello stesso senso della pratica politica che la lobby sionista esercita nelle sale del Congresso.
Ovviamente l'ONU, per non dire dei politici statunitensi, deve trovare altre fonti di reddito. Mia moglie Janet una volta ha detto che l'ONU dovrebbe avere il diritto di sfruttare e trarre profitto da tutte le risorse sottomarine; non sarebbe una cattiva idea. Allo stesso modo i politici statunitensi dovrebbero addivenire ad un accordo, o essere costretti a fare affidamento, su campagne di finanziamento sostenute dal governo invece che subire pressioni per mettersi in vendita.
Ma nulla di tutto questo sembra dietro l'angolo. Oggi come oggi in Palestina le cose vanno come gli ameriKKKani ed i sionisti dicono che devono andare, perché i politici e i leader internazionali non possono letteralmente permettersi di mettere sotto accusa la loro corrotta visione delle cose.

2 commenti:

  1. Dubito fortemente che una relazione ufficiale dell'Onu o il dipartimento di stato americano utilizzino il termine sionista per parlare di israele: l'aggettivo sionista e' utilizzato sempre e soltanto dai nemici dello stato ebraico e dai suoi detrattori, che sono generalmente di due estrazioni ideologiche ben distinte: i filonazisti del nuovo millennio, nostalgici del grande e "Millenario" Terzo Reich, oppure i radical chic filoarabi a priori e a prescindere, che sono politicamente schierati sul versante opposto dei primi ma ne condividono il furore antiisraeliano.

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  2. Terzo gruppo, quello cui temo di appartenere, è di chi chiama stato sionista uno stato sionista.

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