lunedì 28 novembre 2016

Bana Alabed. Dopo le lesbiche di Damasco le bambine di Aleppo?


I nostri lettori ricorderanno senz'altro la vicenda di Amina e delle lesbiche di Damasco oppresse e vessate. Assad, all'epoca non ancora promosso sanguinario dittatore (ma gli mancavano pochi esami), era ancora costretto ad accontentarsi del ruolo di autocrate antipatico dotato di una bella moglie.
In capo a qualche giorno vennero fuori cose tali che si potrebbe allegramente fare il verso a Bruno Lauzi.

Ricordo una volta
di una lesbica a Damasco;
non era lesbica
non era di Damasco
non era nemmeno quella volta lì.

In questi anni avremmo potuto dileggiare un caso simile almeno una volta al mese. Invece la copertura della guerra in Siria compiuta dalla "libera informazione" è sempre stata ai limiti dello sconcio, al punto che abbiamo sinceramente preferito smettere di occuparcene, specie dopo che nel 2012 le liberissime gazzettine "occidentali" sciorinarono gioviali l'abbattimento di un elicottero governativo... ottenuto ruotando una telecamera di novanta gradi.
Nel frattempo le cose sono semplicemente peggiorate, e ci sarebbe stato da stupirsi del contrario.
A metà novembre 2016 l'Esercito Arabo Siriano ed i suoi alleati con l'aiuto di intensissimi bombardamenti russi sistematicamente diretti su ospedali pediatrici, scuole elementari e ricoveri per cagnolini abbandonati hanno ottenuto rapidi e sostanziali successi nella zona di Aleppo.
Per sapiente caso sono gli stessi giorni in cui le gazzette "occidentali" tirano fuori Bana Alabed, una Anna Frank in salsa tahina che a sette anni ha una tale padronanza dell'inglese da utilizzare in modo stringato ed efficace il Cinguettatore (con qualche -diciamo- piccolo aiuto, d'accordo), e che studia tanto assiduamente da far ben sperare in una futura Yoani Sànchez. Peccato non abbia abboccato nessuno e che i commenti che corredano l'articolo (roba da prendere con le molle, visti gli autentici prodigi di bestiale abiezione che è normale rintracciare sul web) vadano dallo scettico al dubbioso passando per l'apertamente canzonatorio. Incredibilmente, a volte ci si imbatte in un limite non oltrepassabile -in una saturazione, diciamo- persino nella diffusa arte del prendere in giro le persone. Il non poterlo ammettere -pena la fine di certe collaborazioni a sette euro al pezzo- porta gli stessi gazzettisti ad equilibrismi strepitosi e rivelatori. 
Un entusiasmante Ettore Gasparri scrive tranquillissimo che
Bana e la madre sono però state più volte, e da più parti, tacciate di aver creato un falso profilo e di aver sfruttato twitter per scopi propagandistici. Ma che il profilo sia falso o vero poca importa. La richiesta di soccorso di Bana, e di molti altri bambini, seppur non affidata ad una bottiglia lanciata nell’oceano, ma a quei 140 caratteri virtuali, va ascoltata. Prima che sia troppo tardi. Prima che quel flebile cinguettio sia messo a tacere per sempre.
Vero o falso poco importa, appunto.

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