domenica 11 settembre 2016

Alastair Crooke - I mutamenti strategici in Siria e in Ucraina



Traduzione da Conflicts Forum.

Spesso succede che sia un accadimento all'apparenza di poco conto ad essere prodromo di mutamenti di ben altra portata. Il peso necessario ad un mutamento strategico di una certa ampiezza va gradatamente accumulandosi, facendone un accadimento potenziale; ad un tratto un evento scatenante fa sì che dalla potenza si passi all'atto, secondo la terminologia medievale.
Hasakah è una cittadina di duecentomila anime nel nord est della Siria, una regione a predominanza curda. Scimitarre e pugnali dello Stato Islamico sono lontani, e per molto tempo è esistito in città un presidio dell'esercito siriano, rimasto tranquillo in mezzo ai curdi e a vari altri gruppi etnici che costituiscono il tessuto della cittadina. In pratica la funzione essenziale del presidio è stata quella di proteggere le altre minoranze dalla schiacciante maggioranza curda.
Poi, a quanto sembra come un fulmine a ciel sereno, ecco un problema: la polizia curda arresta alcuni appartenenti alla guarnigione, ed i loro familiari. Pare ci siano stati anche dei morti. A questo punto i dettagli non sono molto chiari ma in sostanza la situazione si riscalda al punto che lo YPG, la milizia curda attualmente sostenuta dagli Stati Uniti, inizia a bersagliare con l'artiglieria la base dell'esercito siriano, che risponde al fuoco. L'aeronautica siriana interviene per proteggere la base. Nulla di eccezionale in tutto questo, almeno fino a questo punto; solo che questo attacco dello YPG contro la base siriana è una cosa inusuale. Lo YPG e l'esercito siriano hanno per lo più operato in buoni rapporti e coordinando le proprie azioni. A questo punto gli avvenimenti hanno preso una piega inaspettata. Al Ministero della Difesa negli Stati Uniti hanno cominciato ad agitarsi parecchio e a puntualizzare a gran voce che a Hasakah ci sono forze speciali statunitensi e a rovesciare bordate verbali su Damasco: ogni ulteriore attacco aereo non resterà senza risposta da parte statunitense ed è possibile che gli aerei siriani vengano abbattuti.
C'era parecchia elettricità nell'aria. Perché c'erano forze speciali statunitensi a Hasakah? Cosa ci facevano? Hasakah non è territorio dello Stato Islamico. Avevano incoraggiato lo YPG a cacciare l'esercito siriano dalla base? In ogni caso, l'incidente sembra aver cementato una certa idea, o comunque aver fatto nascere la convinzione che esista una causa comune inesorabilmente in corso d'opera: l'idea che l'AmeriKKKa fosse intenta a consolidare uno stato curdo nel nord della Siria, destinato ad accogliere basi permanenti ameriKKKane ed europee. Per questo gli ameriKKKani avevano preso a cacciare le istituzioni statali siriane da Hasakah.
Tutto questo sembrava confermare i peggiori timori della Turchia, ovvero che questa compagine statale curda possa finire con lo smembrare la stessa Turchia, tramite la secessione di molta parte del suo territorio nazionale a favore di un nuovo stato curdo. Sembrava anche confermare i peggiori timori russi, iraniani e siriani su un Occidente ritornato alla sua vecchia ambizione di dividere la Siria e di piantae un cuneo filooccidentale (e curdo) nel bel mezzo del sensibilissimo cuore della regione. A Mosca si è diffusa la sensazione che lo YPG si fosse scriteriatamente ingollato la polpetta avvelenata costituita dalle promesse statunitensi di sovranità statale. Insomma, questo avvenimento apparentemente di poco conto sembra aver avuto un ruolo rilevante nel mettere allo stesso tavolo paesi che in precedenza hanno mostrato poca fiducia gli uni negli altri. Cosa ancora più importante, pare avergli fatto trovare una causa comune. Nel caso della Turchia, metter fine al "progetto" curdo-statunitense è una cosa che supera persino i rancori di Ankara contro Damasco. Entrambi i paesi possono piuttosto trovare di comune interesse il ricordare ai curdi chi comanda davvero in Medio Oriente... o il "tagliar loro le unghie", come ha detto un certo osservatore.
Pare in ogni caso che Erdogan e lo AKP non abbiano ottenuto i frutti sperati dalla loro linea politica in Siria e dalla rottura con la Russia: il fatto che venga fuori un piano per un Kurdistan statunitense fornisce ad Ankara una utile cappa per ammantare i propri tentativi di ricucire i rapporti tra Siria e Turchia, tra Turchia e Russia, tra Turchia ed Iran. Insomma, negli ultimi giorni la diplomazia ha lavorato a pieno regime e sembra che questo nuovo "gruppo di contatto" (Russia, Siria, Iran, Hezbollah, Iraq) si stia avvicinando ad un qualche genere di accordo sulla Siria; fino a questo momento, l'Arabia Saudita è stata lasciata fuori dai giochi.
Ovviamente le cautele sono essenziali. Erdogan può spingersi oltre, sul piano militare, rispetto a quello che sembra aver concordato col Presidente Putin a San Pietroburgo, ovvero oltre alcune operazioni di portata limitata destinate a limitare la presenza curda alla riva orientale del fiume Eufrate. Di sicuro i russi vigileranno con occhio di falco sulle mosse dei turchi. E' anche possibile che Erdogan si sovraesponga politicamente, pretendendo troppo sul piano dell'inclusione dei "ribelli" e/o dell'opposizione in un qualunque processo politico in Siria. Faccende come questa sono sempre molto fragili, e questa lo è più che mai perché comprende molte ed eterogenee parti.
La questione essenziale, quella che lascia in preda ai dubbi sia i russi che gli ameriKKKani, è se la Turchia intenda rimanere con un piede nella NATO e con uno in campo russo o se ci troviamo davanti ad un ritiro della Turchia dalla NATO o al suo contrario. Probabilmente Erdogan punta a tenere entrambe le parti nel dubbio. Secondo Metin Gurcin, un ex consigliere militare turco, i criteri seguiti nell'estromissione degli ufficiali superiori in seguito alla reazione di Erdogan fanno pensare che a rimanere vittime delle purghe siano stati per lo più filoatlantisti e fautori della NATO. Secondo Gurcin, l'esercito turco sta attaversando una fase di rimpasto destinata ad orientarlo in altro modo.
In ogni caso il linguaggio del corpo -se non la retorica- di Erdogan nel corso del meeting del G20 del 10 ed 11 settembre 2016 in Cina dovrebbero essere rivelatori. Si ricorderà che durante l'ultimo G20 svoltosi in Turchia Erdogan è stato trattato con freddezza dalla maggior parte dei partecipanti occidentali. Vedremo cosa succederà questa volta. Anche la questione dei profughi con l'Unione Europea raggiungerà un nuovo punto saliente nel prossimo futuro: Erdogan negli ultimi tempi non si è comportato in modo eccessivamente riguardoso verso l'Europa. La Siria sarà uno dei principali argomenti di discussione in Cina, per lo più ai margini del programma ufficiale. Il principe Mohammed bin Salman aleggerà dietro le quinte del G20, sicuramente tastando ansioso il terreno e la natura di questo ipotetico mutamento strategico messo in atto dalla Turchia. A questa occasione di scambio fa capo anche un'altra questione: la situazione in Ucraina può arrivare ad un picco proprio in coincidenza con i cambiamenti in corso in Siria. E la Turchia è cosa che unisce entrambe le questioni, essendone elemento condiviso i Tartari e la Crimea.
A questo proposito ci saranno delle differenze, nel G20 di settembre. Il Presidente Poroshenko non è stato invitato; a differenza di quanto successo nei G20 precedenti gli organizzatori cinesi non hanno previsto la sua presenza; al contrario saranno presenti Merkel, Hollande e Putin, che intendono affrontare la questione ucraina a margine dei lavori. Esistono segnali del fatto che gli europei cominciano ad essere stanchi di Kiev e che si stanno pentendo di aver imposto sanzioni alla Russia, una mossa cui erano stati incanalati in gruppo dagli Stati Uniti. Anche il Fondo Monetario Internazionale è stanco di Kiev. Ha interrotto le elargizioni di fondi verso Kiev e non è chiaro quando -e se- i pagamenti ricominceranno. Il governo di Kiev, insomma, potrebbe implodere (o essere rovesciato da Pravyi Sektor e dalle formazioni fasciste sue alleate). La questione ucraina, specie se affrontata con i tentativi di imporre un nuovo corso ai rapporti di forza in Siria, può cambiare il panorama politico: in meglio o in peggio.
Nessuno di questi argomenti (le relazioni della Turchia con la NATO, il conflitto siriano, l'Ucraina) sarà in testa all'agenda del G20 o sarà risolto in quella sede e neppure sarà degnato di qualcosa di più di una rapida e per lo più insignificante menzione nel comunicato finale. Tuttavia è probabile che il G20 getterà, direttamente o indirettamente, un po' di luce su queste complesse questioni; una cosa importante, anche se di per sé non fornisce alcuna soluzione concreta. Dal punto di vista statunitense gli obettivi sono quello di dimostrare il sussistere della leadership mondiale ameriKKKana ed ottenere l'accettazione di una strategia finanziaria per i venti grandi così come è stata abbozzata dal Tesoro statunitense e dalla Federal Reserve, cosa che deve affrontare un generale scetticismo verso le politiche di entrambe le istituzioni; uno scetticismo che sta diventando ostilità. La politica del tasso di interesse negativo (e dell'acquisto di buoni del tesoro da parte della banca centrale) si stanno rivelando una bomba sul piano politico, perché decimano le future pensioni della gente, ed una bomba sul piano economico perché provocano distorsioni sui mercati ed erodono il modello di business delle banche europee. Gli USA si ostinano a pretendere una maggior centralizzazione finanziaria laddove la tendenza mondiale va sempre più in direzione opposta,verso una "deglobalizzazione" finanziaria.La FED sta prendendo in considerazione un aumento dei tassi di interesse, sia pure di un ammontare minuscolo come venticinque punti base, ma la Cina si opporrà ad ogni rafforzamento del dollaro ed è verosimile che risponderà con la svalutazione. Un risultato che all'inizio di quest'anno ha gettato nel caos i mercati internazionali.
Le politiche finanziarie ed economiche saranno con ogni probabilità il principale terreno di contesa a questo G20; dietro di esso tuttavia avrà un ruolo anche un'altra e più profonda questione geostrategica. In un discorso pronunciato il primo luglio in occasione del novantacinquesimo anniversario della fondazione del Partito Comunista Cinese il Presidente Xi ha detto: "il mondo è sull'orlo di un mutamento radicale. Stiamo assistendo alla crisi graduale dell'Unione Europea e al collasso dell'economia statunitense: tutto questo finirà per dar vita ad un nuovo ordine mondiale" [si veda qui] (la cui instaurazione, a suo dire, è da attendersi entro i prossimi dieci anni). Secondo Xi le relazioni tra Russia e Cina non dovrebbero restare limitate al mero àmbito economico: i due paesi dovrebbero realizzare un'alleanza militare alternativa. "Stiamo assistendo ad atti aggressivi da parte degli Stati Uniti contro la Russia e contro la Cina. Io credo che Russia e Cina possano costituire un'alleanza al cospetto della quale la NATO si ritroverà impotente."
Paradossalmente (o no) Zbig Brzezinski, ex consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti e formulatore della dottrina secondo cui gli USA dovrebbero estendere la propria egemonia in Medio Oriente ed in Asia nel suo The Grand Chessboard: American Primacy and Its Geostrategic Imperatives uscito nel 1997 ha cambiato opinione, e nel suo recente articolo toward a global realignment pubblicato sulla rivista American Interest ha mostrato di propendere per il punto di vista di Xi. Brzezinski invoca oggi un cambio di strategia, e che l'AmeriKKKa instauri rapporti con la Russia e la Cina: "Con la fine dell'epoca in cui hanno avuto il predominio mondiale, gli Stati Uniti devono avre un ruolo da protagonisti nel rimodellare l'architettura del potere globale. [Sia] l'emergere di una ridefinizione del potere politico globale [sia] il violento risveglio politico del Medio Oriente indicano che è in atto una ridefinizione degli equilibri a livello mondiale. [Comunque] il primo dato di fatto è che gli Stati Uniti sono ancora la realtà più potente del mondo dal punto di vista politico, economico e militare ma, in considerazione dei complessi mutamenti geopolitici negli equilibri regionali, essi non sono più la potenza imperiale mondiale."
Brzezinzki ammette tacitamente in tutto e per tutto che gli Stati Uniti si sono esposti eccessivamente scatendando le guerre in Medio Oriente e al tempo stesso perseguendo l'obiettivo dell'egemonia nei confronti di Russia e Cina. Il Presidente Xi comunque sta puntando più direttamente ai passi falsi geofinanziari degli USA e dell'Europa, intesi come punti fondanti del nuovo ordine politico e finanziario occidentale. Secondo quanto egli afferma, sarà questo il vero terreno di scontro più che il piano politico vero e proprio.

1 commento:

  1. "Il presidente Xi comunque sta puntando piu' direttamente ai passi falsi geofinanziari degli Usa e dell'Europa". Di sicuro non gli manchera' il materiale su cui lavorare.

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