venerdì 22 agosto 2014

Usare l'Ucraina contro l'asse russo-tedesco. La politica yankee in Europa orientale secondo Conflicts Forum.




Traduzione da Conflicts Forum.

"In Europa sta per arrivare una guerra", ha detto; "Pensate davvero che sia importante [la sentenza de L'Aia sulla Yukos]"?

Il Financial Times del 28 luglio 2014, citando una persona vicina al Presidente Putin.

L'amministrazione statunitense è molto, molto soddisfatta. Alla fine ce l'ha fatta, nonostante i dubbi che si sono susseguiti fino alla settimana scorsa, a convincere i riluttanti tedeschi ad accettare sanzioni limitate contro la Russia, e ad unirsi a quanti hanno il preciso obiettivo politico di isolare il Presidente Putin. In questo caso è corretto dire Putin anziché Russia, perché i politici ameriKKKani sono (un'altra volta) dell'idea che tramite il doloroso stimolo delle sanzioni e di un'economia che si ritrova assediata, si possa indurre il popolo russo ad abbandonare il Presidente Putin in favor di un leader più accomodante e filooccidentale. Il Presidente Obama ha più volte detto, con una soddisfazione che è derivato della prima, di aver "riportato indietro la Russia di decenni" e di "aver reso la debole economia russa ancor più debole".
E se Putin non cade, ci penserà un cordone sanitario in stile Iran a trasformarlo in un paria, a tarpare la sua capacità di rappresentare una sfida per l'ordine mondiale. L'Europa rimarrà legata a Washington, a doppio filo.
Il ruolo predominante che i tedeschi hanno nell'Unione Europea, e i profondi legami che la Germania ha con la Russia, facevano della Germania l'unico paese europea che potesse inficiare o limitare gli effetti della determinazione con cui gli anglosassoni perseguivano la via delle sanzioni e della demonizzazione di Putin. Cosa importante, le sanzioni contro la Russia rappresentano un fatto importante per il futuro dell'Europa (soprattutto del futuro delle relazioni tra Germania e Stati Uniti) e per il mantenimento dell'egemonia degli Stati uniti sull'ordine internazionale almeno quanto l'Ucraina o l'abbattimento del volo MH19. Soprattutto si tratta di una riaffermazione della potenza ameriKKKana, in un momento in cui essa viene percepita come debole, più o meno come la campagna di Suez lo fu per il Regno Unito e la Francia.
Il confronto (almeno per adesso) vinto contro la Germania, l'imposizione delle sanzioni, il controllo dei mass media sulle questioni dell'Ucraina e dell'abbattimento del volo MH19 (una messa in scena traboccante di inorridite anime belle, fatta per obbligare psicologicamente ogni mass media ad evitare di chiedersi cosa ne sia stato davvero dell'aereo di linea della Malaysia) e l'utilizzo di questo contagio emotivo per svilire Putin come "barbaro irrecuperabile" costituiscono nientemeno che uno spettacolo, esplicitamente rimarchevole, della potenza ameriKKKana. In tutto questo la realtà non c'entra nulla: esiste questa lettera che ex funzionari dei servizi hanno scritto ad Obama a rendere la cosa oltremodo chiara, ed ora è arrivata anche l'ammissione dei funzionari dei servizi statunitensi attualmente in servizio. Il potere che dà spettacolo; tutto qui.
Gli ultimi tempi hanno visto in Germania un profondo combattimento interiore, con al centro la germanicità del paese, la sua "anima tedesca".  Dapprincipio la Germania si è mantenuta su una linea di comportamento diretta ad evitare che si passasse troppo frettolosamente alle sanzioni; poi le pressioni dirette degli Stati Uniti, e tutta la matrice di indirette influenze ameriKKKane che ha la prevalenza al di sotto di un europeismo di facciata ha preso -per il momento- il sopravvento. Il problema è fino a che punto questo costituisce un punto fondamentale nella politica europea: questa vittoria degli atlantisti nella questione delle sanzioni contro la Russia è tattica o anche strategica?
La questione coinvolge profondamente l'anima tedesca; dopo le due guerre in Europa la Germania ha desiderato disperatamente di fare come Gulliver, di legarsi al nuovo asse europeo tra Francia e Germania, in modo che un conflitto dello stesso genere non potesse deflagrare mai più. Una delle conseguenze è il fatto che dal dopoguerra il centro di gravità del continente europeo giace sulle due sponde dell'Atlantico. Non avrebbe potuto essere altrimenti: la Germania era uscita sconfitta dalla guerra, con l'apparato industriale in cenere e sotto occupazione da parte degli Alleati.
Gli anglosassoni propendono per il vedere questo risultato (la centralità atlantica) come qualche cosa di dovuto a buon diritto: sono stati loro a vincere la guerra. Nel loro animo, i tedeschi sono di diverso avviso: è stata l'Armata Rossa, che aveva combattuto per tre anni prima dello sbarco in Normandia, a lottare e vincere contro la Wehrmacht. I tedeschi hanno perso la seconda guerra mondiale a Stalingrado, nella battaglia in cui si arresero i resti della potente Sesta Armata insieme a ventidue generali. 
Diciannove mesi prima la più grande forza d'invasione mai messa insieme aveva invaso la Russia, attraverso un fronte ampio mille miglia. I soldati tedeschi erano tre milioni, i pezzi d'artiglieria settemilacinquecento, diciannove le panzerdivision con tremila carri, duemilacinquecento gli aerei; imperversarono in Russia per quattordici mesi. A giugno 1944, tre anni dopo, molto poco era rimasto di tutto questo: l'Armata Rossa aveva inghiottito ogni cosa.
Insieme alla pronta condiscendenza con cui la Russia ha accettato la riunificazione tedesca, è questa terribile storia condivisa fatta di milioni di morti da ambo le parti, che ha reso Germania e Russia più vicine dopo la caduta del Muro. La Germania ha voluto, ancor di più di quanto sia accaduto con la Francia, stringere legami tra due grandi potenze europee in modo che una guerra come quella non fosse più possibile.
Da allora ad oggi, questo tenersi vicini alla Russia i tedeschi lo hanno pagato caro. La Germania ha offerto alla Russia la sua potenza industriale e il suo know how, per aiutare la realizzazione di importanti progetti infrastrutturali ed industriali, e la Russia ha accettato ed apprezzato questi segni di apertura. Entrambi i paesi, che hanno avuto ciascuno il proprio sistema industriale decimato dalla guerra, hanno compreso anche che uno stato industriale deve poter disporre di risorse energetiche e che l'AmeriKKKa, dopo la prima guerra mondiale, aveva messo le mani su gran parte delle principali fonti di idrocarburi... e sul potenziale che le accompagnava sul piano della politica internazionale.
Le relazioni tra Russia e Germania si sono sviluppate nel segno di questa prospettiva comune, centrata sull'importanza dell'indipendenza energetica europea. Quando il Presidente Putin ha svelato la strategia della Gazprom, ha detto in conclusione che se l'AmeriKKKa avesse cercato di controllare di fatto le principali fonti di petrolio, l'Europa -ovvero la Russia- avrebbe cercato di controllare le principali fonti del gas, che è la nuova fonte di energia e di influenza politica. Gazprom ha poi operato in modo aggressivo per assicurarsi i principali giacimenti di gas in Asia.
Questo progetto è stato concepito come parte dei legami destinati a far sì che la guerra diventasse un'eventualità inconcepibile; si è trattato di un'iniziativa congiunta russo-tedesca, realizzata con la collaborazione di Hans Joachim Gornig, ex vicepresidente della Compagnia Industriale Tedesca per il Gas ed il Petrolio a suo tempo supervisore delle infrastrutture per il trasporto di idrocarburi della Repubblica Democratica Tedesca; a capo dell'iniziativa c'era Vladimir Kotenev, ex ambasciatore russo in Germania. Il cancelliere Gerhard Schroeder si è unito a Gazprom dopo la fine del suo secondo mandato, nel 2005. Questo intreccio ha assicurato alla Germania la sicurezza di poter disporre di energia tramite legami diretti con la Russia, stabiliti con le condutture del North Stream.
In poche parole il baricentro della politica europea si sta inesorabilmente spostando verso est, lontano dalle coste dell'Atlantico. L'avventura tedesca potrebbe non finire in Russia: da essa è emersa la prospettiva, chiara ai russi ma anche a qualche tedesco, di una sua estensione attraverso la Russia fino a Pechino e fino ad un'alleanza euroasiatica che arriverebbe quantomeno a bilanciare il potere ameriKKKano. Esiste una concezione di vecchia data, formulata per la prima volta da McKinder nel 1904, incentrata sul "perno della storia"; in essa, chi controlla il "perno" che va dal Volga allo Yangtze e dallo Himalaya all'Artico controlla più del cinquanta per cento delle risorse mondiali, e di fatto il mondo intero. Gli Stati Uniti si sono dimostrati per molti ani ostili al controllo del continente eurasiatico da parte di russi e tedeschi, e sono ostili anche alla dipendenza tedesca dalle fonti energetiche russe. Gli Stati Uniti preferirebbero che gli europei importassero costoso gas liquefatto dall'AmeriKKKa.
Com'è successo allora che i tedeschi si siano dimenticati di quella Stalingrado profondamente radicata nel loro animo, ed abbiano preso una strada che con l'inevitabile procedere dei compiti che comporta può portare l'Europa sull'orlo di una guerra?
Anche l'esperto russo Piotr Akopov è rimasto perplesso:
"A Mosca si sperava che il 'gioco' ameriKKKano che aveva lo scopo di isolare la Russia sarebbe [paradossalmente] diventato il catalizzatore che avrebbe permesso l'emancipazione della Germania [dall'egemonia statunitense]. Certo, nessuno [in Russia] pensava ad una separazione repentina; l'idea di Putin, anzi, era quella di arrivare a far sì che la Germania e quindi l'Unione Europea nel suo complesso prendessero una posizione di neutralità condizionata, per quanto riguarda il conflitto tra Russia e Stati Uniti sull'Ucraina.
In cambio [della neutralità europea] la Russia era pronta a concessioni consistenti, con l'ovvia esclusione di quanto riguarda gli interessi vitali della nazione. [Tramite questo percorso] si sarebbe giunti sia alla pace sia ad un'Ucraina non allineata, che avrebbero potuto costituire la base di una cooperazione russo-europea per gli anni a venire; bastava che l'Europa smettesse di cercare di tirare l'Ucraina sotto l'ombrello dell'alleanza atlantica. Purtroppo, sia Bruxelles che Berlino non sono ancora pronte ad ammettere il semplice fatto che la Russia non permetterà la secessione di alcuna parte del mondo russo, sia pure travestita da integrazione europea".
Il gioco è dunque finito? L'Europa si è fatta tirare a far parte dell'iniziativa ameriKKKana che punta ad installare a Kiev un governo filoeuropeista, favorevole alla NATO e ferocemente antirusso? Lo si vedrà col tempo, ma in Europa non si stanno solo prendendo lucciole per lanterne. Un intellettuale statunitense di primo piano, il professor Wallerstein, ha scritto (cfr. qui) che "gli Stati Uniti, già da un po' di tempo a questa parte, stanno vivendo una fase di declino geopolitico. E la cosa non gli piace, e non la accettano realmente. Di sicuro non sanno come affrontare la situazione, ovvero come cavarsela perdendoci il meno possibile. Sicché vanno avanti cercando di ripristinare quello che ripristinare non si può, vale a dire la leadership statunitense -ovvero l'egemonia statunitense- sul sistema globale". Le conseguenze di questo fallimento (si veda il discorso che Obama ha tenuto a West Point sull'eccezionalismo ameriKKKano) sono state marcatamente confuse e spesso pericolosamente destabilizzanti: gli europei lo hanno capito, e possono considerare l'Ucraina come nulla di diverso da un'altra confusa e pericolosa avventura.
L'AmeriKKKa è in declino, e l'ordine mondiale trema. Nel corso degli anni Novanta gli europei possono anche essersi convinti che la maggior parte del mondo avesse abbracciato "l'ordine del liberalismo". In realtà, l'ordine mondiale non mostra alcuno dei valori del "liberalismo". E' stato diretto tramite "golpe di velluto" e "rivoluzioni colorate", oppure tramite la capacità unilaterale dell'AmeriKKKa di escludere questo o quello stato dal sistema finanziario mondiale o di manipolarne il debito estero. Sul lungo termine questo meccanismo è semplicemente insostenibile e Russia, Cina e BRICS stanno già costruendo un sistema parallelo. Detto altrimenti, lo spostamento del centro di gravità verso l'Eurasia sta seguendo dinamiche proprie, sia per quanto riguarda la politica mondiale sia per quanto riguarda la collocazione delle ultime risorse energetiche a basso costo. Il fenomeno è in corso e sta accelerando. La questione Ucraina contribuirà all'accelerazione. L'acquiescenza tedesca nei confronti di Washington è più probabilmente tattica che strategica e nel lungo termine la Germania proseguirà sulla sua strada.
Putin avrà sicuramente avvertito Angela Merkel del fatto che una gabola del genere può portare alla guerra, ad una guerra vera e propria nell'Europa di oggi; ma la Merkel evidentemente pensa che si possa sempre tornare indietro, e trovare in quale modo la maniera di riprendere a collaborare con Putin, anche se non è ben chiaro come lo si possa fare.
Il punto è questo. Obama ha ottenuto le dure sanzioni che voleva, ma si fermerà qui? Sarà sufficiente tutto questo a costringere Putin ad accondiscendere a chi lo vorrebbe spettatore passivo della sanguinosa repressione della resistenza nel Donbass e nelle altre provincie da parte di Kiev? E ci si fermerà qui? Oppure si darà un altro giro di vite e si pretenderà che i russi restituiscano la Crimea? Magari il Presidente Obama pensa che non si arriverà mai fino a questo punto, ed Angela Merkel pensa la stessa cosa. Solo che, dentro e fuori l'amministrazione statunitense, c'è gente che vuole esattamente che si arrivi a questo. Davvero c'è chi crede sul serio che le sanzioni metteranno in ginocchio Putin o costringeranno la Russia a chinare la testa? Come mai Obama ha cambiato atteggiamento in modo così radicale, rispetto ai tempi in cui mandava il suo contendente repubblicano a Mitt Romney a mangiare la polvere, ridicolizzando la sua convinzione che la Russia costituisse la più grande minaccia geopolitica per gli Stati uniti nel ventunesimo secolo? Si è trattato solo di un diversivo per averla vinta in politica interna?
Ecco come il consigliere economico del Presidente Putin considera la situazione. Con questo non si intende dire che Sergei Glazyev stia parlando per conto di Putin; si tratta chiaramente di opinioni personali che riflettono profondamente il modo in cui i russi si pongono davanti al problema e la visione che ne hanno. Queste considerazioni sono state espresse durante una tavola rotonda al Moscow Economic Forum del 10 giugno; qui si dà una parafrasi del video in inglese disponibile qui.

Mi si permetta di dire questo, sulla linea politica tenuta da Kiev: Kiev sta deliberatamente seguendo una politica genocida, il cui scopo è quello di eliminare la popolazione del Donbass [si veda qui un esempio]. Kiev sta distruggendo le infrastrutture del Donbass, ha raso al suolo il più bell'aeroporto d'Europa, che era un progetto infrastrutturale di prim'ordine; ha distrutto ospedali, asili e scuole. Il destino che Kiev sta preparando per la popolazione del Donbass è la distruzione: su questo non si fa mistero alcuno, basta stare a sentire cosa dicono gli ideologi di Kiev come Liashko. Poroshenko non la pensa molto diversamente da così. Per giunta, il popolo viene smaccatamente sfruttato dal punto di vista economico, per creare condizioni tali da costringere la gente del Donbass ad andarsene, a diventare profuga.
Ovviamente, a Kiev sono gli Stati Uniti a comandare, a controllare Poroshenko di persona, a spingere il governo ad andare avanti con la guerra contro il Donbass fino alle conseguenze più estreme. Non ci sono limiti: si può usare qualsiasi mezzo fino a quando ogni resistenza sarà eliminata.
Perché il tempo ci lavora contro? Gli ameriKKKani hanno iniziato a militarizzare l'Ucraina, a costruire una dittatura docile ed una totale mobilitazione del popolo [ucraino] contro la Russia. La popolazione non si è dimostrata entusiasta nei confronti di questa mobilitazione, ma si pensi a questo: a dicembre 2013 a Kiev c'erano duemila miliziani fascisti. A febbraio erano ventimila. A maggio, cinquantamila. Per la fine dell'estate arriveranno a centomila. Presto la mobilitazione dell'esercito metterà insieme mezzo milione di uomini. Dai magazzini sta tornando fuori il materiale militare. L'Ucraina una volta aveva un esercito numeroso, e numeroso sta tornando. I corazzati e i carri armati vengono tolti dai depositi e rimessi in funzione (non si tratta di un lavoro difficile); lo stesso sta succedendo con l'aviazione, gli aerei vengono rimessi in condizioni di volo a Odessa.
Il loro obiettivo è la guerra contro la Russia. Non possiamo rimanere con le mani in mano. Se perdiamo il Donbass, perdiamo anche la pace. Il prossimo obiettivo che metteranno sul tavolo sarà la Crimea. Non sto scherzando: l'Ucraina verrà cacciata in una guerra con la Russia, e la Crimea ne sarà il pretesto. L'ha detto Poroshenko. Victoria Nuland ha detto chiaramente a Odessa che si aspettano che l'Ucraina entri in guerra per la Crimea [il grassetto è nostro, n.d.a.]. Quell'armata di mezzo milione di uomini invaderà la Crimea. Non c'è dubbio. Churchill una volta ha detto "Vi è stata data la possibilità di scegliere tra la guerra e il disonore. Avete scelto il disonore, e avrete la guerra".
Stiamo parlando di guerra moderna, in questo caso; il che non significa che dobbiamo mandare i nostri carri armati fino a Kiev. Abbiamo però il diritto, previsto dalle leggi internazionali, di fermare almeno il genocidio. Tutto quello che è sufficiente fare è chiudere lo spazio aereo, e usare gli stessi meccanismi legali per distruggere gli armamenti pesanti che gli ucraini utilizzassero contro il popolo. Gli ameriKKKani in Libia hanno fatto la stessa cosa: il governo libico è stato messo in condizioni di non poter combattere.
Abbiamo ancora la possibilità di farlo. Fra sei mesi non l'avremo più. Lugansk e Donetsk hanno insediato due parlamenti, ed istituzioni che uniscono le due repubbliche. Il rifiuto di Kiev di negoziare con Lugansk e Donetsk nasce dal fatto che Kiev non gode di alcuna indipendenza. E' un vassallo degli Stati Uniti, per questo è importante che consideriamo l'Ucraina con chiarezza per quello che è: un territorio occupato dagli Stati Uniti. Una volta inquadrata correttamente la questione diventa chiaro anche quello che dobbiamo fare. Dovremmo incoraggiare le altre regioni non soltanto ad unirsi alla Federazione, ma anche a liberarsi da questa occupazione".
Secondo Glazyev, tutto fa pensare che l'AmeriKKKa stia deliberatamente cercando di provocare un confronto militare tra le forze armate ucraine e la Russia. Alla fine si arriverà alla guerra. "Una guerra europea", secondo le sue predizioni.
E' passato un po' di tempo da queste considerazioni, e dobbiamo notare che le milizie del Donbass hanno intanto ottenuto vari successi nella lotta contro le operazioni militari di Kiev. Nel corso del mese di luglio Kiev ha avuto poco da mostrare ai propri mèntori, con l'eccezione del recuperato controllo su Slavyansk, da cui le milizie hanno operato un ritiro tattico. In conseguenza di questo fatto, gli ucraini hanno fatto ricorso ad un intensificarsi dei cannoneggiamenti contro gli obiettivi civili.  

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