mercoledì 11 dicembre 2013

"Non lasceremo che le città vengano messe a fuoco", parola di "ministro dell'interno".


In questa sede abbiamo più volte rilevato come lo stato che occupa la penisola italiana disponga di una miriade di corpi armati ubiqui e pletorici.
Secondo l'ordinamento dello stato, parte di questi corpi è alle dipendenze di un "ministro dell'interno" e controlla la fruizione della democrazia all'interno dei confini. L'altra parte è alle dipendenze di un "ministro della difesa" e controlla la fruizione della democrazia nei paesi importatori. Il loro mantenimento comporta costi enormi e in buona parte inutili perché il democracy export è in grossa crisi, mentre a tenere a bada il fronte interno ci pensano i maccheroni, il pallone e la pornografia.
Nel corso degli anni la carica di "ministro dell'interno" è stata ricoperta da un continuum di persone dalla condotta grottesca e rivelatrice, compreso tra individui dal comportamento disturbato e quelli accusabili di alto tradimento.
Nel dicembre 2013 un sedicente "movimento dei forconi" riesce a procurare per qualche ora alcuni trascurabilissimi disagi. Invece di concordare con la gendarmeria qualche manifestazione di quelle che servono solo a farsi dileggiare sulle gazzettine, l'aggregato dei manifestanti blocca qualche strada e qualche centro di smistamento.
Il problema è che non siamo a Kiev o a Tehran, sicché queste cose non vanno bene.
O almeno, questo dice il "ministro dell'interno", che ha minacciato autentici sfracelli nel caso "le città vengano messe a fuoco".

Non resta dunque che ritirarsi in buon ordine davanti alla minaccia di un deciso intervento della gendarmeria, a cominciare dalle proprie più immediate competenze.
Qui sopra ecco dunque una città che si è evitato di mettere a fuoco, in rispettosa obbedienza alle nuove direttive.

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