mercoledì 28 novembre 2012

Oded Na'aman - "...Più che altro è una punizione..." Testimonianze di soldati sionisti



Traduzione da Asia Times

"Nessun paese al mondo tollererebbe che dei missili cadessero a pioggia sui suoi cittadini, proveniendo dal di fuori dei propri confini" ha detto il presidente Barack Obama durante una conferenza stampa la scorsa settimana. Una considerazione che gli è servita per giustificare l'operazione Colonna di Difesa, l'ultima campagna militare in ordine di tempo che lo stato sionista ha intrapreso nella striscia di Gaza. Facendo propria questa descrizione delle cose Obama dà per assodato, come molti altri, che Gaza rappresenti una entità politica esterna e indipendente rispetto allo stato sionista.
Le cose non stanno così. E' vero che i sionisti hanno ufficialmente abbandonato l'occupazione militare della striscia di Gaza nell'agosto del 2005, ritirando le proprie truppe di terra ed evacuando gli insediamenti; nonostante il fatto che non esista più una presenza stabile sul terreno, lo stato sionista ha comunque mantenuto un ferreo controllo sulla striscia di Gaza, da allora fino ad oggi.
Le testimonianze dei veterani dell'esercito sionista spiegano che si è trattato di un disimpegno per modo di dire. Prima dell'operazione Colonna di Difesa i sionisti hanno scatenato le operazioni Pioggia d'Estate e Nuvole d'Autunno nel 2006, e le operazioni Inverno Caldo e Piombo Fuso nel 2008; tutte hanno contemplato l'invasione da parte delle truppe di terra. In una delle testimonianze un vetrano parla di una operazione durata cinque mesi, nel corso della quale ai soldati veniva ordinato di sparare per "stanare i terroristi" in modo che fosse possibile "ucciderne qualcuno".
Il blocco navale dei sionisti impedisce agli abitanti di Gaza di pescare, e il pesce è una fonte di cibo tra le più importanti per chi vive nella Striscia. Il blocco aereo impedisce di muoversi liberamente. I sionisti non fanno entrare a Gaza materiale da costruzione, impediscono le esportazioni nello stato sionista e nella West Bank, ed impediscono gli spostamenti tra Gaza e la West Bank che non siano motivati da ragioni di emergenza umanitaria. Lo stato sionista controlla l'economia palestinese imponendo di quando in quando delle tasse di importazione. Gli ostacoli messi dai sionisti hanno impedito lo sviluppo ed il miglioramento delle malmesse infrastrutture fognarie di Gaza, una cosa che può rendere insostenibile la vita a Gaza nel giro di una decina d'anni. Il blocco degli impianti di desalinizzazione per l'acqua di mare ha trasformato l'acqua corrente in un pericolo per la salute. I sionisti hanno più volte demolito le piccole centrali elettriche di Gaza per essere sicuri che la Striscia continui a dpendere dalle forniture di energia elettrica provenienti dallo stato sionista: ormai da anni i black out quotidiani sono una cosa normale. La presenza dei sionisti si fa sentire ovunque, che sia militare o meno.

I leader politici si affidano a concezioni sbagliate della realtà. In questo modo, non importa se volontariamente o meno, nascondono informazioni che ci sono indispensabili per comprendere gli eventi. Tra le persone che meglio possono correggere queste concezioni sbagliate ci sono coloro che  hanno avuto il compito di porre in opera le decisioni politiche prese da uno stato sovrano: in questo caso sono i soldati sionisti a rappresentare un'autorevole fonte di informazioni sull'operato del loro governo. Io sono un veterano dell'IDF (le forze di difesa dello stato sionista) e sono in grado di affermare che le esperienze che abbiamo fatto in prima persona smentiscono l'assunto accettato da molti -presidente Obama compreso- secondo cui Gaza è un'entità politica indipendente che conduce la propria esistenza al di fuori dei confini dello stato sionista. Se Gaza è fuori dallo stato sionista, come mai vi eravamo stanziati? Se Gaza è fuori dallo stato sionista, come mai siamo noi a controllarla?
Oded Na'aman


[Le testimonianze che seguono sono di veterani sionisti e sono parte delle 145 raccolte dall'organizzazione non governativa Breaking the Silence, pubblicate in Our Harsh Logic: Israeli Soldiers' Testimonies From the Occupied Territories, 2000-2010. Il libro raccoglie testimonianze rappresentative di ogni divisione dell'IDF e di tutti gli insediamenti militari nella West Bank e nella Striscia di Gaza.]


1. Una casa devastata
Unità: Brigata Kfir
Luogo dell'avvenimento: distretto di Nablus
Anno: 2009

Qual è stato l'avvenimento che più ti ha impressionato nel corso del periodo di servizio che hai trascorso nei territori?
Le perquisizioni che abbiamo fatto a Hares. Ci avevano detto che c'erano sessanta abitazioni da perquisire; io pensavo che i servizi ne sapessero qualcosa e cercai di giustificare così la cosa con me stesso.
Usciste di pattuglia?
No, si mosse tutto il battaglione. Gli uomini si sparpagliarono per tutto il centro abitato, entrarono nella scuola, spaccarono le serrature, entrarono nelle aule. Una diventò la stanza per gli interrogatori dello Shin Bet, una diventò una cella per i detenuti e nella terza andavano i soldati per riposare. Andammo casa per casa, battendo su tutte le porte alle due del mattino. Le famiglie morivano di paura, le ragazze se la facevano addosso. Noi gli si entra in casa e si butta tutto all'aria.
Come funziona, in questi casi?
Funziona che fai riunire tutta la famiglia in una stanza e ci metti qualcuno di guardia; a quello di guardia gli dici di puntargli il fucile contro, e poi vai a frugare in giro per tutto il resto della casa. Secondo un altro ordine che avevamo, tutti quelli nati dopo il 1980... tutti quelli che avevano dai sedici ai ventinove anni, non importa chi fossero, si dovevano portar via ammanettati e bendati. I soldati ricoprivano di urli gli anziani: uno di loro ebbe un attacco epilettico ma continuarono a urlargli contro. Da tutte le case in cui entrammo, portammo alla scuola qualcuno di età compresa tra i sedici e i ventinove anni. Li facemmo sedere legati nel cortile della scuola.
Vi avevano detto il perché di tutto questo?
C'erano da trovare le armi. Ma di armi non ne trovammo neanche una. I soldati confiscarono i coltelli da cucina; qualcuno si mise anche a rubacchiare, un tizio si fregò venti sicli. Altri entravano nelle case e cercavano qualcosa da portarsi via, ma era un villaggio molto povero; c'era chi andava dicendo "Che palle, non c'è nulla da rubare".
Erano di questo tenore le conversazioni tra i soldati.
Certamente. Godevano a vedere quella miseria, i soldati ne parlavano compiaciuti. Ad un certo punto qualcuno si mise a urlare contro i soldati. Tutti si erano accorti del fatto che si trattava di un malato di mente, ma uno degli uomini decise che l'avrebbe picchiato comunque, così lo fracassarono di botte. Lo colpirono alla testa con il calcio del fucile, quello si mise a buttare sangue, lo presero e lo portarono alla scuola insieme a tutti gli altri. C'era già pronta una risma di ordini di arresto firmati dal comandante di battaglione, con uno spazio rimasto bianco; bastava scriverci che la presona era in stato di detenzione perché sospetta di turbativa della pace. Sicché si scrivevano il nome e il motivo dell'arresto. A certi le manette di plastica erano state strette al massimo. Io mi misi a parlare con i detenuti: uno mi raccontò che era stato portato nel territorio dello stato sionista a lavorare per un colono, e che dopo due mesi di lavoro quel tizio non l'aveva pagato e l'aveva consegnato alla polizia.
Tutte queste persone venivano dallo stesso villaggio?
Sì.
Che cos'altro ricordi di quella notte?
Un dettaglio, che però mi colpì. Una casa che era appena stata distrutta. C'era un cane addestrato per la ricerca di armi, ma non se l'erano portato dietro: distrussero la casa e basta. Accanto c'era una madre che guardava e piangeva. I bambini sedevano per terra con lei e la accarezzavano.
Che cosa vuol dire che distrussero la casa?
Vuol dire che fracassarono i pavimenti, ribaltarono i divani, gettarono per terra i quadri e le piante, ribaltarono i letti, spezzarono gli armadi e ruppero le tegole. Mi ricordo anche altre cose, come l'espressione della gente quando gli entri in casa. E dopo tutto questo rimanevano per delle ore legati e bendati dentro la scuola. L'ordine era di liberarli alle quattro del pomeriggio. Stettero in quelle condizioni per più di dodici ore. C'erano degli investigatori dei servizi che li interrogarono tutti, uno per uno.
C'erano stati attacchi terroristici nella zona?
No, e non trovammo neanche un'arma. Secondo il comandante di brigata quelli dello Shin Bet avevano sentito dire che parecchi ragazzi di quella zona tiravano pietre.


2. Il blocco navale
Unità: Marina
Località: Striscia di Gaza
Anno: 2008

Più che altro è una punizione. Detesto queste faccende: "Loro ci hanno fatto quello, e allora noi gli facciamo questo". Avete idea di che cosa significhi il blocco navale per la gente che vive a Gaza? Significa stare senza cibo per qualche giorno. Per esempio, pensate che ci sia un attacco a Netanya e che decidano di mettere per quattro giorni il blocco a tutta la Striscia. Nessuna nave può prendere il largo. Un pattugliatore Dabur sta fisso all'ingresso del porto: se qualcuno cerca di uscirne, in capo a qualche secondo i soldati cominciano con gli spari di avvertimento e magari fanno anche arrivare degli elicotteri d'assalto per incutere ancora più timore. Abbiamo fatto un sacco di operazioni con gli elicotteri d'assalto: quelli degli elicotteri non sparano molto, perferiscono che siamo noi a farlo, ma gli riesce di spaventare la gente volandogli in cerchio sopra la testa. Cioè: tutto d'improvviso ti ritrovi un Cobra sopra la testa, che agita l'aria e fa svolazzare tutto quello che hai attorno.
Questi blocchi sono frequenti?
Molto. Il blocco ci può essere tre volte in un mese, e poi più nulla per tre mesi di séguito. Dipende.
Quanto dura un blocco? Un giorno, due giorni, tre, quattro o di più?
Non mi ricordo di un blocco navale che sia proseguito per più di quattro giorni. Se durassero di più gli abitanti di Gaza comincerebbero a morire, e penso che questo l'IDF lo sappia. Il settanta per cento della gente vive di pesca, non ci sono altre possibilità. Per loro il blocco navale significa non avere da mangiare. Famiglie intere stanno senza mangiare per tutto il tempo del blocco. Mangiano pane ed acqua.


3. Sparare per uccidere
Unità: Corpo dei Genieri
Località: Rafah
Anno: 2006

Durante le operazioni a Gaza, se vedi qualcuno che cammina per strada, gli spari al busto. Durante una missione nella Philadephi Route, se qualcuno va in giro di notte, gli spari al busto.
Sono frequenti queste operazioni?
Sono quotidiane. Nella Philadelphi Route ci andiamo tutti i giorni.
Quando andate in cerca di tunnel, come si comportano le persone che vi vedono? Sono quelle che vivono nella zona, dopotutto.
Funziona così: si porta un gruppo su al terzo o al quarto piano di uno stabile. Un altro gruppo perquisisce gli scantinati. Tutti sanno che per tutto il tempo della perquisizione qualcuno cercherà di attaccare. Sicché si manda gente in alto, che possa sparare a chiunque giù per la strada.
Quanto si spara in questi casi?
A volontà.
Cioè: eccomi qui. Sto su al terzo piano. Sparo a tutti quelli che vedo?
Sì.
Ma è Gaza, in una strada, il posto più densamente popolato al mondo!
No, no: sto parlando della Philadephi Route.
E' una zona di campagna?
No, non proprio. C'è una strada, è un po' come una periferia, non un centro cittadino.
Durante le operazioni negli altri quartieri di Gaza è la stessa cosa. Si spara. Durante le operazioni notturne, si spara.
Si dà un qualche avvertimento alla gente, perché se ne stia chiusa in casa?
No.
E si è davvero sparato alle persone?
Si è sparato a chiunque camminasse per la strada. E alla fine si dice sempre "Oggi abbiamo ammazzato sei terroristi". Chiunque cammini per la strada è un "terrorista".
Dicono questo, agli incontri che seguono la missione?
L'obiettivo è quello di uccidere terroristi.
Che regole d'ingaggio ci sono?
Chiunque vada in giro la notte, gli si spara per uccidere.
Anche durante il giorno?
Si è parlato anche di questo; chiunque vada in giro di giorno va considerato come una persona sospetta. Ma anche un bastone da passeggio può essere qualche cosa di sospetto.


4. Operazione assassinio
Unità: Forze Speciali
Località: Striscia di Gaza
Anno: 2000

All'inizio dell'Intifada c'è stato un periodo in cui si uccideva la gente con i missili lanciati dagli elicotteri.
E' successo all'inizio della seconda Intifada?
Sì. Ma fu un bel casino perché si facevano degli errori e si ammazzava gente che non c'entrava nulla, così ci dissero che saremmo stati impegnati per un'operazione di eliminazione al suolo.
E' questa l'espressione che usarono, "operazione di eliminazione al suolo"?
Non mi ricordo. Ma sapevamo che sarebbe stata la prima di tutta l'Intifada. Era una cosa che i comandanti consideravano molto importante, e cominciammo ad addestrarci. Il piano era di beccare un terrorista sulla via per Rafah, bloccarlo in mezzo di strada ed eliminarlo.
Non arrestarlo?
No, eliminarlo direttamente. Prenderlo a bersaglio. Solo che l'operazione venne cancellata, e pochi giorni dopo ci dissero che avremmo dovuto compiere un arresto. Ricordo che ci restammo male; dovevamo arrestare il tipo, invece di fare qualche cosa di più casinoso, se così si può dire. Così mettemmo a punto i dettagli...
Sicché ci ritroviamo lì in attesa dentro il blindato; con noi ci sono degli agenti dello Shin Bet, e possiamo ascoltare le ultime novità dai servizi. Era avvincente, qualcosa come "E' seduto in casa a bere il caffè, sta scendendo le scale salutando i vicini", roba così. "Sta tornando in casa, sta scendendo di nuovo, sta dicendo questo e quello, sta aprendoil bagagliaio, sta facendo salire un amico". Una cosa davvero dettagliata. Ma poi non si è messo a guidare lui, a guidare c'era qualcun altro, e a noi hanno detto che la sua arma era dentro il bagagliaio. Non era armato, quindi sarebbe stato più facile arrestarlo. Per lo meno mi sono sentito un po' meglio, perché sapevo che se fosse corso a prendere l'arma che aveva, gli avrebbero sparato.
Dov'era l'agente dello Shin Bet?
Stava seduto sul blindato con me. Eravamo in contatto con il comando, e quelli ci dicevano che il tizio sarebbe passato tra cinque minuti, tra quattro, tra uno... E all'ultimo momento gli ordini cambiarono, probabilmente fu il comandante di brigata a cambiarli. Bisognava eliminarlo. Di lì a un minuto. Non ci avevano preparati a questo. Di lì ad un minuto avremmo dovuto ammazzare.
Perché dici che "probabilmente fu il comandante di brigata" a cambiare gli ordini?
Perché lo penso io. Ripensandoci, tutta la faccenda pare un'operazione politica del comandante, che cercava di guadagnar punti facendo il suo primo morto; e anche il comandante della brigata ci stava provando... Tutti lo volevano, tutti ci sentivano. Arriva la macchina, e le cose non vanno come pianificato: la macchina si ferma, ma davanti ce n'è un'altra. Per quanto mi rammento dovevamo sparare, era lì a tre metri. Dovevamo sparare. Dopo che la macchina si fu fermata, io presi la mira e sparai. Il fuoco fece un sacco di rumore folle. E la macchina, appena iniziamo a sparare, iniziò ad accelerare venendo nella nostra direzione.
L'auto che c'era davanti?
No, quella dei terroristi. Probabilmente quando qualcuno ha colpito chi guidava, gli è rimasto il piede piantato sull'acceleratore e la macchina si è involata. Il fuoco di fucileria ha cominciato ad aumentare e l'ufficiale acanto a me comincia a urlare "Fermi, fermi, cessate il fuoco" ma nessuno smette. I nostri ragazzi escono e si mettono a correre, allondanandosi dalla jeep e dal mezzo corazzato; sparano qualche proiettile e poi tornano indietro. Per qualche minuto, tutto attorno si sentono fischiare proiettili impazziti. "Fermi, fermi, cessate il fuoco" e allora quelli smettono. Hanno sparato decine, se non centinaia di proiettili, contro la prima auto che avevano davanti.
Questo lo dici perché poi avete fatto delle verifiche?
No, perché abbiamo portato fuori i corpi. In quella macchina c'erano tre persone. A quello che sedeva dietro non è successo nulla. E' sceso, si è guardato attorno e ha alzato le mani. Ma i due corpi sui sedili davanti erano letteralmente a pezzi...
Alla fine ho contato quanti proiettili mi erano rimasti. Avevo sparato dieci colpi. Tutta la faccenda è stata terribile: rumore, rumore che ccresceva sempre. Tutto è durato per un secondo e mezzo. E poi abbiamo porato fuori i corpi, li abbiamo portati via. C'è stato un debriefing. Non dimenticherò mai di quando abbiamo portato i corpi alla base. Ci siamo messi a semicerchio ad un paio di metri di distanza dai corpi, che si erano riempiti di mosche, e abbiamo fatto il debriefing. Il debriefing consisté in un "Buon lavoro, è stato un successo. C'è stato qualcuno che ha sparato all'auto sbagliata, e parleremo del resto quando saremo di nuovo alla base". Io ero completamente sconvolto per via di tutte quelle detonazioni, per il rumore pazzesco. Abbiamo visto tutto in un video, ogni cosa era stata documentata in un video per il debriefing. Nel video c'erano tutte le cose che ti ho detto, la gente che correva, il momento delle scariche di fucileria che non saprei dire se sono durate venti secondi o un minuto intero, ma sono state centinaia di proiettili ed era chiaro che quella gente era rimasta uccisa, ma il fuoco era continuato e i soldati erano corsi lontano dal blindato. Io ho visto solo un mucchio di ragazzi assetati di sangue che sparavano una quantità folle di proiettili, e per giunta sulla macchina sbagliata. Era un video orribile, e il comandante dell'unità se lo prese. Sono sicuro che sentiremo molto parlare di lui.
 Cosa vuoi dire?
 Voglio dire che diventerà un ufficiale al comando regionale o magari anche un capo di stato maggiore, un giorno. Quella volta disse che "l'operazione non è stata portata a termine in modo perfetto, ma la missione è compiuta e ci hanno chiamato dallo stato maggiore, dal ministro della difesa, dal primo ministro". Tutti erano soddisfatti perché è una buona cosa per il reparto, e l'operazione si era rivelata proprio "un bel lavoro", eh. Il debriefing successivo era solo una scusa.
Cioè?
Cioè nessuno si è fermato un attimo a dire che "sono morte tre persone innocenti". Magari non c'era altro modo di fermare quell'autista, ma gli altri chi erano?
E chi erano, davvero?
All'epoca avevo un amico che si stava addestrando con lo Shin Bet; mi raccontò delle freddure che giravano circa il fatto che quel famoso terrorista era un signor nessuno. A dir tanto aveva partecipato a qualche sparatoria, e gli altri due non c'entravano niente. Quello che mi colpì è che il giorno dopo l'operazione i giornali se ne uscirono a dire che "un reparto segreto aveva ucciso quattro terroristi" e c'era tutta una storia per ciascuno di loro, da dove venivano, chi aveva fatto cosa, le azioni cui avevano partecipato. Ma io sapevo che alla base dello Shin Bet se ne stavano a sghignazzare di come avevamo ammazzato un signor nessuno e di come gli altri due non c'entrassero niente, e che al debriefing di tutto questo nessuno aveva fatto parola.
Chi condusse il debriefing?
Il comandante del reparto. La prima cosa che mi aspettavo di sentire era che qualcosa di brutto era successo, che avevamo intrapreso un'azione per uccidere una persona e che avevamo finito per ammazzarne quattro. Mi aspettavo che dicesse "voglio sapere chi ha sparato alla macchina che c'era davanti, voglio sapere perché A, B e C se la sono fatta di corsa per partecipare a questa sagra del fuoco a volontà". Ma non è successo niente, ed ho capito che a nssuno importava nulla. Questa gente fa quello che fa, e tanto basti.
I soldati ne hanno parlato tra loro?
Sì, con un paio di loro potei parlarne. Uno era rimasto davvero impressionato ma questo non era bastato per fermarlo. E non bastò nemmeno per fermare me. Ho cominciato a capire solo dopo aver lasciato l'esercito. Ma neanche questo è vero. Ero ancora nell'esercito quando ho capito che era successo qualcosa di veramente brutto. Ma gli agenti dello Shin Bet erano allegri come ragazzini in campeggio.
Cosa vuol dire?
Si battevano il cinque e si abbracciavano tra di loro; erano davvero soddisfatti di loro stessi. Al debriefing non si fecero vedere, non gli interessava. Ma come doveva essere condotta quest'operazione? Come mai nessuno tra i miei superiori ammise che si era trattato di un fallimento? Ed era stato un fallimento così grosso, con tutti quei proiettili che andavano da tutte le parti, che i ragazzi che stavano nel camion rimasero feriti dalle schegge. E' stato un miracolo se non ci siamo ammazzati a vicenda.

5. Le membra di lei erano spappolate sulla parete
Unità: Brigata Givati
Località: Striscia di Gaza
Anno: 2008
Un commilitone mi ha raccontato di aver preso parte ad un'operazione nel corso della quale una donna saltò in aria e le sue membra cosparsero tutta una parete. Avevano bussato e bussato alla sua porta senza che nessuno aprisse, così decisero di aprirla con l'esplosivo. Avevano minato la porta e proprio in quel momento la donna arrivò ad aprire. Dopo, arrivarono i suoi bambini e la videro. Ho sentito parlare di questo fatto a cena, dopo l'operazione. Qualcuno disse che il fatto che quei bambini avessero visto la loro madre spappolata contro il muro lo aveva divertito, e tutti gli altri scoppiarono a ridere. Un'altra volta mi beccai una sfuriata da tutto il plotone quando detti a dei prigionieri un po' d'acqua presa dalla borraccia in dotazione. Mi dissero "Ma cosa fai, sei impazzito"? Io non riuscivo a capire dove fosse il problema, così mi dissero "E dai, microbo". A Nahal Oz successe un incidente con dei ragazzini che erano stati mandati dai loro genitori a cercare di passare nello stato sionista per trovare qualcosa da mangiare; le loro famiglie avevano fame. Erano ragazzini di quattordici o quindici anni, credo. Mi ricordo che uno di loro stava seduto con una benda sugli occhi e che arrivò uno e lo picchiò qui.
Sulle gambe.
Sì. E poi gli versò addosso del lubrificante, quella roba che usiamo per pulire le armi.


6. Abbiamo sparato ai pescatori
Unità: Marina
Località: Striscia di Gaza
Anno: 2007

C'è una zona tutto attorno a Gaza che si trova sotto il controllo della Marina. Anche dopo che le truppe sioniste hanno lasciato la Striscia, sulla frontiera marittima non è cambiato nulla. Mi ricordo che vicino alla Zona K, che divide Gaza dallo stato sionista, c'erano bambini di quattro o di sei anni che si svegliavano presto la mattina per andare a pescare in zone dichiarate inaccessibili. Andavano lì perché tutti gli altri posti erano pieni di gente che pescava. I bambini cercavano sempre di attraversare, ed ogni mattina sparavamo nella loro direzione per spaventarli. La cosa arrivò al punto che sparavamo ai piedi dei bambini che stavano ritti sulla spiaggia, o a quelli che stavano sulle tavole da surf. A bordo con noi c'erano dei poliziotti drusi che gridavano cose in arabo ai bambini. Vedevamo quei poveri bambini piangere.
Come sarebbe a dire "sparavamo nella loro direzione"?
Si cominciava sparando in aria, poi si passa a sparargli vicino, e in casi estremi gli si spara alle gambe.
Da quale distanza?
Da cinque o seicento metri, con una mitragliatrice pesante Rafael completamente automatica.
Cosa vuol dire?
E' una questione di prospettiva. Su uno schermo vedi una misura per l'altezza e una per la profondità, e indichi dove vuoi che finisca il tiro usando un cursore. Il sistema cancella l'effetto delle onde e il tiro finisce dove deve finire; è un sistema preciso.
Miravate ad un metro dalle tavole da surf?
Più che altro a cinque o sei metri. Ho sentito di casi in cui le tavole sono state colpite sul serio, ma non l'ho mai visto succedere. C'erano altre cose che mi disturbavano, quelle che succedevano con le reti da pesca dei palestinesi. Le reti costano circa quattrocentomila sicli, una somma che per loro è come un milione di dollari. Quando ci disobbedivano troppo spesso, noi gli facevamo affondare le reti. Loro lasciavano le reti in acqua per qualcosa come sei ore. Il pattugliatore Dabur ci passa attraverso e gliele distrugge.
Perché?
Per punizione.
Per aver fatto cosa?
Perché non avevano ubbidito. Mettiamo che un'imbarcazione arrivi in una zona proibita. Arriva un Dabur, le gira intorno, spara in aria e si allontana. Un'ora dopo la barca ritorna. E torna anche il Dabur. La terza volta, il Dabur inizia a sparare alle reti, alla barca e alla fine spara per affondarla.
La zona proibita è vicina allo stato sionista?
Ne esiste una vicina allo stato sionista ed un'altra che corre lungo la frontiera tra stato sionista ed Egitto... La frontiera marittima sionista è a dodici miglia dalla costa, quella di Gaza solo a tre. Gaza ha solo tre miglia di acque territoriali e c'è il suo motivo: lo stato sionista vuole prendersi il gas, ed esiste una piattaforma di perforazione a tre miglia e mezzo davanti alla Striscia di Gaza che dovrebbe essere palestinese, mentre invece ce la siamo presa noi... Le forze speciali della Marina devono pensare alla sicurezza di quell'impianto: come ci si avvicina anche solo un uccello, quelli gli sparano. Su questa cosa si arriva a dei livelli di sicurezza manicomiali: una volta abbiamo visto delle reti da pesca messe dagli egiziani al di là del limite delle tre miglia e siamo andati ad affrontarli. Successe un disastro completo.
Cosa vuol dire?
Si trovavano in acque internazionali su cui non abbiamo giurisdizione, ma noi gli abbiamo sparato lo stesso.
Avete sparato alle reti egiziane?
Sì, anche se siamo in pace con l'Egitto.


Oded Na'aman è coautore di Our Harsh Logic: Israeli Soldiers' Testimonies from the Occupied Territories, 2000 - 2010 (Metropolitan Books, 2012). E' anche fondatore di  Breaking the Silence, un organizzazione basata nelo stato sionista che raccoglie testimonianze dei soldati dell'IDF, ed un appartenente alla rete dell'opposizione. Ha fatto il servizio militare nell'IDF, come sergente e come capoplotone in artiglieria, tra il 2000 ed il 2003. Al momento attuale si sta laureando in filosofia a Harvard. Le testimonianze tratte da Our Harsh Logic sono state adattate ed abbreviate.

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