giovedì 15 marzo 2012

La Repubblica Araba di Siria, le menzogne "occidentali" e un'opposizione al collasso


Quella del "regime" siriano che ammazza i bambini nelle incubatrici è una menzogna della propaganda?
Non importa: smentite in corpo cinque se proprio non se ne può fare a meno, e avanti la prossima.

Secondo uno scritto di Alastair Krooke che abbiamo tradotto e riportato ad ottobre del 2011, nella Repubblica Araba di Siria è in corso da oltre un anno un gioco di poteri geostrategico il cui fine ultimo è quello di rovesciare il governo di Bashar Assad per spezzare l'asse della Resistenza, allontanare l'influenza iraniana dal Mediterraneo e allineare il paese con le monarchie del Golfo e con gli interessi "occidentali". Crooke scriveva che
Traducendo il tutto in termini operativi, abbiamo Feltman ed i suoi a coordinare, il Qatar che ospita il consiglio di guerra e la sala stampa oltre a tenere i cordoni della borsa, Parigi e Doha che spingono sulla questione del Consiglio di Transizione, e [il principe saudita] Bandar e la Turchia che congiuntamente manovrano negli ambienti sunniti all'interno del paese, sia laddove si usano le armi sia laddove si usano altri mezzi.
Nonostante questo, nell'ottobre 2011 era già chiaro che
Le strutture siriane di sicurezza sono rimaste salde [...], le defezioni sono state trascurabili, e la base popolare del sostegno ad Assad è rimasta intatta.
Quest'ultimo dato è confermato dalla partecipazione ad una consultazione elettorale costituzionale che la propaganda cialtrona e molto sporca che ama presentarsi come "libera informazione" ha ovviamente presentato con toni farseschi.
Nel marzo 2012 l'espressione "primavera araba" è uscita definitivamente dall'uso gazzettiero, anche per gli sviluppi poco primaverili da essa assunti -soprattutto in Libia ed in Egitto- che rendono difficile ipotizzare nel breve termine scenari in cui la "libertà" nella sua concezione "occidentale" e gazzettista fatta di donne con pochi vestiti addosso, di cosmetici e di consumi demenziali abbia un ruolo sufficientemente rilevante.
Il ruolo delle gazzette è stato importante anche per chi ha scatenato la guerriglia nella Repubblica Araba di Siria, al punto da portare a termine una sorta di "rivoluzione linguistica" nelle titolazioni e nei resoconti gazzettistici che già si faceva strada da qualche anno: i combattenti irregolari, quelli che percorrono un paese compiendo attentati, tagliando le linee di comunicazione, distruggendo le infrastrutture e mettendo in ginocchio l'economia venivano fino all'altro ieri chiamati terroristi.
Ai tempi dell'aggressione all'Iraq fermamente voluta dall'ubriacone Bush i gazzettieri più sporchi in ogni senso arrivarono fino all'utilizzo del neologismo saddamiti. Alla categoria dei terroristi la feccia giornalaia ha ascritto all'epoca praticamente tutti coloro che non avevano in regola le carte per le quali era essa feccia a decidere le regole, e la prassi è andata avanti indisturbata per anni. E' interessante il fatto che adesso nessuno riservi lo stesso vocabolo ai combattenti irregolari che operano in Siria e che hanno sovvertito la Grande Jamahiria Araba di Libia Popolare e Socialista, che godono al contrario di una copertura mediatica estremamente condiscendente e pronta a diffondere in loro favore menzogne di ogni sorta, in una pressochè totale assenza di contraddittorio che lascia chiaramente intendere quali siano gli interessi in gioco.
La propaganda "occidentalista" intenderebbe trarre anche maggior credibilità grazie ai nuovi e idolatrati mass media, che pure hanno fornito prova sciagurata all'epoca della "rivoluzione verde" nella Repubblica Islamica dell'Iran. Quelle circostanze a distanza di tempo appaiono sempre più come un'occasione in cui si è fatto disinvoltamente marketing sulla pelle dei manifestanti. Nel 2009 i mai abbastanza disprezzati Cinguettatori, le ridicole rassegne di mediocri inventariate dal Libro dei Ceffi, arrivarono al punto di statuire come imminente il crollo delle forze armate rivoluzionarie, che però non leggevano né il Libro dei Ceffi né i Cinguettatori e quindi non ebbero alcuna difficoltà a stroncare le manifestazioni dei sostenitori di Moussavi.
Poi, le piazze iraniane si riempirono di imponenti cortei filogovernativi.
Alla credibilità delle "reti sociali" esistono pesantissimi limiti intrinseci. Ne è un esempio la meschina storia della spesso qui citata lesbica di Damasco, una vicenda cui hanno fatto séguito, tanto per limitarsi al contesto siriano, innumerevoli episodi dello stesso tipo.
In sostanza La realtà dei fatti e gli equilibri sul terreno sono una cosa, la propaganda e i desideri delle gazzette "occidentaliste" sono un'altra. Un buon approccio alle gazzette, utilissimo per limitarne i misfatti, potrebbe consistere nel non considerarle più credibili ed autorevoli di quelli che una volta si definivano "rotocalchi scandalistici" e che ora hanno informato di sé tutta quanta la sedicente "libera informazione".
Una volta fatto a meno delle gazzette specializzate in biancheria intima ed in cosmetici, che trattano ogni questione come se fosse un capo di biancheria intima o un cosmetico, è possibile farsi un'idea più oggettiva della situazione.
Nelle ultime settimane le forze armate della Repubblica Araba di Siria hanno represso con estrema durezza gli insorti, soprattutto a Homs. Per il momento non è finito in un cassetto soltanto il progetto di un intervento armato "occidentale" con i suoi pretesi "corridoi umanitari", ma anche quello di un "modello libico" per l'insurrezione, che di un intervento armato esterno ha dimostrato di non poter fare a meno.
La diplomazia "occidentale" emette flebili parole di condanna. Quella russa e cinese si è fin qui dimostrata capace di ben altra concretezza, un concetto sempre derubricato a cinismo quando riscontrato in circostanze "occidentalmente" poco gradite. E dopo più di un anno trascorso ad ascrivere al governo siriano ogni nefandezza possibile, a statuirne l'isolamento e a pronosticarne l'imminente caduta -ovviamente senza avere la minima idea di quello che un simile evento significherebbe- qualche gazzettina comincia addirittura a cambiare registro, nonostante la campagna di delegittimazione e di denigrazione del governo di Assad sia capace di exploit di una inconsistenza quasi commovente.
Esiste addirittura una parte della "informazione occidentale", come potrebbe attestare il brano che segue e che è stato pubblicato dalla Reuters, capace di recuperare persino alcuni tenui rapporti con il principio di realtà. Non è dato sapere se volontariamente oppure no.

Alcuni membri di primo piano abbandonano il Consiglio Nazionale Siriano
Erika Solomon e Oliver Holmes.
Beirut, 14 marzo 2012.

(Reuters) Tre membri di primo piano dell'opposizione siriana si sono dimessi dal Consiglio Nazionale Siriano martedi scorso, sostenendo di non essere riusciti a fare in modo che l'organizzazione riuscisse a svolgere un ruolo più efficace nelle rivolte contro il governo del presidente Bashar Assad.
Haitham al Maleh, un ex giudice e dissidente di lungo corso che per quattro decenni si è opposto alla preminenza della famiglia Assad, ha rassegnato le dimissioni insieme al leader dell'opposizione Kamal al Labwani e all'avvocato specializzato in diritti umani Catherine al Talli.
Le dimissioni dei tre giungono in un momento in cui l'Occidente ed i paesi arabi stanno esercitando pressioni più forti sull'opposizione siriana affinché essa si unisca e si mostri capace di guidare l'insurrezione contro Assad.
Un appartenente al Consiglio Nazionale Siriano che ha chiesto di rimanere anonimo ha detto che ottanta persone, sulle duecentosettanta che lo costituiscono, hanno intenzione di abbandonare l'organizzazione e che potrebbero formare un altro movimento di opposizione specializzato nel rifornire di armi i ribelli che stanno combattendo contro l'esercito regolare.
In un anno di rivolte contro Assad sono morte migliaia di persone, e dai movimenti di opposizione non si è ancora emersa una leadership forte. Il Consiglio Nazionale Siriano ha rappresentato la voce dell'opposizione a livello internazionale, ma gli attivisti siriani lamentano il fatto che la guida del Consiglo Nazionale, per lo più composta da esiliati, ha pochi rapporti con chi si è concretamente impegnato nelle proteste.
Alcuni attivisti hanno anche avanzato dubbi sul dove vada a finire il denaro che alcuni paesi arabi ed alcune potenze occidentali hanno fornito al Consiglio Nazionale Siriano.
"La gente ce l'ha con il comitato esecutivo. Non sappiamo cosa stia facendo e neppure ci è chiaro come stiano spendendo il denaro consegnato loro, né sappiamo quanto ne abbiano ricevuto", ha detto Salam Shawaf, un attivista siriano indipendente che risiede al Cairo.
Maleh ha riferito alla Reuters che non gli sono piaciute la mancanza di trasparenza e la mancanza di organizzazione dimostrate dal Consiglio Nazionale Siriano, che è un gruppo formato per lo più da personalità dell'opposizione che si sono rifugiate all'estero e che hanno portato avanti negoziati con potenze straniere affinché sostenessero la ribellione.
"Mi sono dimesso perché il gruppo è in preda al caos e non c'è molta chiarezza su quali obiettivi esso possa ormai raggiungere. Nel fornire armi ai ribelli non è che siamo andati gran che lontano", ha detto Maleh che è un islamico liberale.
Maleh ha fatto parte del comitato esecutivo del Consiglio Nazionale Siriano: i suoi motivi di scontento sono gli stessi di altri attivisti, che affermano che il gruppo si è mosso con troppa lentezza quando si è trattato di esercitare pressioni affinché i ribelli si armassero.
Le sue dimissioni possono anche far parte della lotta per la leadership nell'opposizione siriana: alcuni dissidenti pnsano che i Fratelli Musulmani abbiano troppa influenza sulle decisioni del Consiglio Nazionale Siriano.
Labwani, un liberale che ha formato un gruppo interno al Consiglio Nazionale chiamato Gruppo Patriottico Siriano, ha detto che il Consiglio "non è capace di rappresentare le aspirazioni del popolo siriano in un momento in cui il regime oppressivo si sta comportando più che mai in maniera criminale".
"Le abbiamo tentate tutte per riformare il Consiglio Nazionale; ogni volta siamo stati bocciati nel peggiore dei modi... Adesso invitiamo gli appartenenti al Gruppo Patriottico Siriano a dimettersi in massa", ha spiegato, rifiutandosi di fare cifre su quale potrebbe essere il numero delle potenziali defezioni.
Anche la Talli ha fatto parte del comitato esecutivo del Consiglio Nazionale Siriano. Ha affermato di aver deciso di dimettersi per non essere considerata corresponsabile degli scarsi risultati raggiunti dal Consiglio e dei suoi errori politici.
Labwani, un medico uscito a dicembre dal carcere dopo sei anni di detenzione, ha lasciato intendere che all'interno del Consiglio è in atto uno scontro per il potere, ma si è rifiutato di fornire ulteriori dettagli.
"Noi... speriamo di mettere in piedi una conferenza che cerchi il modo di realizzare un ombrello autenticamente democratico che raccolga tutte le forze dell'opposizione, non un qualcosa che cerchi di monopolizzare il potere", ha spiegato.

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