domenica 5 aprile 2009

Giovanni Galli e gli "occidentalisti" fiorentini


Il giugno 2009 è segnato da una scadenza elettorale fondamentale per il controllo delle stanze dei bottoni toscane. L'elettorato toscano, incredibilmente, vanifica ad ogni votazione quindici anni di martellante propaganda "occidentalista" ostinandosi a votare per partiti e per individui bollati ora come terroristi, ora come corrotti, ora come nullità da un coro gazzettiero assolutamente degno della penisola italiana e dei sudditi che vi bivaccano, ma per fortuna fino ad oggi inefficace contro la realtà sociale e politica toscana.
L'areale politico "occidentalista" è rappresentato a Firenze come altrove da un aggregato di guitti, piccini, ignorantelli, buoni a nulla, cianciatori, maneggioni, amici degli amici, scarti di anticamera, yes men, falliti, elegantoni, piazzisti, marmaglia da stadio, culturame spicciolo e mentitori di professione. In città nessuno che abbia un minimo di rispetto di sé tiene a sciorinare il proprio sostegno per questi soggetti, nonostante godano di un appoggio mediatico assoluto. Per non ripetere la Waterloo della scorsa tornata amministrativa, dopo la quale il candidato Domenico Valentino sfanculò tutta la baracca e passò armi e bagagli alla maggioranza, a questo giro occorreva almeno trovare una persona rispettabile, che assolvesse almeno al compito di conferire profumo di fragola ad uno sformato di sterco.
Questa persona rispettabile è stata reclutata dal padrone in due minuti e spedita a Firenze carica delle solite parole d'ordine e dell'appoggio indiscusso di tutti i cacciastronzate mediatici su cui si potessero mettere le mani.
La città di Firenze è amministrata bene, è eccezionalmente vivibile e molto ben tenuta, come può verificare chiunque abbia una pratica del mondo che vada appena oltre quel mogliaccàsa figliascuòla e il resto tuttolavoro che è l'unica condotta di vita scevra dall'essere apertamente considerata con sospetto dai mass media. Eppure ogni giorno la stampa -e la televisione, dicono, ma su questo non possiamo dare conferme dal momento che ci guardiamo bene dall'averci a che fare- sciorina senza alcuna vergogna menzogne gratuite e ripetute sulle condizioni della città, secondo un modus agendi talmente tipico del mestiere che George Ivanovic Gurdjieff poteva già denunciarlo ai suoi tempi ed in un contesto geografico molto diverso.
L'abitudine e la costanza in questo modo di comportarsi uniscono ormai in modo insolubile l'autoreferenzialità del mass media e quella dei politicanti da poltrona. Sono arrivate al punto che un editorialista del Corriere Fiorentino, commentando l'esito delle elezioni universitarie, si chiedeva pressappoco "come diavolo hanno fatto i comunisti a vincere le elezioni universitarie nonostante il fango che gettiamo loro addosso un giorno sì e l'altro pure?".
In questa primavera del 2009 le redazioni sono al servizio di Giovanni Galli.
Giovanni Galli ha fatto, in epoche remote e dimenticate, il palloniere nella squadra di pallone più ricca ed importante della città. In questa sede il rivoltante mondo del pallone, autentica sentina di bassezze e perfetto specchio del putridume "occidentale" e dei suoi "valori", purtroppo esportati con devastante successo anche in realtà sociali normali, è già stato oggetto di svariate e documentate invettive. In teoria, e nei calcoli di chi lo ha paracadutato a Firenze, il passato pallonistico di Giovanni Galli dovrebbe assicurargli il fondamentale sostegno dai pallonari fiorentini. I pochi pallonari ai quali abbiamo chiesto un parere sulla faccenda si sono però espressi in modo recisamente opposto a quello sperato dai politici, adducendo motivi di carattere vario ma tutti afferenti al litigioso mondo della palloneria; la sostanza, pare di capire, è che non sanno cosa ci faccia -e cosa voglia- a Firenze "un pisano che tifa per il Milan".
Un simile approccio, scevro da sondaggi truccati e da porcate da redazione, unito al cianciare da pescivendole della stampa cittadina (con titoli del tipo "Io di Renzi me ne frego", laddove Renzi è uno degli avversari elettorali) conferma l'idea di massima che ci siamo fatti sul Piddì con la elle fiorentino, che va inteso e considerato come una conventicola piagata dalla malafede e dall'incompetenza, che deve la propria visibilità ad una campagna mediatica perenne e parossistica sostanzalmente fondata sulla menzogna e sulla denigrazione e che Giovanni Galli ha ricevuto l'ordine esplicito di rendere presentabile.
La campagna elettorale è però campagna elettorale, e prevede nel caso del partitame "occidentalista" la ripetizione ecoica dei concetti di degrado, degrado, degrado, degrado e degrado uniti a quelli di sicurezza, sicurezza, sicurezza, sicurezza e sicurezza. Noi ricordiamo molto bene i tempi in cui in città ogni giorno centinaia di tossicodipendenti si svegliavano al mattino chiedendosi alle spalle di chi avrebbero arraffato i quattrini per la dose quotidiana senza che la cosa venisse considerata emergenziale da nessuno. In una Firenze in cui i fatti di sangue sono in caduta libera da anni e dove una rissa in centro dà lavoro ai cialtroni di piazza Ghiberti per tre giorni di séguito, parole d'ordine come queste trasformano istantaneamente in un alieno qualunque politico.
Anche perché un paragone statistico con le città feudo del piddì con la elle non torna a loro favore sotto nessuno dei due profili. Tutt'altro.
Prendiamo come esempio il solo caso milanese. La stronzaggine meneghina, parte autentica del genius loci ben incarnata dalle giunte al potere da vent'anni, autorizza esplicitamente il potere politico ad accanirsi contro i poveri e contro chiunque venga percepito come un avversario nel saccheggio incessante della pubblica greppia. La qualità della vita, le condizioni sociali, umane e di decoro urbano della capitale morale della penisola italiana -titolo meritatissimo- sono qualche cosa da occultare in silenzio in mezzo al generale montare della povertà diffusa, visibile ed evidente: chi vi si reca per lavoro -difficile pensare di andarci per qualche altro motivo- ne ricava un'impressione sgomentevole fatta di isolamento sociale e di incentivazione all'egoismo ebete, ai quali un certo numero di autoctoni cerca di sottrarsi gettandosi in un volontariato tanto indispensabile nella sua funzione sociale quanto mal ringraziato da una torma di politicanti dal ricatto pronto; l'impressione è che il consenso politico dell'amministrazione si regga dunque sul continuo lavorìo di demonizzazione dell'Altro operato dai mass media.
Lo stesso lavorìo incessantemente all'opera anche a Firenze, del quale Giovanni Galli ha cominciato a ripetere le parole d'ordine, che sono poche e si imparano alla svelta. Oltre ai due concetti su citati e ad un generico facite ammuìna fitto di idee irrealizzabili e pettegolezzi di tutte le sorte, la propaganda elettorale "occidentalista" prevede la delegittimazione sistematica degli avversari politici, secondo i dettami di quella propaganda totalitaria che questa ciurma dice di disprezzare tanto. In parole povere, il minimo che possa capitare a chi non si riconosce nella gang di laudatori delle guerre d'aggressione statunitensi e negli inutili e vergognosi macelli perpetrati dai sionisti è quello di non essere mai presentato come un legittimo rappresentante istituzionale o come un eletto dal popolo, ma sempre e in ogni modo come un usurpatore. Nella corsa a chi scalda più poltrone non sono ammessi concorrenti.
La stessa delegittimazione colpisce ovviamente il corpo elettorale, cui vengono rivolti inviti perentori che fanno pensare ad un attento a te se non mi voti.
Se poi l'individuo da linciare a mezzo stampa ha, molto giustamente, un assoluto disprezzo per la politicanza istituzionale, si andrà a cercarne precedenti terroristici, laddove per terrorismo si intende qualunque comportamento umano non produca un reddito. Di qui i periodici, routinari e perentori "inviti alle dimissioni" di questo o di quell'altro, o l'ingolfamento della Corte dei Conti con pressanti richieste di minuziose verifiche di qualche nota spese. Su quanto sia costata la partecipazione alle guerre "occidentaliste" incondizionatamente approvate e pubblicizzate con orgoglio da questa marmaglia, non si hanno notizie precise.
Dall'arsenale vecchio ma sempre efficiente della propaganda totalitaria viene preso praticamente anche tutto il resto, tra cui la vecchia e comune abitudine di giocherellare con cifre prive di riscontri. Secondo i gazzettieri, tremila persone avrebbero assistito, al Palazzo dei Congressi, al comizio di presentazione in cui Giovanni Galli ha ripetuto la lezione che il padrone voleva che ripetesse. Bene. Un controllo rapidissimo sul sito di Firenze Fiera documenta che la capienza dell'auditorium del Palazzo dei Congressi è di 1000 (mille) persone, distribuite in 1500 (millecinquecento) metri quadri.
Non è che qualcuno ha mentito sapendo di mentire?
Ovviamente per una schiera di pennaioli che si è inventata un arsenale inesistente per giustificare una guerra d'aggressione non è certo un problema inventarsi duemila persone che non c'erano; quello che non si capisce è per quale motivo si dovrebbero affidare responsabilità politiche o amministrative ad elementi di questo genere o a chi trae vantaggio dal loro "lavoro".

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